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Norme di comportamento e corresponsablità del conducente del mezzo avente diritto alla precedenza

In tema di circolazione stradale, deve affermarsi la corresponsabilità in ordine alla verificazione dell'incidente anche del conducente del mezzo favorito, ossia avente diritto di precedenza, soprattutto laddove questi abbia tenuto una velocità ccessiva approssimandosi a un'intersezione. (Corte di Cassazione Sezione 4 Penale,Sentenza del 12 agosto 2008, n. 33385)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. KOVERECH Oscar - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:

IA. Pa., nato a (OMESSO);

RA. Do., nato a (OMESSO);

avverso la sentenza pronunciata in data 12 febbraio 2007 dalla Corte di appello di Napoli;

udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Renato BRICCHETTI;

sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott. GALASSO Aurelio, che ha chiesto rigettarsi il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato RA. e dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso proposto nell'interesse dell'imputato IA.;

- udito il difensore della parte civile RA. Do., avv. Umberto PAPPADIA di San Maria Capua Vetere, che ha concluso per il rigetto del ricorso proposto nell'interesse dell'imputato IA.;

- udito il difensore di fiducia dell'imputato RA., avv. PAPPADIA Umberto di San Maria Capua Vetere, presente anche in sostituzione dell'avv. Giuseppe STELLATO di San Maria Capua Vetere, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la condanna di IA.Pa. e di RA. Do. (il primo alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, il secondo alla pena di anni uno di reclusione) per il concorso nei reati (articolo 589 c.p., comma 3; ora comma 4 a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, articolo 1) di omicidio colposo in danno di GI.Im. e di VE.Mi. e di lesioni personali colpose in danno di El. e RA.Do., commessi, con violazione della disciplina della circolazione stradale, in (OMESSO).

1.1. Osservava la Corte, in punto di affermazione di responsabilita':

- che IA. risultava aver tenuto una velocita' "compresa tra il triplo ed il quadruplo consentito nella zona ove viaggiava, in prossimita' di un incrocio ed in ora notturna", circostanze queste ultime che esigevano un aumento di attenzione;

- che la violazione da parte dell'imputato delle norme di comune prudenza e delle regole cautelari scritte di cui al Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articoli 141 e 143 aveva "certamente sortito efficacia causale quanto ai cagionati eventi";

- che RA. non aveva osservato l'obbligo, in presenza di segnalazione semaforica lampeggiante (che "invita a maggior senso di autodisciplina"), di dare la precedenza a IA., che proveniva da destra (la possibilita' di avvistamento era ampia e, comunque, il RA. avrebbe avuto un quadro completo della "situazione stradale a destra" se solo avesse percorso "appena un metro in avanti").

1.2. La Corte territoriale riteneva, poi, il trattamento sanzionatorio "perfettamente adeguato alla gravita' oggettiva del fatto ed al grado di colpa di ciascun imputato".

Osservava al riguardo che il primo giudice:

- aveva omesso di operare gli aumenti di pena previsti, per il concorso formale, dal citato articolo 589 c.p., comma 3;

- aveva concesso le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata circostanza aggravante.

2. Avverso l'anzidetta sentenza, hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati, per mezzo dei rispettivi difensori, chiedendone l'annullamento.

3. La difesa di IA. sostiene che la sentenza impugnata sia mancante di motivazione in ordine alla "colpa" dell'imputato perche' si soffermerebbe soltanto sulla velocita' dal medesimo tenuta, senza considerare che l'evento non si sarebbe verificato se RA. avesse ottemperato all'obbligo di dare la precedenza.

Conclude, tuttavia, affermando che la pena avrebbe dovuto essere "piu' equa e proporzionata".

4. Il difensore di RA. articola tre motivi.

4.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge, nonche' mancanza o manifesta illogicita' della motivazione della sentenza impugnata in ordine all'affermazione di responsabilita'.

Premette che la sentenza impugnata non "affronta le doglianze" contenute nei motivi di appello ed addebita all'imputato inesistenti violazioni di regole cautelari.

La Corte territoriale sostiene, invero - precisa la difesa - che l'autovettura di IA. sarebbe stata visibile al RA. se egli si fosse fermato "appena un metro oltre la linea di arresto".

Ma siffatta condotta di ingombro dell'incrocio non poteva essere richiesta all'imputato perche' "assolutamente vietata".

