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Se la difesa non può accedere alle intercettazioni la misura cautelare è annullabile

L'ingiustificato impedimento al difensore di esercitare il diritto di accesso alle registrazioni di intercettazioni poste a base della richiesta di misura cautelare del pubblico ministero - diritto riconosciuto dalla sentenza n. 336 del 2008 della Corte costituzionale - determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per illegittima compressione del diritto di difesa e comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'articolo 178, lettera c) del codice di procedura penale; nullità che, se ritualmente dedotta in sede di riesame della misura cautelare, impedisce al giudice di fondare la sua decisione sul dato intercettativo riportato in forma cartacea (cosiddetto brogliaccio) in mancanza della denegata possibilità di riscontrarne la sua effettiva conformità alla traccia fonica.

Corte di Cassazione Sezioni Unite Penale, Sentenza del 27 maggio 2010, n. 20300



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GEMELLI Torquato - Presidente

Dott. MARZANO Francesco - Rel. Consigliere

Dott. CARMENINI Secondo Libero - Consigliere

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. SIOTTO Maria Cristina - Consigliere

Dott. MARASCA Gennaro - Consigliere

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere

Dott. MACCHIA Alberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

La. Co. Da. , n. in (OMESSO);

avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Bari in data 24.8.2009;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Francesco Marzano;

Udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale, Dott. CIANI Gianfranco, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata; in subordine ha chiesto che venga sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 309 c.p.p. e dell'articolo 101 disp. att. c.p.p..

Non comparso il difensore del ricorrente.

Osserva:

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

1.0. Il 24 agosto 2009 il Tribunale del riesame di Bari confermava l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Trani il 5 agosto 2009 nei confronti di La. Co. Da. , per imputazioni di associazione per delinquere (capo a) della rubrica), di sette rapine in danno di istituti bancari (capi b), b1), b2), b3), b4), e), d2) della rubrica medesima), di detenzione e porto illegale di una pistola (capo N) della stessa rubrica).

Rilevavano i giudici del merito che "le fonti indiziarie sono essenzialmente costituite:

a) dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal minore Fi. Fa. , il quale si e' autoincolpato di ben 17 rapine, precisando di essere stato "iniziato" al crimine da L. L. ... ed indicando il loro tramite in La. Co. Da. , che li poneva in contatto al fine di programmare le rapine da mettere a segno ...;

b) dagli esiti delle acquisizioni dei tabulati delle utenze appartenenti al La. e agli altri associati ...;

c) dai risultati delle numerose conversazioni telefoniche e fra presenti intercettate dagli investigatori;

d) dagli atti di p.g. concernenti gli arresti dei coindagati, giudicati in procedimenti collegati; e) dai servizi di osservazione, pedinamento e controllo espletati dai verbalizzanti;

f) infine dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rilasciate da Ga. Ru. ".

Da tutti tali elementi i giudici del merito traevano la sussistenza del grave quadro indiziario, "la persistenza di rimarchevoli esigenze di cautela sociale connesse ad un vivo pericolo di reiterazione criminosa", "l'assoluta inadeguatezza ai fini preventivi della misura gradualmente meno afflittiva degli arresti domiciliari".

1.1. Nel pervenire alla resa statuizione, il Tribunale del riesame rigettava alcune eccezioni difensive.

In particolare, quanto ad una dedotta eccezione di "perdita di efficacia della misura per avere il P.M. omesso di rilasciare copia su supporto magnetico delle conversazioni intercettate", riteneva la infondatezza di tale rilievo "al di la' del fatto che risulta solo affermata ma non documentalmente provata la circostanza che il difensore di La. ... abbia avanzato la richiesta di duplicazione delle intercettazioni su nastro magnetico".

Considerava che, "in ogni caso", su tale "asserita richiesta ... non e' intervenuto alcun provvedimento di diniego esplicito o tacito;

anzi, come si desume dai motivi aggiunti depositati in udienza dal difensore dell'interessato, il P.M. procedente, con nota a margine della richiesta difensiva, ha formulato in ordine ad essa parere favorevole, inviando la stessa per competenza al G.I.P.; dunque su tale richiesta sara' tale organo giusdicente a doversi pronunciare in prosieguo".

Rilevava, inoltre, che con la sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2008, "il giudice delle leggi ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'articolo 268 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura personale cautelare, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, senza pero' stabilire alcun termine entro il quale tale adempimento debba essere assolto".

Riteneva, inoltre, di non condividere quanto al riguardo era stato ritenuto dalla sentenza di questa Suprema Corte, Sez. 6, del 26 marzo 2009, n. 1950, e di condividere, invece, quanto affermato da altra sentenza, Sez. 6, del 6 novembre 2008, n. 44127, "secondo cui la richiesta intesa ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni utilizzate ai fini dell'adozione di un provvedimento cautelare personale dev'essere presentata al giudice che ha applicato la misura coercitiva...".

2.0. Avverso tale provvedimento ha personalmente proposto ricorso l'indagato, denunciando:

a) vizi di violazione di legge e di motivazione.

Premesso che "il collegio aveva rilevato ex officio e su indicazione difensiva una trasposizione del contenuto delle informative dei Carabinieri, da prima tramutata come richiesta di emissione di ordinanza di custodia cautelare da parte del P.M. e successivamente trasformata dal G.I.P. come ordinanza di custodia cautelare", deduce che il Tribunale del riesame avrebbe sorvolato sulla "nullita' dell'ordinanza citando la sentenza delle S.U. del 21.6-21.9.2000, n. 17, Primavera ... richiamando per relationem un provvedimento restrittivo della liberta' personale ..."; quel principio troverebbe "applicazione quando il G.I.P. autorizzi per relationem per esempio i decreti autorizzativi e non un provvedimento cautelare privando della liberta' personale un soggetto senza che sia presa cognizione del contenuto delle indagini svolte dalla p.g. e valutando gli elementi favorevoli e/o sfavorevoli a carico dell'indagato ...";

b) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione all'articolo 268 c.p.p. e articolo 309 c.p.p., comma 5.

Premette il ricorrente che il proprio difensore, dopo l'esecuzione della misura cautelare, aveva estratto copie integrali degli atti processuali, non rinvenendo i supporti magnetici ed i "brogliacci".

Deduce, quindi, che "il mancato deposito presso il Tribunale del riesame dei supporti informatici e i brogliacci delle conversazioni telefoniche e' causa di nullita' e perdita di efficacia della misura cautelare atteso che l'ordinanza e' basata sulle intercettazioni telefoniche ...".

Soggiunge che lo stesso difensore aveva poi, il 14 agosto 2009, richiesto all'ufficio di Procura il "rilascio delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e brogliacci", ed il P.M. aveva annotato in calce alla richiesta "visto al G.I.P. con parere favorevole ed esecuzione alla p.g. operante' ....".

Recatosi il 19 agosto successivo presso il Comando Compagnia Carabinieri di Barletta al fine di ottenere copia dei dati informatici relativi alle intercettazioni telefoniche e dei brogliacci, il difensore aveva appreso che i supporti informatici si trovavano in Procura sin dal 12 giugno 2008, e "non venivano messe a disposizione della difesa ...".

Richiama, al riguardo, la gia' citata sentenza della Corte Costituzionale, n. 336/2008 e deduce, quindi, che anche in tal caso "il tribunale del riesame ... aggira l'ostacolo sanando quella violazione del diritto di difesa ...

Non necessita alcuna autorizzazione da parte del G.I.P. al rilascio delle intercettazioni telefoniche in quanto depositate e facenti parte del fascicolo delle indagini preliminari, e' il P.M. che autorizza e non il G.I.P....";

c) vizi di violazione di legge e di motivazione.

Il P.M. - assume il ricorrente - aveva emesso il decreto di intercettazioni telefoniche sulla sua utenza cellulare solo "sulla base di due elementi di scarsa rilevanza indiziaria": l'interrogatorio di Fi.Fa. , che "mi esclude da qualsiasi partecipazione alle rapine ...", ed il rinvenimento, nel corso di una perquisizione nell'abitazione dello stesso, di un pezzo di carta che recava annotato il numero della sua utenza cellulare.

Soggiunge che, essendo emersa dalle dichiarazioni del Fi. una sua chiamata in reita', al riguardo "non vi era un solo riscontro esterno che potesse dimostrare l'attendibilita'" di tale chiamante in correita': illegittimamente, quindi - deduce il ricorrente -, "il P.M.... ha disposto con decreto d'urgenza le intercettazioni telefoniche convalidate dal G.I.P., senza alcun riscontro esterno delle dichiarazioni rese dal Fi. ...", ed aveva richiesto ed ottenuto anche una proroga;

d) il vizio di motivazione, in relazione all'articolo 416 c.p.).

Deduce che illegittimamente il Tribunale del riesame aveva ritenuto la sussistenza del reato associativo: esso aveva annullato l'ordinanza coercitiva nei confronti del L. , del quale egli, "dalla lettura della ordinanza custodiale", era stato indicato come "il braccio destro", che "prendeva ordini dal L. ".

Soggiunge che "il mero contatto telefonico tra il ricorrente e alcuni indagati" non sarebbe idoneo a dare "alcun risvolto sulla loro organizzazione e i facenti parte alla presunta associazione, sono solo contatti telefonici sporadici ...".

In sostanza, dagli elementi di giudizio assunti e dagli esiti delle disposte intercettazioni, non sarebbe affatto ravvisabile il grave quadro indiziario in riferimento a tale reato, dovendosi semmai ravvisare l'ipotesi "del reato del concorso in rapina e non ... del reato associativo ...";

e) il vizio di motivazione, in relazione all'articolo 267 c.p.p., commi 1 e 1 bis, quanto alle imputazioni sub b), b1), b2), b3), b4, e) e d2) (vari episodi di rapina).

Assume che illegittimamente gli erano stati attribuiti quei reati di rapina "sulla base del rilevamento delle celle telefoniche, senza avere alcuna certezza della presenza fisica del ricorrente sui luoghi delle avvenute rapine ...; la disponibilita' del telefonino cellulare ben poteva averla altra persona ...".

