La pianificazione urbanistica

Come si presenta il sistemma alla luce della legge del 17 agosto 1942, n. 1150 Legge urbanistica.

La pianificazione urbanistica – assieme a quella della bonifica e del credito - costituisce storicamente uno dei primi esempi di pianificazione del nostro ordinamento. Rimane probabilmente la più importante non solo per il suo carattere globale, ma anche perché non si esaurisce in un insieme di indicazioni generiche sprovviste di forza cogente, ma si atteggia come una vera e propria pianificazione coercitiva, sia per i soggetti pubblici che privati.
Secondo la legge del 17 agosto 1942, n. 1150 c.d. <<legge urbanistica>> il sistema si presenta nel seguente modo:

  1. al livello più alto si trovano i piani territoriali di coordinamento
  2. al livello intermedio trovano posto i piani comunali (piano regolatore generale, programma di fabbricazione, piano intercomunale);
  3. alla base della piramide stanno, infine, i piani attuativi (piani particolareggiati).
Piani territoriali di coordinamento

Tale piano - di carattere facoltativo – ha avuto limitatissime applicazioni. Ha carattere sovracomunale, nel senso che, anzitutto, abbraccia il territorio di più Comuni e, in secondo luogo, le sue previsioni condizionano i contenuti dei singoli strumenti urbanistici comunali, in modo da orientare e coordinare gli insediamenti, secondo le esigenze economiche, tecniche e sociali considerate unitariamente e al di sopra del particolarismo comunale.
Le direttive del piano riguardano principalmente: a) le zone da riservare a speciali destinazioni (c.d. zonizzazione funzionale) e quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge (vincoli idrogeologici, paesistici, monumentali, ecc.); b) le località da scegliere come sede di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza (aeroporti, grandi complessi ospedalieri, ecc.); c) la rete delle principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, elettriche.
Poiché tale piano è uno strumento urbanistico di orientamento generale, le sue direttive non vincolano i privati, ma soltanto i comuni e le altre pubbliche amministrazioni.

Il piano regolatore generale

Esso deve anzitutto considerare la totalità del territorio comunale: sia nella parte urbana che extraurbana.
Sono parti essenziali del piano le seguenti:

  1. le localizzazioni: con cui determinate aree sono destinate a sede di opere o impianti pubblici e quindi ad una futura espropriazione;
  2. la zonizzazione: con cui è effettuata la divisione in <<zone>> del territorio comunale, con la precisazione di quelle destinate all’espansione urbana e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna di esse. I criteri fondamentali per l’individuazione delle singole <<zone>> sono stabiliti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 3519 che definisce appunto una mappa di zone-tipo: zona A centro storico; zona B zona di completamento; zona C di espansione ecc..
    La zonizzazione non riguarda soltanto la parte del territorio destinata ad usi residenziali, ma anche le aree ad utilizzazione produttiva (industriale, turistica, commerciale, agricola);
  3. ricognizione e tutela del patrimonio culturale e ambientale: il piano regolatore generale deve inoltre individuare le zone di interesse paesaggistico, nonché i complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici, con la previsione dei relativi vincoli;
  4. la ricognizione del patrimonio urbanistico edilizio da recuperare: l’art. 27 della legge n. 457\1987 stabilisce che attraverso il p.r.g. o successivamente mediante apposita delibera consiliare, devono individuarsi le zone ove per le condizioni di degrado, si rende opportuno, il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso;
  5. le norme per l’attuazione del piano: trattasi delle norme urbanistico-edilizie d’attuazione, rivolte a precisare i caratteri e le limitazioni di zona (indice di sfruttamento edilizio), nonché i vincoli attinenti alle particolari servitù e contenenti gli elementi atti ad integrare il regolamento edilizio comunale.
I piani particolareggiati

I piani particolareggiati costituiscono, assieme alle lottizzazioni, strumenti d’attuazione del piano regolatore generale. Dato il carattere essenzialmente esecutivo del paino particolareggiato, esso (di regola) non può contraddire la disciplina stabilita nel p.r.g., dovendo, invece, sviluppare con prescrizioni più dettagliate le direttive di massima contenute in questa ultimo.

A differenza del p.r.g. che ha durata illimitata, il piano particolareggiato deve essere attuato nel tempo massimo di dieci anni (art. 16, l.u.). Scaduto inutilmente tale termine, esso diviene inefficace nella parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano stesso.

L’effetto fondamentale del piano particolareggiato è il vincolo di espropriazione sui beni destinati a sede di impianti pubblici: l’approvazione del piano equivale, infatti, a dichiarazione di pubblica utilità delle opere nello stesso previste.

Le aree espropriabili sono anzitutto quelle destinate dal piano a sede di impianti pubblici comunali; in secondo luogo le aree inedificate e quelle su cui vi siano costruzioni in contrasto con la destinazione di zona o abbiano carattere provvisorio, a seguito dell’approvazione del p.r.g., per consentirne l’ordinata attuazione nelle zone di espansione.

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