Il diritto al pari uso della cosa comune non è leso dalla sottrazione di una porzione di essa alla possibilità di utilizzo da parte dei comunisti

La lesione del diritto al pari uso della cosa comune, non e' integrata dalla semplice sottrazione di una porzione di essa alla possibilita' di utilizzo da parte dei comunisti - perche' la tutela accordata dall'ordinamento concerne il pari utilizzo della res nella sua interezza, secondo la funzione propria del bene - a maggior ragione tale criterio ermeneutico deve trovare applicazione quando si controverta in materia di azione di spoglio o di manutenzione in cui vanno specificamente indicate le attivita', prima esercitate od esercitabili (in questo caso: dalla collettivita' dei condomini) sulla res communis che verrebbero compresse o impedite dall'attivita' immutativa del singolo: questo del resto appare esser stato l'approccio valutativo seguito dallo stesso Tribunale (a fol. 5 , prima alinea, nella copia prodotta in sede di legittimita'), allorche' riconobbe che il posizionamento dell'impianto di condizionamento e dei tubi ad esso collegati sarebbero rientrati nelle facolta' del comproprietario-compossessore (articoli 1102 e 1110 cod. civ.) "salva la loro piena valutazione di legittimita' nell'opportuna sede petitoria" (ibidem):

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 19 maggio 2014, n. 10968



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno - rel. Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

Dott. ABETE Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.r.g. 24839/08 proposto da:

Condominio di (OMISSIS) (p.IVA: (OMISSIS)), in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS); rappresentato e difeso dall'avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in (OMISSIS), in forza di procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

S.r.l. (OMISSIS) (p. IVA (OMISSIS)); in persona del suo legale rappresentante pro tempore sig.ra (OMISSIS); elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS) che l'assiste e rappresenta, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3505/2007 della Corte di Appello di Roma; depositata il 5 settembre 2007; non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 20 marzo 2014 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l'avv. (OMISSIS) per il Condominio ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso

Udito l'avv. (OMISSIS), per la societa' controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dr. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - Il Condominio dello stabile sito in (OMISSIS), propose ricorso innanzi al Tribunale di Roma per essere reintegrato nel possesso di una porzione di lastrico solare condominiale che una condomina, la srl (OMISSIS) avrebbe usato per suoi scopi esclusivi, escludendo il pari uso degli altri condomini: in particolare essa, dopo aver ristrutturato la pavimentazione a copertura dei sottostanti locali di proprieta' esclusiva, avrebbe posto un impianto di condizionamento, con tubi passanti attraverso il lastrico solare, pretendendo altresi' di avere diritto esclusivo su tale porzione di copertura.

2 - La societa' si costitui' nella fase interdittale contestando la fondatezza delle pretese del ricorrente Condominio: l'adito giudicante respinse l'interdetto possessorio non rinvenendo ne' l'elemento soggettivo ne' quello oggettivo del lamentato spoglio; tale provvedimento fu sottoposto a reclamo ed in esito ad esso fu ordinato alla societa' di reintegrare il Condominio nel compossesso dell'anzidetta superficie, rimuovendo apparecchiature e tubazioni; il Tribunale del merito possessorio pronunzio' sentenza n. 47686/2002 accogliendo la domanda di reintegrazione e respingendo quella di risarcimento del danno, pure avanzata dall'Ente di gestione.

3 - Tale sentenza venne impugnata dalla societa' che ne deposito' copia autentica ma mancante di una parte della motivazione; il Condominio resistette al gravame eccependo la improcedibilita' dell'appello; la Corte di Appello di Roma, pronunziando sentenza n. 3505/2007, respinse l'eccezione preliminare - ritenendo che le ragioni della decisione emergessero in modo sufficientemente chiaro dalla narrativa dell'appello - e accolse il gravame, in base all'osservazione che il Tribunale aveva proceduto alla reintegra pur riconoscendo che le condotte della societa', considerate per la loro oggettivita', non integrassero fatti di spossessamento di quel generico compossesso che i condomini potevano esercitare sul lastrico comune ma che, cio' nonostante, aveva ritenuto integrato lo spoglio per il solo fatto della volonta' manifestata dalla societa' di escludere i medesimi condomini dall'uso comune, non considerando dunque che i due elementi dovevano coesistere per dirsi integrato lo spoglio.

