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Il termine a norma del quale la liquidazione dell'imposta risultante dalla dichiarazione deve essere effettuata entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione - è da intendersi stabilito a pena di decadenza e deve essere riferito alla iscrizione a ruolo
Pubblicata il 01/12/2009
Il 13 novembre 1986 l'ufficio distrettuale delle imposte
dirette di Rieti notificava a G.D.O. la cartella esattoriale n. 7001020,
con la quale veniva riliquidata, ai sensi dell'art. 36-bis, D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, l'imposta dovuta ai fini dell'Irpef in relazione ai
redditi dichiarati per l'anno 1982.
Il ricorrente proponeva ricorso assumendo, in via pregiudiziale, che la
riliquidazione era stata tardiva, e quindi illegittima, perché compiuta
oltre il termine stabilito dal citato art. 36-bis.
Il ricorso era accolto dalla Commissione di primo grado, la cui
decisione veniva confermata da quella di secondo grado. Né diverso era
l'orientamento della Commissione tributaria centrale, che respingeva il
ricorso dell'ufficio, rilevando che la rettifica della dichiarazione, nelle
ipotesi previste dall'art. 36-bis, deve essere effettuata a pena di
decadenza entro il termine specificamente stabilito da detta disposizione e
che, pertanto, la maggiore imposta eventualmente accertata non può essere
iscritta dopo il suo inutile decorso, dal momento che l'iscrizione a ruolo
rappresenta l'atto attraverso il quale la rettifica della dichiarazione
"diviene pubblica e ricorribile" da parte del contribuente.
1.1. L'Amministrazione ricorre a questa Corte chiedendo la cassazione
della decisione impugnata con un unico motivo di gravame, illustrato con
memoria. Il D'.O., al quale il ricorso è stato notificato il 16 settembre
1993, non resiste.
Sent. n. 7088 del 29 luglio 1997 (ud. del 9 maggio 1997)
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Sent. n. 7088 del 29 luglio 1997 (ud. del 9 maggio 1997)
della Corte Cass., Sez. I civ. - Pres. Cantillo, Rel. Marziale
Accertamento - Procedimento di rettifica delle dichiarazioni ex art. 36-bis
del D.P.R. n. 600/1973 - Termine del 31 dicembre dell'anno successivo a
quello di presentazione della dichiarazione - E' di decadenza e deve essere
riferito alla iscrizione a ruolo - Cartella esattoriale notificata oltre
detto termine - Nullità
(Commentata)
Massima - Il termine stabilito dal primo comma dell'art. 36-bis del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - a norma del quale la liquidazione
dell'imposta risultante dalla dichiarazione deve essere effettuata entro il
31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione - è da
intendersi stabilito a pena di decadenza e deve essere riferito alla
iscrizione a ruolo; quest'ultima, conseguentemente, non può essere
effettuata entro il più esteso arco temporale previsto dal primo comma
dell'art. 17 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (n.d.r.) (1).
(Oggetto della controversia: cartella esattoriale Irpef 1992)
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Fatto - 1. Il 13 novembre 1986 l'ufficio distrettuale delle imposte
dirette di Rieti notificava a G.D.O. la cartella esattoriale n. 7001020,
con la quale veniva riliquidata, ai sensi dell'art. 36-bis, D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, l'imposta dovuta ai fini dell'Irpef in relazione ai
redditi dichiarati per l'anno 1982.
Il ricorrente proponeva ricorso assumendo, in via pregiudiziale, che la
riliquidazione era stata tardiva, e quindi illegittima, perché compiuta
oltre il termine stabilito dal citato art. 36-bis.
Il ricorso era accolto dalla Commissione di primo grado, la cui
decisione veniva confermata da quella di secondo grado. Né diverso era
l'orientamento della Commissione tributaria centrale, che respingeva il
ricorso dell'ufficio, rilevando che la rettifica della dichiarazione, nelle
ipotesi previste dall'art. 36-bis, deve essere effettuata a pena di
decadenza entro il termine specificamente stabilito da detta disposizione e
che, pertanto, la maggiore imposta eventualmente accertata non può essere
iscritta dopo il suo inutile decorso, dal momento che l'iscrizione a ruolo
rappresenta l'atto attraverso il quale la rettifica della dichiarazione
"diviene pubblica e ricorribile" da parte del contribuente.
1.1. L'Amministrazione ricorre a questa Corte chiedendo la cassazione
della decisione impugnata con un unico motivo di gravame, illustrato con
memoria. Il D'.O., al quale il ricorso è stato notificato il 16 settembre
1993, non resiste.
Diritto - 2. L'art. 36-bis è stato inserito nel D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, dall'art. 1 del D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, al fine di
consentire agli uffici delle imposte di liquidare le imposte dovute, ovvero
di provvedere a effettuare i rimborsi eventualmente spettanti, "sulla
scorta dei dati e degli elementi ... desumibili dalle dichiarazioni ... e
dai relativi allegati", previa correzione degli "errori materiali o di
calcolo" e rettifica, parziale o totale, delle detrazioni e delle altre
deduzioni operate dai contribuenti.
