Anche la realizzazione di manufatti “aperti” ed accessibili a chiunque, se effettuata sul suolo di proprietà comune, è suscettibile di violare i diritti degli altri condomini

Anche la realizzazione di manufatti “aperti” ed accessibili a chiunque, se effettuata sul suolo di proprietà comune, è suscettibile di violare i diritti degli altri condomini, quando la conformazione di tali opere murarie sia tale da renderne manifesta l'accessorietà pertinenziale all'unità immobiliare di uno solo dei condomini. Nel caso di specie il giudicante ha ordinato la demolizione di una piattaforma-marciapiede e della sovrastante tettoia realizzate sulla corte comune di un condominio ritenendo che tali opere, dipartendosi dai muri e dalle aperture della proprietà esclusiva di uno dei condomini e creando visivamente una distinzione fisica tra la parte di corte comune invasa dal manufatto e la parte restante, fossero idonee a segnare simbolicamente una porzione di terreno dall'altra, il che, a detta del giudicante, avrebbe facilmente consentito al realizzatore del manufatto di far valere, in futuro, il possesso ad usucapionem della porzione di terreno su cui insistevano la piattaforma e la tettoia in oggetto(Corte d'Appello Firenze Sezione 1 Civile, Sentenza del 17 febbraio 2009, n. 203).



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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE

PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

1) dott. Antonio Chini - Presidente -

2) dott. Edoardo Monti - Consigliere rel. -

3) dott. Eleonora Polidori - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa in grado d'appello

da

Co.Al., Me.Co. e Me.Ma., rappresentati e difesi dall'avv. Cl.Bi. per delega in atti, con domicilio eletto in Firenze via (omissis) presso lo studio dell'avv. Ma.Pa.

- appellanti -

contro

Ba.Ma., rappresentato e difeso dagli avv.ti Si.Ce. e Ma.Ca. per delega in atti, con domicilio eletto in Firenze viale (omissis) presso lo studio della prima

- appellata -

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16 novembre 1998, Co.Al., Me.Co. e Me.Ma., proprietari di porzioni immobiliari site nel comune di Mandano, frazione Poggio Murella, località (omissis), convenivano Ba.Ma. davanti all'allora Pretore di Orbetello (ora Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello) per sentire dichiarare illegittime le opere - segnatamente: a) una piattaforma ed una tettoia edificate dal convenuto davanti alla porta di casa invadendo la corte comune, b) l'allargamento di una porta in modo da ostruire l'accesso al forno comune, nonché c) una recinzione con cancello che limitava il transito dei condomini - e per ottenere conseguentemente la condanna alla rimozione di tali manufatti con rimessione in pristino dei luoghi, oltre al risarcimento del danno.

Il Ba. si costituiva in giudizio affermando che la recinzione ed il cancello erano preesistenti ed il suo intervento si era limitato alla manutenzione, che l'allargamento della porta non dava fastidio a nessuno e che il piattaforma e la tettoia, lungi dal violare i diritti dei condomini sulla corte comune, ne consentivano il miglior godimento a vantaggio di tutti, donde la richiesta di respingere le domande avverse, piuttosto, in via riconvenzionale, il convenuto chiedeva che i Me. fossero condannati al rilascio di una porzione della corte indebitamente recintata ed accorpata alla loro proprietà esclusiva.

All'esito dell'istruttoria, assunte le prove orali ammesse ed espletata una consulenza tecnica d'ufficio onde verificare lo stato dei luoghi, il giudice adito, condivisa le tesi di parte convenuta, con sentenza del 7 agosto 2004, respingeva le domande di parte attrice e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava la proprietà comune sulla porzione di terreno recintata dai Me., a spese interamente compensate tra le parti.

Nell'interporre appello con atto di citazione notificato il 19 ottobre 2005, i soccombenti lamentavano l'ingiustizia della decisione, facendo notare che la realizzazione della veranda (ossia della piattaforma con sovrastante tettoia) ad esclusivo vantaggio di un singolo comproprietario limitava per l'effetto il diritto di godimento degli altri e, protraendosi nel tempo, era da ritenersi propedeutica all'usucapione, ciò che valeva anche per l'indebito ampliamento della porta del ripostiglio posta a fianco del forno comune e per la recinzione col cancello.

L'appellato si costituiva in giudizio contestando la fondatezza in fatto e in diritto dell'impugnazione e chiedendo la conferma della decisione di primo grado.

Senza svolgimento di alcuna attività istruttoria, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, così come precisate all'udienza del 3 giugno 2008, decorsi i termini di legge per il deposito delle difese finali, la causa passava una prima volta in decisione, ma poi veniva rimessa sul ruolo per l'avvenuto trasferimento ad altro Ufficio del consigliere relatore, sicché all'udienza del 2 dicembre 2008, espletato di nuovo l'incombente, la causa veniva infine trattenuta ili decisione e discussa all'odierna camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le risultanze istruttorie hanno indotto il giudice di primo grado a ritenere preesistenti la recinzione e il cancello, con la conseguenza di ricondurre l'intervento del Ba. un'attività meramente manutentiva dalla quale non può evidentemente scaturire alcuna responsabilità. Sul punto, nei motivi d'appello non si esprime alcuna contestazione specifica alle motivate valutazioni del Tribunale, sicché la statuizione in commento non può che essere confermata. Altrettanto dicasi, a maggior ragione, per quanto concerne l'ampliamento della porta ampliata nella proprietà del Ba. in prossimità del forno, che non ne ostacola significativamente l'uso comune. Anche su questo tema, l'appello non espone alcuna concreta argomentazione contraria e va rigettato.

