Al condomino è fatto divieto compeire sulla proprietà esclusiva opere che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune

In tema di condominio negli edifici, l'art. 1122 cod.civ. vieta al condomino di eseguire, nel piano o nella porzione di piano di sua proprietà, quelle opere che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune. Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione Sezione 2 Civile con sentenza del 28 maggio 2007, n. 12491, confermando la sentenza di merito, di rigetto della domanda di riduzione in pristino di un balcone di proprietà esclusiva, trasformato da un condomino in veranda, non essendo emersa dall'istruttoria la prova di una apprezzabile limitazione all'ingresso di luce ed aria nel vano scala sul quale affacciava il balcone per effetto della sua trasformazione in veranda.



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 22 aprile 1986, il Condominio di via De.Bo. (...), in Mi., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, il condomino Vi.Be. e ne chiedeva la condanna a ripristinare il balcone del suo appartamento perché trasformato in veranda, in pregiudizio del vano-scala comune, che riceveva luce ed aria da una finestra posta tra quel balcone e quel vano-scala.

Vi.Be. si costituiva e resisteva alla domanda.

In corso di causa, era dapprima ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti di An.De., comproprietaria dell'appartamento, ed era poi disposta l'estromissione dal processo di costei e del convenuto, per essere succeduti in giudizio De.Ma.Po. e Ma.Mo., ai quali, nel frattempo, era stato venduto l'appartamento.

Con sentenza del 31 maggio 2001, in esito a consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda e condannava il Po. e la Mo. al ripristino del balcone ed alle spese di lite.

De.Ma.Po. e Ma.Mo. interponevano gravame, cui resisteva il Condominio.

Con sentenza del 22 novembre 2002, la Corte di appello di Milano accoglieva il gravame e, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava la domanda del Condominio. Le spese dei due gradi di giudizio erano compensate, per intero.

Esponeva segnatamente la Corte, in applicazione esplicita dell'art. 1122 c.c., che i pregiudizi denunciati del vano-scala condominiale, quali la minore aerazione e la minore luminosità, a seguito della trasformazione del balcone in veranda, non sussistevano in misura apprezzabile, in relazione all'utilizzabilità di quel vano. La diminuzione di aria non era desumile, infatti, dalla consulenza tecnica d'ufficio, espletata allo scopo, che nessun elemento utile offriva sul punto, e la diminuzione di luminosità era sì configurabile in astratto, ma non anche in concreto, non essendo apprezzabile ad occhio nudo, secondo le conformi indicazioni del consulente tecnico d'ufficio. La domanda del Condominio, quindi, era ritenuta infondata e le spese dei due gradi di giudizio erano compensate, per intero, in ragione della natura e dell'oggetto della causa

Per la cassazione di tale sentenza, il Condominio di via Bo.N.. ha proposto ricorso in forza di due motivi.

De.Ma.Po. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale in forza di un unico motivo.

Il ricorrente ed il controricorrente hanno depositato memorie.

Ma.Mo. non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente, si è disposta la riunione dei ricorsi perché proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

Sul ricorso principale del Condominio.

Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1122 c.c., nonché vizi di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria sul punto, il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia ritenuto che la trasformazione del balcone in veranda pregiudicava la circolazione dell'aria nel vano-scala condominiale, che risultava invece pregiudicata, secondo l'accertamento tecnico esperito.

Il motivo non ha pregio perché non riducibile al paradigma di alcuno di quelli, per cui è consentito il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 360 5 c.p.c.

Ed invero, al di là della formale prospettazione come violazione e falsa applicazione della norma di diritto indicata ovvero come vizi di motivazione su punto decisivo della controversia, peraltro denunciato con indistinto riferimento alle diverse e non sovrapponibili ipotesi della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, la doglianza del ricorrente si risolve, palesemente, in una sostanziale e, in sede di legittimità, non consentita richiesta di riesame del merito della controversia, in parte qua, attraverso una nuova valutazione dei materiali probatori, in particolare della consulenza tecnica d'ufficio, diversa da quella che la Corte di merito ha operato nell'esercizio della discrezionalità a lei riservata, dandone motivazione specifica ed in sé coerente, come innanzi riassunta, in narrativa.

Col secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1122 e 1102 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto, il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia ritenuto che la trasformazione del balcone in veranda riduceva la luminosità del vano-scala condominiale, che invece era ridotta, come evidenziato dal primo giudice, dal consulente tecnico di parte e dallo stesso consulente tecnico d'ufficio.

In definitiva, sostiene il ricorrente,, la motivazione "resa dalla Corte di merito risulta inaccettabilmente carente per il travisamento fra la espressione non apprezzabile ad occhio nudo, usata dal CTU, e la parola apprezzabile, che nella nostra tradizione si lega con la sensibilità del pregiudizio che la modifica apportata dal singolo condomino non deve arrecare alle parti comuni".

Il motivo non ha pregio per ragione del tutto analoga a quella esposta con riguardo al primo motivo, sostanziandosi la doglianza in una inammissibile richiesta di riesame del merito della controversia, in parte qua, che la Corte di merito, diversamente da quanto dedotto, risulta avere risolto, correttamente, dandone adeguata motivazione, come innanzi riassunta, in narrativa, nello ambito di un accertamento di fatto a lei demandato ed in applicazione del principio enunciato in materia dalla Suprema Corte, secondo cui si incorre nel divieto dell'art. 1122 c.c. e solo nel caso di opere che elidono o riducono in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune (v. Cass. n. 1076/05 e n. 1947/89).

Sul ricorso incidentale del Po.

Con unico mezzo, senza esporre altro, il ricorrente sostiene che "priva di valida motivazione appare la statuizione, con riferimento alla natura ed oggetto della causa, sulla compensazione delle spese del giudizio che devono invece essere poste a carico della parte soccombente".

Il motivo non ha pregio.

Evidente, infatti, è la genericità della doglianza, peraltro contraria al principio enunciato in materia dalla Suprema Corte, secondo cui la compensazione delle spese processuali è espressione di un potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità quando giustificato in modo illogico e contraddittorio (v. ex plurimis Cass. n. 8623/05 e n. 17424/03), situazione - questa - neppure prospettata dal ricorrente e non sussistente, per quanto la Corte di merito ha logicamente argomentato la decisione sul punto, con riferimento esplicito alla natura ed all'oggetto della causa.

Conclusivamente, quindi, per le ragioni esposte, i ricorsi devono essere rigettati e le spese del giudizio di cassazione sono compensate, per intero, in ragione della reciproca soccombenza delle parti, del Condominio di via via Bo. (...) e di De.Ma.Po.; nulla dovendosi invece disporre con riguardo all'intimata Ma.Mo., che non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del giudizio di cassazione.

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