Si tratta pertanto di un controllo di carattere esclusivamente formale,
che tuttavia può comportare una riliquidazione dell'imposta dovuta e che,
appunto per questo, presenta un innegabile carattere accertativo. La
maggiore imposta accertata, aumentata degli interessi e delle soprattasse,
viene iscritta a ruolo direttamente, vale a dire senza la preventiva
notifica di un avviso di accertamento (art. 7, D.P.R. 28 novembre 1980, n.
787), prescritta invece quando la rettifica della dichiarazione consegua ad
una attività accertativa svolta dall'ufficio sulla base di dati diversi da
quelli desumibili dalle dichiarazioni (artt. 42 e 43, D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600).
In tal caso, pertanto, l'iscrizione a ruolo non ha carattere
"riproduttivo", ma "innovativo", poiché rappresenta l'atto con il quale il
contribuente è posto per la prima volta a conoscenza della pretesa fiscale:
di qui l'esigenza (non rilevabile quando il ruolo è meramente
"riproduttivo" di un atto precedente) di renderlo edotto dei motivi per i
quali l'iscrizione è stata effettuata. Esigenza che il legislatore ha
mostrato di voler recepire, prescrivendo - con il secondo comma
dell'art. 36-ter del citato decreto, di contenuto analogo all'art. 36-bis -
che "nella cartella dei pagamenti" siano indicati "i motivi che hanno dato
luogo alla liquidazione". Ma che, tuttavia, non può dirsi soddisfatta in
modo adeguato, dal momento che l'informazione viene realizzata mediante il
ricorso a espressioni stereotipate, inidonee a descrivere in modo
esauriente le ragioni della rettifica e ad assolvere quindi il ruolo di
un'effettiva motivazione. E questo spiega perché si ritenga, con
orientamento ormai costante, che l'utilizzazione della speciale procedura
prevista dall'art. 36-bis per l'accertamento di maggiori imposte a carico
del contribuente non possa essere ammessa al di fuori delle ipotesi
specificamente contemplate da detta disposizione (Cass. 29 marzo 1996, n.
2958, 17 dicembre 1994, n. 10859, 20 novembre 1989, n. 4958).
Se, invece, il controllo della dichiarazione porta al riconoscimento di
un credito in favore del contribuente, viene emesso in suo favore un
ordinativo di pagamento per una somma pari alle somme indebitamente
riscosse con i relativi interessi (art. 8 del D.P.R. n. 787/1980).
2.1. Nella sua formulazione originaria l'art. 36-bis non stabiliva
alcun termine per la liquidazione dell'imposta. Era tuttavia pacifico che
l'iscrizione a ruolo delle maggiori somme pretese dall'Amministrazione
finanziaria dovesse avvenire entro quello fissato dal primo comma dell'art.
17 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale stabiliva che l'imposta
dovuta "sui redditi dichiarati" doveva essere effettuata "entro dodici mesi
dalla fine dell'anno o dell'esercizio cui la dichiarazione si riferisce".
Le due disposizioni sono state però riformulate dal D.P.R. 27 settembre
1979, n. 506. Mentre l'art. 2 ha elevato notevolmente il termine fissato
dal comma 1 dell'art. 17 del D.P.R. n. 602/1973, parificandone la durata a
quello (riferito al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui
è stata presentata la dichiarazione) previsto dall'art. 43 del D.P.R. n.
600 per la notifica dell'avviso di accertamento, l'art. 1 ha integrato il
testo dell'art. 36-bis, stabilendo che gli uffici debbono provvedere alla
liquidazione delle imposte dovute e ad effettuare i rimborsi eventualmente
spettanti "entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di
presentazione".
Resta fermo, in base al terzo comma dell'art. 17 del D.P.R. n.
602/1973, che "le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte
liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono essere iscritte in
ruoli formati e consegnati all'intendenza di finanza, a pena di decadenza,
entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui l'accertamento è
divenuto definitivo".
3. L'Amministrazione finanziaria contesta che all'inosservanza del
termine stabilito dall'art. 36-bis "siano ricollegabili effetti
decadenziali di pretese tributarie derivanti dalla rettifica della
dichiarazione", osservando che la natura "procedimentale" di tale norma e
la circostanza che nessun'altra disposizione qualifichi come "perentorio"
il termine da essa stabilito, porta a ritenere che esso abbia natura
ordinatoria e che, pertanto, la diretta iscrizione a ruolo delle maggiori
imposte "liquidate" a seguito del controllo "formale" operato ai sensi
dell'art. 36-bis possa essere legittimamente effettuata anche oltre il
termine stabilito da detta disposizione, purché entro quello fissato
dall'art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973.
