Il ricorso per la revoca dell'amministratore può essere proposto dal condomino senza l'ausilio del difensore

E' ammissibile il ricorso del singolo condomino senza l'assistenza di un difensore nel procedimento di volontaria giurisdizione, previsto nell'art. 1129 cod. civ. in relazione alla revoca dell'amministratore di condominio.
(Tribunale Napoli, Sezione 3 Civile, Sentenza del 21 novembre 2007)



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Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 14 marzo 2007, Za.Co., senza il patrocinio di un difensore, premesso:

- di essere proprietario di un'unità immobiliare sita nel condominio viale Bo. in Pozzuoli;

- che amministratore di detto stabile era Ur.Gi., in forza della delibera di nomina assunta nel corso dell'assemblea del 5 ottobre 2000, con incarico gratuito, giacché abitante nel detto stabile;

deduceva che il nominato amministratore aveva commesso una serie di irregolarità nella gestione del condominio consistenti nella irregolare tenuta della contabilità del condominio e nella scelta della ditta appaltatrice di lavori condominiali.

Su tali basi chiedeva che il Tribunale disponesse la revoca del predetto amministratore e nominasse un nuovo amministratore.

Notificato il ricorso e pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, si costituiva Ur.Gi. che in ultima analisi concludeva per il rigetto del ricorso.

All'udienza camerale del 21 novembre 2007, prodotta la documentazione, il Collegio si è riservato.

2. Appare in primo luogo necessario il previo esame della natura del procedimento promosso ex art. 1129 cod. civ., onde vagliare l'ammissibilità del ricorso che occupa, giacché esso è stato presentato dall'istante di persona, senza l'assistenza di un difensore.

Trattasi, a parere della migliore dottrina e della più condivisibile giurisprudenza di legittimità, che questo collegio fa proprio, di procedimento di volontaria giurisdizione, il cui provvedimento finale, al di là del suo contenuto decisorio, non è idoneo a produrre effetti di giudicato (ovvero effetti giuridici irrevocabili) sia sul piano processuale che sul piano sostanziale, essendo, appunto, suscettibile in ogni tempo di revoca o modificazioni (Cass. 25 agosto 1993, n. 8994; Cass. 20 febbraio 1992, n. 2085; Cass. 4 febbraio 1988, n. 1103; Cass. 31 luglio 1965, n. 1861; e di qui anche l'inammissibilità di un ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto del tribunale che ha pronunciato la revoca dell'amministratore affermata anche da Cass. 23 febbraio 1999, n. 1493 successiva a Cass. 18 maggio 1996, n. 4620 che per la prima volta aveva ritenuto il contrario).

Esso, come recentemente affermato (Cass. 30 marzo 2001, Foro it. 2001, I, 1503), è strumentale solo alla gestione della cosa comune e, quindi, alla tutela di un interesse generale e collettivo del condominio (recte l'interesse obiettivo alla corretta gestione della cosa comune), di modo che sia legittimo opinare che l'intervento del giudice sia di tipo amministrativo e, comunque, non abbia i caratteri della decisione con attitudine a produrre effetti di giudicato su posizioni soggettive in contrasto.

Si tratta di interpretazione che ha trovato l'autorevole avallo delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. 29 ottobre 2004, n. 20957, Sez. Unite, Foro it. 2005, I, 80), le quali hanno riaffermato che il procedimento in discorso è improntato a rapidità, informalità e officiosità e che il conseguente provvedimento è diretto all'attività di gestione di interessi e ha carattere eccezionale e urgente, sostitutivo della volontà assembleare, senza, però, niuna attitudine alla decisorietà (e alla conseguente stabilità propria dei provvedimenti volti alla tutela di diritti o di status destinati perciò ad acquisire valenza di giudicato formale e sostanziale).