Si chiede la difesa come abbia potuto essere affermata la responsabilita' di chi, come il RA. :

era giunto in vista dell'incrocio a velocita' inferiore al limite esistente (30 chilometri orari);

- aveva, in prossimita' dell'incrocio medesimo, rallentato, arrestando il veicolo in corrispondenza della linea esistente sul manto stradale;

- non era nelle condizioni di avvistare il veicolo antagonista;

- aveva iniziato ed ormai quasi ultimato la manovra di attraversamento allorquando l'autovettura di IA., sopraggiungente a velocita' eccessiva, lo aveva "travolto".

Non poteva, pertanto, affermarsi che avesse omesso di dare la precedenza a IA.; avendo impegnato l'incrocio, RA. aveva acquisito una precedenza "di fatto".

Inoltre, sotto il profilo causale, la circostanza che IA. viaggiasse a velocita' elevata era "assorbente", capace cioe' di escludere ogni rilevanza alla condotta tenuta dal RA..

Anche secondo il perito nominato non esisterebbe alcuna certezza "sulla distanza dall'incrocio" del veicolo di IA. nel momento in cui RA. aveva effettuato l'attraversamento.

E tale dato di fatto sarebbe - secondo il perito - di decisiva importanza ai fini ricostruttivi.

4.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto concessione circostanze attenuanti generiche.

Rileva che la Corte di merito aveva affermato che le circostanze attenuanti generiche erano state riconosciute al RA. come prevalenti rispetto alla contestata circostanza aggravante.

Sostiene che in realta' non sarebbe stata operata dal giudice di primo grado alcuna riduzione di pena per effetto dell'anzidetta prevalenza.

4.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla commisurazione della pena.

Considerato "il minimo concorso di colpa del RA. ed il prevalente contributo nella causazione dell'evento da parte del coimputato IA. ", la Corte territoriale avrebbe dovuto "contenere la pena entro i minimi edittali" o, comunque, fornire "adeguata motivazione su tale punto del gravame".

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato IA. e' inammissibile; quello proposto dal coimputato RA. merita accoglimento nei limiti di seguito precisati.

5.1. Va rilevato anzi tutto, che il ricorso per Cassazione dell'imputato IA. e' inammissibile, ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), perche' proposto tardivamente il 23 aprile 2007.

Il termine di trenta giorni (ex articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera b), decorreva, invero, dalla notificazione all'imputato contumace dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza, avvenuta il 9 marzo 2007, e scadeva, pertanto, l'8 aprile 2007.

5.2. In ogni caso, il primo motivo di entrambi i ricorsi, che attiene alle rispettive affermazioni di responsabilita', e' inammissibile.

E' palese che la sentenza impugnata non difetti di logicita' sul punto. All'esito della valutazione degli elementi acquisiti, i giudici di merito hanno ritenuto di attribuire rilievo nel determinismo causale sia alla velocita' (di gran lunga superiore a quella consentita) con la quale l'imputato IA., pur vantando la "precedenza", aveva, di notte ed in presenza di un semaforo lampeggiante, impegnato l'incrocio, sia al fatto che RA., pur procedendo ad andatura moderata, si fosse avvicinato all'incrocio con attenzione insufficiente, noncurante del dovere di cedere la precedenza ai veicoli eventualmente sopraggiungenti dalla sua destra.

Quanto a IA. la Corte si e' posta, dunque, in linea con una giurisprudenza costante nell'affermare la corresponsabilita' del conducente del mezzo "favorito", soprattutto laddove questi abbia tenuto una velocita' eccessiva approssimandosi ad un'intersezione (cfr. Cass. 4, 12 gennaio 1988, Spinelli, RV 180844).

Con riguardo al RA., la Corte territoriale ha stigmatizzato, invece, che, tenuto a cedere la precedenza, si era immesso nell'area dell'incrocio senza impiegare la prudenza e diligenza che il caso richiedeva.

Aveva spazio e tempo per avvistare l'autovettura antagonista.

Sarebbe stato sufficiente (ed in tal senso va intesa l'affermazione della Corte sulla quale maggiormente si concentrano le doglianze del difensore) che, anziche' attraversare l'incrocio senza fermarsi, si fosse arrestato anche soltanto un metro "all'interno" del medesimo per poter avere una visuale completa dei veicoli provenienti dalla sua destra e, quindi, poter effettuare un calcolo della velocita' di avvicinamento prima di intraprendere la manovra.

La norma che impone al conducente, nel crocevia, di dare la precedenza al veicolo che circola su strada con precedenza implica l'obbligo di accertarsi se da quella strada sopraggiungano veicoli.

In tal caso, il conducente che giunga al crocevia e' tenuto, pertanto, a non impegnare l'area per tutta la superficie, dovendo dare la precedenza ai veicoli sopravvenienti, e non puo' fare affidamento sul fatto che i veicoli con precedenza abbiano il dovere di rallentare in prossimita' del crocevia (v. Cass. 4, 9 aprile 1976, Talamini, RV 134275).