Richiama le risultanze degli interrogatori di Fi. Fa. e si sofferma su quelle relative alla individuazione dei siti localizzati.

Soggiunge che, essendo stato "installato sulla vettura Alfa 147 il GPS ...", nessun elemento di riscontro esterno aveva dato la certezza che quel veicolo fosse da lui condotto.

Conclude, sul punto, rilevando che egli non poteva far parte dell'associazione contestata dal (OMESSO), poiche' era detenuto per altro titolo sin dal 24 novembre 2008 e posto, poi, agli arresti domiciliari il 26 maggio 2009 ininterrottamente e scarcerato l'8 luglio 2009;

f) il vizio di motivazione, in relazione all'articolo 273, quanto al reato di cui al capo n) della imputazione (detenzione e porto illegale di una pistola).

Assume che il Tribunale gli aveva attribuito tale reato, illegittimamente traendo gravi elementi indiziali da una conversazione intercorsa tra Sp.Ga. e Ma. Fr. , il cui contenuto critica nella ritenuta inducenza alla sussistenza del grave quadro indiziario;

g) vizi di violazione di legge e di motivazione, "in relazione al montaggio del GPS senza l'autorizzazione e/o tardiva ... in violazione dell'articolo 191 c.p.p. dei risultati di tutte le mappe acquisite dal rilevamento GPS montato sull'autovettura Alfa 147 ... in uso al La. ".

Al riguardo il Tribunale del riesame avrebbe reso una motivazione "a dir poco scioccante", illegittimamente ritenendo che "il montaggio del GPS sull'autovettura del ricorrente e' servito per la ricerca della prova", mentre "la figura del ricorrente emerge solo il 29 luglio 2008 con le dichiarazioni del Fi. ..." e "le autorizzazioni documentate alle intercettazioni telefoniche sono dell'1.8.2008 e l'autorizzazione del montaggio del GPS e' dell'8.8.2008 e autorizzata il 4.12.2008 ...: quattro mesi dopo aver installato sulle autovetture il GPS veniva autorizzata l'installazione del GPS", il che "rende illegittimi tutti gli atti acquisiti, quali le mappe ritraenti la localizzazione del veicolo ... per violazione dell'articolo 191 c.p.p.";

h) il vizio di violazione di legge, in relazione all'articolo 274 c.p.p.:

assume che illegittimamente i giudici del merito avevano ritenuto la inadeguatezza della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari.

2.1. Il difensore del ricorrente ha prodotto "note d'udienza e motivi nuovi".

Ribadisce, in sostanza, le ragioni del ricorso, quanto alla mancanza di motivazione del provvedimento custodiale, alla "inutilizzabilita' del materiale intercettato", alla insussistenza del reato associativo.

3.0. La Seconda Sezione penale di questa Suprema Corte, cui il processo era stato assegnato, con ordinanza resa all'udienza del 15 gennaio 2010, ha disposto la rimessione del ricorso a queste Sezioni Unite.

Premesso che "tra le numerose questioni proposte all'esame della Corte si pone come preliminare ... quella concernente l'asserita inutilizzabilita' delle intercettazioni di conversazioni telefoniche che hanno fornito agli inquirenti gli elementi sui quali e' fondata la proposizione accusatoria ...", ricorda che "la ragione della denunciata inutilizzabilita' e' ravvisata, dal difensore ricorrente, nel fatto che non furono posti a sua disposizione, prima dell'udienza di riesame, i supporti contenenti le registrazioni e non venne, pertanto, consentita allo stesso difensore la verifica della corrispondenza delle trascrizioni di queste registrazioni con quanto desumibile dall'ascolto diretto dei dialoghi intercettati...".

Richiama, quindi, la sentenza della Corte Costituzionale del 10 ottobre 2008, n. 336, rilevando che il contenuto di tale decisione "si e' esaurito ... nella affermazione della sussistenza del diritto difensivo ad ottenere una copia della traccia fonica ... Senza che per quanto concerne la pratica attuazione di questo diritto siano state fornite indicazioni".

Avendo dovuto "l'interprete ... calare la solenne affermazione del principio nella concreta realta' processuale", al riguardo sono intervenute sentenze di legittimita' approdate ad esiti diversi e contrastanti: Sez. 6, 6 novembre 2008, n. 44127; Sez. 6, 26 maggio 2009, n. 19150; Sez. 2, 18 dicembre 2009, n. 4021/2010.

3.1. Il Presidente aggiunto, con provvedimento del 22 febbraio 2010, ha fissato l'odierna udienza per la discussione del gravame.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.0 Deve, innanzitutto, rilevarsi la ritualita' del ricorso (tempestivamente proposto).

Esso e' stato sottoscritto personalmente dall'indagato, con firma autenticata dall'avv. Sasso Maria Teresa, non iscritta all'albo speciale di cui all'articolo 613 c.p.p., e dalla stessa poi depositato presso il Tribunale del riesame; il ricorrente era a quel momento detenuto.

Al riguardo, hanno chiarito queste Sezioni Unite (sentenza 29 maggio 1992, n. 8141) che, nel caso in cui l'atto di impugnazione di una parte privata sia presentato in cancelleria da un incaricato, non occorre l'autentica della sottoscrizione dell'impugnante, giacche' l'articolo 582 c.p.p., che gli attribuisce la facolta' di avvalersi di un incaricato per la presentazione del relativo atto, non richiede siffatta formalita' (cfr. anche, da ultimo, ex ceteris, Sez. 6, 12 febbraio 2009, n. 7514).

E, sulla scorta e nell'ambito di tale principio, s'e' anche ulteriormente chiarito che l'incarico alla presentazione del gravame non deve necessariamente sostanziarsi in un formale atto di delega, potendo esso essere anche orale, l'incarico, in sostanza, potendosi ritenere e presumere ogni qualvolta, in ragione del rapporto dell'incaricato con il titolare del potere di impugnazione, si abbia la piena garanzia circa l'autenticita' della sottoscrizione (ex plurimis, Sez. 5, 4 febbraio 2002, n. 12162; Sez. 2, 12 giugno 2002, n. 35345; Sez. 6, 29 ottobre 2003, n. 8/2004; Sez. 2, 7 luglio 2006, n. 29608; Sez. 5, 25 settembre 2006, n. 506/2007; Sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8096; Sez. 6, 26 febbraio 2007, n. 4947; Sez. 1, 23 aprile 2007, n. 5045).

Alla luce di tali principi, che vanno qui ribaditi, nella specie, il rapporto difensivo fiduciario, nella sede di merito, tra l'impugnante e la presentatrice dell'atto di gravame, da contezza della autenticita' della sottoscrizione dell'atto medesimo e del conseguente incarico a presentarlo.

3.1. Il contraddittorio si e' ritualmente instaurato in questa sede.

L'avviso per l'odierna udienza camerale e' stato, difatti, ritualmente e tempestivamente notificato al difensore di fiducia nominato ed a quel momento investito del mandato difensivo.

Solo tre giorni prima dell'udienza, il 19 aprile 2010, il ricorrente ha nominato altro difensore di fiducia, "revocando tutte le precedenti nomine".

Ma, essendo stati gia' espletati tutti gli incombenti di cui all'articolo 610 c.p.p., comma 5, era onere del sopravvenuto difensore, notiziato dalla parte, di comparire in udienza senza alcun avviso.

4.0. Tanto premesso, il primo profilo di censura (sub a), supra) e' destituito di fondamento.

Il provvedimento impositivo della misura custodiale, infatti, ha richiamato "il quadro indiziario esposto dal P.M. (che) riporta in sintesi l'informativa finale dei CC. di Barletta in data 5.6.09", ed ha diffusamente e compiutamente evidenziato le circostanze fattuali alla stregua delle quali il giudice ha ritenuto la sussistenza del grave quadro indiziario.

Correttamente l'ordinanza impugnata ha richiamato i principi reiteratamente affermati da questa Suprema Corte, in tema di legittima motivazione per relationem (Sez. Un., 21 giugno 2000, n. 17; e, ex ceteris, Sez. 4, 14 novembre 2007, n. 4181/2008; Sez. 5, 29 settembre 2003, n. 39219; Sez. 3, 27 novembre 2002, n. 2125/2003;; Sez. 4, 25 giugno 2002, n. 34913): il provvedimento impositivo della misura cautelare, difatti, ha fatto riferimento ad un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione si e' logicamente ritenuta congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; il giudice ha mostrato di aver preso cognizione del contenuto sostanziale dell'atto di riferimento e di averlo meditato, valutandolo coerente con la decisione da lui assunta; l'atto di riferimento e' stato riportato nel suo contenuto ritenuto rilevante ai fini della decisione assunta ed e', in tali contenuti, conosciuto dall'interessato, a lui ostensibile al momento in cui se ne e' reso attuale l'esercizio della facolta' di valutazione.

E, cio' posto, e' del tutto infondato l'assunto, secondo cui la motivazione per relationem sarebbe consentita in tema di motivazione dei decreti autorizzativi alle intercettazioni, ma non di un provvedimento cautelare: ne' spiega il ricorrente perche' mai quel principio, che ha invece valenza generale, dovrebbe avere tale ridotta efficacia esplicativa.

D'altra parte, i giudici del merito hanno anche, del tutto correttamente, richiamato il principio, pur esso reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, secondo cui l'ordinanza del tribunale del riesame si integra con quella applicativa della misura cautelare, dando vita ad un provvedimento unitario sotto il profilo motivazionale, sicche' il giudice del riesame puo' integrare (e anche correggere) la motivazione del provvedimento impugnato (tra altre, Sez. Un., 17 aprile 1996, n. 7; Sez. 2, 18 dicembre 2007, n. 3103; Sez. 1, 6 dicembre 2007, n. 266/2008; Sez. 2, 23 gennaio 1998, n. 672; Sez. 2, 28 novembre 2007, n. 774/2008; Sez. 2, 21 novembre 2006, n. 6322/2007; Sez. 5, 7 dicembre 2006, n. 3255/2007; Sez. 6, 16 gennaio 2006, n. 8590; Sez. 2, 4 dicembre 2006, n. 1102/2007; Sez. 5, 8 ottobre 2003, n. 40608; Sez. 6, 6 maggio 2003, n. 32359): ed il provvedimento qui gravato ha dato ampia, diffusa, puntuale e coerente contezza delle ragioni apprezzate nel pervenire al divisamento espresso.