3.1. Tali considerazioni non possono essere condivise.
La qualificazione del termine in questione come ordinatorio (anziché
come perentorio) - del resto propria del diritto processuale più che di
quello sostanziale - è infatti tutt'altro che risolutiva, posto che i
termini ordinatori possono essere prorogati solo prima della scadenza (art.
153 del codice di procedura civile) e che, pertanto, il loro inutile
decorso produce gli stessi effetti preclusivi di quelli perentori (Cass. 25
luglio 1992, n. 8976; 23 gennaio 1991, n. 651; 23 febbraio 1985, n. 1633).
Né maggior rilievo assume la circostanza che la sua inosservanza non
sia stata espressamente sanzionata dal legislatore con la decadenza.
Invero, l'affermazione tradizionalmente ripetuta (ma non da tutti
condivisa), secondo cui le norme che stabiliscono termini a pena di
decadenza sono di stretta interpretazione e non possono quindi essere
applicate analogicamente, si fonda sul convincimento che tali disposizioni
abbiano carattere eccezionale, derogando al generale principio della
libertà di esercizio dei diritti soggettivi. E, appunto per questo, non si
presta a essere utilizzata nell'ambito del diritto pubblico, il quale è
caratterizzato dalla presenza di poteri, il cui esercizio da parte di chi
ne è titolare non è libero, ma è sottoposto dalla legge a limiti diretti a
garantire il soddisfacimento di finalità di carattere istituzionale.
Il silenzio della legge non rappresenta quindi un argomento sufficiente
ad escludere che il termine stabilito dal primo comma dell'art. 36-bis sia
stabilito a pena di decadenza. Tanto più che le attività accertative (e di
conseguente rettifica delle dichiarazioni dei contribuenti) sono dalla
legge vincolate al rispetto di rigorosi termini di decadenza, la cui
esistenza è da considerare pertanto connaturata al loro svolgimento, a
tutela del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione, oltre
che degli interessi dei contribuenti.
3.2 - Non varrebbe neppure obbiettare che il termine fissato dall'art.
36-bis è letteralmente riferito alla (sola) liquidazione dell'imposta e che
non vi sarebbe quindi motivo di escludere la legittimità dell'iscrizione a
ruolo effettuata dopo l'inutile decorso di tale termine, purché entro
quello più ampio stabilito dall'art. 17 del D.P.R. n. 602/73.
E' invero agevole replicare che, secondo la disciplina dettata dal
citato art. 36-bis, la determinazione del debito d'imposta non ha rilievo
autonomo rispetto alla fase che attiene al concreto soddisfacimento della
pretesa tributaria non essendo prevista, a differenza dell'ipotesi in cui
la rettifica consegue a un controllo "sostanziale" della dichiarazione
(art. 43 del D.P.R. n. 600/1973), l'emanazione di un formale ed autonomo
atto di liquidazione dell'imposta, di cui sia possibile verificare la
tempestività. Come si rileva esattamente nella decisione impugnata, tale
atto va individuato nell'iscrizione a ruolo, che viene quindi ad assumere
anche il carattere di atto conclusivo della fase di accertamento
dell'imposta, ponendo l'esigenza (non rilevabile quando il ruolo è
meramente "riproduttivo" di un atto precedente) di rendere edotto il
contribuente delle ragioni sulle quali la pretesa dell'amministrazione
finanziaria è fondata (retro).
Non vi è dubbio, pertanto, che il termine stabilito dal primo comma
dell'art. 36-bis debba essere riferito all'iscrizione a ruolo e che
quest'ultima, conseguentemente, non possa essere effettuata entro il più
esteso arco temporale previsto dal primo comma dell'art. 17 del D.P.R. n.
602/1973, anche perché ciò comporta, per il contribuente, l'aggravio di
ulteriori interessi (art. 7, comma 1, D.P.R. n. 787/1980); aggravio che il
legislatore - decidendo di tener fermo, con l'art. l. del D.P.R. n.
506/1979, il termine annuale per la "liquidazione" delle imposte dovute a
norma dell'art. 36-bis, proprio quando, con l'art. 2 dello stesso decreto,
elevava di ben cinque volte il termine per l'iscrizione a ruolo delle
imposte "liquidate in base alle dichiarazioni" - ha mostrato di voler
evitare.
3.3. Una volta chiarito che il termine stabilito dal primo comma
dell'art. 36-bis, appena ricordato, è da intendersi stabilito a pena di
decadenza e concerne l'iscrizione à ruolo della maggiori imposte liquidate
a seguito del controllo "formale" della dichiarazione espletato ai sensi di
tale disposizione, appare evidente che quello fissato dal primo comma
dell'art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 riguarda invece la riscossione delle
imposte nell'ammontare risultante dalla dichiarazione del contribuente,
senza che la stessa sia in alcun modo rettificata.
4. Il ricorso deve essere quindi respinto. Non essendosi l'intimato
costituito, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M. - la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.