Ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale

Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale. Ne consegue che ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove (come nella specie) non vi provveda l'amministratore. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 7 agosto 2002, n. 11882)



- Leggi la sentenza integrale -

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'avv. Paolo Iannitti, con ricorso del novembre 1998, chiese al Giudice di pace di Napoli la liquidazione a proprio favore di onorari e competenze per l'attività professionale svolta a favore del Condominio di corso Secondigliano 36 di quella città nel giudizio promosso contro la condomina Rosa Toscano.

Il Condominio si costituì, contestando di avere conferito alcun incarico al legale.

Con ordinanza 19-22 marzo 1999, pronunciata ex art. 29 legge n. 794/1942 il giudice adito condannò il Condominio al pagamento della somma di lire 600.000 - di cui lire 100.000 per esborsi, lire 200.000 per diritti e lire 300.000 per onorario -, nonché alle spese della procedura.

Avverso tale pronuncia, Vanda de Lutio e Maurizio Russo, rispettivamente, usufruttuaria e nudo proprietario di alcune unità immobiliari facenti parte dell'edificio condominiale predetto, hanno proposto ricorso per cassazione in base a due motivi.

Lo Iannitti non ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso risulta notificato all'avv. Paolo Iannitti, procuratore domiciliatario di se medesimo, a mani del portiere "incaricato della ricezione di atti".

Il Procuratore Generale d'udienza ha adombrato il dubbio versarsi in una ipotesi di notifica a mani del portiere nulla perché la relazione dell'ufficiale giudiziario non contiene l'attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nell'art. 139 c.p.c..

Il dubbio non ha ragion d'essere perché nella ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto quale specificamente addetto alle notifiche, dichiarandosi incaricato dal destinatario a tale mansione, e in detta veste venga indicato sull'originale che riporta la relata dell'ufficiale giudiziario procedente, ricorre la presunzione legale (iuris tantum) della qualità dichiarata, la quale, per essere vinta, abbisogna di una rigorosa prova contraria da parte del destinatario; la carenza di tale prova comporta, in tema di adempimenti, l'applicazione della disciplina prevista dal 2° comma dell'art. 139 c.p.c. e non di quella speciale fissata dal 4° comma della medesima disposizione, relativa alla notificazione al portiere o al vicino (cfr. Cass. nn. 14191/2000, 6602/1999). Dunque, nel caso di specie si versa in un caso di notifica a mani dell'addetto alla ricezione degli atti laddove, a norma dell'art. 139 c.p.c., solo in caso di notifica a mani del portiere che riceva l'atto in tale sua qualità e senza uno specifico incarico del destinatario, è richiesta l'indicazione della ricerca e del mancato rinvenimento delle altre persone abilitate a ricevere l'atto.

Maurizio Russo, come detto in narrativa partecipe del condominio dell'edificio al civico 36 del corso Secondigliano di Napoli, deve essere riconosciuto legittimato alla proposizione del qui delibato ricorso per cassazione avverso la sopra indicata ordinanza del Giudice di pace di Napoli, pronunciata nei confronti, non direttamente di esso ricorrente ma del menzionato condominio, e recante, fra l'altro, condanna di questo a pagare all'Avv. Iannitti, per i titoli di cui in narrativa, la somma di lire 600.000, oltre accessori.

Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, qual è l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale; di guisa che essi sono legittimati ad impugnare personalmente, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove, come nella fattispecie, non vi provveda l'amministratore (cfr., ex aliis, sentt. nn. 13716/1999, 11278/1995, 2932/1994, 5084/1993, 1920/1993, 5101/1986, 6881/1986, 3890/1977).

Stesso discorso va fatto per la de Lutio, cui, in quanto usufruttuaria di beni facenti parte del condominio, fanno carico, a termini dell' art. 1004 c.c., le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della res in godimento, ricavando da tanto legittimazione autonoma e concorrente con il nudo proprietario a sostituirsi all'amministratore per impugnare un provvedimento sfavorevole al condominio medesimo.

Sempre in via preliminare deve essere vagliata l'ammissibilità del ricorso.

E' ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, in tema di onorari e di diritti dovuti dal cliente al proprio difensore per le prestazioni professionali espletate in un giudizio civile, anche se il patrono si sia avvalso dell'ordinario procedimento per ingiunzione disciplinato dagli articoli 633 e seguenti c.p.c., l'opposizione avverso il provvedimento di liquidazione deve svolgersi secondo lo speciale procedimento previsto dagli articoli 29 e 30 della legge 13/6/1942 n. 794 - dettato per la specifica esigenza di speditezza di tali controversie - dovendosi riconoscere alla decisione conclusiva, anche se adottata nella forma della sentenza, natura sostanziale di ordinanza, sottratta all'appello ed impugnabile solo con il ricorso per cassazione a norma dell'articolo 111 Costituzione. Tale principio, tuttavia, non può trovare applicazione quando la controversia non involga unicamente la misura del compenso dovuto all'avvocato o al procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile, ma siano contestati i presupposti stessi del diritto del professionista al compenso, l'esistenza del rapporto di clientela, i limiti del mandato, l'effettiva esecuzione delle prestazioni, ecc. Allorché si verifichi una di tali ipotesi, il procedimento ordinario, che è il solo previsto e consentito per la definizione di questioni diverse dalla determinazione della misura del compenso dovuto al professionista, attrae nella sua sfera, per ragioni di connessione, anche la materia propria del procedimento speciale e tutto il giudizio si conclude in primo grado con un provvedimento impugnabile solo con l'appello (in tali sensi, vedi, tra le tante, le sentenze nn. 3504/1999, 2471/1999, 182/1999, 2020/1998, 786/1998, 8169/1997, 7533/1997, 10770/1996, 2229/1995, 6700/1994, 2456/1994).

Nella specie, per come emerge dal tenore della comparsa di costituzione e risposta riportata in ricorso nei suoi passaggi salienti, la controversia in esame non coinvolge esclusivamente la misura del compenso dovuto all'avvocato Iannitti, ma è relativa ai presupposti stessi del diritto al compenso preteso dal ricorrente per l'attività professionale svolta, ossia l'effettivo conferimento del mandato ad litem. In particolare il condominio, nell'opporsi al ricorso, ha eccepito che "non era parte nel giudizio per il quale l'avv. Iannitti sembra agire", "non ha conferito l'incarico all'avv. Iannitti" e "nella causa per la quale ... chiede i compensi esso Iannitti non agiva affatto quale legale del condominio, ma quale procuratore di se stesso e dunque in propria autonomia".

Le riportate affermazioni del condominio sono prese a base delle specifiche censure mosse nel ricorso principale con il quale i ricorrenti lamentano l'errore commesso dal giudice del merito nel non averne tenuto conto. Essi, quindi, deducono che al legale non spettavano i diritti e gli onorari per una causa cui il condominio era totalmente estraneo.

Vi è, cioè, una contestazione sull'an dell'intera categoria di prestazioni giudiziali addotte dal professionista che di per sé esclude l'applicabilità, nel caso concreto, dello speciale procedimento semplificato di liquidazione dei compensi previsto dagli artt. 28 e ss. della legge 13 giugno 1942 n. 794.

Da quanto precede emerge con evidenza che l'ordinanza impugnata ha deciso la controversia tra le parti anche in ordine ai presupposti delle pretese ivi fatte valere dall'avvocato Iannitti e concernenti i diritti e gli onorari per le contestate prestazioni professionali relative alla causa asseritamene svoltasi tra il condominio di corso Secondigliano 36 e la condomina Toscano.

Da ciò deriva che - in aderenza con l'orientamento giurisprudenziale sopra precisato in tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per gli onorari ed i diritti chiesti dal difensore al proprio cliente secondo la speciale procedura di cui ai citati articoli 28 e seguenti legge 794/1982 - la ordinanza avente valore di sentenza sarebbe in thesi impugnabile con l'appello e non con il ricorso in cassazione ex articolo 111 Costituzione.

Neppure tale ulteriore principio, peraltro, può trovare ingresso nel procedimento in esame, per l'assorbente rilievo che le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità, tali dovendosi sempre considerare, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., quelle il cui valore è inferiore a due milioni di lire pur se dell'equità come nella specie il giudice non abbia fatto menzione in sentenza, sono impugnabili solo con ricorso per cassazione.

L'unico rimedio impugnatorio avverso l'ordinanza-sentenza impugnata era quindi quello (ricorso per cassazione) effettivamente esperito.

Ciò posto, deve dirsi che il primo motivo del ricorso si rivela fondato, denunciandosi con esso vizi motivazionali attinenti alle varie deduzioni difensive del condominio opponente e, in particolare, all'eccepita mancanza del mandato ad litem posto a fondamento del ricorso monitorio. Il giudice di pace, infatti, si è limitato a liquidare gli onorari e i diritti dell'odierno resistente, omettendo totalmente di esaminare le eccezioni formulate dall'opponente con l'atto introduttivo del processo.

Manca, così, nella specie, ogni possibilità di ricostruire la ratio decidendi della sentenza impugnata sulla implicitamente affermata fondatezza dell'an della pretesa, esaurendosi come detto la motivazione della stessa nella pura e semplice liquidazione di onorari e diritti in favore dell'avv. Iannitti.

Ricorre, dunque, l'ipotesi della motivazione inesistente o apparente, che rende non solo ammissibile ma anche fondato il primo motivo del proposto ricorso, comportando di conseguenza l'assorbimento del secondo motivo e la cassazione della sentenza con rinvio ad altro giudice di pace di Napoli, cui viene demandato il regolamento delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altro Giudice di pace di Napoli.

INDICE
DELLA GUIDA IN Condominio

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 2643 UTENTI