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In caso di omessa notifica di un atto presupposto, la cartella esattoriale successivamente notificata è nulla
Pubblicata il 18/03/2008
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civile, Sentenza n. 5791/2008)
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La controversia origina dall'impugnazione di una cartella esattoriale relativa all'iscrizione a ruolo di Irpef ed Ilor, oltre interessi e pene pecuniarie, per gli anni dal 1976 al 1981, cartella della quale il contribuente deduceva la nullità in ragione delle irrituale notifica degli avvisi di accertamento (perché eseguita in violazione degli artt. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, nonché degli artt. 139, 140 e 148 c.p.c), precisando altresì di aver presentato regolare domanda di condono ex L. n. 516 del 1982 per la definizione automatica degli anni d'imposta in contestazione prima della notifica della cartella impugnata.
La Commissione di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso, annullando l'accertamento per gli anni dal 1976 al 1980 per intervenuta definizione automatica e confermando l'accertamento per l'anno 1981, stante la regolarità della notifica del relativo avviso.
La decisione era confermata, prima, dalla Commissione di secondo grado e, poi, dalla Commissione Tributaria Centrale che, in entrambi i casi, rigettavano le impugnazioni proposte dalle parti.
Avverso tale ultima sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. Resistono con controricorso il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate.
In esito all'udienza del 24 gennaio 2007, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7263 del 26 marzo 2007, rilevata l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza sulla questione della "impugnabilità dei singoli atti in cui si svolge l'iter procedimentale della gestione del rapporto tributario facendo valere anche il vizio della mancata notifica dell'atto presupposto", rimetteva gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Circostanza per la quale la causa è chiamata all'udienza odierna.
Motivi della decisione
Il ricorso è articolato in tre motivi, con i quali il contribuente denuncia: a) violazione o falsa applicazione dell'art. 19, comma 3, ultima parte, D.Lgs. n. 546 del 1992, rilevando che erroneamente la Commissione Tributaria Centrale aveva escluso la possibilità che il contribuente si limitasse a denunciare la nullità della cartella per la sola irritualità della notifica dell'atto presupposto (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell'art. 36, D.Lgs. n. 546 del 1992 nonché omessa ed insufficiente motivazione, per essersi la Commissione Centrale limitata ad affermare apoditticamente che il giudice di prime cure aveva "riconosciuto la validità della notifica dell'accertamento" per l'anno 1981 senza dare conto (nemmeno riportando quelle espresse dal giudice riferito) delle ragioni per le quali fosse stata affermata la predetta validità della notifica (secondo motivo); c) omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. per aver la Commissione Centrale omesso di statuire su specifiche censure mosse alla sentenza di seconde cure in relazione ai dedotti vizi - violazione art. 148 c.p.c., e art. 48 disp. att. c.p.c, incompletezza dell'avviso della raccomandata - della notificazione contestata (terzo motivo).
Mentre il primo motivo, che pur concerne un problema sul quale si dovrà tornare, deve considerarsi inammissibile in quanto esprime una censura che inerisce ad una parte della sentenza impugnata che riguarda le annualità ormai definite con condono e non quella relativa all'anno 1981 sulla quale la controversia continua, il secondo ed il terzo motivo, che investono la sentenza impugnata proprio con riferimento a detta annualità, sono fondati.
Invero la Commissione Centrale non si è pronunciata sui vizi della notificazione dedotti dal contribuente ed ha risolto la propria decisione nella effettivamente apodittica affermazione che il giudice di prime cure aveva riconosciuto rituale la notifica dell'avviso di accertamento: nessuna ragione di tale ritenuta ritualità è, tuttavia, spiegata, nemmeno mediante la trascrizione nella motivazione delle ragioni enunciate dal primo giudice ed evidentemente condivise.
Tanto basta per cassare, in accoglimento delle predette censure, la sentenza impugnata con rinvio della stessa alla Commissione Tributaria Regionale del Molise perché esamini la questione se davvero potesse nella specie ritenersi rituale la notifica dell'avviso di accertamento che costituisce l'ineludibile presupposto per la legittimità della iscrizione a ruolo impugnata dal contribuente per il tramite della cartella esattoriale che ne costituisce, nei confronti del contribuente medesimo, il mezzo tipico di conoscenza.
