Casa:
I poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamen
Pubblicata il 21/04/2008
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sul ricorso proposto da:
DI. SA. LE., elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. A. PASQUALE 21, presso lo studio dell'avvocato CAPRIOTTI MARIO, difesa dall'avvocato BRUNI CIRIACO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CONDOMINIO (OMESSO), in persona dell'Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE, difeso dall'avvocato TRIPPETTA LORENZO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 696/02 della Corte d'Appello di L'AQUILA, depositata il 27/08/02;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 25/10/07 dal Consigliere Dott. COLARUSSO Vincenzo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Di. Sa. Le. impugno' la delibera del condominio (OMESSO) di (OMESSO) del 6.3.1996 che vietava l'installazione sul lastrico di copertura dell'immobile condominiale di un'antenna ricevente e di un cavo Te. da parte delle S.r.l Se., cui l'attrice aveva promesso di locare il suo appartamento.
Chiese anche il risarcimento del danno in quanto la promissaria, dopo la delibera impugnata, aveva disdetto il contratto.
L'impugnativa e' stata dichiarata improponibile dal Tribunale e la Corte di Appello di L'Aquila ha rigettato il gravame proposto dalla Di. Sa. osservando:
che il ricorso ex articolo 700 c.c. proposto anteriormente alla causa "de quo" (per ottenere la sospensione delle delibera) non era idoneo ad impedire la decadenza di cui all'articolo 1137 c.c.;
che la delibera non impingeva, limitandolo, il diritto di proprieta' esclusiva, avendo semplicemente tutelato l'uso che se ne intendeva fare, difforme dal regolamento di condominio, che vietava di destinare gli appartamenti a scopi "industriali", intesa come tale l'attivita' imprenditoriale della Se., esercente sistemi di navigazione satellitare.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Di. Sa. Le. con tre motivi. Il condominio resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo si denunzia violazione articolo 1137 c.c. nonche' vizio di motivazione. La delibera era invasiva e limitativa del diritto di proprieta' individuale e, come tale era nulla ed impugnabile senza limiti di tempo.
Col secondo motivo - denunziandosi violazione della Legge n. 554 del 1940, articoli 1 e 3 - si sostiene che delibera in questione aveva violato il diritto soggettivo perfetto di installazione delle antenne sancito dalle norme indicate in rubrica.
3. I due motivi, tra loro strettamente connessi, vanno esaminati assieme.
Non sono fondati.
3.a. Innanzitutto deve osservarsi che le numerose sentenza richiamate nel ricorso non si attagliano al caso di specie, in quanto riferite alla installazione, cosi' come prevedono le mentovate norme di legge, sui lastrici solari comuni di antenne per la ricezione del programmi radiofonici, che la giurisprudenza (cfr. Cass. 2862/1994) ha esteso anche a quelle destinate alla ricezione dei programmi televisivi.
La delibera in questione aveva ad oggetto l'installazione sul lastrico solare di un'antenna avente tutt'altra funzione e concerneva l'uso del bene condominiale in vista dell'utilizzazione (pacifica) del bene singolo ed il divieto di installazione si fondava sul fatto che l'uso che si intendeva fare dell'appartamento era vietato dal regolamento di condominio pacificamente di natura contrattuale.
3.b. Ebbene, in materia di condominio degli edifici, i poteri dell'assemblea condominiale, fissati tassativamente dal codice, non possono invadere la sfera di proprieta' dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti, o mediante approvazione del regolamento che la preveda, cosi' che l'autonomia privata consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprieta', senza che rilevi che l'esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni. Ne discende che legittimamente le norme di un regolamento di condominio - aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini - possono integrare la disciplina legale e prevedere, nell'interesse comune, limitazioni ai diritti dei condomini sia relativamente alla parti comuni sia riguardo al contenuto dei diritti individuali sulle parti di proprieta' esclusiva, potendosi estendere tali divieti sia alle modifiche strutturali o esteriori del bene singolo sia a determinate utilizzazioni di esso.(Cass. 11121/99; Cass. 9157/91; 6121/77; Cass. 13780/2004; e da ult. Cass. 8883/05).
