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Sussiste l’esimente della provocazione, dovuta allo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui

La causa di non punibilità della provocazione, prevista nei delitti contro l'onore, dovuta allo stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui, è ravvisabile ogniqualvolta il soggetto attivo ponga in essere la condotta astrattamente offensiva mosso da uno stato d'animo direttamente riconducibile al fatto altrui che, sebbene non illecito o illegittimo, si delinei quale atteggiamento contrario al vivere civile. Ciò che può ravvisarsi in presenza di condizioni umilianti e limitative imposte al soggetto, durante l'assolvimento del suo dovere paterno di visita alla figlia minore affidata alla madre, quali quelle sostanziantesi nell'imporgli la costante presenza nella stanza della madre della bambina o di altro familiare ovvero la registrazione dei colloqui: tali condizioni risolvendosi in un sostanziale impedimento della costruzione di un rapporto padre/figlia fondato sulla genuinità e sulla conoscenza reciproca. (Corte di Cassazione Sezione 5 Penale, Sentenza del 21 ottobre 2008, n. 39411)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NARDI Domenico - Presidente

Dott. ROTELLA Mario - Consigliere

Dott. OLDI Paolo - Consigliere

Dott. PALLA Stefano - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GA. LU., N. IL (OMESSO);

contro

PI. FR. RA., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 21/11/2007 TRIBUNALE di MONTEPULCIANO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. DIDONE ANTONIO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Mura Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito, per la parte civile, l'avv. Gozzi Riccardo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 21.11.2007 il Tribunale di Montepulciano, in riforma della sentenza del G.d.p. della stessa citta', appellata dall'imputato, ha dichiarato Pi. Fr. Ra. Gi. non punibile ai sensi dell'articolo 599 c.p., comma 2 in ordine al reato di ingiuria commesso in danno di Ga. Lu., costituitasi parte civile.

Contro la sentenza di appello la parte civile ha proposto ricorso per cassazione denunciando vizio di motivazione in ordine alla ritenuta esimente della provocazione e l'erronea applicazione dell'articolo 599 c.p., comma 2.

A sostegno del primo motivo la ricorrente deduce che la motivazione della sentenza impugnata e' incompleta perche' non tiene conto dei documenti acquisiti dal G.d.p. e, in particolare, del decreto in data 11.2.2003 con il quale il Tribunale per i minorenni aveva disciplinato le modalita' di visita del Pi. alla figlia in tenera eta' avuta con la querelante ne' della circostanza che il giorno del commesso reato l'imputato si era recato a far visita alla figlia portando con se' sostanza stupefacente nascosta in un pacchetto di sigarette, come risulta dalla deposizione resa dal Carabiniere intervenuto su richiesta della famiglia Ga.. Comportamento, quest'ultimo (seguito da altri analoghi) che ben giustificava le apprensioni della querelante, tanto che successivamente il Tribunale per i minorenni aveva disposto che le visite avvenissero "alla costante presenza di un operatore" del servizio sociale. Manca il requisito dell'ingiustizia della condotta tenuta dalla persona offesa la quale aveva ottemperato a provvedimenti dell'A.G..

A sostegno del secondo motivo la ricorrente deduce che mancano i requisiti dell'esimente costituiti dall'ingiustizia del fatto altrui e dall'essere la reazione posta in essere "subito dopo", avendo il primo giudice correttamente evidenziato che il fatto andava considerato come frutto di stratificazione di pregressi sentimenti rancorosi.

Osserva la Corte che il ricorso non merita accoglimento.

Invero, il primo motivo - la' dove non e' inammissibile perche' versato in fatto - e' infondato perche' il giudice del merito ha fornito adeguata giustificazione della decisione assunta. Ha osservato, tra l'altro, il Tribunale, che "nella circostanza in cui si e' svolta la condotta oggetto del presente procedimento, il Pi. si era recato presso l'abitazione che la Ga. condivide con i suoi genitori e la figlioletta, per espletare la visita alla minore in qualita' di genitore non affidatario in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di minori di Firenze che prescriveva che la bambina fosse visitata dal padre nel luogo di residenza della minore al fine di non allontanarla dal contesto di vita cui la bimba era abituata, tenuto conto della tenera eta'.

L'esasperato conflitto tra la Ga. ed il Pi. si incentrava sulla interpretazione del luogo di residenza indicato dal tribunale, con la conseguenza che per irremovibile volonta' della Ga. e dei di lei familiari, tali visite dovessero esclusivamente svolgersi all'interno della/ abitazione della bambina, alla costante presenza della madre ovvero di altro familiare coabitante".

La stessa querelante aveva ammesso che durante tali visite era sempre garantita la presenza di un altro familiare, al punto che se lei aveva necessita' di allontanarsi dalla stanza ove gli incontri dovevano avvenire e svolgersi, era "sostituita" dal padre o dalla madre.

Sennonche' il Pi. - consapevole del funzionamento dell'impianto di registrazione - aveva piu' volte chiesto che fosse spento ottenendo sempre risposta negativa da parte dei Ga..

Talche' il Tribunale - con accertamento in fatto sorretto da logica e congrua motivazione - ha ritenuto la sussistenza dell'esimente della provocazione, dovuta allo stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui, ravvisabile ogniqualvolta il soggetto ponga in essere la condotta astrattamente descritta dalla norma mosso da uno stato d'animo direttamente riconducibile al fatto altrui che, sebbene non illecito o illegittimo, si delinei quale atteggiamento contrario al vivere civile.

E, nella concreta fattispecie, "condizioni cosi' limitative ed umilianti imposte al Pi. per assolvere il suo dovere paterno certamente erano sofferte dallo stesso e vissute in modo tale da ingenerare nel medesimo uno stato d'ira che di volta in volta si rinnovava al rinnovarsi delle visite e delle imposizioni descritte".

Pertanto, a ragione il Tribunale ha ritenuto "piu' che ragionevole" concludere che le ingiurie proferite dall'imputato all'indirizzo della Ga. fossero frutto di tale stato d'animo e reazione alla situazione ingiusta ed umiliante nella quale egli veniva a trovarsi sempre durante le visite alla bambina. "Situazione che, peraltro, non poteva non impedire la costruzione di un rapporto padre figlia fondato sulla genuinita' e conoscenza reciproca". L'esattezza di tale conclusione, peraltro, e' conforme all'insegnamento per il quale la stessa regolamentazione del cd. "diritto di visita" del genitore non affidatario debba far conto del profilo per cui "un tal diritto si configuri esso stesso come uno strumento in forma affievolita o ridotta per l'esercizio del fondamentale diritto - dovere di entrambi i genitori, di mantenere, istruire ed educare i figli, il quale trova riconoscimento costituzionale nell'articolo 30 Cost., comma 1" (cfr. Cass. Civ., sent. n. 5714 del 2002).

Il secondo motivo e' infondato perche' la sentenza impugnata e' conforme all'insegnamento per il quale "sussiste la circostanza attenuante comune della provocazione (articolo 62 c.p., n. 2) anche quando la reazione iraconda non segua immediatamente il fatto ingiusto - a differenza di quel che richiede l'esimente di cui all'articolo 599 cod. pen. nel delitto di diffamazione - ma consegua ad un accumulo di rancore, per effetto di reiterati comportamenti ingiusti, esplodendo, anche a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante" (Sez. 5, Sentenza n. 12860 del 2005).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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