E' legittima l'installazione di pensiline realizzate con materiale elegante e in armonia con le caratteristiche strutturali del fabbricato

Qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 1102 cod. civ. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprieta' contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempreche' la relativa osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le singole proprieta' coesistono in unico edificio.

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 25 ottobre 2011, n. 22092



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio - Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio - rel. Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1615/2006 proposto da:

CO. FR. (OMESSO), SC. CE. (OMESSO), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell'avvocato BARBANTINI GOFFREDO MARIA, rappresentati e difesi dall'avvocato TOMMASI MAURO;

- ricorrenti -

contro

Pe. Ca. , Ni. Gi. domiciliati ex lege, in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato FRANCIA RENZO (deceduto nelle more);

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 909/2004 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 25/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/07/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso per manutenzione del possesso Co. Fr. e Sc.Ce. , proprietari dell'appartamento al primo piano del fabbricato sito in (OMESSO), denunciavano che Ni.Gi. e Pe.Ca. , proprietari del sottostante appartamento a piano terra, avevano realizzato tre pensiline di materiale plastico con intelaiatura in ferro lamentando la lesione dell'estetica della facciata e la violazione del diritto di veduta in appiombo dai medesimi esercitato.

Chiedevano la rimozione del manufatto, facendo presente che, attraverso la pensilina era possibile accedere dal muro di cinta al loro appartamento.

Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Respinta la tutela interdittale, il Tribunale di Massa con sentenza dep. il 21 luglio 2001 rigettava la domanda.

Con sentenza dep. il 25 novembre 2004 la Corte di appello di Genova rigettava l'impugnazione principale proposta dagli attori.

Dopo avere precisato i limiti entro i quali le norme sulle distanze legali si applicano al condominio in considerazione dell'esigenza di contemperare i diversi interessi dei proprietari che il giudice deve valutare, la Corte riteneva che, da un canto, le pensiline realizzate con materiale elegante e in armonia con le caratteristiche strutturali e le linee estetiche del fabbricato, svolgevano una funzione di obiettiva utilita' per il condomino al piano terra e, d'altro lato, che il pericolo alla sicurezza del primo piano era da escludere, attesa la fragilita' della lastra in policarbonato che sola avrebbe potuto fornire una base di appoggio per accedere all'appartamento degli attori mentre il materiale trasparente delle pensiline non impediva l'esercizio della veduta in appiombo.

2. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione il Co. e la Sc. sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso gli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto nonche' omessa, insufficiente contraddittoria motivazione sul punto "sicurezza" dei ricorrenti, censurano la decisione gravata che, nella valutazione della gerarchia dei valori condominiali, aveva ritenuto secondario il problema della sicurezza evidenziato da essi ricorrenti rispetto alla funzione di protezione e riparo della porta finestra del piano terra, che era stato invece considerato primario mentre tale sarebbe stato il problema della sicurezza e la tutela dell'integrita' fisica e patrimoniale degli attori. Ugualmente assurdo doveva considerarsi il ragionamento della Corte laddove aveva ritenuto che nelle lastre in policarbonato doveva individuarsi il piano di appoggio per accedere all'appartamento degli attori quando in realta' la base di appoggio era la struttura metallica in acciaio infissa nel muro e su cui poggiava il policarbonato.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrenti, lamentando violazione dell'articolo 907 907 cod. civ. anche con riferimento a una pensilina che non deve impedire il diritto di veduta dei condomini, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte. Tenuto conto che la pensilina, nella parte in cui e' costituita con materiale trasparente, e' destinata a opacizzarsi rapidamente, non si comprendeva come la stessa potesse considerarsi non ostativa all'esercizio della veduta.

2. I motivi - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati.

La sentenza impugnata e' innanzitutto conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimita', secondo cui le norme sulle distanze legali, rivolte fondamentalmente a regolare rapporti fra proprieta' contigue e separate, sono applicabili anche nei rapporti tra i condomini di un edificio condominiale quando sia compatibili con l'applicazione delle norme particolari relative alle cose comuni (articolo Cass. 6546/2010; 7044/2004; 8978/2003; 15394/2000; 9995/1998; 10704/1994).