5.0. Quanto al secondo motivo di doglianza (sub b), supra), il ricorrente assume, come si e' sopra ricordato, che "il mancato deposito presso il Tribunale del riesame dei supporti informatici e (de)i brogliacci delle conversazioni telefoniche e' causa di nullita' e (di) perdita di efficacia della misura cautelare, atteso che l'ordinanza e' basata sulle intercettazioni telefoniche ...".

Per quanto riguarda i "brogliacci", il rilievo e' infondato.

Invero, deve innanzitutto rilevarsi che il G.I.P. ben puo' porre a fondamento del provvedimento di applicazione della misura cautelare il contenuto delle intercettazioni telefoniche, anche se compendiate in "brogliacci", ovvero riportate in forma riassuntiva, pur se non trascritte o sommariamente trascritte con semplici riferimenti riassuntivi (cfr. Sez. 4, 26 maggio 2004, n. 39469; Sez. 6, 28 marzo 2002, n. 20715/2003; Sez. 6, 3 marzo 2000, n. 1106; Sez. 1, 28 aprile 1999, n. 3289; Sez. 6, 18 marzo 1998, n. 985; Sez. 6, 16 maggio 1997, n. 1972); e l'omesso deposito del "brogliaccio" non e' sanzionato da alcuna nullita', o inutilizzabilita', delle intercettazioni (Sez. 6, 26 novembre 2009, n. 49541; Sez. 4, 21 gennaio 2004, n. 16890): nella specie, sono stati puntualmente richiamati i contenuti delle intercettazioni, ritenuti rilevanti ai fini che occupano, altrettanto puntualmente esaminati e delibati nella loro valenza indiziante ai fini della emissione del provvedimento cautelare.

6.0. Quanto all'altro profilo della doglianza, concernente il mancato accesso ai supporti magnetici relativi alle conversazioni captate, che sono state poste a fondamento del provvedimento impositivo della misura custodiale e del provvedimento impugnato, esso rimanda alla questione per la quale il ricorso e' stato rimesso a queste Sezioni Unite: quali effetti, cioe', sulla procedura di riesame abbiano il diniego ingiustificato o il mancato esame da parte del pubblico ministero della richiesta difensiva di ottenere copia delle registrazioni delle comunicazioni intercettate, le cui trascrizioni sintetiche (i c.d. "brogliacci di ascolto") siano state poste a fondamento dell'ordinanza applicativa della misura cautelare personale.

Com'e' noto, la Corte Costituzionale, con sentenza dell'8-10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'articolo 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.

Il Giudice delle leggi ha ricordato che, alla stregua del diritto vivente, in tal senso essendo orientata la costante ed uniforme giurisprudenza di legittimita', "in caso di incidente cautelare, se il pubblico ministero presenta al giudice per le indagini preliminari richiesta di misura restrittiva della liberta' personale, puo' depositare, a supporto della richiesta stessa, solo i "brogliacci" e non le registrazioni delle comunicazioni intercettate"; e che "la trascrizione (anche quella peritale) non costituisce la prova diretta di una conversazione, ma va considerata solo come un'operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica".

Ha, quindi, considerato come "l'ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non possa essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria, le quali possono essere, per esplicito dettato legislativo (articolo 268 c.p.p., comma 2), anche sommarie", rilevando che "la possibilita' per il pubblico ministero di depositare solo i "brogliacci" a supporto di una richiesta di custodia cautelare dell'indagato, se giustificata dall'esigenza di procedere senza indugio alla salvaguardia delle finalita' che il codice di rito assegna a tale misura, non puo' limitare il diritto della difesa di accedere alla prova diretta, allo scopo di verificare la valenza probatoria degli elementi che hanno indotto il pubblico ministero a richiedere ed il giudice ad emanare un provvedimento restrittivo della liberta' personale".

Ha, altresi', considerato che, "in caso di richiesta ed applicazione di misura cautelare personale ..., le esigenze di segretezza per il proseguimento delle indagini e le eventuali ragioni di riservatezza sono del tutto venute meno in riferimento alle comunicazioni poste a base del provvedimento restrittivo, il cui contenuto e' stato rivelato a seguito della presentazione da parte del pubblico ministero, a corredo della richiesta, delle trascrizioni effettuate dalla polizia giudiziaria": e dunque, "la lesione del diritto di difesa garantito dall'articolo 24 Cost., comma 2, si presenta quindi nella sua interezza, giacche' la limitazione all'accesso alle registrazioni non e' bilanciata da alcun altro interesse processuale riconosciuto dalla legge".

Ha, quindi, sottolineato che "l'interesse costituzionalmente protetto della difesa e' quello di conoscere le registrazioni poste alla base del provvedimento eseguito, allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali"; ne consegue, conclusivamente, che "i difensori devono avere il diritto incondizionato ad accedere, su loro istanza, alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero e non presentate a corredo di quest'ultima, in quanto sostituite dalle trascrizioni, anche sommarie, effettuate dalla polizia giudiziaria"; ed "il diritto all'accesso implica, come naturale conseguenza, quello di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni medesime".

Il conseguimento di tale diritto - ha ulteriormente rilevato la Corte - non puo' essere assicurato con il ricorso all'articolo 43 disp. att. c.p.p., non attribuisce - secondo la giurisprudenza di legittimita' - un diritto incondizionato alla parte interessata ad ottenere copia degli atti, ma solo una mera possibilita' ...".

6.1. Mette conto, quindi, di osservare da subito che il diritto "costituzionalmente protetto della difesa ... di conoscere le registrazioni poste a base del provvedimento eseguito", con conseguente possibilita' di ottenere copia della traccia fonica, e' "diritto incondizionato", il cui esercizio e' preordinato "allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali".

L'intervento della Corte Costituzionale (che ha richiamato anche il principio dalla stessa espresso nella propria sentenza del 17-24 giugno 1997, n. 192, che ebbe a dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'articolo 268 c.p.p., in tema di esecuzione delle operazioni di intercettazione; integro, percio', rimane (tra gli altri, e per quel che nella specie piu' direttamente interessa) l'assetto normativo delineato dall'articolo 309 dello stesso codice di rito, in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, ma e' di tutta evidenza come quella regola affermata dal Giudice delle leggi incida, poi, (anche) sulla procedura di riesame, segnatamente sotto il versante dell'esercizio del diritto di difesa, delle prospettazioni di merito in quella sede proponibili, del controllo attuale del giudice sulla sussistenza degli elementi giustificativi della imposta misura cautelare, alla stregua della evidenza procedimentale delineata e concretizzata dagli atti tutti al riguardo presentati dal pubblico ministero a supporto della richiesta di emissione del provvedimento coercitivo: inequivoco, d'altronde, e' il riferimento della Corte Costituzionale a "tutti i rimedi previsti dalle norme processuali".

L'intervento della Corte si e' verificato nell'ambito di una domanda de libertate di sostituzione o revoca della misura della custodia cautelare, ma non puo' sorger dubbio che quell'affermato dictum decisivamente rilevi anche nel contesto della procedura di riesame, nella quale si tratta di valutare la sussistenza o meno dei presupposti geneticamente legittimanti la imposta misura cautelare.

6.2. La decisione della Corte Costituzionale e' intervenuta in un quadro normativo costantemente ed uniformemente valutato ed interpretato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte.

In particolare, come ha richiamato il Giudice delle leggi, questa e' stata continuativamente orientata nel senso di ritenere legittimo che, a supporto della richiesta di misura cautelare, il pubblico ministero possa presentare al giudice per le indagini preliminari solo i "brogliacci" relativi alle conversazioni captate e non anche le relative trascrizioni, in un contesto in cui si e' pacificamente ritenuto che la trascrizione delle intercettazioni telefoniche non costituisce prova o fonte di prova, ma solo un'operazione meramente rappresentativa in forma grafica del contenuto della prova acquisita con la registrazione fonica, della quale il difensore puo' far eseguire la trasposizione su nastro magnetico, ai sensi dell'articolo 268 c.p.p., comma 8.

Si e' costantemente affermato, quindi, che il giudice per le indagini preliminari ben puo' porre a fondamento dell'ordinanza cautelare il contenuto delle intercettazioni telefoniche, anche se contenute in "brogliacci" o riportate in forma riassuntiva, pur se non trascritte, altrettanto costantemente rilevandosi che la sanzione di inutilizzabilita' prevista dall'articolo 271 c.p.p. consegue solo nelle ipotesi ivi tassativamente indicate, riguardanti l'inosservanza delle disposizioni previste dall'articolo 267 c.p.p. e articolo 268 c.p.p., commi 1 e 3 (cfr., tra molteplici altre, Sez. 4, 26 maggio 2004, n. 39469; Sez. 5, 9 luglio 2003, n. 34680; Sez. 6, 28 marzo 2002, n. 20715/2003; Sez. 1, 23 gennaio 2002, n. 7406; Sez. 6, 3 marzo 2000, n. 1106; Sez. 1, 26 novembre 1998, n. 5903/1999; il principio e' stato da ultimo ribadito da Sez. 6, 23 ottobre 2009, n. 2930/2010).

In tale contesto, pure si e' rilevato e chiarito che "il deposito di cui all'articolo 268 c.p.p., comma 4 rientra nella procedura finalizzata alle successive operazioni di stralcio eventuale e di trascrizione da effettuarsi in contraddittorio delle parti, ai fini dell'inserimento nel fascicolo per il dibattimento, come tale del tutto distinta dalla procedura incidentale de libertate, ove non di deposito ... e' a parlarsi, ma di allegazione agli atti posti a fondamento della misura.

