Ciascun comunista ha diritto di domandare lo scioglimento della comunione con facoltà per l'autorità giudiziaria di stabilire una congrua dilazione

Dalla chiara disposizione di cui all'articolo 1111 del Cc - che prevede la possibilità di ciascuno dei partecipanti alla comunione di domandarne sempre lo scioglimento, con facoltà per l'autorità giudiziaria di stabilire una congrua dilazione, non superiore al quinquennio, se l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri, si ricava che il diritto di domandare lo scioglimento della comunione ha natura potestativa. (Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza del 4 dicembre 2007, n. 25288)



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

RO. TI., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio dell'avvocato GIGLI GIUSEPPE, che lo difende unitamente all'avvocato LUIGI NASCIMBEN, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

RO. PI.;

- intimato -

e sul 2 ricorso n 30144/03 proposto da:

RO. PI., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA CASETTA MATTEI 69, presso lo studio dell'avvocato LUCIO DOLCETTI, che lo difende unitamente all'avvocato GIOVANNI MANFREDINI, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

e contro

RO. TI.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 1119/02 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 02/08/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/07 dal Consigliere Dott. Francesco Paolo FIORE;

udito l'Avvocato GIGLI Giuseppe, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 13 marzo 1990, Ro.Pi. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Vicenza, il fratello Ro. Ti. e chiedeva lo scioglimento della comunione del terreno di loro proprieta', in Comune di (OMESSO), riportato in catasto al mappale (OMESSO), foglio (OMESSO), con attribuzione a se dell'intero bene.

Ro.Ti. si costituiva e resisteva alla domanda, eccependo che quel bene era costituito da una piccola striscia di terreno, destinata all'accesso alle proprieta' individuali di ciascuno ed oggetto in passato di contesa possessoria.

Con sentenza del 13 gennaio 2000, in esito a consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale di Vicenza scioglieva la comunione, attribuendo il bene - ritenuto non divisibile in natura - a Ro. Pi., con addebito dell'eccedenza in misura di lire 6.300.000.

Ro.Ti. interponeva gravame, cui resisteva Ro. Pi..

Con sentenza del 2 agosto 2002, la Corte d'appello di Venezia rigettava il gravame e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. Rilevava dapprima la Corte che "l'eventuale volonta' dell'odierno appellante di mantenere la comunione del terreno in argomento, quand'anche fosse accertata incontestabilmente, giammai potrebbe bloccare la domanda di divisione" della controparte, attesa la natura potestativa del diritto di ciascuno dei partecipanti di domandare lo scioglimento della comunione, ai sensi dell'articolo 1111 c.c. con facolta' dell'autorita' giudiziaria di stabilire una congrua dilazione se l'immediato scioglimento e' di pregiudizio agli interessi degli altri, pregiudizio - questo - insussistente nella specie, potendo lo appellante usufruire di altro passaggio per accedere alla via pubblica. Escludeva, poi, che la prospettata destinazione di quel terreno come passaggio comune alle proprieta' individuali delle parti per accedere alla via pubblica potesse precludere lo scioglimento della comunione, ai sensi dell'articolo 1112 c.c. Argomentava, infatti, che "ammesso che la striscia di terreno in questione abbia solo la destinazione di consentire il passaggio per giungere alla pubblica via, e' evidente che tale destinazione essa obiettivamente mantiene anche dopo lo scioglimento della comunione, dal momento che Ro.Pi. potra' continuare a transitare e, volendolo, potra' costituire una servitu' di passaggio a favore del fratello Ti., per cui nessuna violazione dell'articolo 1112 c.c. e' ravvisatile ...".

Per la cassazione di tale sentenza, Ro.Ti. ha proposto ricorso, illustrato con memoria. Ro.Pi. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Pregiudizialmente, si e' disposta la riunione dei ricorsi perche' proposti contro la stessa sentenza (articolo 335 c.p.c.).

