Buongiorno, sono il proprietario di un appartamento in un condominio di Milano di cui sto effettuan...

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Quesito risolto:
Buongiorno,
sono il proprietario di un appartamento in un condominio di Milano di cui sto effettuando una ristrutturazione integrale. Il condominio è stato edificato alla fine degli anni --. L'appartamento è dotato di un terrazzo il cui parapetto misura -- cm di altezza e quindi non a norma con le attuali disposizioni (--- cm). Ho quindi fatto richiesta all'Amministratore di poter alzare l'altezza del parapetto, a mie spese, per renderlo conforme alle nuove norme e per dormire sonni tranquilli avendo io un bambino piccolo. L'Amministratore ha inserito la mia richiesta nell'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria. L'assemblea ha respinto con larga maggioranza la mia richiesta adducendo la motivazione che tale obbligo di legge sussiste solo in caso di lavori di straordinaria manutenzione dell'edificio e non del singolo appartamento o in caso di lavori di straordinaria manutenzione del manufatto. In pratica l'assemblea ha anteposto l'estetica della facciata alla sicurezza delle persone. Allego il parere richiesto dall'Amministratore a un suo consulente Geometra e il regolamento condominiale.
La mia domanda è semplice: posso avere qualche ragione per ottenere l'innalzamento del parapetto o ha ragione il Condominio che mi ha negato il permesso?
Cordiali saluti.

Inviato: 2626 giorni fa
Materia: Condominio
Pubblicato il: 29/06/2017

expert
Il Professionista ha risposto: 2622 giorni fa
In risposta al quesito proposto e sulla base dei dati disponibili può osservarsi quanto segue.
In primo luogo appare opportuno fare riferimento al concetto di decoro architettonico previsto dal nostro ordinamento e precisamente dal comma - dell'art. ---- c.c. che vieta, tre le altre, le innovazioni che alterino il decoro architettonico del fabbricato.
In generale, secondo la giurisprudenza di legittimità, per decoro architettonico del fabbricato deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia (Cass. - settembre ---- n. ----; Cass. - giugno ---- n. ----; Cass. -- ottobre ---- n. -----).
Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio (Cass. -- maggio ---- n. -----), o sulle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio (Cass. -- gennaio ---- n. ----; Cass. -- dicembre ---- n. -----).
Il decoro architettonico - allorché possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia - è un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare (Cass. -- agosto ---- n. -----).
A contrario, peraltro, in tema di condominio, si ritiene che non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino (Cass. -- febbraio ---- n. ----).
Nello stesso senso anche Cass. -- ottobre ---- n. -----, secondo cui nel condominio degli edifici, la lesività estetica dell'opera abusivamente compiuta da uno dei condomini - che costituisca l'unico contestato profilo di illegittimità dell'opera stessa - non può assumere rilievo in presenza di una già grave evidente compromissione del decoro architettonico dovuto a precedenti interventi sull'immobile).
In senso parzialmente diverso, si è ritenuto che “Ai fini della tutela prevista dall'art. ----, comma -, c.c. in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell'edificio condominiale, non rileva che il decoro architettonico dell'edificio sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità” (Cass. -- giugno ---- n. -----).
Il decoro architettonico, pertanto, attiene a tutto ciò che dell'edificio è visibile ed apprezzabile dall'esterno come le linee essenziali del fabbricato, la sua particolare struttura e fisionomia, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità.
Ne consegue che il proprietario della singola unità immobiliare non può mai, senza autorizzazione del condominio, esercitare un'autonoma facoltà di modificare quelle parti esterne, siano esse comuni o di proprietà individuale (come ad esempio, la tamponatura esterna di un balcone rientrante, il colore degli infissi) che incidano sul decoro architettonico dell'intero corpo di fabbrica o di parti significative di esso.
Alla stregua di detta considerazione, va rilevato che il decoro architettonico — allorché possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia — è un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare.
Sotto questo aspetto — una volta accertato che le modifiche non hanno una valenza ripristinatoria o migliorativa dell'originaria fisionomia — ma alterano quest'ultima sensibilmente, non ha alcuna rilevanza l'accertamento — del tutto — opinabile — del risultato estetico della modifica, che deve ritenersi non consentita quand'anche nel suo complesso possa apparire a taluno gradevole (Cass. Civ., sez. II, --.--.---- n. -----).
E' pacifico in giurisprudenza che l'indagine volta a stabilire se, in concreto, una innovazione determini o meno l'alterazione del decoro architettonico di un determinato fabbricato è demandata al giudice di merito, il cui apprezzamento si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato e non inficiato da errori di diritto (Cass. --.--.---- n. ----).
La lesione del decoro architettonico, dunque, deve essere valutata caso per caso, in ragione delle previsioni del Regolamento di condominio e l'unico organo deputato a valutarla è il Giudice del Tribunale competente.
Per esempio è stata considerata ineccepibile l'argomentazione secondo cui una tenda di grosse dimensioni di colore rosso arancio mal si inserisce in un fabbricato non moderno, avente una sua specifica linea architettonica e cromatica impostata sull'alternanza dei colori bianco e nero (Cass. Civ. --.--.---- n. ----).
Al contrario “Qualora alcuni condomini, nel procedere all'integrale ristrutturazione del proprio appartamento, abbiano installato nuovi infissi di una porta-finestra, di colore marroncino, mentre la maggioranza (ma non la totalità) degli infissi delle finestre ed aperture degli appartamenti dello stabile è di colore grigio chiaro (o beige), pur riconoscendo che esiste una qualche differenza fra il colore prescelto dai convenuti e quello dominante nell'edificio condominiale, tale comportamento non configura una difformità tale da integrare quell'"evidente contrasto con l'estetica del fabbricato" che il regolamento condominiale intenderebbe reprimere” (Tribunale Milano, --/--/----).
Questo un breve quadro della normativa applicabile al caso di specie che ci consente di rispondere ai quesiti posti con la richiesta di parere.
Riterrei che, oltre a quanto previsto dal citato quadro normativo e giurisprudenziale, la previsione nel regolamento condominiale circa l'obbligo dei condomini di non modificare l'architettura esterna e la simmetria del fabbricato e delle parti comuni della casa, rende ancora più complicata la possibilità di provvedere ad un innalzamento del parapetto, senza l'autorizzazione assembleare.
In ragione di tanto, si ritiene che, allo stato, in assenza della detta autorizzazione assembleare, non si potrebbe procedere con le modifiche previste.
Al fine di risolvere la questione si potrebbe cercare una soluzione alternativa attraverso l'installazione (preferibilmente all'interno del balcone) di piante o di struttura che innalzi l'altezza del parapetto senza la necessità di lavori che modifichino l'aspetto architettonico del prospetto.
Per altro verso, ove si voglia andare ad uno scontro con il condominio, si potrebbe procedere oltre con l'innalzamento di qualche centimetro del parapetto.
Sotto tale aspetto, il condominio dovrebbe intentare una causa al fine di chiedere la riduzione in pristino, dimostrando che, quell'innalzamento di -- cm, ha modificato le linee e la struttura dell'immobile ledendo il decoro architettonico dell'edifico.
Una differenza del genere, addirittura difficilmente visibile ad occhio nudo, dovrebbe essere ritenuta idonea (dall'eventuale tribunale adito) ad incidere sul decoro architettonico dell'intero corpo di fabbrica.
Si ritiene che una tesi del genere potrebbe essere ritenuta non fondatissima anche in ragione della seria possibilità di difendersi appropriatamente sul punto ritenendo non solo che tale modifica non incida sul decoro architettonico dell'immobile ma anche sostenendo la necessarietà degli interventi al fine di garantire un adeguato livello di sicurezza per come individuato dalle normative di settore.
Tale modifica potrebbe, pertanto, ritenersi non rilevante al fine della lesione del decoro della linea architettonica dell'edificio; valutazione, comunque, che spetterà esclusivamente al giudice.
Pertanto, riterrei che nel caso di specie, ove non voglia adeguarsi alle previsioni assembleari potrà procedere attraverso l'innalzamento del proprio parapetto.
Naturalmente il rischio dell'instaurazione di un giudizio da parte del condominio sarà grande, soprattutto in considerazione del negato consenso assembleare, ma come detto, anche il giudizio, potrebbe consentire una difesa efficace atteso che una differenza di qualche centimetro rispetto all'altezza di costruzione del parapetto, peraltro, al solo fine di adeguarlo alle normative di sicurezza, potrebbe essere riconosciuta dal giudice come non idonea all'alterazione del decoro architettonico dell'immobile o tale da provocare un effettivo pregiudizio estetico e quindi una svalutazione economica dell'intero complesso architettonico.
Naturalmente una soluzione del genere è sicuramente non consigliabile e dovrebbe essere l'estrema ratio ove non si riesca in nessun modo ad ottenere il consenso assembleare all'innalzamento del parapetto.
Resto a disposizione per ogni chiarimento e per quant'altro.