Trattasi, percio', di incombenti a finalita' diverse, con scansioni temporali non coincidenti (l'epoca del deposito, invero, prescinde del tutto da quella di celebrazione del procedimento cautelare di regola anteriore) e con oggetti non necessariamente coincidenti (il deposito riflette tutto il materiale relativo alle operazioni..., nel mentre la allegazione ai fini cautelari puo' riguardare solamente le trascrizioni sommarie del contenuto delle comunicazioni o gli appunti raccolti durante le intercettazioni)" (Sez. Un., 27 marzo 1996, n. 3; Sez. Un., 20 novembre 1996, n. 21/1997; Sez. 6, 8 ottobre 1998, n. 2911; Sez. 6, 3 giugno 2003, n. 35090).

E' stato anche puntualizzato che non solo e' da escludere la necessita' del deposito, ex articolo 89 disp. att. c.p.p. v., da ultimo, Sez. Un., 26 giugno 2008, n. 36539).

In definitiva, si e' ritenuto che il pubblico ministero non sia tenuto a trasmettere al tribunale del riesame anche le registrazioni delle conversazioni intercettate, posto che, ai sensi dell'articolo 268 c.p.p., comma 4, con la predeterminazione delle sequenze temporali ivi indicate e la possibilita' di proroga.

6.3. Su tale assetto normativo, come univocamente interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimita', e', dunque, intervenuta la pronuncia della Corte Costituzionale; la quale, dichiarando la parziale illegittimita' costituzionale dell'articolo 293 c.p.p., comma 3, non piu' solo come strumento di conoscenza degli elementi su cui e' fondata l'ordinanza cautelare, ma come diritto alla piena conoscenza degli elementi che il giudice ha utilizzato nell'emettere il provvedimento restrittivo della liberta' personale.

L'ordinanza di rimessione, nel procedimento che occupa, ha pertinentemente rilevato, come si e' sopra ricordato, che la pronuncia della Corte "non ha potuto estendersi agli aspetti, problematici, di concretezza che la sua attuazione ha immediatamente posto all'attenzione degli operatori e degli interpreti", ed "il contenuto della decisione della Corte si e', pertanto, esaurito nella affermazione della sussistenza del diritto difensivo ad ottenere copia della traccia fonica ... Senza che per quanto concerne la pratica attuazione di questo diritto siano state fornite indicazioni".

Tanto, in effetti, appare anche sollecitare il legislatore a rimeditare, con espressa previsione normativa, l'assetto dell'istituto in questione, sulla scia di quanto talora suggerito in dottrina e di quanto inizialmente prefigurato al riguardo nel progetto preliminare del codice di procedura penale, ove, in tema di esecuzione delle operazioni di intercettazione, nell'originario articolo 268, comma 5 a proposito del deposito dei verbali e delle registrazioni, era previsto che, "tuttavia, se le intercettazioni vengono utilizzate per il compimento di singoli atti delle indagini preliminari, il deposito deve avvenire entro cinque giorni dal compimento dell'atto".

La illegittimita' costituzionale della norma in questione e' stata dichiarata sul presupposto che le "registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero" non siano state "presentate a corredo di quest'ultima, in quanto sostituite dalle trascrizioni, anche sommarie, effettuate dalla polizia giudiziaria".

Su tali indotti aspetti problematici sono intervenute pronunce contrastanti dalle sezioni semplici di questa Suprema Corte, soprattutto per quanto riguarda gli effetti della violazione del diritto di accesso in sede di riesame.

Con sentenza della Sez. 6, 6 novembre 2008, n. 44127, si e' ritenuto che l'inadempimento della richiesta di accesso, in quanto atto sopravvenuto, puo' esser fatto valere solo innanzi al giudice che ha emesso il provvedimento. Si e' rilevato che "una corretta lettura dei termini della sentenza ... della Corte Costituzionale ..., impone di considerare che, trattandosi di un diritto riconosciuto dalla Consulta alla difesa, attinente ad una fase successiva all'emissione del provvedimento di cautela, non sembra che l'inadempimento della richiesta comporti ex tunc la caducazione della misura".

Si e', quindi, affermato che "l'atto non puo' che essere richiesto al G.I.P., dovendo il giudice del riesame operare solo in fase di controllo sul provvedimento impositivo al momento del deposito degli atti ex articolo 293 c.p.p., trattandosi degli stessi atti posti a base della misura, ancorche' "deprivati" della sintesi conseguente all'utilizzazione dei brogliacci che restano, in ogni caso, utilizzabili in competente sede".

Altra sentenza della Sez. 6, 7 maggio 2009, n. 29386, ha ricordato il principio sopra affermato, secondo cui "la richiesta volta ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni utilizzate ai fini dell'adozione di un provvedimento cautelare deve essere presentata al giudice che ha adottato la relativa misura coercitiva e non al tribunale del riesame", ed ha ritenuto che "tale principio non puo' che essere riaffermato nel suo significato complessivo con la precisazione che la richiesta deve essere rivolta al pubblico ministero, nella cui disponibilita' materiale e giuridica sono i documenti in questione nella fase delle indagini".

Ha rilevato che "il pubblico ministero, dominus della fase investigativa, e' l'unico abilitato, nell'ambito della proceduta atipica configurata dalla sentenza costituzionale, a verificare eventuali limiti, collegati essenzialmente alla tutela della riservatezza di altri soggetti coinvolti nelle registrazioni delle conversazioni ed estranei ai fatti e alla segretezza delle indagini per registrazioni di conversazioni non ancora ostensibili: situazioni che possono incidere ... sulle modalita' e tempi per provvedere al materiale rilascio delle copie".

Ha ulteriormente osservato che il decisum della Corte Costituzionale "non incide anzitutto sulla validita' dell'ordinanza cautelare e, poi, sulla procedura di riesame e sui tempi in cui deve essere conclusa e non puo' essere oggetto di richiesta al giudice della procedura incidentale, il quale non ha la disponibilita' del nastro magnetico, e deve decidere su quanto posto a fondamento dell'ordinanza e su eventuali produzioni della difesa, tra i quali rientra anche il nastro magnetico ottenuto dalla difesa".

Ha altresi' osservato che l'interesse della difesa a "conoscere le registrazioni poste a base del provvedimento eseguito, allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali", non e' "tale, pero', da integrare una regola che possa invalidare l'epilogo della richiesta cautelare e, in ogni caso, ritardare i tempi di definizione della procedura di riesame.

La difesa, una volta ottenuta la copia del supporto magnetico e verificate le asserite incongruenze con i contenuti del c.d. "brogliaccio" e' abilitata, in relazione al novum, a proporre ogni ulteriore rimedio incidentale previsto dalla legge processuale".

La sentenza della Sez. 3, 30 settembre 2009, n. 41256, ha esaminato una fattispecie in cui, sulla richiesta di ottenere copia su supporto magnetico delle registrazioni, il pubblico ministero aveva provveduto "dopo ben 76 giorni", rigettando la richiesta sulla "semplice motivazione" che "l'articolo 268 c.p.p. non prevede la facolta' di avere copia delle tracce audio".

La Corte ha escluso che il tribunale "avesse la facolta' di sospendere o rinviare il procedimento ...".

Ha osservato che la decisione della Corte Costituzionale "stabilisce un principio generale a tutela del diritto di difesa, ma non e' entrata in merito alle discrasie con altre contrarie disposizioni di carattere normativo ... ; la legge impone al tribunale per il riesame di decidere entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta e degli atti del P.M., ma non prevede la possibilita', in caso di richiesta di ulteriori atti da parte del difensore, di sospendere il procedimento o di rinviarlo oltre il decimo giorno ...; l'alternativa e' quella di annullare la misura per la mancata trasmissione degli atti entro i termini prescritti, ovvero decidere in base agli atti in suo possesso".

Ha ritenuto che "va esclusa la prima ipotesi", rilevando, tra l'altro, che "nella specie non trattavasi di elementi sopravvenuti: egli (il P.M.) aveva trasmesso i brogliacci e le trascrizioni delle conversazioni" e "quindi la richiesta di copia dei nastri magnetici esulava da tali atti, non trattandosi di nuovi elementi di prova;

il mancato rilascio delle copie non atteneva all'inefficacia del provvedimento cautelare, ma, teoricamente, alla regolarita' della procedura di riesame, causata dalla discrasia sopra evidenziata attribuibile al P.M.".

Ha ritenuto, quindi, che "correttamente il tribunale decise allo stato degli atti", soggiungendo che "cio' non pregiudica i diritti della difesa, che potra' azionare i rimedi consentiti per ottenere le copie delle bobine, ed in base ad esse presentare eventuale domanda di revoca della misura".

Altra sentenza della Sez. Feriale, 10 settembre 2009, n. 37151, ha osservato che, in quella fattispecie, la richiesta di trasposizione su nastro magnetico delle conversazioni intercettate era stata effettuata ad "immediato ridosso ... dell'udienza camerale per il riesame", e "le rigide cadenze previste per l'udienza di riesame non consentivano di ritenere che la presentazione dell'istanza fosse avvenuta in tempo utile perche' il P.M. fosse in grado di soddisfare la richiesta del difensore e questi, a sua volta, potesse porre tempestivamente a disposizione del tribunale del riesame - ove necessario - le registrazioni stesse che il P.M. non e' obbligato a trasmettere al giudice".

Ha rilevato che la intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale non puo' condurre a ritenere la inutilizzabilita' delle intercettazioni, giacche' "non e' stato ... intaccato in alcun modo ... il preciso disposto dell'articolo 271 c.p.p.".

Il tema del diniego opposto alla richiesta difensiva di accesso alle registrazioni, e dei conseguenti effetti, e' stato ripreso, poi, nella sentenza Sez. 1, 14 gennaio 2010, n. 46414.

Si e', ivi, ritenuto che "non vi e' dubbio che il diniego della richiesta ... di autorizzazione ad estrarre il supporto audio delle tre intercettazioni ambientali integra una nullita' di ordine generale ... .

Ma tale nullita' va inquadrata in quelle generali a regime intermedio previste dall'articolo 180 c.p.p.".

Tanto era stato affermato da altra sentenza della Sez. 1, 10 novembre 2009, n. 44226, la quale ha confermato che dalla lesione del diritto di accesso "consegue, indiscutibilmente, in linea di principio la nullita' generale del procedimento ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c)".

