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Lo stato di incensuratezza di un cittadino straniero non può presumersi insussistente solo per il fatto che egli sia privo in Italia di fissa dimora e di stabile occupazione lavorativa

Lo stato di incensuratezza di un cittadino straniero non può presumersi insussistente solo per il fatto che egli sia privo in Italia di fissa dimora e di stabile occupazione lavorativa, sì da ritenerlo per ciò dedito alla consumazione di illeciti, giacché sarebbe del tutto arbitrario ricollegare la pericolosità sociale a detta condizione personale, in assenza di ogni altro elemento concreto. Sulla base di queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso del procuratore generale che si doleva dell'intervenuta concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti di imputato straniero clandestino, motivata dal giudice di merito in ragione del fatto che si trattava di imputato incensurato, sostenendo, invece, che, ai fini del giudizio prognostico favorevole da porre alla base del beneficio, il giudice avrebbe dovuto considerare non tanto il dato della incensuratezza formale del prevenuto, quanto piuttosto le sue condizioni personali - quali la clandestinità, l'assenza di documenti idonei a provare con certezza l'identità, la mancanza di un'attività lavorativa lecita e di una residenza o anche solo di un recapito stabile - dalle quali avrebbe dovuto desumere che questi avrebbe dovuto inevitabilmente vivere di illeciti e nell'illecito. (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 26 luglio 2006, n. 26239)

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