Tuttavia, stante la rilevanza della questione che è stata sottoposta a queste Sezioni Unite, la decisione non può esaurirsi esclusivamente nell'accoglimento del ricorso per i motivi enunciati, ma è opportuno che venga enunciato anche il principio cui il giudice di merito dovrà attenersi per l'ipotesi in cui il nuovo esame dovesse concludersi nel senso della irritualità della notifica dell'avviso di accertamento presupposto dell'iscrizione a ruolo impugnata originariamente nella fattispecie.
E qui l'attenzione torna sul primo motivo di ricorso, il quale, se pure, sotto un profilo strettamente formale, investe, come già detto, un capo della sentenza che riguarda annualità definite per condono e rispetto alle quali è stata dichiarata cessata la materia del contendere, sotto un profilo sostanziale, può ben essere inteso come censura di un orientamento giurisprudenziale teso a ritenere irrilevante la mancata notifica dell'atto presupposto, in ragione della possibilità offerta dalla norma processualtributaria di impugnare detto atto unitamente all'atto consequenziale.
In proposito va ricordato che queste Sezioni Unite, occupandosi di questione sostanzialmente analoga a quella sottoposta ora al suo giudizio - in specie della questione della nullità dell'avviso di mora non preceduto dalla notifica (o dalla rituale notifica) della cartella esattoriale -, hanno affermato il seguente principio di diritto, cui il Collegio intendere dare continuità: “La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatali, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa.
Nella predetta sequenza, l'omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l'atto consequenziale notificatogli - rimanendo esposto all'eventuale successiva azione dell'amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l'emanazione e la notificazione dell'atto presupposto - o di impugnare cumulativamente anche quest'ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria: con la conseguenza che spetta al giudice di merito - la cui valutazione se congruamente motivata non sarà censurabile in sede di legittimità - interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell'atto consequenziale in base all'una o all'altra opzione” (Cass. S.U. n. 16412 del 2007).
L'attenzione va posta alla disposizione di cui all’art. 19, comma 3, ultimo periodo, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione al significato da attribuire alla possibilità - espressamente prevista - di impugnare congiuntamente l'atto consequenziale (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione) e l'atto presupposto (nell'ordine indicato, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione, quando quest'ultimo esaurisce l'attività impositiva) che non sia stato notificato (o ritualmente notificato): parzialmente difforme era la formulazione dell'art. 16 del previgente contenzioso, che prevedeva l'impugnazione dell'atto successivo per vizi relativi agli atti precedenti dei quali fosse stata omessa la notificazione.
La norma, definita "infelicissima" da un'autorevole dottrina, è frutto di un affrettato compromesso redazionale dopo che la Commissione parlamentare, chiamata ad esprimere il parere sul progetto di decreto legislativo per la riforma del processo tributario, ne aveva modificato il testo originario, invero assai più chiaro di quello definitivamente approvato.
Nella formulazione che fu sottoposta all'esame parlamentare, quel che oggi è il terzo comma dell'art 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, si limitava a prevedere la non autonoma impugnabilità degli atti diversi da quelli indicati dal comma 1, stabilendo anche che ognuno di tali atti potesse essere impugnato “solo per vizi propri o per la mancata notificazione degli atti autonomamente impugnabili che per legge avrebbero dovuto precederli”: ad una parte della dottrina è sembrato che con la predetta formulazione si volesse (correttamente ed efficacemente, sotto il profilo della tutela del contribuente) equiparare l'omissione della notifica dell'atto presupposto ad un vizio "proprio" dell'atto successivo da far valere mediante l'impugnazione di quest'ultimo teso ad ottenerne l'annullamento.