Sulla scorta di tale principio altre pronunce sono pervenute a statuizioni di annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Cosi' Sez. 3, 9 novembre 2009, n. 46704, ha rilevato che "il diritto di accesso del difensore alle trascrizioni puo' essere compromesso momentaneamente nel caso in cui le stesse non possano essere rilasciate entro il termine fissato per espletare il procedimento sulla liberta'.

La violazione del diritto di difesa non trova, invece, giustificazione quando l'interessato ha chiesto tempestivamente i supporti ed il pubblico ministero, in tempo utile, ha preso in considerazione la istanza e l'ha respinta con incongrua motivazione".

Ad identiche conclusioni sono pervenute Sez. 6, 26 marzo 2009, n. 19150; Sez. 5, 24 giugno 2009, n. 39930; Sez. 2, 18 dicembre 2009, n. 4021/2010, in questa, tra l'altro, rilevandosi che gli atti di intercettazione conservano la loro validita', ma possono essere "considerati come elementi probatori solo quando la difesa avra' la concreta possibilita' di prenderne cognizione diretta e non limitata agli schemi riassuntivi e alle trascrizioni effettuate dalla p.g.".

In tali decisioni, tuttavia, non si e' specificamente indicato quale debba essere poi l'attivita' espletanda dal giudice del rinvio e le statuizioni che allo stesso competono.

7.0. In tale rappresentato panorama giurisprudenziale, e', dunque, necessario che, nel mutato quadro normativo in parte qua determinato dalla intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale, vengano esaminati i singoli profili, contenuti e momenti nei quali si inserisce e va salvaguardato l'effettivo esercizio del diritto di accesso riconosciuto dal Giudice delle leggi e le conseguenze che il suo mancato riconoscimento determina nei procedimenti de libertate.

7.1. Innanzitutto, deve rilevarsi che il diritto di accesso, cosi' come configurato dalla Corte Costituzionale, e' riconosciuto solo al difensore: soltanto a questo, difatti, l'articolo 309 c.p.p., comma 8, ancora una volta riconosce solo al difensore la facolta' di esaminare gli atti e di estrarne copia; solo al diritto di accesso del difensore ha fatto riferimento la sentenza della Corte Costituzionale.

7.2. Quanto all'autorita' giudiziaria cui spetta il rilascio della copia, non puo' sorger dubbio che questa vada identificata nel pubblico ministero che procede.

Nella sua disponibilita' materiale e giuridica, difatti, si trovano i documenti in questione nella fase delle indagini, come puntualmente rilevato da Sez. 6, 7 maggio 2009, n. 28386, cit; e solo il pubblico ministero e' in grado di procedere alla selezione delle registrazioni all'uopo rilevanti, nell'intero contesto di tutte quelle effettuate, ad individuare solo quelle poste a fondamento della richiesta della misura cautelare ed a verificare, quindi, gli eventuali limiti al rilascio delle copie richieste, in relazione alla tutela della riservatezza di altri soggetti estranei ai fatti, le cui conversazioni siano state captate, o a contenuti delle registrazioni che non siano rilevanti ai fini che occupano.

In tal senso anche Sez. 3, 30 settembre 2009, n. 41256, cit; sostanzialmente Sez. 5, 24 giugno 2009, n. 39930, cit.; Sez. 6, 26 marzo 2009, n. 19150, cit..

E' erroneo, quindi, l'assunto del provvedimento impugnato, secondo cui (richiamandosi la sentenza della Sez. 6, 6 novembre 2008, n. 44127, cit.) "la richiesta intesa ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni utilizzate ai fini dell'adozione di un provvedimento cautelare personale dev'essere presentata al giudice che ha applicato la misura coercitiva".

7.3. Il diritto alla acquisizione della copia puo' concernere solo le intercettazioni i cui esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione del provvedimento cautelare; non altri, ne' tampoco diversi esiti captativi che concernono persone diverse dall'indagato e che non rilevano al fine di valutare la posizione indiziaria di quest'ultimo.

7.4. Tale diritto e' esercitarle dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, come espressamente specificato dalla Corte Costituzionale.

Essendo esso finalizzato ad "esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali", non e' dato individuare un termine ad quem nella proposizione dell'atto che quel rimedio sollecita, in particolare nella proposizione della richiesta di riesame, nel senso, cioe', che quella istanza debba necessariamente intervenire prima della richiesta di riesame: nessun termine perentorio al riguardo e' ravvisabile ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 6) e puo' riguardare anche profili ulteriori e diversi da quello in questione.

7.5. Assumendosi, poi, nella ordinanza impugnata, che la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'articolo 268 c.p.p., "senza pero' stabilire alcun termine entro il quale tale adempimento debba essere assolto", deve innanzitutto rilevarsi che al diritto del difensore di accedere alle registrazioni corrisponde un obbligo del pubblico ministero di assicurarlo.

La Corte, difatti, ha configurato tale diritto come "incondizionato", rilevando che, come si e' gia' ricordato, "le esigenze di segretezza per il proseguimento delle indagini e le eventuali ragioni di riservatezza sono del tutto venute meno in riferimento alle comunicazioni poste a base del provvedimento restrittivo, il cui contenuto e' stato rivelato a seguito della presentazione da parte del pubblico ministero, a corredo della richiesta, delle trascrizioni effettuate dalla polizia giudiziaria".

E proprio da tanto ha tratto la conclusione che la pregressa normativa, che tale accesso in quella fase e stato del procedimento non assicurava, ledeva il diritto di difesa costituzionalmente presidiato dall'articolo 111 Cost., comma 2.

L'inottemperanza a tale obbligo puo' comportare responsabilita' disciplinari, stante il dovere di osservanza delle norme processuali richiamato dall'articolo 335 c.p.p., ivi statuendosi che "gli eventuali ritardi ... sono privi di conseguenze" in quel caso, "fermi restando gli eventuali profili di responsabilita' disciplinare o penale").

7.6. Cio' posto, e' vero che manca la espressa indicazione di un termine entro il quale quella richiesta debba essere esaudita (e, deve ritenersi, a tanto non poteva procedere la Corte Costituzionale).

Ne' e' condivisibile l'opinione espressa da una voce della dottrina, secondo cui, dovrebbe trovare applicazione il termine di cinque giorni indicato dall'articolo 268 c.p.p., comma 4: questo, infatti, attiene al termine (con possibilita' di proroga) in cui devono essere depositati in segreteria i verbali e le registrazioni in riferimento alla conclusione delle operazioni, ed afferisce, quindi, ad aspetti, momenti e materia non sovrapponibili a quelli che rilevano nel tema che qui occupa.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che la Corte ha esaminato la questione "in caso di incidente cautelare", riconoscendo il diritto dell'istante ad ottenere le copie richieste "allo scopo di verificare la valenza probatoria degli elementi che hanno indotto il pubblico ministero a richiedere ed il giudice ad emanare un provvedimento restrittivo della liberta' personale": e la acquisizione delle "registrazioni poste alla base del provvedimento eseguito" e' finalizzata "allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali".

Essendo, dunque, la richiesta della copia finalizzata ad esperire il diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, ne consegue che essa deve essere rilasciata, comunque, in tempo utile perche' quel diritto di difesa possa essere in quella sede esercitato.

Del tutto condivisibilmente ha rilevato la sentenza della Sez. 5, 24 giugno 2009, n. 39930, che "e' di tutta evidenza che, essendo la messa a disposizione di quegli elementi finalizzata al pieno dispiegarsi dell'attivita' difensiva, implicito e' l'obbligo per l'autorita' procedente di soddisfare la richiesta in tempo utile, per consentirne la disamina in vista del riesame".

Tali termini, d'altronde, sono ben noti al pubblico ministero, perche' normativamente scaturiscono dal disposto dell'articolo 309 c.p.p., comma 1, che indica in dieci giorni il termine per proporre la richiesta di riesame, e dalle prescrizioni dei commi 5 e 9 della stessa disposizione normativa, che regolano le susseguenti cadenze temporali.

Ed altrettanto noti, perche' pur essi normativamente prefigurati, sono gli ancor piu' ristretti termini per l'interrogatorio di garanzia (articolo 294 c.p.p.).

Tanto appare comportare, sotto il profilo organizzativo, la opportunita' che il pubblico ministero, al momento di formulare la richiesta del provvedimento cautelare, si attrezzi anche preventivamente e per tempo per essere in grado di ottemperare tempestivamente al nuovo obbligo imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale.

7.7. Al fine di porre il pubblico ministero nella possibilita' di adempiere il proprio obbligo, e' del pari necessario che la richiesta venga proposta in tempo utile rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali, segnatamente, per quanto nella specie rileva, dall'articolo 309 c.p.p., comma 9, (cfr., tra altre, Cass., Sez. Feriale, 10 settembre 2009, n. 37151; Sez. 3, 3 novembre 2009, n. 46704, che ha richiamato quanto al riguardo rilevato dalla pregressa sentenza della Corte Costituzionale del 17-24 giugno 1997, n. 192; Cass. Sez. 6, 26 marzo 2009, n. 19150).

E tanto va considerato tenuto conto della complessita' o meno delle operazioni di duplicazione delle intercettazioni (poche o moltissime; facilmente estrapolabili o meno; ecc).

Ove il pubblico ministero ritenga che le copie richieste non possano, per tali o altri similari motivi, essere rilasciate tempestivamente, si prospetta al riguardo un suo onere di congrua motivazione che dia conto di tale impossibilita', sulla stessa, poi, dovendosi esercitare il controllo del giudice della cautela, solo alla stregua di tali rappresentate prospettazioni, non avendo quest'ultimo la disponibilita' dell'intero compendio delle attivita' captative.

Se quella cadenza temporale non e' possibile ragionevolmente osservare, per essere stata la richiesta proposta in tempo non utile ad essere assolta, o a motivatamente giustificare la impossibilita' di adempiere alla stessa, prima della relativa udienza camerale, anche alla stregua delle ragioni prospettate dal pubblico ministero, il tribunale del riesame deve comunque decidere alla stregua degli atti trasmessigli nel termine impostogli dalla legge: nella precitata sentenza della Corte Costituzionale n. 192/1997, in riferimento ai "termini rapidi e vincolanti previsti per l'interrogatorio", si e' osservato che "ne' il difensore potra' pretendere, ne' l'autorita' giudiziaria potra' concedere dilazioni di tali termini ove risulti materialmente impossibile procedere alla copia di tutti gli atti richiesti entro le rigide cadenze previste per l'interrogatorio e per l'udienza del riesame".

