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Rischia una condanna per concussione il commissario liquidatore che si fa rilasciare una fattura più bassa dall'acquirente

Il commissario liquidatore nominato ai sensi dell'art. 198 L. Fall., che, abusando della sua qualità di pubblico ufficiale, induce l'acquirente di beni compresi nella liquidazione coatta amministrativa a rilasciargli indebitamente una fattura di importo inferiore al prezzo effettivamente pagato al fine di documentare la ricezione solo della somma fatturata e, quindi, la pattuizione del minor prezzo risultante dalla fattura, commette il reato di concussione e non quello di interesse privato negli atti della liquidazione previsto dagli artt. 228 L. Fall., che si applica espressamente solo qualora non ricorra il reato previsto dall’art. 317 c.p., né quello di accettazione di retribuzione non dovuta, previsto dall'art. 219 L. Fall., il quale riguarda la ricezione o la pattuizione di una retribuzione aggiuntiva rispetto al compenso liquidato ai sensi dell'art. 213 L. Fall. dall'autorità che vigila sulla liquidazione coatta amministrativa, in quanto nella fattispecie criminosa non si rinvengono gli elementi specializzanti dell'abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale e dell'induzione o della costrizione, come effetto dell'esercizio di una pressione psichica, prevaricatrice della volontà del privato, e quindi dell'oggettiva soggezione alla pubblica funzione, tipici della concussione. (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 8 maggio 2008, n. 18732)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. AMBROSINI Giangiulio - Presidente

Dott. MANNINO Saverio - Consigliere

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. BU. Lu. , nato il (OMESSO);

2. B. L. , nato l'(OMESSO);

avverso la sentenza della Corte d'appello di Bologna 4 maggio 2007, n. 1590;

Sentita la relazione svolta dal Cons. Dott. MANNINO S. F.;

Sentita la requisitoria del PROCURATORE GENERALE, in persona del Dott. CONSOLO Santi, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso di BU. Lu. e per l'inammissibilita' del ricorso di B. L. ;

Sentita l'arringa del difensore dei ricorrenti, avv. SGUBBI Filippo, il quale ha chiesto l'accoglimento di entrambi i ricorsi.

Osserva:

IN FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 9 novembre 2005 n. 1164 il Tribunale di Forli' dichiarava BU.Lu. colpevole del reato previsto dagli articoli 81 e 317 c.p., e Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articoli 228 e 237, commesso in (OMESSO), in esso assorbita l'imputazione di cui al Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 228, e, riconosciutegli le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di tre anni di reclusione, con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; dichiarava B.L. colpevole del reato previsto dall'articolo 61 c.p., n. 10, articoli 81, 110 c.p., e articolo 594 c.p., comma 1, commesso in (OMESSO), e, riconosciutegli le attenuanti generiche, lo condannava con la continuazione alla pena di euro 450,00, di multa con il beneficio della non menzione nonche' al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese in favore delle parti civili costituite.

Avverso la sentenza proponeva appello il difensore di BU. Lu. , chiedendo l'assoluzione dell'imputato perche' il reato per cui era stato condannato non sussisteva o, comunque, non era provato; in ogni caso il fatto non integrava la concussione e avrebbe dovuto essere eventualmente derubricato nelle ipotesi di cui al Regio Decreto n. 267 del 1942, articoli 228 o 229; era stato leso il diritto della difesa per il mancato reperimento di documenti sequestrati l'11 gennaio 2001; e, in subordine, la pena inflitta era eccessiva e doveva essere ridotta.

Proponeva appello anche il difensore di B.L. , deducendo che il fatto attribuito all'imputato non sussisteva; che sussisteva invece la provocazione eccepita, quanto meno putativa; la pena, comunque, era eccessiva e doveva essere ridotta.

Con sentenza del 4 maggio 2007 n. 1590 la Corte d'appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado, condannando B.L. al rimborso delle spese sostenute dalla Parte civile.

Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati e il Difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

Bu.Lu. e avv. Sgubbi Filippo

1. erronea applicazione dell'articolo 317 c.p., con riferimento all'erronea applicazione degli elementi costitutivi di tale delitto e all'omessa applicazione della L.F. articoli 228 e 229, (articolo 606 c.p.p., lettera b) perche' nel reato di concussione se non e' necessario che vi sia timore nel soggetto passivo e' altrettanto vero che in ogni caso l'attivita' di costrizione o induzione posta in essere dal pubblico ufficiale dev'essere tale da condizionare oggettivamente la liberta' morale del soggetto passivo di fronte all'alternativa di subire due differenti mali, cosa che nella specie non e' avvenuta perche' la presunta vittima avrebbe potuto acquistare sul mercato, nuovo o usato, il macchinario, che peraltro non doveva essere indispensabile per la sua attivita', tant'e' che ha ammesso di essersene liberato dopo l'acquisto; e perche' si e' omesso di motivare sulla non configurabilita', con conseguente derubricazione, del reato di richiesta o accettazione di una retribuzione non dovuta, previsto dalla L.F. articolo 228 o 229;

2. carenza e illogicita' della motivazione e violazione dell'articolo 192 c.p.p. e travisamento del fatto (articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e) perche' la condanna di BU.Lu. per il reato di cui al capo A) trae origine unicamente dalle parole del teste D'. Ga. , che avrebbero dovuto essere vagliate con opportuna cautela, mentre la Corte stessa, pur ammettendo che vi erano palesi contraddizioni tra quanto il teste ha riferito al Tribunale e quanto aveva raccontato alla G. di F. nelle indagini preliminari, ha risposto con omissioni motivazionali, argomentazioni riduttive, errori o travisamenti di fatto all'analitica rassegna, fatta nei motivi di appello, di tutte le contraddizioni in cui era caduto il D'. a) quanto alla caparra; b) quanto al luogo in cui sarebbe stata concordata l'illecita dazione; c) quanto all'offerta di acquisto formulata dal D'. ; d) quanto al cambio dell'assegno circolare presso la B.N.L. di (OMESSO); e) quanto all'importo asseritamene corrisposto dal D'. al BU. ; f) quanto al luogo in cui sarebbe avvenuta l'illecita dazione di denaro; g) quanto alla documentazione rinventa presso la sede della Fe. Im. s.a.s.; h) quanto alla comunicazione fax inviata dalla Fe. Im. s.a.s. a BU. Lu. ; i) quanto al tentativo svolto dal D'. di chiarire alla G. di F. di Afragola le risultanze della perquisizione effettuata il 9 marzo 2000; l) quanto all'incompletezza del fascicolo del P.M. per il mancato rinvenimento della documentazione sequestrata e la conseguente lesione dei diritti della difesa;

3. Motivi nuovi, sostanzialmente conformi;

avv. SGUBBI Filippo per B.L. :

1. violazione dell'articolo 594 c.p., (articolo 606 c.p.p., lettera b), rappresentando un errore di diritto la completa omissione di seppur minima indagine motivazionale tesa a contestualizzare la portata offensiva delle espressioni di cui all'imputazione;

2. violazione dell'articolo 51 c.p., in relazione all'articolo 594 c.p., e carenza di motivazione (articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), perche' la Corte di merito si e' soffermata unicamente sull'offensivita' delle frasi pronunciate dal BU. , omettendo il passaggio relativo alla verifica della scriminante dell'articolo 51 c.p.; inoltre la Corte omette ogni considerazione sul fatto che le affermazioni del BU. potevano essere espressione del diritto di critica, sul quale la sentenza omette ogni considerazione, se non per escluderne immotivatamente la sussistenza.

L'impugnazione di Bu.Lu. e' infondata.

La sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado, la quale, dopo aver accertato in fatto la sussistenza della materialita' della condotta ascritta all'imputato, ha ravvisato correttamente nel fatto la contestata concussione.

Infatti, il commissario liquidatore nominato ai sensi della L.F. articolo 198, che, abusando della sua qualita' di pubblico ufficiale, induce l'acquirente di beni compresi nella liquidazione coatta amministrativa a rilasciargli indebitamente una fattura di importo inferiore al prezzo effettivamente pagato al fine di documentare la ricezione solo della somma fatturata e, quindi, la pattuizione del minor prezzo risultante dalla fattura, commette il reato di concussione e non quello di interesse privato negli atti della liquidazione previsto della L.F. articolo 228, che si applica espressamente solo qualora non ricorra il reato previsto dall'articolo 317 c.p., ne' quello di accettazione di retribuzione non dovuta, previsto dalla L.F. articolo 219, il quale riguarda la ricezione o la pattuizione di una retribuzione aggiuntiva rispetto al compenso liquidato ai sensi della L.F. articolo 213, dall'autorita' che vigila sulla liquidazione coatta amministrativa, in quanto nella fattispecie criminosa non si rinvengono gli elementi specializzanti dell'abuso della qualita' o dei poteri del pubblico ufficiale e dell'induzione o della costrizione, come effetto dell'esercizio di una pressione psichica, prevaricatrice della volonta' del privato, e quindi dell'oggettiva soggezione alla pubblica funzione, tipici della concussione (Cass. Sez. 6 , 2 novembre 1994 n. 4172, ric. Ovigo).

