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Non commette il reato di diffamazione il cliente che chiede all'ordine professionale di verificare la correttezza del proprio difensore

Non commette il reato di diffamazione il cliente che chiede all'ordine professionale di verificare la correttezza del proprio difensore. Va infatti affermata la prevalenza del diritto di critica - sancito dalla Costituzione - sul bene della dignità personale, per cui giustamente, per chiarire i dubbia sulla corretteza dell'operato del proprio difensore, il ricorrente può scegliere la via extragiudiziale, prevista dal nostro ordinamento a tutela del diritto del cittadino di verificare eventuali violazioni delle regole deontologiche. Né la condanna per diffamazione può essere giustificata dal solo fatto che le perplessità del cliente si dimostrino infondate.

Corte di Cassazione Sezione 5 Penale, Sentenza del 21 settembre 2010, n. 33994



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRASSI Aldo - Presidente

Dott. BEVERE Antoni - rel. Consigliere

Dott. SANDRELLI Giangiacomo - Consigliere

Dott. DE BERARDINIS Silvana - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Anton - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) CE. GI. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 28/2008 TRIBUNALE di NAPOLI, del 20/05/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/07/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per annullamento senza rinvio;

Udito, per la parte civile, l'Avv. Dell'Orfano L.;

Udito il difensore Avv. PAUISINI Gustavo.

FATTO E DIRITTO

Con sentenza emessa il 20.5.09, il tribunale di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 13.2.08 dal giudice di pace della stessa sede, con la quale Ce. Gi. e' stata condannata alla pena di euro 2000,00 di multa, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, perche' ritenuta colpevole del reato di diffamazione, commesso mediante l'invio al consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli di un esposto contenente affermazioni ritenute diffamatorie sul piano professionale dell'avvocato Al.Pa. . Il difensore dell'imputata ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli articoli 102 e 178 c.p.: nel corso del giudizio di primo grado il difensore di fiducia, per impedimento professionale, aveva designato un sostituto processuale, con espressa indicazione che la sostituzione era limitata alla escussione del teste dell'accusa e con richiesta di differimento. Il giudice di pace ha rigettato l'istanza, poiche' il difensore di fiducia era sostituito a tutti gli effetti dal sostituto processuale e l'articolo 102 non riconosce rilevanza a limitazioni apposte dal difensore ai poteri del sostituto. Il giudice ha interpretato non correttamente la norma, in quanto la modifica apportata all'articolo 102 cit., prevede che il difensore di fiducia possa porre dei limiti temporali ai poteri del sostituto, stabilendo che ,per il caso di impedimento e per tutta la durata di questo, puo' designare un sostituto. Deve quindi ritenersi che la norma non consente limiti ai poteri del sostituto per tutta la durata della sostituzione, ma non gia' che non consenta limiti temporali. Comunque, il giudice, ritenendo non legittima la limitazione temporale, avrebbe dovuto assegnare all'imputata un difensore di ufficio, senza consentire che svolgesse attivita' difensiva un delegato privo, quanto meno temporalmente, di delega.

2. violazione di legge in riferimento al rigetto della richiesta di riapertura dell'istruttoria: la prova documentale, di cui e' stata richiesta l'acquisizione e' da considerare decisiva ,in quanto contiene la dimostrazione della inattendibilita' delle dichiarazioni della persona offesa.

3. vizio di motivazione sull'affermazione della responsabilita' dell'imputata: l'esposto aveva la finalita' di sollecitare il presidente del consiglio dell'ordine a una valutazione della regolarita' deontologica del comportamento del legale. In esso si segnalava che il denaro proveniente dalle controversie era stato versato al difensore e la Ce. non l'aveva ricevuto. Nessun riferimento era stato fatto all'illegittimo utilizzo della somma, da parte dell'avvocato e quindi nessuna potenzialita' diffamatoria era attribuibile al documento.