D'altronde, il diritto a far valere eventuali rilievi e ragioni difensive, in termini di rilevanza probatoria o indiziaria, scaturenti dall'ascolto delle registrazioni, non rimane, in tal caso, affatto precluso all'indagato, giacche' quei rilievi e quelle ragioni possono comunque essere dallo stesso fatti valere successivamente, una volta ottenuta la copia della traccia fonica richiesta.

7.8. Quanto all'autorita' giudiziaria davanti alla quale puo' esser fatto valere il mancato rilascio della copia degli atti richiesti, la sentenza della Sez. 6 6.11.2008, n. 44127 ha ritenuto che "l'inadempimento della richiesta di accesso, in quanto atto sopravvenuto, puo' essere fatto valere solo innanzi al giudice che ha emesso il provvedimento, giacche' il controllo effettuato dal riesame attiene solo al provvedimento impositivo "di base" al momento del deposito degli atti ex articolo 293 c.p.p.".

Tale assunto non puo' essere condiviso.

Appare, difatti, in tal guisa prospettarsi che il vaglio demandato al giudice del riesame debba essere cristallizzato solo alla situazione sussistente al momento impositivo della misura, nessun rilievo assumendo altre circostanze intervenute medio tempore e pure prospettabili al medesimo giudice.

Ma, innanzitutto, ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 5, il P.M. ha l'obbligo di trasmettere, nel termine indicato, anche "tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini", ed analogo diritto deve, simmetricamente, essere riconosciuto alla parte.

In ogni caso, ai sensi del nono comma della stessa disposizione normativa, il tribunale decide "anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza".

Il tribunale del riesame, quindi, deve verificare, alla stregua degli articoli 273 c.p.p..

Puo' soggiungersi che la regola della deducibilita' del novum nel procedimento incidentale de libertate trova applicazione anche nel procedimento di appello, ex articolo 310 c.p.p., improntato al principio devolutivo, in relazione ad elementi probatori nuovi, preesistenti o sopravvenuti, pur sempre nell'ambito dei confini segnati dal devolutimi ; in particolare, non si e' revocata in dubbio alcuno la possibilita' che al difensore, nel giudizio di appello de libertate, "sia consentito, dopo aver esaminato gli atti su cui si fonda l'ordinanza appellata e nel contraddittorio camerale, produrre a favore del proprio assistito la documentazione relativa a materiale informativo, sia preesistente che sopravvenuto, acquisito anche all'esito di investigazioni difensive ..." (Sez. Un., 31 marzo 2004, n. 18339 ; v. anche Sez. Un., 21 giugno 1997, n. 8).

Poiche' il difensore ha la facolta' di prospettare, in sede di riesame, anche elementi nuovi, incidenti sul tema della legittimita' del provvedimento che ha imposto la misura cautelare, gli deve essere assicurato, in quella sede, anche il diritto di aver piena cognizione degli atti sui quali la misura si fonda, per consentirgli ogni attivita' difensiva al riguardo, compresa le eventuale prospettazione del novum rispetto agli elementi posti a base della originaria misura impositiva, dato dalla non corrispondenza o non esatta interpretazione tra quanto riportato nei "brogliacci" e quanto, invece, realmente risulta dalla intercettazioni.

In definitiva, l'accesso alle registrazioni delle conversazioni captate serve a rendere effettivo e completo l'esercizio del diritto di difesa della parte, come chiarito nella suindicata sentenza del Giudice delle leggi, giacche' "l'interesse costituzionalmente protetto della difesa e' quello di conoscere le registrazioni poste alla base del provvedimento eseguito, allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali"; e "l'interesse in questione puo' essere assicurato con la previsione ... del diritto dei difensori ad accedere alle registrazioni in possesso del pubblico ministero".

L'acquisizione di quei dati, dunque, e' finalizzato proprio al controllo della legittimita' della misura genetica emessa nei confronti dell'indagato: e proprio tale scrutinio e' demandato al giudice del riesame.

7.9. Ove il pubblico ministero non ottemperi tempestivamente alla richiesta di accesso alle registrazioni e di trasposizione su nastro magnetico delle conversazioni o comunicazioni captate, perche' la circostanza possa rilevare nel procedimento incidentale de libertate la parte ha l'onere di specifica allegazione e documentazione al riguardo, in quella sede.

Se tanto non venga specificamente dedotto, il difensore rinuncia del tutto alla possibilita' di contestare la "presunzione d'esistenza e di conformita'" del contenuto dei "brogliacci" a quello delle conversazioni o comunicazioni captate; ed il tribunale del riesame nessun accertamento e' tenuto ad eseguire al riguardo, neppure risultandogli che una richiesta di accesso sia stata proposta.

Ne consegue che il rilievo non puo' essere formulato per la prima volta in Cassazione.

7.10. Ove il rilievo sia stato, invece, specificamente e documentalmente proposto al giudice del riesame, v'e' innanzitutto da chiedersi se, nel riscontrato inadempimento dell'obbligo da parte del pubblico ministero e nella sua, a quel momento, persistente inerzia, il tribunale abbia poteri officiosi al riguardo.

A tale quesito si ritiene di dover dare risposta positiva.

Deve, infatti, premettersi che queste Sezioni Unite hanno gia' avuto modo di rilevare che, a seguito delle novelle normative intervenute sull'originario assetto del codice di rito, "il riesame ha assunto ... la funzione di strumento di controllo a garanzia della liberta' personale nella dialettica tra le parti attraverso un'effettiva e tempestiva verifica giudiziale, con l'attuata discovery degli elementi a sostegno della richiesta cautelare ... .

Da mezzo di difesa per "costringere" il P.M. a scoprire la sua strategia accusatoria, il riesame si e' connotato, secondo l'evoluzione giurisprudenziale, di una logica di tipo sostanziale che consentisse la polarizzazione del controllo del tribunale sulla valutazione degli indizi, operata dal giudice cautelare, attraverso la trasmissione dei dati dai quali potessero desumersi gli elementi di colpevolezza, le esigenze cautelari e l'adeguatezza della misura prescelta" (Sez. Un., 27 marzo 2002, n. 19853).

Trattandosi di valutare le conseguenze derivanti dalla mancata allegazione e trasmissione di atti concernenti le intercettazioni utilizzate ai fini cautelari, non sottoposti al G.I.P. ai sensi dell'articolo 291 c.p.p. (si trattava, specificamente, dei decreti autorizzativi delle operazioni di intercettazione), s'e' distinto il caso in cui tali atti siano stati regolarmente allegati alla richiesta di misura cautelare e poi non trasmessi al tribunale del riesame, ed il caso in cui la mancata trasmissione degli atti consegua alla non integrale presentazione degli stessi gia' al giudice per le indagini preliminari. Solo nel primo caso - s'e' chiarito - consegue la caducazione automatica della misura; nel secondo caso, invece, "non opera una siffatta sanzione" e "il comportamento omissivo del P.M., circa il mancato inoltro di alcuni atti ... che, pertanto, il G.I.P. non ha potuto valutare e il corrispondente mancato esame degli stessi da parte del tribunale del riesame non determina la perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare ... ma solo la inutilizzabilita'" di quegli atti.

La pecularita' della situazione che qui si esamina scaturisce dalla considerazione che, a ben vedere, non si versa in ipotesi in cui non siano stati prodotti al G.I.P. atti che egli, quindi, non ha potuto valutare; gli esiti delle operazioni captative gli sono stati rappresentati attraverso la trascrizione che di essi sia stata effettuata dalla p.g., con i "brogliacci" o forme consimili, e legittimamente alla stregua di essi e' stata emessa la misura cautelare.

Si tratta, invece, solo di consentire di verificare, a richiesta ed eventuale contestazione di parte, la effettiva corrispondenza del contenuto cartaceo a quello auditivo, il che, ovviamente, presuppone che la parte sia posta in condizione di eventualmente proporre quella richiesta e quelle contestazioni, merce' il concreto esercizio del diritto di difesa nei termini riconosciutile dalla sentenza della Corte Costituzionale.

La questione, quindi, investe non la produzione, ab imis, della prova, che e' stata a suo tempo prodotta in forma idonea ad essere a quel momento valutata ai fini della emissione del provvedimento cautelare, ma la possibilita' della sua ulteriore valutazione, della sua verifica, in sede di riesame, ove ivi richiamata, e quindi riproposta, in violazione di tale diritto di difesa.

Pur nel quadro di quei principi affermati dalle Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimita' non ha mancato di affrontare ed esaminare lo specifico tema che qui si e' proposto. Con sentenza della 1 Sez. 28 aprile 1998, n. 2383, si e' ritenuto che, in caso di mancata allegazione da parte del P.M. di atti nella richiesta del provvedimento cautelare (si trattava anche in quel caso di decreti autorizzativi di intercettazioni), non soltanto "nulla vieta al G.I.P. di disporne preventivamente la acquisizione prima di emettere il provvedimento custodiale", ma, in ogni caso, la relativa verifica "potra' essere fatta anche a posteriori ... dal tribunale del riesame ...".

Ed il principio e' stato piu' volte ribadito (Sez. 1, 30 giugno 1999, n. 4582; Sez. 4, 28 gennaio 2000, n. 2068; Sez. 4, 1 giugno 2001, n. 27961; Sez. 6, 13 dicembre 2002, n. 1304/2003; Sez. 4, 1 dicembre 2004, n. 4631; Sez. 4, 8 novembre 2005, n. 4207; Sez. 4, 1 marzo 2005, n. 15426; Sez. 3, 12 ottobre 2007, n. 42371); esso e' stato affermato in relazione alla acquisizione dei decreti autorizzativi delle operazioni di intercettazione, ma non v'e' ragione alcuna per non ritenerlo operante anche per altri atti; e tale potere officioso si appalesa del tutto consono e funzionale a quella "logica di tipo sostanziale" che caratterizza l'attivita' del tribunale del riesame nel controllo e nella valutazione del quadro indiziario che ha indotto alla emanazione della misura cautelare.

