I lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente, in zona sottoposta a vincolo, essere assentiti, anche, mediante il permesso di costruire

I lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente, in zona sottoposta a vincolo, riguardanti, nella specie, un vano destinato a bagno (per una superficie di mq. 2,80), quando comportino un aumento di volumetria, nonché modificazioni della sagoma e dei prospetti del fabbricato preesistente, devono essere assentiti, anche, mediante il permesso di costruire ai sensi dell'art. 10 del DPR n. 380/2001. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 9 marzo 2010, n. 9255.

Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 9 marzo 2010, n. 9255



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRASSI Aldo - Presidente

Dott. PETTI Ciro - Consigliere

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Avv. D'Ippolito Domenico, difensore di fiducia di Li. Ro. , n. a (OMESSO);

avverso la sentenza in data 12.3.2009 della Corte di Appello di Lecce, con la quale, a (OMESSO), in data 18.12.2007, venne condannata alla pena di mesi uno di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda, quale colpevole dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) del e al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, unificati sotto il vincolo della continuazione;

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;

Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore, Avv. Palma Stefano, in sostituzione dell'Avv. D'Ippolito, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Li. Ro. in ordine ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, a lei ascritti per avere eseguito, in zona sottoposta a vincolo, lavori di ampliamento di un fabbricato preesistente per una superficie di mq. 2,80 riguardanti un vano destinato a bagno, senza il permesso di costruire e senza l'autorizzazione della amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

La Li. aveva proceduto alla esecuzione dei lavori di cui alla contestazione previa presentazione di una DIA per l'esecuzione di interventi di ristrutturazione e di modifiche interne di un fabbricato preesistente.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva dedotto la illegittimita' del Decreto Ministeriale 18 maggio 1999, con il quale e' stato imposto il vincolo paesaggistico sul centro abitato del Comune di (OMESSO), per carenza di potere dello Stato in materia, nonche' l'ammissibilita' dell'intervento sulla base della DIA presentata.

Sul primo punto la sentenza ha osservato che, anche a seguito della delega di funzioni da parte dello Stato alle regioni in materia paesaggistica, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, permane un potere

concorrente dello Stato in ordine alla imposizione di vincoli e che, in ogni caso, la zona interessata dall'intervento edilizio risultava vincolata anche ai sensi del P.U.T.T. della Regione Puglia, che aveva individuato l'area in questione come "zona di notevole interesse pubblico".

Sul secondo punto la sentenza ha osservato che i lavori eseguiti, avendo comportato un aumento di volumetria, nonche' modificazioni della sagoma e dei prospetti del fabbricato preesistente, dovevano essere assentiti mediante il permesso di costruire ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 10.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputata, che la denuncia per violazione di legge.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico, articolato, mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 10, 34, 37, e 44, e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181.

In primo luogo la ricorrente ripropone l'eccezione di illegittimita' del Decreto Ministeriale 18 maggio 1999 con il quale il centro storico del Comune di (OMESSO) era stato dichiarato di notevole interesse pubblico ai sensi della Legge 29 giugno 1939, n. 1497.

Si osserva che ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, vigente alla data della emanazione del Decreto Ministeriale citato, erano state delegate alle regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici della Stato per la protezione delle bellezze naturali; che la norma attribuiva al Ministro per i beni culturali ed ambientali solo il potere di integrare gli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni o di emettere provvedimenti inibitori della esecuzione di lavori o la loro sospensione allorche' rechino pregiudizio a beni qualificabili come bellezze naturali, anche indipendentemente dalla inclusione negli elenchi; che secondo la corretta interpretazione della norma di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 359/85, a seguito della delega di funzioni e' residuato a favore dello Stato, in materia paesaggistica, solo un potere integrativo degli elenchi previsti dall'ente regionale ed inibitorio, con esclusione della possibilita' di esercitare funzioni

impositive del vincolo in via autonoma.

Sicche' il predetto Decreto Ministeriale risulta illegittimo per carenza di potere dell'amministrazione statale che lo ha emesso.

Si deduce, poi, che l'affermazione secondo la quale il vincolo paesaggistico risulterebbe in ogni caso esistente in base alla previsioni del P.U.T.T. della regione Puglia e' anche essa errata, non essendosi tenuto di quanto disposto dalle N.T.A..

Si osserva che l'articolo 5.02, comma 1, stabilisce espressamente che l'autorizzazione non deve essere

chiesta per i beni sottoposti a tutela dal Piano che ricadano nei territori costruiti di cui all'articolo 1.03;

che l'immobile oggetto dell'intervento edilizio e' sito nel centro storico di (OMESSO), la cui area e' tipizzata dallo strumento urbanistico vigente come zona omogenea A, e cioe' ricadente

nell'ambito dei "territori costruiti" di cui all'articolo 1.03, con la conseguente esclusione del vincolo previsto dal P.U.T.T..

Si deduce, infine, con riferimento al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, che il modesto ampliamento del fabbricato preesistente, che aveva interessato un vano destinato a stanza da bagno, senza che venisse modificata la sagoma o il prospetto dell'edificio, ovvero il carico urbanistico, poteva essere realizzato in base alla sola DIA e non richiedeva il rilascio del permesso di costruire.

