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Non può essere condannato per omessa somministrazione dei mezzi di sussitenza l'uomo, invalido, che si allontana da casa

Non può essere condannato per omessa somministrazione dei mezzi di sussitenza l'uomo, invalido, che si allontana da casa. La Corte di Cassazione ha così cassato la sentenza di secondo grado che non si e' curata di accertare se ed in quale misura, a fronte della minima pensione di invalidita', l'uomo non si sia adoperato per sopperire alla pochezza di tale sua entrata, si' da permettergli di contribuire in qualche forma alle esigenze dell'abbandonato nucleo familiare, al fine di ricercare un'attivita' o un lavoro e se, in caso negativo, cio' sia avvenuto per colpa o per negligenza dello stesso imputato. Ovvero se costui non si sia, alternativamente, trovato nella oggettiva impossibilita' (ad impossibilia verno tenetur) di osservare l'obbligo di assistenza economica verso la moglie e i figli per cause indipendenti dalla sua volonta' (cfr. Cass. Sez. 6, 3.3.2011 n. 11696, rv. 249655).

Corte di Cassazione, Sezione 6 penale, Sentenza 12 settembre 2012, n. 34955



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio - Presidente

Dott. GRAMENDOLA Francesco - Consigliere

Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso sentenza del 08/03/2010 della Corte di Appello di Napoli;

esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;

udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;

udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott. SCARDACCIONE Eduardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Il difensore di (OMISSIS) impugna per cassazione l'indicata decisione della Corte di Appello di Napoli, che ha confermato la sentenza resa il 28.4.2008 dal Tribunale di Benevento sezione di Airola, con cui l'imputato e' stato condannato, concessegli le attenuanti generiche, alla pena di due mesi di reclusione ed euro 200,00 di multa per il reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza in favore della moglie (OMISSIS) e dei due figli minorenni rimasti a lei affidati. Condotta criminosa integrata dal contegno dello (OMISSIS) che - come precisato in dibattimento dalla persona offesa - nel corso del (OMISSIS) ha d'improvviso abbandonato la casa coniugale, non dando piu' notizie di se' ai familiari ed omettendo da allora (con condotta protrattasi in permanenza fino al giudizio di primo grado) di corrispondere qualsiasi aiuto economico per i figli minorenni e per la stessa moglie, costretta - oltre che a lavorare come donna delle pulizie - a fare ricorso alle sovvenzioni finanziarie dei parenti e della parrocchia.

2. Il ricorso sviluppa tre motivi di censura.

2.1. Violazione dell'articolo 70 c.p.p., e articolo 178 c.p.p., lettera c).

La Corte di Appello inopinatamente non ha accolto le doglianze espresse in merito al regolare svolgimento del giudizio contumaciale di primo grado, svoltosi senza la necessaria verifica, anche in forma peritale e previa sospensione del processo (articolo70 c.p.p.), sulla cosciente partecipazione al processo del prevenuto, affetto - come dimostra una relazione della A.S.L. di Milano - da "ritardo marcato dello sviluppo intellettivo e disturbi del comportamento". Condizione suffragata anche dalla prodotta certificazione dell'ufficio provinciale del lavoro di (OMISSIS) attestante una riduzione della capacita' lavorativa dello (OMISSIS) pari al 76%.

2.2. Erronea applicazione dell'articolo 570 c.p. e carenza e illogicita' della motivazione. La sentenza impugnata, pur dando atto che l'unico coniuge che prestava attivita' lavorativa era la presunta persona offesa (OMISSIS), con una retribuzione nel 2007 di euro 1.000/1.200,00 con ulteriore somma di euro 175,00 per le pulizie del proprio condominio, come si evince dalle dichiarazioni della donna che i giudici di appello si sono astenuti dal verificare, ha ritenuto (OMISSIS) responsabile del reato ascrittogli, nonostante costui abbia dimostrato di percepire solo una modesta pensione di invalidita' di euro 248,00 mensili, insufficiente per provvedere anche ai suoi personali bisogni primari, non potendo e non essendo in grado di svolgere alcuna attivita' lavorativa. Le evenienze processuali accreditano una situazione in cui avrebbe dovuto essere piuttosto la moglie, anche in considerazione delle gravi patologie da cui e' affetto lo (OMISSIS), ad "accollarsi l'assistenza economica e morale del marito e non viceversa". Di tal che l'imputato avrebbe dovuto essere assolto per impossibilita' di adempiere ai sensi dell'articolo 45 c.p..

