E' legittima l'apertura nel muro comune dell'edificio di nuove porte o finestre o ingrandire e trasformare quelle esistenti se queste opere non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio

In tema di condominio negli edifici, il condomino può aprire nel muro comune dell'edificio nuove porte o finestre o ingrandire e trasformare quelle esistenti, se queste opere, di per sé non incidenti sulla destinazione della cosa, non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio. Quest'ultimo integra l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di un fabbricato di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, una innovazione determini una alterazione di siffatto decoro è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità se congruamente motivato. (Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza del 16 dicembre 2004, n. 23459)



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Cond Corso Am. Sa. 182 Na., in persona Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Ro. Piazza Ca., presso la Corte di Cassazione, difeso dall'avvocato Vi. Ro., giusta delega in atti;

ricorrente

contro

Lu. To., elettivamente domiciliata in Ro. Via Ca. De Lu. 22, presso lo studio dell'avvocato Fr. Ro., difesa dall'avvocato Pa. Ca. giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2164/01 della Corte d'Appello di Napoli, depositata il 13/07/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/04 dal Consigliere Relatore Dott. Alfredo Mensitieri;

udito l'Avvocato Pa. Ca., difensore del resistente che ha chiesto rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Eduardo Vittorio Scardaccione che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo: rigetto nel resto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 25 agosto 1999, accogliendo parzialmente la domanda del Condominio nello stabile di quella città al Corso Am. di Sa. n. 182, condannava Lu. To., proprietaria dell'appartamento alla scala 12, piano quinto, interno 143, a ripristinare per ogni verso lo stato dei luoghi relativamente a finestra nella facciata posteriore dell'edificio, da lei trasformata in balcone, e a due finestre in quella principale, delle quali aveva modificato l'altezza del lume.

Ciò nella premessa che le innovazioni in parola ledessero il decoro estetico della fabbrica.

Rigettava quel giudice la domanda di ripristino di muri interni all'unità immobiliare di Lu. To. e di confine tra questa e cose comuni al Condominio, in difetto di accertato pregiudizio alla sicurezza statica dell'edificio.

Proposti gravami, principale da Lu. To. e, incidentale, dal Condominio, la Corte d'appello di Napoli rigettava l'impugnazione incidentale e, in accoglimento di quella principale, rigettava la domanda del Condominio, che condannava alle spese del doppio grado.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il Condominio sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso Lu. To., che ha anche depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1122 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Osserva il ricorrente che la Corte partenopea, se da un lato ha riconosciuto che il fabbricato ha notevole pregio architettonico e che le modifiche hanno interessato sia la facciata principale che il profilo opposto, dall'altro e contraddittoriamente, in totale assenza di un articolato impianto argomentativo, ha capovolto il giudizio evidenziando solo che l'intervento è stato di modesta entità.

Ad avviso del Condominio il fatto che le modifiche realizzate interessino solo l'ultimo piano e siano di non macroscopica evidenza, nulla toglie alla violazione del decoro architettonico che va salvaguardato nella sua integrità e non certamente sotto il profilo della sua maggiore o minore violazione.

Inoltre, posto che Lu. To. ha realizzato il balcone in sostituzione di un'originaria finestra e che tale opera è stata eseguita su di un muro perimetrale, ne discenderebbe "de plano" la conseguenza che l'opera stessa viola il coordinato disposto degli artt. 1117 e 1122 cc.

Con il secondo motivo si deduce, sempre in riferimento all'art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1120, 1122 e 1138 cc, della L. n. 64/74 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Contesta il ricorrente l'affermazione della Corte del merito secondo cui la realizzazione delle nicchie, con il conseguente assottigliamento dei muri, non interessi direttamente strutture portanti.

Le doglianze non possono essere accolte.

Premesso che, come descritto compiutamente soprattutto nelle fotografie allegate alla C.T.U. ai n.ri 7, 8 e 9, l'attuale resistente aveva modificato l'altezza della luce di due finestre del suo appartamento, abbassandola, nonché dimensioni e forme delle relative ringhiere, ha osservato la Corte del merito che per il modestissimo rilievo geometrico e formale dell'innovazione, assai scarsamente apprezzabile per essere stata realizzata all'ultimo piano della fabbrica, non sussisteva lesione giuridicamente azionabile del decoro estetico di essa.