Sarebbe errato, tuttavia, credere che nella diversa formulazione della norma, poi in concreto inserita nel testo di legge, siffatto significato sia "scomparso". Invero, nonostante la indubbia insufficienza redazionale, il risultato normativo, se rettamente inteso, è, sotto il profilo del significato, più ampio, così da includere quel contenuto di senso attribuito all'originaria stesura. La disposizione in esame innanzitutto non impone al contribuente, come emerge con chiarezza dall'uso del verbo "consentire", alcun onere di impugnare cumulativamente l'atto successivo e l'atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione e nemmeno suggerisce un simile percorso di contestazione: una siffatta interpretazione sarebbe in patente contraddizione con la ratio del nuovo processo tributario, che è ispirato alla tutela dei diritti del contribuente (e in particolare dell'inalienabile diritto di difesa), nel quadro di una assimilazione ai caratteri del processo civile, nonché con i principi "forti" che, alla luce L. n. 212 del 2000, caratterizzano l'attuale sistema tributario nella direzione di un "riequilibrio" delle posizioni delle parti in contraddittorio. Imporre al contribuente l'impugnazione cumulativa dell'atto successivo e dell'atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione, significherebbe privilegiare immotivatamente l'amministrazione finanziaria, recuperandone in via processuale l'azione impositiva esercitata in violazione della specifica scansione procedimentale dettata dalle regole di diritto sostanziale: sarebbe un modo per togliere sostanza e vigore a quelle regole e per rendere, in ultima analisi, assolutamente "libero" l'agire dell'amministrazione.
Pur tenendo conto della infelice ed approssimativa formulazione, la norma appare, tuttavia, manifestamente animata da una volontà di favorire una più rapida soluzione delle controversie, offrendo al contribuente l'opportunità - affidata alla sua libera scelta - di contrastare con un solo atto la pretesa tributaria ed ottenere così una pronuncia che non esaurisca i propri effetti nella dichiarazione di annullamento dell'atto successivo, ma si estenda anche all'atto presupposto, investendo radicalmente e per intero la pretesa dell'amministrazione finanziaria.
Si tratta, tuttavia, solo di una facoltà riconosciuta al contribuente, al quale - coerentemente con il "principio della domanda" che caratterizza il processo tributario riformato - è lasciata la electio tra l'uno o l'altro percorso di contestazione: impugnare il solo atto successivo (notificatogli) facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto - che costituisce vizio procedurale per interruzione della sequenza procedimentale caratterizzante l'azione impositiva e predisposta dalla legge a garanzia dei diritti del contribuente (e per questo vincolante per l'amministrazione, ma disponibile da parte del garantito mediante l'esercizio dell'impugnazione cumulativa) -, oppure impugnare con l'atto consequenziale anche l'atto presupposto (non notificato) facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo e contestando alla radice il debito tributario reclamato nei suoi confronti.
Il giudice tributario investito dell'impugnazione, per conseguenza, dovrà verificare la scelta operata dal contribuente, interpretandone la domanda. Ove questi, impugnando l'atto successivo notificatogli, abbia contestato la pretesa dell'amministrazione finanziaria, la pronuncia del giudice dovrà riguardare l'esistenza, o no, di tale pretesa.
Al contrario, se il contribuente abbia fatto valere il vizio della procedura consistito nell'omessa notifica dell'atto presupposto (e tale vizio risulti effettivamente sussistente in esito all'istruttoria processuale), per questo solo vizio l'atto consequenziale impugnato dovrà essere annullato.
A tale annullamento potrà (o meno) conseguire la definitiva estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza (eventualmente) previsti dall'ordinamento siano già decorsi o siano ancora pendenti: in questo secondo caso, infatti, l'amministrazione potrà rinnovare la procedura secondo la corretta sequenza procedimentale e provvedere alla notifica dell'atto precedentemente omessa. Sicché, per restare al caso di specie (ma con conseguenze che valgono per ogni ipotesi nella quale sussista lo stretto rapporto procedimentale tra atto consequenziale ed atto presupposto), laddove il contribuente impugni una cartella di pagamento deducendone la nullità per la mancata (rituale) notifica dell'avviso di accertamento (o dell'avviso di liquidazione, se questo sia previsto), il giudice adito dovrà verificare l'effettivo difetto di notifica dell'atto presupposto al fine di dichiarare, se la verifica abbia esito positivo, la nullità dell'atto consequenziale.
Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Molise la quale provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Molise.