2.3. Violazione del divieto di reformatio in peius (articolo 597 c.p.p., comma 3).

L'odierno processo scaturisce dall'anteriore annullamento di una precedente sentenza del Tribunale di Benevento sezione di Airola del 26.3.2003 disposto dalla Corte di Appello di Napoli (sentenza 27.5.2005). Nel nuovo giudizio di primo grado il giudice non avrebbe potuto infliggere all'imputato una pena piu' grave di quella fissata nel giudizio annullato, ne' estendere l'accusa, atteso che in quella sede (OMISSIS) era stato gravato dalla sola multa (euro 600,00) per il solo reato di cui all'articolo 570 c.p., comma 1.

3. Il ricorso dello (OMISSIS) e' parzialmente fondato nei termini che seguono.

3.1. Il primo motivo di censura in procedendo e' infondato.

La Corte di Appello ha motivato, con corretti argomenti giuridici, l'inesistenza delle condizioni per procedere ad accertamenti peritali o d'altra natura sulla capacita' processuale dell'imputato ritenuta dal giudice di primo grado. La relazione sanitaria prodotta dal difensore, che attesterebbe la condizione di incapacita' del prevenuto, non soltanto risale al 1990, ma essa stessa accredita i progressivi miglioramenti conseguiti dallo (OMISSIS) sia sotto il profilo intellettivo che comportamentale.

3.2 Privi di pregio sono gli assunti (terzo motivo di ricorso) in tema di violazione del divieto di reformatia in peius e di indebita immutatio libelli (articoli 521 e 597 c.p.p.). Emerge, infatti, ex actis che la sentenza del Tribunale di Benevento del 26.3.2003 (che dichiarava (OMISSIS) colpevole del "reato di cui all'articolo 570 c.p., comma 1, esclusa la contestata aggravante comma 2" e' stata annullata per mere ragioni processuali dovute alla omessa notificazione del decreto di citazione in giudizio con coeva nullita' della declaratoria di contumacia dell'imputato. La radicale nullita' per motivi esclusivamente processuali del pregresso giudizio di primo grado (da considerarsi tamquam non esset) non e', infatti, idonea a determinare in "favore" dell'imputato il consolidarsi di alcuna posizione di carattere sostanziale suscettibile di condizionare il susseguente giudizio di rinvio di primo grado (arg. ex: Cass. Sez. 6, 25.6.1999 n. 10251, Scardamaglia, rv. 214386; Cass. Sez. 6,30.9.2009 n. 44488, Zaccaria, rv. 245107).

3.3. Assistito da fondamento deve reputarsi il secondo motivo di ricorso in punto di carente o insufficiente verifica della effettiva capacita' economica dell'imputato idonea a fronteggiare l'obbligazione contributiva nei confronti della moglie e dei figli minori.

Innanzitutto la Corte di Appello non si e' soffermata sui reali contenuti della testimonianza dibattimentale della persona offesa (OMISSIS), implicitamente mutuando al riguardo l'argomentazione del primo giudice sull'entita' della remunerazione lavorativa percepita dalla donna e ritenuta equivalente alla somma di euro 175,00 mensili. Argomentazione erronea, perche' smentita dalla lettura della trascrizione della testimonianza della donna, allegata all'atto di appello e - per altro - riportata nel corpo dello stesso atto impugnatorio. La (OMISSIS) ha precisato, infatti, di percepire una somma di circa 1.000,00 o 1.200,00 euro mensili, autonoma ("a prescindere da questi euro 1.000,00 o 1.200,00 al mese ...") rispetto all'ulteriore somma di euro 175,00 mensili corrispostale per la pulizia delle scale del condominio in cui abita. I giudici di secondo grado hanno omesso di valutare tale evenienza nel quadro delle complessive emergenze processuali ed anche in rapporto alla speculare situazione reddituale dell'imputato.