La parte civile ha depositato memoria in data 18.6.10, con cui contesta la fondatezza delle argomentazioni della ricorrente. Chiede inoltre la cancellazione, a norma dell'articolo 598 c.p., delle affermazioni diffamatorie contenute nel ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso di carattere procedurale non meritano accoglimento, non proponendo argomenti idonei a incidere sulle valutazioni gia' espresse dal giudice di appello, in quanto:

a) l'avvocato che sostituiva il difensore di fiducia - la cui assenza mancava di valida giustificazione- ha svolto la sua funzione con assoluta validita', nonostante l'irrituale limitazione posta alla sua attivita';

b) la doglianza sul rigetto dell'istanza di riapertura dell'istruttoria dibattimentale e sulla mancata assunzione di una prova decisiva e' stata ugualmente oggetto di corretta valutazione negativa, da parte del tribunale: vi e' da confermare la genericita' sul contenuto di documenti di cui e' stata chiesta l'acquisizione e la esclusione della loro decisivita', in considerazione della loro funzionalita' non alla dimostrazione di un fatto certo nel suo accadimento, ma alla prospettazione di elementi di prova da vagliare unitamente agli altri gia' acquisiti.

E' invece fondato il motivo concernente la qualificazione giuridica della condotta della Ce. : nell'esposto diretto al Consiglio dell'ordine degli avvocati, sono narrate divergenze tra cliente e difensore su questioni economiche, non contestate dalla persona offesa, che ha riferito al giudice di pace "di non aver ricevuto i relativi compensi maturati per l'attivita' professionale". Specularmente, la Ce. ha ritenuto di essere creditrice nei confronti del difensore Questa situazione ha determinato nella Ce. perplessita' e dubbi sulla correttezza della condotta di quest'ultimo e l'ha indotta a investire della questione l'organo preposto al controllo del rispetto, da parte degli iscritti all'albo professionale, delle relative regole deontologiche. La Ce. era nel suo pieno diritto di accertare se questa divergenza fosse da ascrivere a una propria errata valutazione dei rapporti dare/avere con la professionista che l'aveva tecnicamente assistita nelle cause civili o fosse da ascrivere a un'errata valutazione di quest'ultima. Questa incertezza non le ha consentito di chiedere l'intervento dell'autorita' giudiziaria, ma sicuramente l'ha legittimata a chiedere un intervento extragiudiziario, previsto dal nostro ordinamento a tutela dei cittadini rispetto a eventuali violazioni di regole deontologiche, da parte di liberi professionisti. Le sue perplessita' si sono dimostrate infondate, in virtu' dell'esito dell'accertamento del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli, che ha adottato provvedimento di archiviazione.

La pretesa dalla querelante di ottenere tutela di diritto penale a fronte di una cittadina che ha formulato, nella sede istituzionale, interrogativi sulla propria correttezza professionale non puo' trovare risposta positiva, a fronte della logica considerazione che questa cittadina ha esercitato un diritto che le e' riconosciuto dal nostro ordinamento. Una risposta diversa si tradurrebbe in un inconcepibile divieto, per gli interessati, di chiedere il controllo sul livello deontologico, nei confronti di soggetti, la cui attivita' di liberi professionisti o di lavoratori dipendenti, puo' profondamente incidere sui propri diritti personali e patrimoniali.

L'interrogativo sulla correttezza professionale di questi soggetti non puo' tradursi automaticamente, sempre e comunque ,in una reazione punitiva dello Stato. La negativa evoluzione del costume, che porta a equiparare controllo/responsabilita', non puo' giustificare il divieto per i cittadini di chiedere nella sede istituzionale, senza anticipazioni di giudizio e senza devianti comunicazioni, l'esame di chi ha operato e opera nella loro sfera giuridica. Lo status di esaminandi, perenni, senza fine e' razionalmente giustificato dai poteri che l'ordinamento conferisce ad alcune categorie di consociati.

Questo orientamento interpretativo trova conferma in decisioni della S.C. in cui e' stata riconosciuto l'esercizio di un diritto, anche nel caso della condotta di chi indirizzi un esposto - contenente espressioni offensive - a autorita' disciplinare, perche' ricorre la generale causa di giustificazione ex articolo 2 e 3 Cost., considerato che senza liberta' di espressione e di critica, la dialettica democratica non puo' realizzarsi (sez. 5, n. 13549 del 20.2.08, rv 239825). Come si ricava facilmente dal capo di imputazione, nell'esposto non sono state usate espressioni direttamente e smodatamente offensive,nei confronti della querelante ma solo dubbi e perplessita', che, seppure manifestatisi infondati, non travalicano il confine di un corretto esercizio del diritto di critica.

Nessun rilievo puo' avere la richiesta di cancellazione, avanzata dalla parte civile. La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, trattandosi di persona non punibile ai sensi dell'articolo 51 c.p.
 

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