Annullabile, e non nulla, la delibera approvata con un numero insufficiente di condomini

In tema di condominio negli edifici, è annullabile, ma non affetta da nullità, la delibera con la quale un numero insufficiente di condomini adotti una modifica delle modalità di pagamento delle spese condominiali, qualora detto provvedimento non modifichi nella sostanza il piano di riparto delle spese stesse ma si limiti a determinarne le modalità di pagamento. Nella specie, era stato previsto che i pagamenti fossero convogliati su conto corrente bancario (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 11 maggio 2009, n. 10816).



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente

Dott. ODDO Massimo - rel. Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto l'1 ottobre 2004 da:

RI. Ca. - rappresentata e difesa in virtu' di procura in calce al ricorso dall'avv. LA PAGLIA Calogero ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via S. Godenzo, n. 59, presso l'avv. AIELLO Giuseppe;

- ricorrente -

contro

Condominio (OMESSO) - in persona dell'amministratore geom. SI. Gi. elettivamente domiciliato in Caltanissetta, alla via Lazio, n. 19, presso l'avv. CURATOLO Fausto;

- intimato -

avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta n. 527 del 10 agosto 2004 - non notificata. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell' 1 aprile 2009 dal Consigliere Dott. ODDO Massimo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Giudice di Pace di Caltanissetta, decidendo sull'opposizione proposta dai coniugi Pa.Mi. e Ri.Ca. avverso il decreto, con il quale il 13 dicembre 2000 aveva loro ingiunto il pagamento della somma di lire 3.315.018, oltre interessi legali, in favore del Condominio (OMESSO) sulla base della delibera di riparto delle spese per consumi in eccedenza di acqua comunicata dall' EA. nell'anno 1997, adottata dall'assemblea del condominio il 4 maggio 2000, con sentenza dell'8 ottobre 2002 revoco' il decreto nei confronti del Palermo e rigetto' l'opposizione della Ri. .

La decisione, appellata dal Palermo e dalla Ri. , venne confermata il 10 agosto 2004 nei confronti di quest'ultima dal Tribunale di Caltanissetta.

Premessi la novita' in appello della questione relativa alla validita' Delib. 2 giugno 1999, con la quale l'assemblea del condominio aveva nominato l'amministratore, e che il Condominio costituiva, in realta', una comunione volontaria su una condotta idrica e trovavano, quindi, applicazione le norme di cui agli articoli 1100 c.c. e segg., osservo' il Tribunale che: a) la delibera di ripartizione delle spese del 4 maggio 2000 era divenuta definitiva, perche' non tempestivamente impugnata; b) la quantificazione dell'eccedenza dei consumi di acqua era documentata dalla differenza tra la lettura del contatore dell'opponente nel (OMESSO) e quella del 1998 comunicata all'amministratore dal marito; c) erano prive di rilievo le ricevute esibite relative ai pagamenti dell'impegno minimo effettuati negli anni dal 1993 al 1998, essendo stata oggetto del riparto una eccedenza nel consumo di acqua comunicata successivamente.

La Ri. e' ricorsa con quattro motivi per la cassazione della sentenza ed il Condominio non ha resistito in giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullita' della sentenza impugnata, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli articoli 1105 e 1106 c.c., con riferimento agli articoli 26 e 27 del regolamento condominiale, e la violazione dell'articolo 1108, c.c, non avendo dichiarato la nullita' della Delib. 2 giugno 1999, con la quale l'assemblea del condominio aveva nominato l'amministratore, benche' la relativa questione fosse stata gia' sollevata nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado e la delibera fosse viziata dall'omessa convocazione dell'opponente e dalla sua adozione senza il numero legale di partecipanti e votanti.

Il motivo e' infondato.

Le comparse conclusionali, avendo soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni gia' proposte, non possono contenere domande o eccezioni nuove che comportino un ampliamento del thema decidendum (cfr. Cass. civ., sez. 3 , sent. 14 marzo 2006, n. 5478; Cass. civ., sez. 1 , sent. 7 aprile 2004).

Correttamente, quindi, il Tribunale ha rilevato la novita' della proposizione in appello della questione di nullita' della Delib. 2 giugno 1999, anche se a detta dell'opponente gia' sollevata nella comparsa conclusionale di primo grado, ed ha escluso la possibilita' del suo esame in ragione della sua conseguente inammissibilita'.

Con il secondo motivo, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli articoli 1105, 1106 e 1108 c.c., con riferimento all'articolo 26 del regolamento della comunione, e falsa applicazione degli articoli 1136 e 1137 c.c., non avendo dichiarato la nullita' della delibera del 4 maggio 2000, con la quale "modificando il riparto delle spese, un numero insufficiente di soci (e non, come previsto, l'unanimita' dei condomini), aveva stabilito che i pagamenti venissero convogliati sul conto corrente bancario".

In motivo e' infondato.

