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Si configura il reato di truffa, mediante la falsa timbratura del cartellino, solo se il danno subito dal datore di lavoro è economicamente apprezzabile

Correttamente viene esclusa la truffa punibile nella condotta del pubblico dipendente che pur utilizzi in maniera impropria la scheda magnetica rivelatrice dell'attività prestata (cosiddetta badge) (nella specie, inserendola nell'apposita apparecchiatura in entrata e in uscita in luogo diverso da quello in cui prestava la propria attività lavorativa) allorquando non ne sia derivato un danno economico apprezzabile. (Fonte: Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2012, 11, pg. 73)

Corte di Cassazione, Sezione 6 penale, Sentenza 10 gennaio 2012, n. 212



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio Presidente del 19/12/2 -

Dott. GRAMENDOLA Francesco P. rel. Consigliere SENTE -

Dott. IPPOLITO Francesco Consigliere N. 2 -

Dott. CONTI Giovanni Consigliere REGISTRO GENER -

Dott. CALVANESE Ersilia Consigliere N. 44676/2 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) AZIENDA SANITARIA LOCALE TO (OMESSO) REGIONE PIEMONTE (GIA' ASL (OMESSO));

2) (OMESSO) N. IL (OMESSO) C/;

avverso la sentenza n. 1357/2006 GIP TRIBUNALE di TORINO, del 28/06/2011;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA;

sentite le conclusioni del PG Dott. Vincenzo Geraci, per il rigetto del ricorso.

Osserva in:

FATTO E DIRITTO

Con sentenza in data 28/6/2011 il G.U.P. del Tribunale di Torino, decidendo a seguito di rinvio della Corte di Cassazione per annullamento delle precedente sentenza dello stesso Ufficio di improcedibilita' dell'azione penale ex articolo 425 c.p.p., dichiarava non luogo a procedere, perche' il fatto non sussiste nei confronti di (OMESSO) in ordine al reato di cui all'articolo 81 cpv - articolo 640 c.p., comma 1 e 2, n. 1, perche' il fatto non costituisce reato.

Si contestava all'imputata nella sua qualita' di collaboratore amministrativo professionale in servizio presso l'Ufficio Legale dell'Ospedale (OMESSO) di essersi procurata ingiusto profitto ai danni dell'ASL n. (OMESSO), effettuando in trenta episodi distinti nel periodo compreso tra il (OMESSO) e il (OMESSO) l'inserimento nell'apposita apparecchiatura della scheda magnetica, rivelatrice dell'attivita' prestata (c.d. badge) in entrata e in uscita in luogo diverso da quello in cui prestava la propria attivita' lavorativa. Riteneva il G.I.P. che per i primi quattro episodi fosse decorso il termine di prescrizione, mentre per i restanti ventisei mancasse il requisito della apprezzabilita' economica del danno, richiamando sul punto la stessa giurisprudenza di legittimita' a mente della quale integra il reato di truffa la condotta del pubblico ufficiale, che si allontani senza far risultare mediante timbratura del cartellino e della scheda magnetica i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili.

Contro tale decisione ricorre il difensore della parte civile A.S.L. n. (OMESSO) della Regione Piemonte, che a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi.

Con il primo motivo denuncia l'erronea applicazione della legge penale in riferimento all'articolo 640 c.p. e il vizio di motivazione e censura l'errore del giudice nella valutazione del danno cagionato all'ente pubblico, che non poteva esaurirsi nella apprezzabilita' economica dei brevissimi periodi di assenza dell'imputata, singolarmente considerati, ma comprendeva il vantaggio economico, correlato alla percezione dello stipendio ordinario per le ore rientranti nel periodo contrattuale, nel vantaggio economico connesso alle ore di straordinario risultanti, dalle bollature "allegre", nel vantaggio economico derivante dalla cura dei propri interessi personali, il cui valore, non quantificabile emergeva con tutta evidenza. Con il secondo motivo eccepisce la violazione della legge processuale in riferimento all'articolo 627 c.p.p., comma 3 e il vizio di motivazione, osservando che il G.I.P. si era limitato a prendere atto della circostanza che il termine di prescrizione di alcuni episodi fosse gia' spirato, e che per tutti gli altri fosse prossimo a scadere e procedere all'analisi della sussistenza di eventuali cause di non punibilita' ex articolo 129 c.p.p., comma 2, disattendendo il dictum della Suprema Corte in ordine alla sussistenza del reato di truffa sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo e soprattutto non era entrato in alcun modo nel merito della vicenda e nella valutazione delle emergenze processuali.

Il ricorso non ha fondamento.

Ricorda il collegio che la critica della scelta legislativa del ricorso per cassazione come unico strumento impugnatorio della sentenza di non luogo a procedere emerge soprattutto laddove, come nella specie, oggetto di censura sia l'apparato argomentativo della decisione per i profili della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).

E' infatti palese la differenza di scala tra la regola del giudizio, dettata per l'epilogo decisorio della sentenza di non luogo a procedere, che prescrive valutazioni prognostiche di sostenibilita' dell'accusa in giudizio sulla base degli acquisiti elementi investigativi e probatori, percio' stesso, intrise di "fatto" e di "merito", e le caratteristiche del ricorso per cassazione, attesa la inadeguatezza del mero scrutinio di legittimita' della decisione impugnata rispetto ai punti oggetto di critica da parte del ricorrente.

D'Altra parte l'eliminazione del potere di appello neppure puo' ritenersi compensata dall'ampliamento dei motivi di ricorso per cassazione, parallelamente operato dalla citata Legge n. 46 del 2006, articolo 8, mediante la modifica dell'articolo 606 c.p.p., lettera d) ed e), perche', "quale che sia l'effettiva portata dei nuovi e piu' ampi motivi di ricorso il rimedio non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito dell'appello" (corte Cost. n. 26/2007).

Cio' posto e considerato che nel caso in esame il G.I.P. ha dato conto, con puntuale e adeguato apparato argomentativo, cui si e' fatto cenno, delle ragioni del giudizio negativo sulla sussistenza di significative probabilita' di successo dell'ipotesi accusatoria nel giudizio dibattimentale, adeguandosi alla direttiva e al principio di diritto enunciato della Corte di Cassazione nella sentenza di rinvio, enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, la motivazione non appare sindacabile in sede di controllo di legittimita' della sentenza impugnata, soprattutto quando il ricorrente si limita sostanzialmente a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio.

Il ricorso della parte civile deve essere pertanto rigettati con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

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