Il termine a norma del quale la liquidazione dell'imposta risultante dalla dichiarazione deve essere effettuata entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione - è da intendersi stabilito a pena di decadenza e deve essere riferito alla iscrizione a ruolo

Il 13 novembre 1986  l'ufficio  distrettuale  delle  imposte

dirette di Rieti notificava a G.D.O. la cartella  esattoriale  n.  7001020,

con la quale veniva riliquidata,  ai  sensi  dell'art.  36-bis,  D.P.R.  29

settembre 1973, n. 600, l'imposta dovuta ai fini dell'Irpef in relazione ai

redditi dichiarati per l'anno 1982.

    Il ricorrente proponeva ricorso assumendo, in via pregiudiziale, che la

riliquidazione era stata tardiva, e  quindi  illegittima,  perché  compiuta

oltre il termine stabilito dal citato art. 36-bis.

    Il ricorso era  accolto  dalla  Commissione  di  primo  grado,  la  cui

decisione veniva confermata da quella di  secondo  grado.  Né  diverso  era

l'orientamento della Commissione tributaria  centrale,  che  respingeva  il

ricorso dell'ufficio, rilevando che la rettifica della dichiarazione, nelle

ipotesi previste  dall'art.  36-bis,  deve  essere  effettuata  a  pena  di

decadenza entro il termine specificamente stabilito da detta disposizione e

che, pertanto, la maggiore imposta eventualmente accertata non  può  essere

iscritta dopo il suo inutile decorso, dal momento che l'iscrizione a  ruolo

rappresenta l'atto attraverso il quale  la  rettifica  della  dichiarazione

"diviene pubblica e ricorribile" da parte del contribuente.

    1.1. L'Amministrazione ricorre a questa Corte chiedendo  la  cassazione

della decisione impugnata con un unico motivo di  gravame,  illustrato  con

memoria. Il D'.O., al quale il ricorso è stato notificato il  16  settembre

1993, non resiste.

Sent. n. 7088 del 29 luglio 1997 (ud. del 9 maggio 1997)



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Sent. n. 7088 del 29 luglio 1997 (ud. del 9 maggio 1997)

della Corte Cass., Sez. I civ. - Pres. Cantillo, Rel. Marziale

Accertamento - Procedimento di rettifica delle dichiarazioni ex art. 36-bis

del D.P.R. n. 600/1973 - Termine del 31  dicembre  dell'anno  successivo  a

quello di presentazione della dichiarazione - E' di decadenza e deve essere

riferito alla iscrizione a ruolo - Cartella  esattoriale  notificata  oltre

detto termine - Nullità

                               (Commentata)

 

    Massima - Il termine stabilito dal primo  comma  dell'art.  36-bis  del

D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600  -  a  norma  del  quale  la  liquidazione

dell'imposta risultante dalla dichiarazione deve essere effettuata entro il

31  dicembre  dell'anno  successivo  a  quello  di  presentazione  -  è  da

intendersi stabilito a pena  di  decadenza  e  deve  essere  riferito  alla

iscrizione  a  ruolo;  quest'ultima,  conseguentemente,  non   può   essere

effettuata entro il più esteso arco  temporale  previsto  dal  primo  comma

dell'art. 17 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (n.d.r.) (1).

 

(Oggetto della controversia: cartella esattoriale Irpef 1992)

________________________________________

   
Fatto - 1. Il 13 novembre 1986  l'ufficio  distrettuale  delle  imposte

dirette di Rieti notificava a G.D.O. la cartella  esattoriale  n.  7001020,

con la quale veniva riliquidata,  ai  sensi  dell'art.  36-bis,  D.P.R.  29

settembre 1973, n. 600, l'imposta dovuta ai fini dell'Irpef in relazione ai

redditi dichiarati per l'anno 1982.

    Il ricorrente proponeva ricorso assumendo, in via pregiudiziale, che la

riliquidazione era stata tardiva, e  quindi  illegittima,  perché  compiuta

oltre il termine stabilito dal citato art. 36-bis.

