Casa:
L'edilizia residenziale pubblica
I piani di zona per l'edilizia economica e popolare: formazione e approvazione.
I primi interventi risalgono all’inizio del secolo e sfociano nel T.U. 28 aprile 1938, n. 1165, che rappresenta per molti anni la normativa base della materia.
Si trattava di una normativa di settore, non coordinata con quella urbanistica.
La legge n. 167 del 1962 collega il regime delle incentivazioni con la disciplina urbanistica. Lo strumento all’uopo previsto è il piano di zona per l’edilizia economica e popolare.
Ma il riordino complessivo della materia avverrà negli anni ’70: per effetto della legge n. 865\1971 sulla casa, della legge n. 457\1978 e di altri testi legislativi.
I piani di zona per l’edilizia economica e popolare
I piani di zona per l’edilizia economica e popolare assolvono fondamentalmente a due funzioni: inquadrare gli interventi di edilizia residenziale pubblica in un razionale disegno urbanistico; dare ai Comuni la possibilità di acquistare attraverso l’esproprio aree da destinare alla costruzione di alloggi popolari e alla realizzazione dei relativi servizi.
Proprio per tali ragioni, la legge prescrive che le aree da comprendere nei suddetti piani debbono essere scelte nelle zone destinate dagli strumenti urbanistici generali ad edilizia residenziale con preferenza nelle zone C, aggiungendo che, qualora ciò non sia possibile, si provvede a mezzo di modifiche ai piani regolatori stessi. In tal caso, i piani di zona costituiscono vere e proprie varianti al piano regolatore (art. 3 legge n. 167\1962).
Nell’ipotesi in cui il Comune sia sprovvisto di piano regolatore le zone riservate all’edilizia economica e popolare possono essere comprese o in un programma di fabbricazione o in un piano regolatore soltanto adottato purchè trasmesso ai competenti organi per l’approvazione.
La delibera consiliare ex art. 51 legge n. 865 del 1971
Nei Comuni ancora sprovvisti di piani di zona i programmi pubblici di edilizia abitativa possono essere localizzati, in virtù dell’art. 51 della legge n. 865 del 1971, con una semplice delibera del Consiglio comunale equiparata al piano di zona nell’ambito delle zone residenziali dei piani regolatori o programmi di fabbricazione, sempre che questi risultino approvati o per lo meno adottati e trasmessi per le approvazioni di legge.
I programmi di edilizia agevolata possono essere localizzati, oltre che nell’ambito dei piani di zona, anche su aree esterne a detti piani e alle perimetrazioni ex art. 51 della legge n. 865 del 1971. In questo caso i relativi interventi vanno convenzionati secondo criteri definiti dal CER (Comitato per l’edilizia residenziale) e recepiti dalle Regioni nelle controversie di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977, relative a zone destinate dallo strumento urbanistico vigente all’edificazione a carattere residenziale (art. 22, comma 2, della legge n. 179 del 1992).
Formazione e approvazione dei piani di zona
Il procedimento di formazione del piano di zona si esplica nelle fasi della compilazione, adozione, approvazione, pubblicazione. E’ previsto il deposito del piano adottato nella segreteria comunale per la durata di 10 giorni, del quale deve essere data notizia al pubblico mediante avviso all’albo del Comune e inserzione nel foglio degli annunzi legali della provincia, nonché mediante manifesti. L’approvazione del piano, precedentemente ad opera della Regione, compete oggi allo stesso Comune (legge n. 47\1985), tranne nel caso in cui il piano di zona non costituisca variante allo strumento urbanistico generale.
Attuazione dei piani di zona
L’approvazione del piano, oltre a comportare la dichiarazione di pubblica utilità ope legis di tutte le opere, impianti ed edifici in esso previsti, equivale a dichiarazione di indifferibilità e di urgenza (art. 9, comma 3, legge n. 167\1962).
L’efficacia del piano è fissata in diciotto anni dalla data del decreto di approvazione, prorogabile di altri due anni per giustificati motivi e su domanda del Comune. L’art. 38 della legge n. 865 del 1971 accentra nell’organo comunale deliberante il controllo della fase esecutiva della pianificazione zonale, prevedendo che l’attuazione dei piani di zona avvenga a mezzo di appositi programmi pluriennali di attuazione approvati con deliberazione del Consiglio comunale, entro sei mesi dall’approvazione degli anzidetti piani.
I programmi di attuazione debbono indicare: a) l’estensione delle aree di cui si prevede l’utilizzazione e la correlativa urbanizzazione; b) la individuazione delle aree da cedere in proprietà e di quelle da concedere in superficie, entro i limiti stabiliti dall’art. 35 della legge n. 865 del 1971, qualora alla stessa non si provveda per l’intero piano di zona; c) la spesa prevista per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e delle opere di carattere generale; d) i mezzi finanziari con i quali il Comune o il consorzio intendono far fronte alla spese di cui alla precedente lettera c).
I programmi suddetti, avendo la funzione di stabilire quali aree debbono essere espropriate in un determinato arco di tempo, costituiscono presupposto indispensabile per l’espropriazione.
A norma dell’art. 35 della legge n. 865 tutte quante le aree comprese nei piani di zona devono essere espropriate dai Comuni o dai loro consorzi, per essere poi cedute ai soggetti beneficiari.