In secondo luogo gli stessi giudici di merito e in special modo la sentenza di appello riconoscono che, in presenza di una capacita' di lavoro dell'imputato certamente compromessa dalle sue precarie condizioni di salute, tanto da essere ritenuto invalido al 76%, lo (OMISSIS) ha percepito dal 2003 una pensione di invalidita' che solo nel 2006 ha raggiunto la punta massima di euro 248,00 mensili. Somma la cui oggettiva modestia non impedisce ai giudici di secondo grado di rilevare che il prevenuto "non ha minimamente contribuito alla sussistenza della (sua) famiglia composta dalla moglie e da due figli minori". Rilievo cui la sentenza impugnata giustappone la nozione di mezzi di sussistenza, da intendersi come piu' ristretta di quella civilistica di mantenimento, e da apprezzarsi alla stregua dei "mezzi minimi necessari" per la soddisfazione delle esigenze elementari della vita.

Sennonche' l'analisi cosi' svolta dalla sentenza impugnata in ordine alla concreta capacita' economica dell'imputato di contribuire pur in forma minima ai bisogni essenziali dei familiari si mostra affatto deficitaria e implausibile. E' vero che tale capacita' non e', per gli effetti di cui all'articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, fondata sulla valutazione comparativa delle condizioni economiche dei due coniugi. Ma non e' meno vero che l'idoneita' finanziaria dei redditi dell'imputato non puo' essere valutata in astratto e ritenuta sussistente in presenza di qualsivoglia pur parcellare entrata al pari di quella, irrisoria gia' nel 2006, percepita dallo (OMISSIS) per motivi di invalidita'. Non e' revocabile in dubbio che la disponibilita' o capacita' economica dell'obbligato ex articolo 570 cpv. c.p. deve essere valutata in concreto e non sotto un profilo meramente virtuale o potenziale.

In proposito la Corte territoriale omette ogni piu' approfondita necessaria indagine, anche muovendo dal segnalato erroneo presupposto della speculare modestia delle disponibilita' retributive della consorte dell'imputato. Nessuna verifica, pur possibile alla stregua della documentazione versata in atti dalla difesa o agevolmente integrabile presso i competenti uffici pubblici del lavoro e di assistenza agli invalidi (INPS), e' stata sviluppata per conoscere la complessiva situazione di vita personale dello (OMISSIS) (disponibilita' di abitazione propria o eventuale canone di locazione abitativa ovvero convivenza con altri congiunti; eventuale disponibilita' di altre fonti di reddito) e la sua connessa possibilita' di utilizzare (e in quale modo) la sua energia di lavoro e di svolgere una qualche occupazione remunerata.

Nonostante le prospettazioni difensive la sentenza impugnata non si e' curata di accertare se ed in quale misura, a fronte della minima pensione di invalidita', lo (OMISSIS) non si sia adoperato per sopperire alla pochezza di tale sua entrata, si' da permettergli di contribuire in qualche forma alle esigenze dell'abbandonato nucleo familiare, al fine di ricercare un'attivita' o un lavoro e se, in caso negativo, cio' sia avvenuto per colpa o per negligenza dello stesso imputato. Ovvero se costui non si sia, alternativamente, trovato nella oggettiva impossibilita' (ad impossibilia verno tenetur) di osservare l'obbligo di assistenza economica verso la moglie e i figli per cause indipendenti dalla sua volonta' (cfr. Cass. Sez. 6, 3.3.2011 n. 11696, rv. 249655).

Per quanto esposto si impone l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli altri alla Corte di Appello di Napoli perche' proceda, in diversa composizione, ad un nuovo giudizio di secondo grado che colmi le individuate lacune della motivazione, uniformandosi agli indicati criteri referenziali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

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