Tale attivita' officiosa puo', peraltro, essere compiuta solo in tempi utili per l'espletamento delle conseguenti incombenze e la valutazione dei relativi esiti entro l'improcrastinabile termine nel quale il tribunale deve rendere la sua decisione, ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 9.

In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite n. 19853/2002 cit. ha chiarito che anche la "produzione vicaria" cui e' abilitata la difesa e' "sganciata dal termine perentorio di cui al citato quinto comma (dello stesso articolo 309 c.p.p.) e quelle prospettazioni possono essere rappresentate "fino all'udienza camerale e nel corso della stessa".

7.11. Ove al difensore sia stato ingiustificatamente impedito il diritto di accesso alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero, tanto non determina la nullita' del genetico provvedimento impositivo, legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti a sostegno della sua richiesta dal P.M.; non comporta la inutilizzabilita' degli esiti delle captazioni effettuate, perche' questa scaturisce solo nelle ipotesi indicate dall'articolo 309 c.p.p., comma 10).

Determina, invece, un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per la illegittima compressione del diritto di difesa e non inficia l'attivita' di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in se' considerati.

Esso comporta, quindi, una nullita' di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'articolo 180, 182 e 183 c.p.p..

Ove tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame ed il giudice definitivamente lo ritenga, egli non potra' fondare la sua decisione sul dato di giudizio scaturente dal contenuto delle intercettazioni riportato in forma cartacea, in mancanza della denegata possibilita' di riscontrarne la sua effettiva conformita' alla traccia fonica.

Esso, difatti, e' stato, bensi', legittimamente considerato, nella sua forma cartacea, al momento della emissione del provvedimento cautelare; ma, dovendo, poi, il tribunale distrettuale (ri)esaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti quel provvedimento, la difensiva richiesta di accesso depriva quel dato di definitiva valenza probatoria, nella sua presunzione assoluta di conformita', che rimane non verificata prima che si dia ingresso e concreta attuazione alla espressa richiesta della parte in tal senso formulata.

In sede di riesame il dato assume tale connotazione di definitivita' probatoria solo quando la parte sia stata posta in condizione di verificare quella conformita', esercitando il richiesto diritto di accesso. Deve condividersi, percio', l'approdo cui e' pervenuta la sentenza della 2 Sez., 18 dicembre 2009, n. 4021/2010, cit., secondo cui "gli atti di intercettazione sono in se' pienamente validi e potranno essere considerati elementi probatori non appena le difese avranno la concreta possibilita' di prenderne cognizione diretta e non limitata agli schemi riassuntivi ed alle trascrizioni effettuate dalla p.g.".

Il giudice del riesame, quindi, in presenza di tale accertata patologia, non potra' utilizzare quel dato nel procedere alla valutazione della prova: in tal senso ed a tali fini quel dato, percio', rimane in quella sede inutilizzabile.

Del resto, ed in diverso ambito, tale regola e' rinvenibile nel sistema: difatti, ai sensi dell'articolo 195 c.p.p., comma 3, in tema di testimonianza indiretta, nel caso di mancato esame della fonte di riferimento nonostante la richiesta di parte, le dichiarazioni de relato sono espressamente dichiarate inutilizzabili.

Egli dovra', semmai, procedere alla ed. prova di resistenza e valutare, cioe', se quel dato non assuma rilevanza decisiva nel contesto della intera evidenza procedimentale rinvenibile, che gli consenta di egualmente esprimere il suo conclusivo divisamento riguardo alla sussistenza del richiesto grave quadro indiziario.

Se, invece, il provvedimento cautelare si fondi decisivamente su quel dato, quella nullita' tempestivamente e ritualmente dedotta comporta l'annullamento della ordinanza cautelare, proprio perche' la verifica effettuata nel giudizio di riesame induce ad una valutazione di insussistenza del richiesto grave quadro indiziario.

E lo stesso e' da dirsi, mutatis mutandis, nel caso di appello cautelare, ex articolo 310 c.p.p..

7.12. L'eventuale annullamento del provvedimento cautelare, per le ragioni teste' indicate, non preclude al pubblico ministero la possibilita' di reiterare la richiesta ed al G.I.P. di accoglierla, se la nuova richiesta sia, questa volta, corredata dal relativo supporto fonico, e non piu' solo cartaceo.

Questa Suprema Corte ha piu' volte avuto modo di esaminare il tema del giudicato cautelare.

Si e', quindi, tra l'altro, chiarito che il principio di cui all'articolo 649 c.p.p. trova applicazione, in subiecta materia, "quando il giudice deve prendere in esame quegli stessi presupposti che siano stati sottomessi a valutazione in sede di gravame e ritenuti insussistenti, insufficienti o invalidi e non quando l'inefficacia del provvedimento sia derivata da sopravvenute condizioni estrinseche, come da irregolarita' della procedura di riesame" (Sez. Un., 1 luglio 1992, n. 11; Sez. Feriale, 6 settembre 1990, n. 2668; Sez. 6, 2 aprile 1992, n. 1145); la preclusione da giudicato non sussiste quando vi sia stato "un successivo, apprezzabile mutamento del fatto" (Sez. Un., 12 ottobre 1993, n. 20).

In tema di appello cautelare, in ottemperanza al principio che si stabilisce "una situazione di relativa stabilita' del decisum, nel senso che esso spiega una limitata efficacia preclusiva endoprocendimentale, "allo stato degli atti", in ordine alle questioni di fatto e di diritto esplicitamente o implicitamente dedotte", s'e' rilevato che tali questioni "restano precluse in sede di adozione da parte del G.I.P. di un successivo provvedimento cautelare richiesto dal P.M. nei confronti dello stesso soggetto e per lo stesso fatto" solo "nella carenza di deduzione da parte del pubblico ministero di nuove e significative acquisizioni che implichino un mutamento della situazione di riferimento, sulla quale la decisione di appello era fondata" (Sez. Un., 31 marzo 2004, n. 18339, cit.).

In materia cautelare, all'esito del procedimento di impugnazione, "si forma una preclusione processuale, anche se di portata piu' modesta di quella relativa alla cosa giudicata, ... limitata allo stato degli atti e copre solo le questioni esplicitamente o implicitamente dedotte" (Sez. Un., 19 dicembre 2006, n. 14453/2007); l'effetto preclusivo si determina ove si registri la "assenza di un mutamento del quadro processuale di riferimento" (Sez. Un., 24 maggio 2004, n. 29952); "non vi e' preclusione ... nell'ipotesi in cui la nuova richiesta contenga una diversita' di allegazioni e deduzioni" (Sez. 5, n,13 ottobre 2009, n. 43069; Sez. 6, 25 ottobre 2002, n. 5374/2003).

In definitiva, l'effetto preclusivo endoprocedimentale dispiega i suoi effetti quando la nuova misura cautelare venga richiesta sugli stessi presupposti ed elementi gia' esaminati e decisi, quando il quadro processuale e probatorio rimanga integro ed immutato ed immutata rimanga, percio', la gia' esaminata situazione processuale e probatoria di riferimento.

Tale effetto, invece, non si verifica ove, a seguito di nuovi e diversi elementi, venga a mutare il quadro probatorio di riferimento in relazione al quale e' stata esaminata la sussistenza o meno delle condizioni legittimanti la imposta misura cautelare, perche' in tal caso, la nuova richiesta si fonda su dati probatori che non hanno costituito oggetto di valutazione da parte del precedente giudice della cautela ed alla stregua di questi la richiesta e la misura possono essere rispettivamente nuovamente formulata e disposta.

Se, quindi, il tribunale del riesame non abbia valutato la situazione probatoria in riferimento agli esiti delle intercettazioni, a causa della suindicata nullita', ove questi vengano, poi, legittimamente acquisiti con la produzione della traccia fonica, muta il quadro di riferimento probatorio, ed alla stregua di quello cosi' diversamente delineatosi il giudice della cautela e' pienamente integrato nel suo potere-dovere di valutare, a quel momento, la sussistenza o meno delle condizioni legittimanti la nuova richiesta di misura cautelare (per una ipotesi analoga a quella che nel caso che occupa rileva, concernente la successiva acquisizione dei decreti autorizzativi delle operazioni di intercettazione, v. Sez. 5, 9 giugno 1998, n. 2169).

7.13. Ove la predetta nullita' venga riscontrata e dichiarata solo in sede di legittimita', il provvedimento impugnato, affetto da tale vizio, va annullato con rinvio, comportando la dichiarazione di nullita' la regressione del procedimento allo stato in cui e' stato compiuto l'atto nullo e la necessita' della rinnovazione di quest'ultimo, con emenda dei vizi riscontrati (articolo 185 c.p.p.).

In sede di rinvio, non piu' soggetto ai termini perentori indicati dall'articolo 309 c.p.p., comma 10, (in tal senso la uniforme giurisprudenza di questa Suprema Corte: cfr., ex ceteris, Sez. Un., 17 aprile 1996, n. 5; Sez. 5, 2 dicembre 1997, n. 5473/1998 ; Sez. 5, 23 novembre 1999, n. 5652/2000; Sez. 6, 16 giugno 2003, n. 35651), il tribunale del riesame e' reintegrato nei poteri-doveri dei quali sopra si e' gia' detto.

8.0. Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta dal difensore dell'indagato (che il Tribunale del riesame ha esaminato) e' dato evincere che, con istanza in data 14 agosto 2009, indirizzata al Sostituto Procuratore della Repubblica di Trani, il difensore richiese il "rilascio di tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali e/o brogliacci delle intercettazioni telefoniche trascritte e/o registrate su CD".

In calce alla stessa, in data non intellegibile (sembra 17 agosto), e' dato leggere: "V. al G.I.P. con parere favorevole ed esecuzione alla P.G. operante"; piu' sopra vi e' annotazione manoscritta "CC. Barletta".