In caso di dubbio, il conducente tenuto a cedere la precedenza deve astenersi dall'intraprendere una manovra di esito incerto ed attendere il momento piu' propizio per eseguirla: ogni errore di calcolo deve, in tal senso, essere posto a suo carico (cfr. Cass. 4, 2 febbraio 1989, Bandini, RV 181116).

E, comunque, come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare (Cass. 4, 2 febbraio 1989, Bandini, RV 181115; Cass. 4, 9 aprile 1976, Talamini, cit.), la velocita' irregolare o imprudente del veicolo favorito, qualunque essa sia, a meno di non costituire un fatto sopravvenuto, come nel caso di forte accelerazione successiva al momento di inizio della manovra da parte di quello sfavorito, puo' rappresentare soltanto una ragione di colpa concorrente ma giammai di esclusione della responsabilita' di quest'ultimo o di interruzione del nesso causale tra la sua condotta e l'evento.

Dal canto suo, il difensore dell'imputato RA. ha prospettato esclusivamente censure tendenti ad accreditare una diversa e meramente assertiva ricostruzione dei fatti, che presupporrebbe che l'imputato avesse iniziato l'attraversamento dell'incrocio assai prima del sopraggiungere dell'autovettura condotta da IA., che gli sarebbe in sostanza "piombata" addosso proprio perche' procedeva a velocita' elevatissima.

Si tratta - e' opportuno ripeterlo - di circostanze meramente asserite e, in ogni caso, occorre rammentare che la c.d. precedenza di fatto sussiste soltanto nei casi in cui il veicolo si presenti all'incrocio con tanto anticipo da consentirgli di effettuarne l'attraversamento senza che si verifichi la collisione e senza che il conducente, cui spetta la precedenza di diritto, sia costretto ad effettuare manovre di emergenza, o a rallentare, oltre i limiti richiesti dalla presenza del crocevia o, addirittura, a fermarsi (cfr. Cass. 4, 23 novembre 1993, Baschizzorre, RV 196381; Cass. 4, 19 marzo 1991, Zanapa, RV 188212).

Ma la prova di dette circostanze grava sul conducente che invochi in suo favore la precedenza di fatto (v. Cass. 4 8 novembre 1982, Tanno, RV 158769).

In ogni caso, il giudizio espresso sulla dinamica dell'incidente dalla Corte di merito attiene al merito dei fatti e non e' sindacabile in sede di legittimita' perche' frutto di un apprezzamento delle emergenze processuali, in ordine alla condotta di guida dei ricorrenti, ai profili di colpa ravvisati nelle stesse ed alla loro incidenza sotto il profilo causale, del quale e' stata data congrua e coerente giustificazione. La ricostruzione di un incidente e' rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimita' se sorretti da adeguata motivazione. E nessuna doglianza puo' essere, sotto il profilo della congruita' e della logicita', mossa alla sentenza impugnata che si avvale dei dati certi a disposizione per delineare argomentazioni persuasive in ordine alla ricostruzione dei fatti ed alle regole cautelari violate.

5.3. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso presentato nell'interesse dell'imputato RA. sono fondati nei limiti di seguito precisati.

Come si e' detto (v. supra 4.2 e 4.3), l'imputato si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia erroneamente affermato che le circostanze attenuanti generiche gli erano state riconosciute con giudizio di prevalenza e, in generale, della mancanza di motivazione in relazione alla commisurazione della pena.

La doglianza e' fondata nel senso che l'affermazione dei giudici di appello secondo cui era stata dal giudice di primo grado riconosciuta la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e non era stato applicato l'aumento per il concorso formale di reati non trova conforto nella relativa pronuncia.

Dalla stessa si evince, invero, che le affermazioni anzidette riguardano l'imputato IA., ma non certamente RA., in relazione al quale si riconoscono effettivamente le circostanze attenuanti generiche ma nulla si dice ne' in ordine al giudizio di comparazione con la contestata circostanza aggravante, ne' con riguardo al modo in cui la pena di un anno di reclusione e' stata commisurata.

6. In conclusione, l'imputato IA.Pa. va altresi' condannato, a norma dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare in euro 1000,00 (mille, 00).

La decisione impugnata va, invece, annullata, nei confronti dell'imputato RA.Do., limitatamente al capo relativo alla pena con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Nel resto il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato RA. va rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di IA. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 1000,00 (mille, 00) alla cassa delle ammende.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di RA. Do. limitatamente al capo relativo alla pena con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Rigetta nel resto il ricorso di RA..

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

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