Si osserva inoltre che, in ogni caso, considerata la scarsa consistenza dell'aumento volumetrico, la difformita' realizzata non puo' qualificarsi essenziale.

Il ricorso non e' fondato.

La sentenza impugnata ha correttamente affermato in punto di diritto che, anche a seguito della delega di funzioni da parte dello Stato alle regioni in materia paesaggistica, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, permane un potere concorrente dello Stato in ordine alla imposizione dei vincoli.

Invero la citata sentenza 21.12.1985 n. 359 della Corte Costituzionale ha espressamente affermato che il cit. Decreto del Presidente della Repubblica, articolo 82 deve essere interpretato, tenendo conto della disciplina costituzionale del paesaggio quale e' stabilita nell'articolo 9 Cost..

Questo erige il valore estetico-culturale riferito (anche) alla forma del territorio a valore primario dell'ordinamento, e correlativamente impegna tutte le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato e la Regione, a concorrere alla tutela e alla promozione di quel valore.

E' stato quindi precisato dal giudice delle leggi a proposito della delega di funzioni contenuta nella disposizione citata che la stessa e' "caratterizzata dalla conservazione allo Stato di poteri, che sono

difficilmente riducibili, secondo quanto si e' gia' accennato, ai normali poteri del delegante come definiti in via generale dalla l. n. 382 del 1975 (articoli 2 e 3) e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 (articolo 4, u.c.), ed anzi sono da ritenere - in considerazione della sostanziale identita' di oggetto e di contenuto che essi presentano rispetto ai poteri delegati e dell'inutilita' che la stessa specifica previsione da parte del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82 rivestirebbe nel caso di loro coincidenza con i normali poteri del delegante come sopra definiti - poteri concorrenti".

Ancor piu' chiaramente la successiva sentenza della Corte Costituzionale 27.6.1986 n. 153 ha affermato che "L'innegabile obbligatorieta' della formazione da parte della Regione degli strumenti urbanistici in funzione di tutela paesistica entro il termine fissato dalla legge - almeno per il territorio relativo alle zone protette ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, comma 5, aggiunto dal Decreto Legge n. 312 del 1985, articolo 1, quale sostituito dalla Legge n. 431 del 1985, articolo 1 - e la stessa sancita obbligatorieta' degli interventi statali previsti per la mancata formazione dei detti strumenti inducono la Corte a interpretare l'implicito e pur improprio riferimento, operato dall'articolo 1 bis, comma 2, suindicato, ai poteri sostitutivi previsti per le funzioni regionali delegate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 4 (oltre che ai poteri inibitori previsti dall'articolo 82 stesso decreto) in un senso pregnante E cioe' nel senso della attribuzione allo Stato (in aggiunta ai poteri inibitori connessi al vincolo paesistico) di poteri surrogatori comprensivi della adozione, in luogo della Regione rimasta inerte, sempre per il territorio come sopra considerato, di piani paesistici, con il contenuto previsto nella suindicata normativa che li riguarda, ovvero di altri interventi, anche questi limitati alla specifica considerazione e tutela dei valori paesistici ed ambientali".

Deve essere, quindi, affermato, in osservanza delle citate pronunce del giudice delle leggi, che, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 82, alla luce del disposto di cui all'articolo 9 Cost., comma 2, e, peraltro, ai sensi del cit. Decreto del Presidente della Repubblica, articolo 4, lo Stato legittimamente esercita in materia paesaggistica poteri di imposizione del vincolo in via sostitutiva delle regioni nel caso di inerzia delle medesime.

Deve conseguentemente escludersi qualsiasi profilo di illegittimita' del Decreto Ministeriale 18 maggio 1999, che ha imposto il vincolo paesaggistico sul centro storico del Comune di (OMESSO), essendo evidente l'esercizio da parte dello Stato di funzioni surrogatone della Regione, nell'inerzia dell'ente locale, cui fa riferimento lo stesso provvedimento impositivo.

Il rigetto delle censure afferenti al Decreto Ministeriale citato rende superfluo l'esame delle ulteriori argomentazioni della ricorrente a proposito delle previsioni del P.U.T.T. della Regione Puglia, che peraltro non hanno formato oggetto di adeguata disamina da parte del giudice di merito.

Anche le argomentazioni della ricorrente con le quali sostiene che, nel caso in esame, l'intervento edilizio non era subordinato al rilascio del permesso di costruire sono infondate e, peraltro, basate su deduzioni fattuali che risultano in contrasto con l'accertamento di merito. La sentenza, invero, al fine di affermare la illegittimita' dell'intervento effettuato mediante la presentazione di una DIA per l'esecuzione di lavori di ristrutturazione, fa riferimento, oltre all'aumento volumetrico, anche a modificazioni della sagoma e del prospetto dell'edificio, sicche' ricorrono le condizioni che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 10, comma 1, lettera c), rendono necessaria la richiesta del permesso di costruire.

E', infine, inconferente il riferimento della ricorrente alla natura non essenziale della difformita', riferendosi l'istituto alla esecuzione di lavori assentiti mediante il permesso di costruire e non all'ipotesi di interventi eseguiti in base a DIA, mentre, invece, avrebbero dovuto essere autorizzati mediante il permesso di costruire.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

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