Invero, pur se la modificazione investiva il prospetto principale di un edificio di singolare e rimarchevole fattura architettonica, l'equilibrio estetico della facciata, caratteristico nelle dimensioni, allineamenti ed ornato delle luci, era assolutamente conservato a seguito delle innovazioni oggetto di lite.

In particolare le fotografie in allegato alla C.T.U. (le n.ro 1 e 2) mostravano come alla distanza dell'osservatore che dall'area di ingresso del fabbricato levasse lo sguardo verso l'ultimo livello dell'edificio, esse non erano percepibili, ove l'attenzione di lui non fosse richiamata in proposito e, comunque, non determinassero disarmonia negativamente apprezzata intuitivamente.

Quanto, poi, alla costruzione, sul prospetto posteriore dell'edificio, in luogo di una finestra, di uno sporto di circa mt. 1.12x2.37, dotato di ringhiera (fotografie n.ri 11, 12, 14), premesso che, come accertato dalla C.T.U., l'edificio era ivi sul confine di proprietà altrui e che pertanto, il balconcino così voluto non aggettava su area o spazio né occupava pretesa "colonna d'aria" del Condominio, ma sovrastava suolo di terzi, sicché sul punto difettava di legittimazione il Condominio medesimo, in ipotesi, riteneva la Corte partenopea che l'opera, posta all'ultimo piano dello stabile, non visibile dalla via pubblica né da spazi scoperti condominiali di accesso alla fabbrica, ma solo da pertinenze ed accessori di privata proprietà altrui, per le sue modeste dimensioni non appariva apprezzabilmente lesiva del decoro estetico dell'edificio.

Quanto, ancora, alle modificazioni apportate da Lu. To. ai muri interessanti la di lei unità immobiliare, mercé la realizzazione di "nicchie" o vani" con diminuzione, "assottigliamento" del loro spessore, in discussione nella vertenza in discorso solo sotto il profilo del temuto pregiudizio della sicurezza statica dell'edificio, ha sottolineato il giudice d'appello l'infondatezza per assoluta genericità delle doglianze proposte dall'attuale ricorrente nel gravame di merito, basate su considerazioni non pertinenti, quali il voluto difetto di autorizzazioni amministrative o del Condominio medesimo e la mancanza di preliminari verifiche della sicurezza statica dell'edificio, a fronte della presenza di rilievi tecnici dell'ausiliare concernenti l'ubicazione dei muri manomessi, la funzione di questi nella struttura dell'immobile e le loro dimensioni.

Infondatezza del gravame di merito involgente anche la dedotta violazione delle disposizioni per la prevenzione del rischio sismico, allegata solo relativamente a quelle formali interessanti il rapporto del costruttore con l'amministrazione o la necessità di quella preliminare verifica, in questa sede non azionabili, ma non riferite a quelle da osservarsi, anche con effetti reali, nei rapporti tra i proprietari.

Ciò anche con riguardo alla costruzione dello sporto sul prospetto posteriore dell'edificio relativamente al quale mancava assolutamente ogni prova di pregiudizio alla statica dell'edificio, tacendo sul punto la C.T.U., mentre lo stesso Condominio, che neppure in sede di appello invocava ulteriori accertamenti tecnici, si limitava agli stessi già confutati rilievi con riferimento a consulenza di parte che meramente aveva manifestato "dubbi" solo congetturali sulla correttezza tecnica della nuova costruzione, costituente comunque uso lecito della cosa comune.

Ebbene, come ognun vede, tali considerazioni, sorrette da motivazione congrua, immune da vizi logici e da errori giuridici e pertanto incensurabile nell'attuale sede, appaiono conformi alla consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo cui il condomino può aprire nel muro comune dell'edificio nuove porte o finestre o ingrandire e trasformare quelle esistenti, se queste opere, di per se non incidenti sulla destinazione della cosa, non pregiudichino, come nel caso di specie, la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio (Cass. n. 4996/94, n. 42/2000), quest'ultimo inteso come l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia senza che occorra che si tratti di un fabbricato di particolare pregio artistico (Cass. n. 10507/94), mentre è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità se, come nella specie, congruamente motivato, l'indagine volta a stabilire se in concreto un'innovazione determini o meno alterazione di siffatto decoro (Cass. n. 6496/95).

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto, con la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Lu. To., delle spese del presente giudizio, che liquida in € 100,00, oltre ad € 2.000,00 per onorari, con gli accessori di legge.

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