4 - Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Condominio, facendo valere quattro motivi di ricorso e depositando la copia integrale della sentenza impugnata; la societa' (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Con il primo motivo il Condominio denunzia la violazione del combinato disposto dell'articolo 165 c.p.c., articolo 347 c.p.c., commi 1 e 2; articolo 348 c.p.c., comma 1 e dell'articolo 359 c.p.c., in relazione al vizio illustrato dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, assumendo che la mancanza, nella sentenza depositata, di parte determinante della motivazione , avrebbe reso l'appello improcedibile in quanto l'atto cosi' prodotto non avrebbe posseduto i requisiti minimi per esser considerato sentenza - e quindi non avrebbe consentito al giudice dell'impugnazione di ricostruire il percorso logico seguito dal Tribunale, con la conseguenza che avrebbe dovuto affermarsi che la parte appellante non avrebbe depositato una copia della sentenza appellata e quindi non si sarebbe potuta dire costituita nei termini.

1.a - Nega altresi' parte ricorrente la validita' di quell'indirizzo interpretativo di legittimita', richiamato dalla Corte di Appello, che ritiene l'invalida produzione di copia (autentica) di sentenza incompleta, sanabile laddove il contenuto di essa sia ricostruibile aliunde: struttura di conseguenza il quesito di diritto chiedendo alla Corte di pronunziarsi sull'esistenza di un vizio insanabile della costituzione in appello per il sol fatto della incompletezza della copia della sentenza appellata.

2 - Con il secondo motivo, strettamente connesso al precedente, il Condominio ricorrente assume l'esistenza di un vizio di motivazione - ritenuta omessa o insufficiente - laddove la Corte del merito avrebbe ritenuto che dal solo contenuto dell'atto di appello si sarebbe potuta integrare la motivazione omessa: di cio', afferma il Condominio, non si e' data adeguata spiegazione in sentenza; assume in proposito che la Corte di Appello sarebbe caduta in decisivi travisamenti della decisione di primo grado - come sarebbe emerso pianamente dalla lettura di tale provvedimento, depositato nella sua integralita' a' sensi dell'articolo 372 c.p.c. - laddove avrebbe attribuito al Tribunale un giudizio di inidoneita' delle opere poste in essere dalla controricorrente a determinare spoglio o grave turbativa del compossesso , mentre, al contrario, il giudice di primo grado le avrebbe qualificate inidonee solo in teoria ed in linea di massima.

3 - Con il terzo motivo viene denunziata la violazione dell'articolo 342 c.p.c., censurandosi la decisione della Corte del merito di procedere alla valutazione dell'appello, non considerando che la incompletezza della motivazione avrebbe inciso, facendone venir meno la specificita', sui motivi di appello, rendendo tale impugnazione inammissibile.

4 - Con il quarto motivo si assume la insufficienza o la contraddittorieta' della motivazione laddove la Corte distrettuale avrebbe interpretato la sentenza di primo grado attribuendo al Tribunale, contraddittoriamente, l'affermazione e la negazione dell'elemento materiale dello spoglio, tralasciando invece di considerare che quel giudice aveva effettuato un discrimine tra astratta inidoneita' e concreta - vale a dire nel caso specifico- lesivita' delle opere ad incidere sul compossesso dei condomini sul lastrico solare, non valutando altresi' che anche l'uso di fioriere a delimitazione della zona di lastrico ove si sarebbe svolta la signoria esclusiva della societa' avrebbe, di per se', integrato l'elemento materiale dello spoglio.

5.a - I mezzi vanno esaminati congiuntamente, stante la loro stretta correlazione logica ed argomentativa.

5.b - Deve innanzi tutto dirsi inammissibile ex articolo 360 bis c.p.c., la prima censura laddove si pone in consapevole contrasto con il consolidato indirizzo di legittimita' secondo il quale, nel vigore del nuovo testo (introdotto dalla Legge n. 353 del 1990, articolo 54) dell'articolo 348 cod. proc. civ. - che non contempla piu' la declaratoria di improcedibilita' dell'appello in conseguenza della mancata presentazione del fascicolo di parte - e quindi della sentenza impugnata - nella prima udienza (ancorche' il deposito del fascicolo e della sentenza impugnata siano comunque prescritti dal combinato disposto degli articoli 165, 359 e 347 cod. proc. civ.), e considerato il principio di tassativita' delle cause di improcedibilita', deve ritenersi che la mancanza in atti della sentenza impugnata - e quindi, a maggior ragione, la copia incompleta di essa - ancorche' quest'ultima possa risultare indispensabile per ottenere una pronuncia di merito sul gravame, non implica comunque la possibilita' di una declaratoria di improcedibilita' dell'appello, essendo il giudice di appello tenuto a una decisione di merito, ove questa sia possibile sulla base degli atti, ovvero, se il contenuto della sentenza impugnata non sia desumibile in modo inequivoco dall'atto di appello, a una decisione di inammissibilita' dell'appello per carenza degli elementi essenziali di tale atto, analoga alla dichiarazione di inammissibilita' per genericita' dei motivi (cosi' Cass. Sez. 1 n. 10404/2003; Cass. Sez. 5 n. 2728/2004; Sez. 2 n. 18006/2004; Cass. Sez. 3 n. 7237/2006; Cass. Sez. 3 n. 3181/2006; Cass. Sez. 3 n. 6439/2009).