Al riguardo occorre ricordare i principi che in modo particolare sono stati chiariti e precisati da Cass. 6546/2010).

Secondo Cass. 7044/ 2004 n. 7044, in considerazione della peculiarita' del condominio degli edifici, caratterizzato dalla coesistenza di una comunione forzosa e di proprieta' esclusive, il godimento dei beni, degli impianti e dei servizi comuni e' in funzione del diritto individuale sui singoli piani in cui e' diviso il fabbricato: dovendo i rapporti fra condomini ispirarsi a ragioni di solidarieta' si richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, dovendo verificarsi necessariamente alla stregua delle norme che disciplinano la comunione - che l'uso del bene comune da parte di ciascuno sia compatibile con i diritti degli altri (Cass. 8808/2003).

Trova percio' applicazione la disciplina, che regolando in modo particolare e specifico, il godimento e l'utilizzazione dei beni comuni, ha natura speciale rispetto alla normativa che, nell'ambito dei rapporti di vicinato, stabilisce le limitazioni legali fra proprieta' confinanti, che sono imposte con carattere di reciprocita' indipendentemente dalla verifica di un pregiudizio derivante dalla loro inosservanza.

Al riguardo occorre fare riferimento quindi all'articolo 1139 cod. civ., al condominio - che, nello stabilire i poteri e i limiti di ciascun partecipante nell'uso dei beni comuni, fissa al tempo stesso le condizioni di liceita' della condotta del comunista.

Con riferimento al condominio la norma consente, infatti, la piu' intensa utilizzazione dei beni comuni in funzione del godimento della proprieta' esclusiva, purche' il condomino non alteri la destinazione del bene e non ne impedisca l'altrui pari uso.

In definitiva l'estensione del diritto di ciascun comunista trova il limite nella necessita' di non sacrificare ma di consentire il potenziale pari uso della cosa da parte degli altri partecipanti (Cass. 10453/2001).

Pertanto,qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 1102 cod. civ. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprieta' contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempreche' la relativa osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le singole proprieta' coesistono in unico edificio.

Infatti la prevalenza della norma speciale, dettata in materia di condominio, determina l'inapplicabilita' di quella generale, quando i diritti o le facolta' da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal partecipante alla comunione sulla base dell'articolo 1102 cod. civ..

Nella specie, la sentenza ha compiuto, con motivazione immune da vizi logici, la verifica della compatibilita' dell'uso piu' intenso della cosa comune con i limiti sanciti dall'articolo 1102 cod. civ.. Ed invero, i Giudici non hanno affatto considerato prevalente la funzione di protezione delle pensiline rispetto al problema della sicurezza posto dagli attori avendo escluso che i manufatti realizzati dai convenuti potessero essere utilizzati da malintenzionati per accedere all'appartamento degli attori: hanno ritenuto che soltanto la lastra in policarbonato in astratto fosse utilizzabile come base di appoggio ma che in concreto per la sua fragilita' non potesse costituire un piano idoneo per accedere all'appartamento degli attori. D'altra parte, e' stata anche esclusa la lesione del diritto di veduta, stante il materiale trasparente di cui erano costituite le pensiline, che le stesse fossero state mantenute in condizioni di pulizia dai predetti convenuti in adempimento degli obblighi loro imposti a garanzia di una civile convivenza e di un corretto svolgimento dei rapporti di vicinato.

Orbene, le doglianze sollevate dai ricorrenti si sostanziano nella censura degli apprezzamenti compiuti dalla sentenza impugnata in ordine agli accertamenti di fatto - che sono riservati al giudice di merito - circa l'idoneita' dei manufatti a creare una condizione di insicurezza o a ledere il diritto di veduta. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non puo' risolversi nella denuncia della difformita' della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell'articolo 360, n. 5 citato, la (dedotta) erroneita' della decisione non puo' basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell'ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed e' sottratta al controllo di legittimita' della Cassazione che non puo' esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte e' anche giudice del fatto).

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.000,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 1.800,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

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