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Il Cliente ha chiesto un chiarimento: 2600 giorni fa
Gentile Avvocato Accettura,
nel ringraziarla per l'articolato parere da lei elaborato le chiedo i seguenti chiarimenti:
-) Dato il diniego dell'assemblea condominiale alla mia richiesta di innalzamento dell'altezza del parapetto, per adeguarlo a una norma di legge, nel caso accadesse una disgrazia (la colf che cade dal terrazzo/un mio ospite che cade) posso ritenermi esonerato da qualsiasi responsabilità sia in sede civile che penale?
-) Posso, di conseguenza, ritenere responsabile in sede civile e penale il Condominio o l'Amministratore o i singoli condomini che hanno votato contro la mia richiesta?
La ringrazio per l'attenzione.
Cordiali saluti.
 
Il Professionista ha risposto: 2600 giorni fa
Riterrei che già la delibera assembleare conferma la volontà di mettere a norma ed in sicurezza il parapetto secondo le normative vigenti in tema di sicurezza privata e pubblica, tale cosa potrebbe essere eventualmente ribadita, anche a mezzo racc. a.r., avvertendo che in ipotesi di sinistri per tali motivazioni riterrai responsabile l'assemblea e l'amminsitratore in sede giudiziaria.
Sotto tale aspetto, peraltro, occorre rilevare che la normativa di cui si tratta non può che valere per quanto realizzato successivamente all'emanazione e, pertanto, non esistendo alcun obbligo di adeguamento, in quanto non specificamente previsto dalla normativa stessa, si è sicuramente privi di alcuna responsabilità in quanto in regola con le previsioni normative.

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