E l'anzidetta natura di provvedimento sostanzialmente amministrativo è stata ulteriormente confermata dalla giurisprudenza delle sezioni semplici successiva all'arresto del supremo giudice di nomofilachia. Segnatamente, Cass. 26 settembre 2005, n. 18730, Foro it. 2006, I, 2384 ha inquadrato il procedimento che occupa nel contesto dell'attività di giurisdizione volontaria, nel cui ambito il giudice non è chiamato a decidere su controversie sorte tra parti contrapposte per la tutela di diritti, ma alla emissione di provvedimenti finalizzati alla soddisfazione di privati interessi senza contesa tra le parti, concorrendo così alla costituzione di rapporti giuridici nuovi o allo svolgimento di quelli esistenti.

Alla stregua delle coordinate ermeneutiche che precedono è coerente affermare la piena ammissibilità del ricorso che occupa, anche se presentato senza l'assistenza del difensore.

Si è infatti affermato che nei procedimenti di volontaria giurisdizione è obbligatorio il patrocinio di un procuratore solo quando nelle ipotesi, affatto differenti da quella che ora occupa, di procedimento di natura contenziosa che involge la cognizione di controversie su diritti soggettivi e status (Cass. n. 5025/1990; Cass. n. 4260/1990; Cass. n. 6900/1996; Cass. n. 5320/1991; Cass. n. 156/1996).

3. Quanto al merito del ricorso, è noto che il terzo comma dell'art. 1129 cod. civ. dispone che ciascun condomino può chiedere all'autorità giudiziaria di revocare l'incarico all'amministratore in carica, se questi si è reso responsabile anche di una sola delle seguenti irregolarità:

- omesse tempestive comunicazioni all'assemblea riguardanti una citazione (o un provvedimento amministrativo) a lui notificata, dal contenuto che esorbita dalle sue proprie attribuzioni;

- mancata presentazione per due anni consecutivi dei conti della gestione, salvo il caso di impossibilità a lui non imputabile;

- "fondati sospetti" (e non semplici congetture cfr. infra) di gravi irregolarità nell'amministrazione.

Orbene, l'unica ipotesi astrattamente ravvisabile nel caso di specie sarebbe il fondato sospetto di gravi irregolarità ai sensi dell'art. 1129 cod. civ.

Peraltro, il fondato sospetto di gravi irregolarità gestionali sussiste in presenza di comportamenti gravemente significativi del venir meno del necessario rapporto di fiducia tra amministratore e condomini.

E tale situazione non è adeguatamente comprovata nella fattispecie, trattandosi, comunque, di lamentele attinenti a una gestione avallata dalla maggioranza assembleare con delibere che non sono state impugnate dai ricorrenti, e di condotte che, anche ove per ipotesi comprovate e sussistenti, integrerebbero fenomeni di gestione inidonea della cosa comune, ma non il requisito delle gravi irregolarità che, in giurisprudenza, tra l'altro, si ritengono sussistere quando in base a indizi precisi e concordanti ricorre il pericolo di un pregiudizio imminente per il condominio (nella specie inesistente).

Non resta, dunque, rigettare il ricorso per insussistenza dei presupposti.

Circa le spese, precipitato logico-giuridico della tesi in epigrafe esposta e condivisa concernente la natura del procedimento che occupa è quello per cui le peculiarità di siffatto procedimento impediscono di identificare, sia pure ai fini delle spese, parti vittoriose e parti soccombenti (anche in sede meramente virtuale), le quali ontologicamente presuppongono un conflitto in sede contenziosa, che qui manca.

Ne segue ulteriormente l'inapplicabilità degli artt. 91 ss. cod. proc. civ. e per questo l'affermazione che le spese ricadono a carico esclusivo di chi le abbia anticipate, assumendo l'iniziativa o intervenendo nel procedimento stesso (cfr. Cass. 23 gennaio 1996, n. 498, sia pure con riguardo alla diversa, ma pur sempre analoga ipotesi di ricorso ex art. 2409 cod. civ.; nonché Cass. 26 settembre 2005, n. 18730, cit., non rimanendo sul punto vincolante Cass. 29 ottobre 2004, n. 20957, Sez. Unite, che, al riguardo, si è espressa in guisa assolutamente sintetica e dunque non tale da esprimere un principio di diritto avente carattere nomifilattico).

Alla luce del sin qui detto devesi concludere che nessun provvedimento possa essere adottato con mero riguardo al regime delle spese.

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