2. Il ricorso principale espone quattro censure, sotto i diversi profili della violazione degli articoli 1111 e 1112 c.c. e dei vizi di motivazione su punto decisivo della controversia: a) la prima, con cui si denuncia l'omessa considerazione che il ricorrente principale ebbe a manifestare effettiva e non gia' eventuale volonta' di opporsi alla domanda di scioglimento della comunione; b) la seconda, con cui si critica l'affermata inopponibili'ta' del diritto potestativo di ciascuno dei partecipanti di domandare lo scioglimento della comunione, ai sensi dell'articolo 1111 c.c., senza tenere conto della limitazione prevista dall'articolo 1112 c.c., per le cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate; c) la terza, con cui si denuncia l'irrilevanza, ai fini dello scioglimento della comunione del bene, che il ricorrente principale avesse altro passaggio per accedere alla via pubblica, come pure affermato dalla Corte di merito; d) la quarta, con cui si denuncia errata applicazione dell'articolo 1112 c.c. per avere ritenuto la Corte di merito che lo scioglimento della comunione non precludesse la destinazione originaria del bene, pur avendo ammesso dapprima la prospettata funzione di quel bene come area di passaggio comune delle parti per raggiungere la via pubblica.

3. Il ricorso incidentale, condizionatamente proposto per l'ipotesi di accoglimento di quello principale, espone due censure: a) la prima, con cui si denuncia il vizio di ultrapetizione, per avere valutato la Corte di merito, senza che fosse stata sollevata alcuna questione sul punto, l'eventualita' che lo scioglimento della comunione potesse pregiudicare gli interessi dell'altro partecipante, ai sensi dell'articolo 1111 c.c.; b) la seconda, con cui si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 132 c.c. ovvero vizi di motivazione su punto decisivo della controversia, per avere ammesso la Corte di merito che il bene in oggetto avesse la destinazione di passaggio comune delle parti per giungere alla via pubblica, quando invece non risultava averla, secondo i conformi e non considerati rilievi della consulenza tecnica d'ufficio, che evidenziavano la separazione di quel bene dalla via pubblica con un muro e l'utilizzo esclusivo del medesimo bene da parte del ricorrente incidentale.

4. I ricorsi, principale ed incidentale, sono fondati in parte e vanno accolti per quanto di ragione.

Prive di fondamento, infatti, sono le censure svolte, nel ricorso principale ed in quello incidentale, con riguardo alla prima parte della sentenza impugnata, laddove la Corte di merito ha affermato la natura potestativa del diritto di domandare lo scioglimento della comunione, evidenziando peraltro la mancanza di impedimenti allo scioglimento immediato della comunione ex articolo 1111 c.c.; mentre fondate sono le censure svolte, nell'uno e nell'altro ricorso, con riguardo alla seconda parte della sentenza impugnata, laddove la Corte di merito ha escluso che il bene comune, costituito da una striscia di terreno, non fosse divisibile, ai sensi dell'articolo 1112 c.c.. Ed invero, che il diritto di domandare lo scioglimento della comunione abbia natura potestativa, come affermato dalla Corte di merito, e' principio desumibile dalla chiara disposizione dell'articolo 1111 c.c. che, significativamente, prevede la possibilita' di ciascuno dei partecipanti alla comunione di domandarne sempre lo scioglimento, con facolta' per l'autorita' giudiziaria di stabilire una congrua dilazione, non superiore al quinquennio, se l'immediato scioglimento puo' pregiudicare gli interessi degli altri.

