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Non elude l'obbligo di visita imposto dal giudice il genitore che impedisce all'altro di vedere il minore che ha mal di denti

In tema di mancata esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento di un figlio minore, ai fini della sussistenza del dolo, occorre stabilire da parte del giudice penale se il genitore affidatario, nell'impedire al genitore non affidatario il diritto di visita nei confronti del minore, sia stato eventualmente mosso dalla necessità di tutelare l'interesse morale e materiale del minore medesimo, soggetto di diritti e non mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri. Infatti, il genitore affidatario, pur obbligato a consentire l'esercizio del diritto di visita da parte dell'altro genitore secondo le prescrizioni stabilite dal giudice, essendo egli nello stesso tempo tenuto a garantire la crescita serena ed equilibrata del minore a norma dell'articolo 155, comma 3, del codice civile, ha in ogni momento il diritto-dovere di assicurare massima tutela all'interesse preminente del minore, ove tale interesse, per la naturale fluidità di ogni situazione umana, non sia stato potuto essere tempestivamente portato alla valutazione del giudice civile: per l'effetto, il rifiuto di visita, specie laddove ricusato dal minore, può trovare giustificazione nell'esigenza prevalente di tutelare l'interesse morale e materiale del minore. Nella specie, ove tra l'altro si discuteva di un unico, specifico episodio, in un arco temporale di diversi mesi nei quali non erano state denunciate altre situazioni simili, l'imputata aveva addotto, a fondamento del rifiuto di visita, un malessere accusato dalla figlia minore.

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 18 marzo 2010, n. 10701



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente

Dott. MANNINO Saverio F. - Consigliere

Dott. GRAMENDOLA Francesco - Consigliere

Dott. FAZIO Anna Maria - Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) GI. CA. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 746/2005 CORTE APPELLO di MESSINA, del 29/06/2007;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CITTERIO Carlo;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RIELLO Luigi che ha concluso per annullamento senza rinvio perche' il fatto non sussiste.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29.6 - 8.11.2007 la Corte distrettuale di Messina accoglieva l'appello della parte pubblica e della parte civile e, per l'effetto, in riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Barcellona PG - Milazzo condannava GI.CA. alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all'articolo 388 c.p., per avere eluso il provvedimento presidenziale del 1.4.2003, non consentendo con meri pretesti al marito CA.TI. di tenere con se' la figlia minore LU. , di un anno all'epoca del fatto - nei tempi e modi previsti dal provvedimento.

2. Ricorre per cassazione personalmente la GI. , con i seguenti motivi:

violazione dell'articolo 581 c.p.p., lettera c) e vizi motivazionali in ordine alla richiesta di inammissibilita' dell'appello, in relazione al fatto che nelle sue conclusioni il p.m. aveva chiesto alla Corte distrettuale la condanna di CA. TI. (persona offesa) e non della GI. ;

- violazione di legge in relazione all'articolo 388 c.p.: essendosi trattato di un solo episodio (il (OMESSO)) a fronte di un continuativo esercizio del diritto, ed essendo stata fornita per quella sola occasione una giustificazione - il malessere della nottata precedente e perdurante all'arrivo del padre, forse dovuto alla crescita di un dente -, come riconosciuto dalla stessa Corte messinese, sarebbe evidente la mancanza del dolo previsto da questo reato, essendo tale contesto incompatibile con la nozione penalistica di "elusione", diversa - secondo la ricorrente - da quella di "inosservanza", mentre i diritti del minore non potrebbero essere ignorati o posposti, nel caso di specie la madre avendo agito proprio e solo nell'interesse della minore;

- omessa motivazione sull'individuazione della "ripicca" per la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento, quale causa della condotta: la Corte distrettuale non avrebbe indicato gli elementi su cui ha ritenuto tale ripicca e non l'effettivo generale malessere della piccola la ragione della occasionale mancata consegna, tanto piu' che tale occasionalita' rendeva illogica la tesi della ripicca.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1 I primi due motivi, pregiudiziali stante l'eccezione di inammissibilita' dell'appello del pubblico ministero (rilevante per l'aspetto penale della vicenda, rispetto all'autonomo aspetto solo civilistico attivato dall'appello della parte civile), sono infondati: la Corte ha ritenuto con argomentazione congrua all'atto ed immune da vizi logici che si sia trattato di un errore materiale immediatamente percepibile e del tutto inidoneo a porre alcun dubbio sull'effettivo contenuto della domanda contenuta nell'atto di impugnazione.

3.2 Sono fondati gli altri due motivi, sia pure per ragioni in parte diverse da quelle dedotte.

Come emerge dalla sentenza impugnata, si sta procedendo per un unico specifico episodio, che si inserisce in un contesto temporale di mesi nei quali - secondo quanto si evince dalla stessa sentenza - non sono state denunciate altre situazioni simili.

Orbene, quanto al singolo episodio, la Corte distrettuale, dopo aver dato atto della spiegazione fornita dall'imputata, ha invece ritenuto che la reale ed unica ragione della mancata consegna della bambina fosse costituita dalla ripicca per la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento da parte del coniuge separato.