    Il ricorso era  accolto  dalla  Commissione  di  primo  grado,  la  cui

decisione veniva confermata da quella di  secondo  grado.  Né  diverso  era

l'orientamento della Commissione tributaria  centrale,  che  respingeva  il

ricorso dell'ufficio, rilevando che la rettifica della dichiarazione, nelle

ipotesi previste  dall'art.  36-bis,  deve  essere  effettuata  a  pena  di

decadenza entro il termine specificamente stabilito da detta disposizione e

che, pertanto, la maggiore imposta eventualmente accertata non  può  essere

iscritta dopo il suo inutile decorso, dal momento che l'iscrizione a  ruolo

rappresenta l'atto attraverso il quale  la  rettifica  della  dichiarazione

"diviene pubblica e ricorribile" da parte del contribuente.

    1.1. L'Amministrazione ricorre a questa Corte chiedendo  la  cassazione

della decisione impugnata con un unico motivo di  gravame,  illustrato  con

memoria. Il D'.O., al quale il ricorso è stato notificato il  16  settembre

1993, non resiste.

 

    Diritto - 2. L'art. 36-bis è stato inserito  nel  D.P.R.  29  settembre

1973, n. 600, dall'art. 1 del D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, al  fine  di

consentire agli uffici delle imposte di liquidare le imposte dovute, ovvero

di provvedere a  effettuare  i  rimborsi  eventualmente  spettanti,  "sulla

scorta dei dati e degli elementi ... desumibili dalle dichiarazioni  ...  e

dai relativi allegati", previa correzione  degli  "errori  materiali  o  di

calcolo" e rettifica, parziale o totale, delle  detrazioni  e  delle  altre

deduzioni operate dai contribuenti.

    Si tratta pertanto di un controllo di carattere esclusivamente formale,

che tuttavia può comportare una riliquidazione dell'imposta dovuta  e  che,

appunto per  questo,  presenta  un  innegabile  carattere  accertativo.  La

maggiore imposta accertata, aumentata degli interessi e delle  soprattasse,

viene iscritta a ruolo  direttamente,  vale  a  dire  senza  la  preventiva

notifica di un avviso di accertamento (art. 7, D.P.R. 28 novembre 1980,  n.

787), prescritta invece quando la rettifica della dichiarazione consegua ad

una attività accertativa svolta dall'ufficio sulla base di dati diversi  da

quelli desumibili dalle dichiarazioni (artt. 42 e 43, D.P.R.  29  settembre

1973, n. 600).

    In  tal  caso,  pertanto,  l'iscrizione  a  ruolo  non   ha   carattere

"riproduttivo", ma "innovativo", poiché rappresenta l'atto con il quale  il

contribuente è posto per la prima volta a conoscenza della pretesa fiscale:

di  qui  l'esigenza  (non  rilevabile   quando   il   ruolo   è   meramente

"riproduttivo" di un atto precedente) di renderlo edotto dei motivi  per  i

quali l'iscrizione è stata  effettuata.  Esigenza  che  il  legislatore  ha

mostrato  di  voler  recepire,  prescrivendo  -  con   il   secondo   comma

dell'art. 36-ter del citato decreto, di contenuto analogo all'art. 36-bis -

che "nella cartella dei pagamenti" siano indicati "i motivi che hanno  dato

luogo alla liquidazione". Ma che, tuttavia, non può  dirsi  soddisfatta  in

modo adeguato, dal momento che l'informazione viene realizzata mediante  il

ricorso  a  espressioni  stereotipate,  inidonee  a  descrivere   in   modo

esauriente le ragioni della rettifica e ad assolvere  quindi  il  ruolo  di

un'effettiva  motivazione.  E  questo  spiega  perché   si   ritenga,   con

orientamento ormai costante, che l'utilizzazione della  speciale  procedura

prevista dall'art. 36-bis per l'accertamento di maggiori imposte  a  carico

del contribuente non  possa  essere  ammessa  al  di  fuori  delle  ipotesi

specificamente contemplate da detta disposizione (Cass. 29 marzo  1996,  n.

2958, 17 dicembre 1994, n. 10859, 20 novembre 1989, n. 4958).

    Se, invece, il controllo della dichiarazione porta al riconoscimento di

un credito in favore del  contribuente,  viene  emesso  in  suo  favore  un

ordinativo di  pagamento  per  una  somma  pari  alle  somme  indebitamente

riscosse con i relativi interessi (art. 8 del D.P.R. n. 787/1980).