Che nell'affermare tale natura la Corte di merito abbia evidenziato la mancanza di pregiudizi agli interessi dell'altro partecipante, tali da giustificare un differimento nel tempo dello scioglimento della comunione, ai sensi dell'articolo 1111 c.c. e' evidenza solo marginalmente esposta, ai fini della decisione adottata in parte qua, con conseguente inconcludenza delle censure formulate al riguardo, sia di quelle del ricorso principale, che, a conferma di quanto innanzi detto, neppure prospetta la proposizione nel giudizio di merito di una questione avente ad oggetto la dilazione dello scioglimento della comunione, sia di quelle del ricorso incidentale, che, per l'appunto, esclude la proposizione di una questione siffatta. All'infondatezza delle censure ora esaminate si accompagna, invece, come innanzi cennato, e nei termini di seguito esposti, la fondatezza di quelle riguardanti la seconda parte della sentenza impugnata, laddove la Corte di merito ha escluso che il bene comune, costituito da una striscia di terreno, non fosse divisibile, ai sensi dell'articolo 1112 c.c. pervenendo quindi alla conferma della decisione del primo giudice di scioglimento della comunione mediante attribuzione di quel bene al ricorrente incidentale, con addebito dell'eccedenza. Ed invero, la motivazione adottata sul punto si presenta inadeguata, tale da non consentire neppure di comprendere, chiaramente e compiutamente, i termini del sillogismo giudiziale adottato tra norma giuridica, fatto ed effetti conseguenti alla sussunzione del fatto sotto la norma giuridica. Argomenta in particolare la Corte di merito, a confutazione della pretesa esistenza di bene comune non soggetto a divisione, ai sensi dell'articolo 1112 c.c.: a) che "dall'interpretazione letterale e logica di tale norma si evince che il divieto di scioglimento della comunione riguarda soltanto quelle cose che possono perdere la loro originarla destinazione in conseguenza della divisione, oggettivamente considerata"; b) che "cio' non si verifica nel caso in esame, perche', ammesso che la striscia di terreno in questione abbia solo la destinazione di consentire il passaggio per giungere alla pubblica via, e' evidente che tale destinazione essa obiettivamente mantiene anche dopo lo scioglimento della comunione, dal momento che Ro. Pi. potra' continuare a transitare e, volendolo, potra' costituire una servitu' di passaggio a favore del fondo del fratello Ti., per cui nessuna violazione dell'articolo 1112 c.c. e' ravvisabile ...".

Orbene, la proposizione sub a), relativa alla norma giuridica applicata, non chiarisce quale sia il significato effettivamente attribuito alla disposizione dell'articolo 1112 c.c. che, come la Corte di Cassazione ha precisato, pone un impedimento allo scioglimento della comunione, per la configurazione del quale occorre che l'elemento volitivo si integri con quello oggettivo, in quanto lo scioglimento, che normalmente si attua con l'attribuzione ai partecipanti di porzioni materiali della cosa comune (articolo 1114 c.c.), puo' essere escluso dalla volonta' dei comunisti di imprimere a tale cosa una determinata caratteristica d'uso solo quando siffatta volizione trovi attuazione in una situazione materiale che, venendo meno con la divisione, determini la perdita della possibilita' di usare ulteriormente la cosa in conformita' della sua convenuta destinazione (v. Cass. n. 4176/83) : sono le ipotesi, tradizionalmente considerate, del vestibolo comune, posto al servizio di due case, e del cortile comune, non divisibile materialmente, posto al servizio di fabbricati di proprieta' esclusiva dei comunisti.

La proposizione sub b), relativa al fatto (ossia alla vicenda concreta, portata all'esame del giudice), si limita a supporne una data configurazione, quella appunto prospettata dal ricorrente principale, senza accertarne l'effettiva esistenza, che pure il ricorrente incidentale aveva contestato e contesta in ragione dei rilievi dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, non esaminata in sentenza, che nulla argomenta al riguardo. Inadeguata, dunque, si presenta la motivazione adottata dalla Corte di merito, in parte qua; e cio', tanto piu' se si consideri che il mantenimento della destinazione obiettiva del bene comune come passaggio per giungere alla via pubblica, anche dopo lo scioglimento della comunione, viene giustificato dalla medesima Corte di merito anche in ragione del fatto che il ricorrente incidentale "volendolo, potra' costituire una servitu' di passaggio a favore del fondo" del ricorrente principale, che e' fatto irrilevante allo scopo, per quanto rimette alla discrezionalita' di uno soltanto dei comunisti il mantenimento o meno della destinazione del bene comune.

Conclusivamente, quindi, il ricorso principale e quello incidentale devono essere accolti, per quanto di ragione.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, in parte qua, ed il rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia per riesame della questione insorta sulla divisibilita' o non divisibilita' del bene comune, ai sensi dell'articolo 1112 c.c..

La Corte di rinvio avra' anche cura di regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie, per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia.

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