In proposito, questa Corte ha gia' insegnato che il genitore affidatario, pur obbligato a consentire l'esercizio del diritto di visita da parte dell'altro genitore secondo le prescrizioni stabilite dal giudice, qualora venga a trovarsi in una concreta situazione di difficolta' determinata dalla resistenza (o dal disagio, psico-fisico) del minore, essendo egli nello stesso tempo tenuto a garantire la crescita serena ed equilibrata del minore a norma dell'articolo 155 c.c., comma 3, ha in ogni momento il diritto-dovere di assicurare massima tutela all'interesse preminente del minore, ove tale interesse, per la naturale fluidita' di ogni situazione umana, non sia potuto essere tempestivamente portato alla valutazione del giudice civile: per questo, ai fini della sussistenza del dolo, occorre stabilire da parte del giudice penale se il genitore affidatario, nell'impedire al genitore non affidatario il diritto di visita ricusato dal minore, sia stato eventualmente mosso dalla necessita' di tutelare l'interesse morale e materiale del minore medesimo, soggetto di diritti e non mero oggetto di finalita' esecutive perseguite da altri (Sez. 6, sent. 7077 del 16.3 - 4.6.1999, rv 214690; Sez. 6, sent. 17691 del 9.1 - 16.4.2004, rv 228490; Sez. 6, sent. 27613 del 19.6 - 2.8.2006, rv 235130).

La Corte distrettuale ha operato tale valutazione di merito, che le compete, affermando che la circostanza del malessere accusato nella nottata e perdurante non era dimostrata (per l'inadeguatezza e non pertinenza della documentazione medica prodotta) e che non si era trattato di malattia ma di generico stato di sofferenza, secondo le stesse dichiarazioni dell'imputata e della madre; per contro, "emerge(va) con chiarezza" il reale motivo costituito dalla ripicca.

L'apprezzamento di merito risulta allora sorretto da una motivazione che, da un lato, presuppone l'interpretazione della norma nel senso che solo la "malattia" costituirebbe giustificazione di un'eventuale mancata consegna, non conforme all'insegnamento appena richiamato; dall'altro, si manifesta al tempo stesso apparente e manifestamente illogica: come lamentato dalla ricorrente, infatti, la "chiarezza" dell'emersione della ripicca come ragione dell'occasionale rifiuto della consegna e' al tempo stesso affermazione allo stato apodittica e non spiega perche' in tutte le altre occasioni del periodo considerato - pur permanendo quella stessa ragione di ripicca - l'esercizio del diritto di visita sia stato assicurato.

Ma proprio quest'ultima osservazione impone di ritenere non solo non correttamente motivata la ritenuta assenza di giustificazione della occasionale mancata consegna, ma, in realta', gia' insussistente il fatto reato come contestato: che e' l'"elusione dell'obbligo di consentire al padre di tenere con se' la figlia minore nei tempi e nei modi previsti dal provvedimento presidenziale 1.4.2003".

Infatti, la nozione di "elusione" del provvedimento del giudice in materia di affidamento di persone minori non puo' che riguardare condotte e comportamenti che siano idonei a vanificare lo scopo del provvedimento stesso, in particolare incidendo in maniera sensibile sulla qualita' della prosecuzione dei rapporti tra il genitore non affidatario ed il figlio minore (qualita' di cui sono componenti anche la quantita' e le modalita' della frequentazione), alterando concretamente l'equilibrio - tra gli stessi e lo stato di separazione - che e' stato individuato nel provvedimento giudiziario e quindi la "frustrazione delle legittime pretese del genitore non affidatario" (Sez. 6, sent. 32846 dell'11.6 - 12.8.2009, rv 244621).

Corrisponde pertanto a massima di comune esperienza l'assunto che normalmente l'assolutamente occasionale inosservanza delle modalita' - temporali, logistiche, o afferenti altro aspetto del genere - indicate nei provvedimenti giudiziari afferenti la disciplina di affidamento dei figli minori non sia idonea, per se', a concretizzare l'elusione del provvedimento, salvo che si tratti di inosservanza che, per le specifiche peculiari ed invasive sue caratteristiche concrete - oggetto di specifica e non illogica motivazione -, sia ritenuta per se' idonea a determinare l'alterazione di quell'equilibrio e frustrare le legittime pretese del genitore non affidatario (in tale senso non vi e' contrasto con Sez. 6, sent. 13101 del 25.2 - 25.3.2009, rv 243696).

Ed allora, nel caso di specie, da un lato la mancata giustificazione del singolo episodio non risulta allo stato sorretta da motivazione conforme ai requisiti che si evincono, specularmente, dalla lettera E dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) dall'altro, dalla sentenza non. emerge alcun elemento per ricondurre l'episodio - anche se in ipotesi ritenuto violazione ingiustificata - alla nozione di elusione del provvedimento, come sopra delineata.

La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, perche' il fatto - come contestato - non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste.
 

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