Diverso è il discorso relativo alla piattaforma pavimentata in cotto con la tettoia sovrastante. Se infatti è vero che si tratta di manufatti "aperti", quindi teoricamente accessibili a chiunque, è altrettanto vero che la conformazione ne rende manifesta l'accessorietà pertinenziale all'abitazione dell'appellato: sia la piattaforma - marciapiede che la sovrastante tettoia si dipartono infatti dai muri e dalle aperture della proprietà Ba. sino ad invadere parzialmente l'area comune prospiciente, creando una netta distinzione fisica e ideale tra l'ima e l'altra porzione. In altre parole, qualunque estraneo dovesse osservare li luogo, sarebbe obbiettivamente indotto a credere che su quel marciapiede e su quella tettoia il Ba. eserciti un possesso esclusivo, giacché i manufatti sono nettamente disomogenei alla condizione generale della corte ed omogenei invece alla proprietà del singolo condomino. Anche il perito d'ufficio, pur mostratosi di opinione assai tollerante verso le ragioni dell'appellato, non ha potuto esimersi dal "constatare che, per realizzare il pavimento del marciapiede, in parte esistente sull'area comune, è stato costruito un gradino un po' troppo alto rispetto al piano naturale di campagna, cm. 17 - 20 circa di altezza" (pag. 3 rel. c.t.u.). Ora non v'è chi non veda che, pur non essendo fisicamente impedito a nessuno superare quel gradino, esso segna simbolicamente il passaggio dalla corte comune alla proprietà del Ba. Del resto, nessun ostacolo fisico è invalicabile, nemmeno un muro o un cancello, basta usare una scala, tuttavia costruire un muro, anche relativamente basso e facilmente scavalcabile, significa delimitare una porzione di terreno da un altro, significa marcare un confine, significa segnalare il perimetro di una proprietà fondiaria. In quest'ottica, il gradino particolarmente elevato che chiunque deve affrontare per salire sulla piattaforma pavimentata in cotto davanti all'ingresso del Ba. rappresenta indubbiamente un segno esteriore di proprietà, nella misura in cui si stacca dalla corte per assumere obbiettivamente una funzione accessoria all'abitazione del singolo condomino.

Ne deriva che, sebbene l'appellato si sia affannato in giudizio ad escludere qualsivoglia intenzione appropriativa del suolo comune ed abbia affermato di lasciare l'opera a disposizione di tutti i condomini, risulta nondimeno obbiettivamente incontestabile che quel pezzetto di suolo comune è stato manipolato ed asservito in funzione di un'utilità specifica del singolo proprietario, cosicché in futuro, lui stesso o i suoi aventi causa, potrebbero agevolmente far valere il possesso ad usucapionem della porzione di terreno su cui insistono la piattaforma e la tettoia in oggetto.

Bisogna conseguentemente ritenere l'abusività dei manufatti, che tendono surrettiziamente ad espropriare i condomini della porzione di suolo invaso e comunque creano fin d'ora un ostacolo di qualche impatto all'utilizzo normale della cosa comune, rappresentato quanto meno dal gradino di non agevole superamento che il manufatto forma rispetto al piano di campagna, ma anche dalla tettoia che ne limita il godimento verso l'alto. In accoglimento dello specifico motivo di gravame, l'appellato va pertanto condannato alla demolizione delle opere abusive, nella parte in cui insistono sul suolo di proprietà comune individuato in colore giallo nella planimetria in scala 1:100 allegata alla consulenza tecnica d'ufficio depositata il 19 ottobre 2001 dal geom. A.Bi., con rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Va invece rigettata la domanda di risarcimento danni, non concretamente provati e che, nella stessa visione degli appellanti, non si collegano tanto ad una lesione attuale quanto al timore di usucapione futura del bene comune.

Per quanto concerne le spese processuali, l'esito del giudizio impone a maggior ragione di tenere ferma la compensazione operata dal giudice di primo grado, stante la reciproca soccombenza che viene a realizzarsi tra le parti. Le spese d'appello vanno invece poste a carico del Ba. secondo il criterio della soccombenza e, tenuto conto della natura della causa e nei limiti dell'accoglimento, si liquidano in Euro 2.700,00 (di cui Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 700,00 per diritti), oltre alle spese forfetarie, nonché al trattamento fiscale e previdenziale vigente.

P.Q.M.

la Corte d'Appello di Firenze, sezione prima civile, definitivamente pronunciando nella causa in oggetto, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, in

PARZIALE RIFORMA

della sentenza del Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, in data 7 agosto 2004 n. 77 appellata da Co.Al., Me.Co. e me.Ma. contro Ba.Ma.

1) condanna quest'ultimo a demolire la piattaforma pavimentata in cotto e la tettoia per cui è causa, nella parte in cui insistono sul suolo di proprietà comune, così come individuato in colore giallo nella planimetria in scala 1:100 allegata alla consulenza tecnica d'ufficio depositata il 19 ottobre 2001 dal geom. A.Bi. con conseguente rimessione in pristino dei luoghi;

2) conferma nel resto la sentenza impugnata;

3) condanna Ba.Ma. al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in complessivi Euro 2.700,00 oltre accessori, a favore di Co.Al., Me.Co. e Me.Ma.

Così deciso in Firenze il 16 dicembre 2008.

Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2009.

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