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reiterati comportamenti violenti fisici e verbali posti in essere dal figlio nei confronti dei familiari integrano il reato di maltrattamenti

I reiterati comportamenti violenti fisici e verbali posti in essere dal figlio con la volonta' di vessare i propri familiari, facendoli vivere in uno stato di terrore integrano il reato di maltrattamenti. Alcuna rilevanza può essere attribuita alla giovane eta' (che, comunque, non era tale da impedirgli di compiere liberamente le sue scelte di vita), che non impedisce di avere consapevolezza della duratura sofferenza arrecata ai propri congiunti sia con gli atti di violenza fisica che con le frequenti e immotivate aggressioni verbali ai quali li sottoponeva.

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 1 aprile 2010, n. 12798



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio Felice - Presidente

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. FAZIO Anna Maria - Consigliere

Dott. MATERA Lina - rel. Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) AD. RO. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 1221/2004 CORTE APPELLO di ANCONA, del 13/05/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza in data 12-3-2004, con la quale il GUP del Tribunale di Fermo ha dichiarato Ad. Ro. colpevole del delitto di maltrattamenti perpetrato, fino al (OMESSO), in danno del padre, della madre e della sorella, e lo ha condannato alla pena di mesi sei di reclusione, con i doppi benefici di legge.

Ricorre l' Ad. , a mezzo del suo difensore, lamentando con un primo motivo la mancanza di motivazione in ordine alle specifiche deduzioni svolte con l'atto di appello, con cui si era evidenziato che il comportamento tenuto dall'imputato non valeva ad integrare il reato di cui all'articolo 572 c.p.; e cio' sia perche', come sottolineato anche dal padre in sede di istruttoria dibattimentale, si era trattato sempre e soltanto di accesi e animati litigi familiari, maturati in un clima di notevole conflittualita' tra padre e figlio, sia perche' nell'evoluzione di tale problematici rapporti aveva avuto un ruolo essenziale la giovanissima eta' e l'immaturita' psicologica del prevenuto.

Con un secondo motivo il ricorrente deduce la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della volonta' dell' Ad. di instaurare un clima di sopraffazione e vessazione nei confronti dei propri congiunti. Sostiene che la Corte di Appello ha basato il suo convincimento su una "reiterazione" delle liti che, in realta', non vi e' mai stata, senza compiere alcuna indagine circa l'effettiva volonta' dell'imputato.

DIRITTO

Il ricorso e' inammissibile.

La Corte di Appello non ha affatto ignorato le doglianze mosse dall'appellante con l'atto di gravame, ma ha dato atto, con argomentazioni prive di manifeste incongruenze logiche, del carattere reticente delle deposizioni rese in sede testimoniale dai congiunti del prevenuto, dovuto al comprensibile tentativo di ridimensionare la vicenda, una volta ritrovata la tranquillita' familiare a seguito dello spontaneo allontanamento dell' Ad. dalla casa paterna. Essa, pertanto, ha ritenuto tali dichiarazioni inidonee a scalfire la prova del carattere abituale del comportamento vessatorio e violento serbato dall'odierno ricorrente nei confronti dei propri familiari, emergente con tutta evidenza dalle dichiarazioni a suo tempo rese da questi ultimi in occasione della proposizione della denuncia, nonche' dai ripetuti interventi effettuati dai Carabinieri in conseguenza di violente liti familiari innescate dall'imputato.

La decisione impugnata risulta congruamente motivata anche in relazione all'elemento soggettivo del reato contestato, avendo la Corte di Appello accertato, con apprezzamento in fatto non censurabile in questa sede, che l' Ad. ha posto in essere i reiterati comportamenti violenti fisici e verbali con la volonta' di vessare i propri familiari, facendoli vivere in uno stato di terrore. La motivazione resa al riguardo si integra e si salda con quella della sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale, confutando l'assunto difensivo, ha ritenuto certo che l'imputato, nonostante la sua giovane eta' (che, comunque, non era tale da impedirgli di compiere liberamente le sue scelte di vita), era consapevole della duratura sofferenza arrecata ai propri congiunti sia con gli atti di violenza fisica che con le frequenti e immotivate aggressioni verbali ai quali li sottoponeva.

I giudici di merito, pertanto, hanno fornito adeguata giustificazione delle ragioni della ritenuta responsabilita' del prevenuto, mediante un percorso argomentativo corretto sul piano logico e giuridico, a fronte del quale le doglianze mosse dal ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, tradiscono il reale intento di ottenere una rilettura degli atti ed una diversa valutazione delle risultanze processuali, esulanti dai poteri di cognizione riservati a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilita' del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
 

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