Penale: Guide e Consulenze Legali

Consulenza legale

Ricevi una consulenza in Diritto Penale
in 48 ore comodamente tramite email

prodotti terapeutici per terapia dimagrante non possono essere venduti senza ricetta medica

Il legislatore ha posto condizioni e limiti precisi alla integrazione della fattispecie derogatoria alla normativa dettata dal D.Lgs. n. 219/2006, che prescrive un'autorizzazione A.I.F.A. o comunitaria per la produzione o commercializzazione di specialità medicinali, richiedendo a tal fine l'estemporaneità, nel senso che il medicinale galenico deve essere preparato dal farmacista per la specifica occasione, un limite quantitativo, nel senso che la preparazione deve essere fatta per unità e una garanzia sanitaria, nel senso che tale preparazione deve essere fatta nella farmacia dietro presentazione di ricetta medica.

Cassazione penale , sez. III, sentenza 29.08.2012 n° 33386



- Leggi la sentenza integrale -

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 5 luglio – 29 agosto 2012, n. 33386

(Presidente Mannino – Relatore Gazzara)

Ritenuto in fatto

Il p.m. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con decreto del 22/9/2011, convalidava il sequestro probatorio, disposto dai Nas dei Carabinieri di Caserta di n. 92 confezioni di prodotti terapeutici per terapia dimagrante, rinvenute presso la farmacia del dott. P.E., sita in (omissis), ravvisando la violazione degli artt. 6, 50, 54 e 147, d.Lvo 219/06, per essere state prodotte e messe in commercio specialità medicinali in assenza della prescritta autorizzazione A.I.F.A. o di autorizzazione comunitaria.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame proposta nell'interesse del P., con ordinanza del 20/10/2011, ha disposto la conferma del vincolo.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto con i seguenti motivi: - insussistenza degli elementi legittimanti la misura ablativa e assoluta mancanza di motivazione, non essendo ravvisabile il fumus del reato ipotizzato, rilevato che i preparati sequestrati devono essere considerati preparazioni galeniche magistrali, in quanto non rivolte alla pubblica vendita, ma destinate esclusivamente ai clienti del dott. M.A., specialista delle malattie del metabolismo.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile. La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, si palesa logica e corretta.

Lo stesso ricorrente nella proposizione delle censure sollevate afferma che le medicine sequestrate devono essere considerate preparazioni galeniche magistrali, errando, però, nell'interpretazione della normativa dettata dal d.Lvo 219/2006.

Infatti, va osservato che il legislatore ha posto condizioni e limiti precisi alla integrazione della fattispecie derogatoria alla predetta normativa, richiedendo a tal fine: la estemporaneità, nel senso che il medicinale galenico deve essere preparato dal farmacista per la specifica occasione; un limite quantitativo, nel senso che la preparazione deve essere fatta per unità; una garanzia sanitaria, nel senso che tale preparazione deve essere fatta nella farmacia dietro presentazione di ricetta medica.

In assenza di queste condizioni si determina una violazione al dettato di cui al citato decreto legislativo 219/2006.

Orbene, il decidente ha rilevato che, in data 21/9/2011, personale del NAS Carabinieri di Caserta si recava presso la farmacia del dott. P. per procedere a verifica igienico-sanitaria e che nel corso del controllo venivano rinvenute n. 92 confezioni contenenti ciascuna 60/90 capsule di medicinale, da considerarsi preparato galenico magistrale, solo in parte etichettate.

Nessuna ricetta veniva rinvenuta che giustificasse la detenzione delle predette confezioni medicinali già pronte.

Quanto osservato rende evidente la manifesta infondatezza dell’assunto difensivo, frutto di erronea interpretazione della normativa in materia, con la conseguente inammissibilità di impugnazione.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il P. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., deve essere, altresì, condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

INDICE
DELLA GUIDA IN Penale

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 2646 UTENTI