3.c. Nel caso di specie, poiche' non viene contestata dalla ricorrente la natura contrattuale del regolamento, affermata dalla sentenza (pag. 15), ne deriva che legittimamente l'assemblea aveva opposto un divieto alla effettuazione di un'opera sulla parte comune in quanto detta opera era necessariamente - e pacificamente - finalizzata ad una determinata utilizzazione del bene singolo vietata dal regolamento contrattuale.
3.d. La delibera adottata dall'assemblea non puo' considerarsi nulla alla stregua dei piu' recenti arresti di questa Corte (cfr. per tutte: Cass. SS.UU. n. 4806/2005) ove si afferma che debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali; le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume); le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea; le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; le delibere che incidono, sulle cose o servizi comuni o sui diritti individuali o sulla proprieta' esclusiva di ognuno dei condomini, comprimendoli laddove non e' consentito (v, infra, sub 5.). Debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere viziate nella regolare costituzione dell'assemblea; quelle adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; quelle affette da vizi formali o assunte in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, ovvero da generiche irregolarita', attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea; quella che violano norme richiedenti maggioranze qualificate in relazione all'oggetto.
4. Col terzo motivo si denunzia violazione articolo 2585 c.c. sul rilievo che erroneamente era stato ritenuto che la Se., promittente locataria dell'appartamento, avrebbe esercitato in esso una industria, essendo, invece, un'azienda di servizi.
Il motivo non e' fondato.
4.a. La Corte di Appello ha dato un'accezione ampia, ma corretta, del termine "industria", assimilando l'attivita' svolta dalla Se. ad attivita' di impresa industriale (sent. pagg. 14 e 15) intesa come "attivita' produttiva" di beni o di servizi.
4.b. Il concetto di industria ha carattere economico piu' che giuridico cosi' che l'impresa (e l'imprenditore) c.d. industriale non si differenzia giuridicamente dall'impresa (o dall'imprenditore) c.d. commerciale. E' denominata impresa l'attivita' - intesa come un serie di atti coordinati - finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. E', in sintesi, attivita' produttiva, e tale puo' considerarsi anche l'attivita' di scambio in quanto volta ad incrementare l'utilita' dei beni spostandoli nel tempo e/o nello spazio.
Secondo la dottrina dominante il fine della produzione e dello scambio di beni o servizi si realizza quando l'attivita' imprenditoriale e' destinata al mercato, essendo irrilevanti sia la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati sia il tipo di bisogno che essi sono destinati a soddisfare, tanto che e' stata considera attivita' di impresa anche la produzione di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa (Cass. 9395/95). Non si considera impresa soltanto quella esercitata per conto proprio, anche se, per acquisire la qualita' di imprenditore, e' sufficiente che il soggetto destini anche parzialmente, o solo potenzialmente, parte della produzione al mercato, cosi' come esula dal campo dell'impresa la mera attivita' di godimento, quella, cioe', che non da luogo alla produzione di nuovi beni o servizi. Anche gli atti di investimento, di speculazione e di finanziamento, che siano tra loro coordinati e tali da configurare un'attivita' unitaria, possono costituire attivita' di impresa nel caso in cui ricorrano i requisiti della stabile organizzazione e della professionalita', cosi' che sono stati considerati imprenditori (commerciali) le societa' di investimento, le societa' finanziarie e il soggetto che svolga professionalmente attivita' di indirizzo di controllo di una holding (Cass. 1439/90).
4.c. Alla luce di tali principi, correttamente l'attivita' che la Se. si apprestava a svolgere nell'appartamento della Di. Sa. e' stata qualificata attivita' di impresa e, come tale, vietata dal regolamento.
5. Deriva da tutto quanto precede che non puo' essere considerata affetta da nullita' una delibera che (come quella impugnata nella specie) ribadisca ed attui il divieto di un determinato uso del bene, enunciato nel regolamento di condominio contrattuale e vincolante per tutti gli acquirenti dei singoli appartamenti.
6. Ne consegue che, trattandosi di delibera annullabile, correttamente la ricorrente venne dichiarata decaduta dal diritto di impugnarla essendo stato il ricorso proposto oltre il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 1137 c.c..
7. in conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata alle spese, liquidate come nel dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi euro 1800,00, di cui euro 1700,00 per onorario, oltre spese fisse, IVA, CPA ed altri accessori di legge.