Sono qualificabili nulle soltanto le delibere dell'assemblea condominiale: a) prive degli elementi essenziali; b) aventi oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume); c) con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea; che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprieta' esclusiva di ognuno dei condomini; d) comunque invalide in relazione all'oggetto (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. 7 marzo 2005, n. 4806).

Vanno, invece, qualificate annullabili le delibere: a) con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea; b) adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; c) affette da vizi formali; d) in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea; e) genericamente affette da irregolarita' nel procedimento di convocazione; f) che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto. Ne consegue che, non comportando la delibera che "i pagamenti venissero convogliati sul conto corrente bancario", una modificazione del riparto delle spese, bensi' unicamente la previsione di una particolare modalita' del loro pagamento, la dedotta insufficienza alla sua approvazione del numero di condomini presenti nell'assemblea non costituiva un motivo di nullita' della delibera, ma di eventuale annullamento, che andava fatto valere nel termine di trenta giorni previsto dall'articolo 1109 c.c..

Con il terzo motivo, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo disconosciuto il dato essenziale che l'opponente era titolare dall'1 gennaio 1993 di una autonomo appresamento di acqua fornito di contatore e che nel 1999, al momento del distacco dell'opponente dall'impianto idrico comune, tale contatore, come riferito dal teste Be. , registrava un consumo inferiore ai mc. 600 e non di mc. 2640.

Il motivo e' inammissibile.

Il Tribunale ha rigettato l'opposizione al decreto ingiuntivo della ricorrente sul duplice rilievo della mancata (tempestiva) impugnazione della delibera di condominiale sulla base della quale l'ingiunzione era stata emessa e della infondatezza delle contestazioni rivolte alla delibera stessa.

La resistenza del primo rilievo al secondo motivo di ricorso formulato avverso di esso, comporta la carenza di interesse all'esame delle censure rivolte al secondo, atteso che l'autonomia delle due rationes decidendi e la sufficienza della prima a sorreggere la pronuncia, essendo l'ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso ex articolo 63 disp. att. c.c., ristretto alla sola verifica dell'esistenza ed efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo, esclude che l'eventuale fondatezza dell'ulteriore rilievo possa comportare la cassazione della sentenza.

E' appena il caso, quindi, di aggiungere che un vizio nel ragionamento del giudice, quale quello denunciato con il motivo, e' configurabile solo quando in esso sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione.

Nella specie tali condizioni non sono ravvisabili avendo il Tribunale dato adeguatamente e logicamente conto degli elementi utilizzati per la propria valutazione, affermando che il consumo di mc. 1822 di acqua, oggetto dell'addebito, risultava dalla differenza tra la lettura di mc. 638 effettuata nel 1992 e quella di me. 2640 comunicata nel 1998 all'amministratore del condominio dal marito dell'opponente e che non era attendibile la deposizione in senso contrario del teste escusso, in quanto, non essendo egli stato in grado di ricordare dove il contatore fosse collocato, non era "dato comprendere a quale contatore si riferisse".

Con il quarto motivo, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell'articolo 1460 c.c..

Deduce che, trovando applicazione anche nei rapporti tra condominio e condomini il principio generale inadimplenti non est adimplendum, l'opponente non era obbligata al pagamento di prestazioni non erogatele, sia perche' dimissionaria e sia perche' riferite a consumi di acqua indicati nel contatore di altre persone.

Il motivo e' infondato.

L'operativita' dell'eccezione di inadempimento nei rapporti tra condominio e condomini, affermata limitatamente al riparto di spesa per il servizio di riscaldamento (cfr. Cass. civ., sez. 2 , sent. 28 ottobre 1993, n. 10793), e' stata successivamente autorevolmente esclusa (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. 26 novembre 1996, n. 10492) e, in ogni caso, il richiamo all'applicabilita' di detto principio avrebbe presupposto la dimostrazione che non fosse stato erogato il servizio del quale era stata ripartita la spesa.

Laddove, come in specie, si verta in materia di servizio di erogazione idrica e la fruizione dell'acqua sia in concreto documentata dalla misurazione mediante un contatore dei consumi dell'utente, la controversia relativa alla quantita' di acqua consumata non attiene alla effettivita' del servizio erogato, ma al corrispettivo della prestazione ricevuta, rispetto al quale la delibera condominale di approvazione e riparto del consuntivo di spesa, se non impugnata, non puo' che assumere efficacia vincolante.

Il distacco dall'impianto nel 1999 (privo di rilievo rispetto a consumi computati sino al 1997), l'utilizzo nel computo del quantitativo dell'acqua di un dato relativo all'anno 1992, anziche' all'anno 1993 (peraltro piu' favorevole all'opponente) e l'addebito di consumi risultanti dal contatore di altre persone (questione del tutto nuova) erano, conseguentemente, circostanze che andavano fatte valere con la tempestiva impugnazione della delibera di riparto della spesa e non con l'opposizione al decreto ingiuntivo, attenendo alla legittimita' della prima e non alla fondatezza della pretesa azionata con il secondo.

Alla inammissibilita' od infondatezza dei motivi segue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.



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