Il ricorrente assume: "il mio difensore recatosi in data 19.8.2009 (l'udienza del riesame era fissata per il 24 agosto) presso il Comando Compagnia Carabinieri di Barletta al fine di ottenere copia dei dati informatici relativi alle intercettazioni telefoniche nonche' dei brogliacci come da nota del P.M., accertava con prova documentale che i supporti informatici contenenti le intercettazioni erano stati in Procura sin dal lontano 12 giugno 2008, e non venivano messi a disposizione della difesa ...".

Tale "prova documentale" e' rappresentata dalla copia di una missiva del Nucleo Operativo e Radiomobile dei CC. di Barletta in data 10 giugno 2009, indirizzata alla "Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Trani" e (solo) "per conoscenza "alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani (c.a. Sost. Proc. dr. Ca.Et. )".

Ivi si dice: "debitamente repertati si depositano copia dei supporti informatici contenenti i dati e le fonie delle attivita' tecniche connesse al Proc. Pen. 4660/08 mod. 21 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, RIT nr. 109/08 del 31.7.2008, RIT nr. 110/08 del 14.8.2008 e RIT nr. 116/08 del 04.09.2008 come da elenco allegato" (secondo quanto indicato nella intestazione del provvedimento impugnato e nella richiesta di copia e' il procedimento che qui interessa).

Tale documento, quindi, fa riferimento solo a "copia" di atti rimessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, in riferimento al procedimento di competenza dello stesso Tribunale per i Minorenni ivi indicato, evidentemente connesso al procedimento che qui interessa.

Gli atti indicati in quella annotazione dei CC. non rilevavano, percio', nel procedimento che qui interessa: riguardavano, evidentemente, solo la posizione di imputato o imputati minorenni; gli atti riguardanti il presente procedimento dovevano, invece, essere stati depositati presso la Procura della Repubblica (articolo 89 disp. att. c.p.p.).

Alla stregua di tanto, gia' il rimettere, "con parere favorevole", la decisione sulla proposta istanza al G.I.P., che non aveva la disponibilita' degli atti e che non poteva effettuare alcuna operazione di selezione e di estrapolazione di quelli richiesti (secondo quanto si e' sopra gia' osservato), comportava la disattenzione della istanza e la impossibilita' di darvi concreto seguito.

A quella richiesta, difatti, avrebbe dovuto ottemperare il pubblico ministero. Rimane che la richiesta difensiva non e' stata affatto adempiuta da quest'ultimo (ne', ovviamente, da altri); essa era stata proposta, come s'e' detto, il 14 agosto e l'udienza camerale venne tenuta il successivo 24 agosto, sicche' la richiesta medesima era intervenuta in tempo utile per essere assolta in tale lasso temporale; ed il "parere favorevole" espresso dal P.M. lascia intendere che non vi fossero particolari ragioni di difficolta' tecnica per prontamente ottemperarvi.

Deve ritenersi, percio', realizzata la nullita' generale di cui sopra s'e' detto, tempestivamente dedotta nel corso della udienza camerale ed illegittimamente disattesa dal tribunale del riesame.

Tanto comporta l'annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

9.0. Gli altri motivi di ricorso assumono, a tal punto, rilievo subordinato, rilevando essi nel caso in cui il giudice del rinvio positivamente risolva la questione sopra indicata, in relazione alla sussistenza del grave quadro indiziario anche alla stregua degli esiti delle eseguite operazioni captative, e, comunque, conseguentemente, compiutamente esamini il quadro indiziario che ne risultera'.

Ed in tale ottica vanno esaminati.

10.0. Il terzo motivo di gravame (sub e), supra') e' infondato.

Hanno, invero, ben chiarito i giudici del merito, dopo aver richiamato il contenuto delle conversazioni intercettate, che "l'attivazione del mezzo di ricerca della prova nei confronti del La. ... e' stata ampiamente giustificata dall'emersione di seri e corposi elementi di reita' circa il suo coinvolgimento nelle rapine eseguite dal gruppo malavitoso ...".

La regola di cui all'articolo 192 c.p.p., comm1 3 e 4, e' richiamata dall'articolo 273 c.p.p., comma 1 bis, in tema di condizioni generali di applicabilita' di una misura cautelare personale, ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza che la legittimano;

essa, invece, non e' evocata dall'articolo 192 c.p.p., comma 3.

Peraltro, ed in ogni caso, il ricorrente mostra di ritenere che per la attivazione di operazioni captative sia necessaria la sussistenza di elementi indiziari di colpevolezza riguardo al soggetto nei confronti del quale quelle attivita' siano poste in essere; ma la norma (articolo 267 c.p.p., comma 1) richiede la sussistenza di indizi di reato, non di reita': essi attengono alla esistenza dell'illecito penale, non alla colpevolezza di un determinato soggetto (Sez. 4, 17 ottobre 2006, n. 42017; Sez. 4, 16 novembre 2005, n. 1848/2006; Sez. 1, 3 dicembre 2003, n. 16779/2004).

11.0. Egualmente infondato e' il quarto motivo di doglianza (sub d), supra).

Il provvedimento impugnato, difatti, ha correttamente richiamato i parametri di riferimento valutativi del reato associativo ed in riferimento a questi ha coerentemente ritenuto la sussistenza del grave quadro indiziario, evidenziando le "emergenze investigative" che "pongono in luce l'esistenza di un accordo tra piu' soggetti (fra cui anche La. Co. Da. ) diretto all'attuazione di un continuativo programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti e, dunque, lo svolgimento di una continuativa attivita' illecita perpetrata su basi organizzate".

Assumendo il ricorrente che l'ordinanza coercitiva sarebbe stata annullata nei confronti del L. , e' dirimente considerare che tanto costituisce solo labiale assunto, non essendo stato prodotto alcun atto dal quale evincersi la effettiva sussistenza della circostanza allegata e, con essa, i termini della addotta effettuata delibazione e la loro possibile incidenza riguardo alla complessiva situazione processuale dell'attuale ricorrente, come compiutamente rappresentata e delineata nel provvedimento impugnato, atteso che gli elementi apprezzati vanno anche oltre la mera contestazione della circostanza che egli prendeva ordini dal L. .

La gravata ordinanza, in definitiva, si sottrae allo stato, anche in parte qua, a rinvenibili vizi di illogicita', che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioe' coglibile immediatamente, ictu oculi.

12.0. Privo di consistenza e' anche il quinto motivo di censura (sub e), supra).

L'assunto che "la disponibilita' del telefonino cellulare ben poteva averla altra persona ..." e', ancora una volta, mera labiale deduzione espressa solo in termini di astratta, ipotetica possibilita', non certo di congrua, effettiva probabilita', per la quale il ricorrente omette qualsivoglia allegazione specifica.

E lo stesso e' da dirsi sulla circostanza relativa alla certezza che il veicolo del ricorrente venisse da lui condotto.

Il fatto, poi, che egli fosse detenuto nel periodo indicato, secondo la allegazione al riguardo prospettata, non esclude affatto, di per se', la contestata partecipazione all'associazione criminosa.

13.0. Anche il sesto motivo di ricorso (sub f), supra) e' infondato.

Il provvedimento impugnato, difatti, ha riportato il contenuto di una conversazione intervenuta tra Sp.Ga. e Ma. Fr. e, con giudizio che si sottrae a rinvenibile vizio di illogicita', ha coerentemente ritenuto che indiziariamente emerge dal predetto dialogo che La. Co. Da. (detto "(OMESSO)) concorse con Sp.Ga. (quanto meno sul piano della compartecipazione morale) all'uccisione di un cane attraverso l'utilizzazione di un'arma da fuoco.

14.0. Il settimo motivo di gravame (sub g), supra) e', ancora una volta, pur esso infondato.

Correttamente, difatti, i giudici del merito hanno rilevato che "la localizzazione mediante il sistema di rilevamento satellitare (ed. GPS) degli spostamenti di una persona nei cui confronti siano in corso indagini costituisce una forma di pedinamento non assimilabile all'attivita' d'intercettazione di conversazioni o comunicazioni, per la quale non e' necessaria alcuna autorizzazione preventiva".

Tale affermazione non e' affatto "a dir poco scioccante", come vuole il ricorrente, ma del tutto corretta e tale principio e' stato reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 6, 11 dicembre 2007, n. 15396/2008; Sez. 4, 28 novembre 2007, n. 3017/2008; Sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 8871; Sez. 5, 7 maggio 2004, n. 24715; Sez. 5, 27 febbraio 2002, n. 16130).

15.0. Palesemente infondato, infine, e' l'ottavo profilo di doglianza (sub h), supra).

Quanto, difatti, alla sussistenza delle ravvisate esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura imposta, i giudici del merito hanno puntualmente e del tutto coerentemente motivato, evocando le "modalita' e circostanze dei fatti", concretizzatesi nella "perpetrazione di una serie di rapine presso istituti bancari od uffici postali", a conferma della "sua propensione al crimine, dai cui proventi trae, in via esclusiva, i mezzi per vivere"; il "contesto associativo in cui sono stati commessi i delitti"; la "sua pessima indole"; l'applicazione nei suoi confronti (e di altro coindagato) di altra misura della custodia cautelare in carcere "per i delitti di concorso in furto aggravato di un'autovettura, in rapina aggravata e in detenzione e porto illegale di un'arma da sparo"; la circostanza che egli "e' pregiudicato per analoghi delitti (rapina a mano armata e furto commessi ... nel 2004) e che, ad onta del beneficio indulgenziale ex articolo 163 c.p. concessogli in occasione di quella condanna, ha ostinatamente proseguito nell'attivita' delinquenziale": del tutto logicamente consequenziale e' l'espresso divisamento, che "la sua indole incoercibilmente refrattaria al rispetto della legge si pone in termini antitetici al contenuto tipico di misure meno afflittive", donde "l'assoluta inadeguatezza ai fini preventivi della misura gradualmente meno afflittiva degli arresti domiciliari".

16.0. Il provvedimento impugnato va, dunque, annullato, per i motivi suesposti, con rinvio al Tribunale di Bari, per nuovo esame.

Deve, altresi', disporsi che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell'istituto penitenziario competente perche' provveda a quanto stabilito dall'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

La Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.

Si comunichi ai sensi dell'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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