Pertanto il reato di concussione deve ritenersi speciale rispetto a quelli previsti della L.F. articoli 228 e 229, con la conseguenza che fra il primo e questi ultimi non e' ipotizzarle il concorso.

Il giudice di merito ha quindi correttamente applicato la norma dell'articolo 317 c.p., sulla base dell'imposizione da parte di BU. Lu. , nella sua qualita' di commissario liquidatore della Co. Im. e. af. s.r.l., all'acquirente D'. , dopo il perfezionamento della vendita di beni mobili compresi nella procedura esecutiva, della corresponsione del prezzo mediante una fatturazione parziale, ritenendo assorbito nel primo il reato di interesse privato negli atti della liquidazione coatta amministrativa, separatamente contestato al Bu. .

La circostanza dedotta, che la presunta vittima avrebbe potuto acquistare sul mercato, nuovo o usato, il macchinario vendutogli dal liquidatore e che il macchinario predetto potesse non essere indispensabile per la sua attivita', appare del tutto estranea e ininfluente rispetto al fatto e alla dinamica dello svolgimento di esso, che ha riguardato non l'acquisto, gia' perfezionato, dei beni da parte della vittima, la quale quindi doveva avervi avuto interesse, bensi' la fase successiva del pagamento del prezzo.

Il secondo motivo e' inammissibile.

Entrambe le sentenze di merito, conformi nella decisione adottata, hanno svolto un esame approfondito della vicenda, valutando criticamente le dichiarazioni del D'. e quelle del BU. e raffrontandole reciprocamente e con riferimento alle prove, anche documentali, raccolte.

La ricostruzione consequenzialmente eseguita appare rispondente ai fatti di causa e logicamente coerente, per cui i vizi dedotti appaiono manifestamente insussistenti.

Sotto il profilo del vizio di motivazione il ricorrente muove in realta' censure in fatto che implicano una valutazione alternativa delle prove acquisite e, per conseguenza, una ricostruzione della vicenda diversa da quella eseguita con la sentenza impugnata, prospettando una revisione del giudizio di merito incompatibile con il controllo di legittimita', il quale ha fisiologicamente per oggetto la verifica della struttura logica della sentenza e non puo', quindi, estendersi all'esame e alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti alla causa, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto al quale la Corte di cassazione non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa (Cass. Sez. U., 2 luglio 1997 n. 6402, ric. Dessimone; Sez. 3 , 12 febbraio 1999 n. 3539, ric. Suini; Sez. 3 , 14 luglio 1999 n. 2609/99, ric. Paone; Id., 12 novembre 1999 n. 3560, ric. Drigo; Sez. 7 , 9 luglio 2002 n. 35758, ric. Manni G.).

Quanto al ricorso di B.L. , si osserva che i Giudici di merito hanno anche nei suoi riguardi analizzato approfonditamente i fatti nella causale e nella dinamica dello svolgimento di essi, per cui la censura di decontestualizzazione, mossa col primo motivo, appare manifestamente priva di fondamento.

Altrettanto manifestamente infondato e' il secondo motivo.

Il contegno generale tenuto da B.L. , con la sua, sia pure iniziale, opposizione all'accertamento ordinato dal P.M., e soprattutto le ingiurie da lui rivolte al Tenente e al Maresciallo della Guardia di Finanza (stronzo e imbecille) esulano palesemente dal diritto di critica e non possono ritenersi scriminate ai sensi dell'articolo 51 c.p..

Il ricorso di Bu.Lu. dev'essere percio' rigettato e quello di B.L. dichiarato inammissibile.

Segue per entrambi la condanna in solido al pagamento delle spese giudiziali e di B.L. anche al versamento di euro 1.000,00, alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso di BU. Lu. e dichiara inammissibile il ricorso di B. L. . Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese giudiziali e B. L. al versamento di euro 1.000,00, (mille) alla cassa delle ammende.

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