5.b.1 - Non ha invero parte ricorrente fornito diversa articolazione critica di questo orientamento - nelle fattispecie disciplinate dal nuovo testo dell'articolo 348 c.p.c. - ma ha semplicemente riferito che dalla lettura della copia autentica della sentenza non sarebbe stato possibile pervenire alla ricostruzione del contenuto della stessa: tale affermazione, oltre ad essere in contrasto con la contraria valutazione contenuta nella sentenza di appello - sul punto, non censurabile in questa sede di legittimita', e' altresi' inidonea a consentire un diverso esito interpretativo da parte della Corte perche', in deroga al principio di specificita' del ricorso - concretizzato nel canone dell'autosufficienza dello stesso - non e' stato riportato il contenuto dell'appello, dal quale il giudice del gravame aveva desunto le ragioni per integrare la deficitaria produzione di cui s'e' detto, per metterlo a confronto della copia integrale della sentenza di primo grado, prodotta dallo stesso ricorrente: tali conclusioni valgono sia per i primi due motivi sia per quanto concerne quello relativo alla specificita' della censura in appello.

5.b.2 Al postutto, la lettura della motivazione (integrale) della decisione del Tribunale, consente di valutare ex actis la sufficienza dell'analisi condotta dal giudice di appello, essendo emerso che effettivamente, come affermato dalla Corte romana, il Tribunale accolse il ricorso per reintegrazione sol perche' la societa', oggi resistente, aveva manifestato la sua ferma volonta' di escludere gli altri dall'uso di quella porzione di lastrico solare ma non perche' - cosi' ragiono' il Tribunale - la minima occupazione del lastrico fosse tale da far venir meno la possibilita' di compossesso degli altri condomini.

5.b.3 - Quanto a quest'ultimo punto, giova sottolineare che se deve prestarsi adesione al filone interpretativo, a mente del quale la lesione del diritto al pari uso della cosa comune, non e' integrata dalla semplice sottrazione di una porzione di essa alla possibilita' di utilizzo da parte dei comunisti - perche' la tutela accordata dall'ordinamento concerne il pari utilizzo della res nella sua interezza, secondo la funzione propria del bene - a maggior ragione tale criterio ermeneutico deve trovare applicazione quando si controverta in materia di azione di spoglio o di manutenzione in cui vanno specificamente indicate le attivita', prima esercitate od esercitabili (in questo caso: dalla collettivita' dei condomini) sulla res communis che verrebbero compresse o impedite dall'attivita' immutativa del singolo: questo del resto appare esser stato l'approccio valutativo seguito dallo stesso Tribunale (a fol. 5 , prima alinea, nella copia prodotta in sede di legittimita'), allorche' riconobbe che il posizionamento dell'impianto di condizionamento e dei tubi ad esso collegati sarebbero rientrati nelle facolta' del comproprietario-compossessore (articoli 1102 e 1110 cod. civ.) "salva la loro piena valutazione di legittimita' nell'opportuna sede petitoria" (ibidem): deve quindi concludersi che la Corte territoriale, del tutto ragionevolmente, aderi' alla prospettazione del Tribunale quanto alla oggettiva non offensivita' del compossesso altrui e tale richiamo, ad un tempo, forni' anche valida motivazione per relationem della decisione di riforma.

5.c - Non puo' infine consentirsi sulla dedotta esistenza - nel quarto motivo - di un errore in cui sarebbe incorsa la Corte del merito - sempre a cagione della mancanza della copia integrale della sentenza di primo grado - atteso che il discrimine che fu posto dal Tribunale non fu - come invece riportato nel ricorso - tra astratta non lesivita' della condotta e concreta sussistenza dello spoglio (che allora quel giudice sarebbe incorso in un'insanabile aporia logica), quanto piuttosto tra non idoneita' delle opere a concretare lesione del compossesso e affermazione - cio' nonostante - della sussistenza dello spoglio, inveratosi nella (sola) direzione della volonta' della attuale ricorrente - esplicitata dalle pretese petitorie agite in separata sede e manifestata anche nella collocazione di fioriere a deliminazione dell'area che riteneva di esclusiva pertinenza - di escludere gli altri condomini: manca oltretutto nel ricorso qualunque accenno al pregresso utilizzo od all'astratta utilizzabilita' - considerate le dimensioni ed il posizionamento - del lastrico solare che sarebbe rimasto pregiudicato anche dalla semplice apposizione di tali amovibili ostacoli.

6 - Al rigetto del ricorso consegue la condanna della societa' ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimita' liquidate secondo quanto indicato in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 1.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi.

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