    2.1. Nella sua formulazione  originaria  l'art.  36-bis  non  stabiliva

alcun termine per la liquidazione dell'imposta. Era tuttavia  pacifico  che

l'iscrizione a ruolo  delle  maggiori  somme  pretese  dall'Amministrazione

finanziaria dovesse avvenire entro quello fissato dal primo comma dell'art.

17 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale stabiliva  che  l'imposta

dovuta "sui redditi dichiarati" doveva essere effettuata "entro dodici mesi

dalla fine dell'anno o dell'esercizio cui la dichiarazione si riferisce".

    Le due disposizioni sono state però riformulate dal D.P.R. 27 settembre

1979, n. 506. Mentre l'art. 2 ha elevato notevolmente  il  termine  fissato

dal comma 1 dell'art. 17 del D.P.R. n. 602/1973, parificandone la durata  a

quello (riferito al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in  cui

è stata presentata la dichiarazione) previsto dall'art. 43  del  D.P.R.  n.

600 per la notifica dell'avviso di accertamento, l'art. 1 ha  integrato  il

testo dell'art. 36-bis, stabilendo che gli uffici debbono  provvedere  alla

liquidazione delle imposte dovute e ad effettuare i rimborsi  eventualmente

spettanti  "entro  il  31  dicembre  dell'anno  successivo  a   quello   di

presentazione".

    Resta fermo, in  base  al  terzo  comma  dell'art.  17  del  D.P.R.  n.

602/1973, che "le imposte, le maggiori imposte e  le  ritenute  alla  fonte

liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono essere iscritte  in

ruoli formati e consegnati all'intendenza di finanza, a pena di  decadenza,

entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui l'accertamento  è

divenuto definitivo".

    3. L'Amministrazione  finanziaria  contesta  che  all'inosservanza  del

termine   stabilito   dall'art.   36-bis   "siano   ricollegabili   effetti

decadenziali  di  pretese  tributarie  derivanti  dalla   rettifica   della

dichiarazione", osservando che la natura "procedimentale" di tale  norma  e

la circostanza che nessun'altra disposizione qualifichi  come  "perentorio"

il termine da essa stabilito,  porta  a  ritenere  che  esso  abbia  natura

ordinatoria e che, pertanto, la diretta iscrizione a ruolo  delle  maggiori

imposte "liquidate" a seguito del  controllo  "formale"  operato  ai  sensi

dell'art. 36-bis possa essere  legittimamente  effettuata  anche  oltre  il

termine stabilito  da  detta  disposizione,  purché  entro  quello  fissato

dall'art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973.

    3.1. Tali considerazioni non possono essere condivise.

    La qualificazione del termine in questione  come  ordinatorio  (anziché

come perentorio) - del resto propria del diritto  processuale  più  che  di

quello sostanziale - è infatti  tutt'altro  che  risolutiva,  posto  che  i

termini ordinatori possono essere prorogati solo prima della scadenza (art.

153 del codice di procedura  civile)  e  che,  pertanto,  il  loro  inutile

decorso produce gli stessi effetti preclusivi di quelli perentori (Cass. 25

luglio 1992, n. 8976; 23 gennaio 1991, n. 651; 23 febbraio 1985, n. 1633).

    Né maggior rilievo assume la circostanza che la  sua  inosservanza  non

sia stata espressamente sanzionata dal legislatore con la decadenza.

    Invero, l'affermazione  tradizionalmente  ripetuta  (ma  non  da  tutti

condivisa), secondo cui  le  norme  che  stabiliscono  termini  a  pena  di

decadenza sono di stretta  interpretazione  e  non  possono  quindi  essere

applicate analogicamente, si fonda sul convincimento che tali  disposizioni

abbiano  carattere  eccezionale,  derogando  al  generale  principio  della

libertà di esercizio dei diritti soggettivi. E, appunto per questo, non  si

presta a essere utilizzata nell'ambito del diritto  pubblico,  il  quale  è

caratterizzato dalla presenza di poteri, il cui esercizio da parte  di  chi

ne è titolare non è libero, ma è sottoposto dalla legge a limiti diretti  a

garantire il soddisfacimento di finalità di carattere istituzionale.

    Il silenzio della legge non rappresenta quindi un argomento sufficiente

ad escludere che il termine stabilito dal primo comma dell'art. 36-bis  sia

stabilito a pena di decadenza. Tanto più che le attività accertative (e  di

conseguente rettifica delle  dichiarazioni  dei  contribuenti)  sono  dalla

legge vincolate al rispetto  di  rigorosi  termini  di  decadenza,  la  cui

esistenza è da considerare pertanto  connaturata  al  loro  svolgimento,  a

tutela del buon andamento e dell'imparzialità  dell'amministrazione,  oltre

che degli interessi dei contribuenti.

    3.2 - Non varrebbe neppure obbiettare che il termine fissato  dall'art.

36-bis è letteralmente riferito alla (sola) liquidazione dell'imposta e che

non vi sarebbe quindi motivo di escludere la legittimità dell'iscrizione  a

ruolo effettuata dopo l'inutile  decorso  di  tale  termine,  purché  entro

quello più ampio stabilito dall'art. 17 del D.P.R. n. 602/73.

    E' invero agevole replicare che,  secondo  la  disciplina  dettata  dal

citato art. 36-bis, la determinazione del debito d'imposta non  ha  rilievo

autonomo rispetto alla fase che attiene al concreto  soddisfacimento  della

pretesa tributaria non essendo prevista, a differenza dell'ipotesi  in  cui

la rettifica consegue a  un  controllo  "sostanziale"  della  dichiarazione

(art. 43 del D.P.R. n. 600/1973), l'emanazione di un  formale  ed  autonomo

atto di liquidazione dell'imposta,  di  cui  sia  possibile  verificare  la

tempestività. Come si rileva esattamente nella  decisione  impugnata,  tale

atto va individuato nell'iscrizione a ruolo, che viene quindi  ad  assumere

anche  il  carattere  di  atto  conclusivo  della  fase   di   accertamento

dell'imposta,  ponendo  l'esigenza  (non  rilevabile  quando  il  ruolo   è

meramente "riproduttivo" di  un  atto  precedente)  di  rendere  edotto  il

contribuente delle ragioni  sulle  quali  la  pretesa  dell'amministrazione

finanziaria è fondata (retro).

    Non vi è dubbio, pertanto, che il termine  stabilito  dal  primo  comma

dell'art. 36-bis  debba  essere  riferito  all'iscrizione  a  ruolo  e  che

quest'ultima, conseguentemente, non possa essere effettuata  entro  il  più

esteso arco temporale previsto dal primo comma dell'art. 17 del  D.P.R.  n.

602/1973, anche perché ciò comporta, per  il  contribuente,  l'aggravio  di

ulteriori interessi (art. 7, comma 1, D.P.R. n. 787/1980); aggravio che  il

legislatore - decidendo di  tener  fermo,  con  l'art.  l.  del  D.P.R.  n.

506/1979, il termine annuale per la "liquidazione" delle imposte  dovute  a

norma dell'art. 36-bis, proprio quando, con l'art. 2 dello stesso  decreto,

elevava di ben cinque volte il  termine  per  l'iscrizione  a  ruolo  delle

imposte "liquidate in base alle  dichiarazioni"  -  ha  mostrato  di  voler

evitare.

    3.3. Una volta chiarito  che  il  termine  stabilito  dal  primo  comma

dell'art. 36-bis, appena ricordato, è da intendersi  stabilito  a  pena  di

decadenza e concerne l'iscrizione à ruolo della maggiori imposte  liquidate

a seguito del controllo "formale" della dichiarazione espletato ai sensi di

tale disposizione, appare evidente  che  quello  fissato  dal  primo  comma

dell'art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 riguarda invece  la  riscossione  delle

imposte nell'ammontare risultante  dalla  dichiarazione  del  contribuente,

senza che la stessa sia in alcun modo rettificata.

    4. Il ricorso deve essere quindi  respinto.  Non  essendosi  l'intimato

costituito, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

 

    P.Q.M. - la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

 

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