Il sottotetto di un edificio, se la proprietà non è indicata nel titolo, si considera comune solo se per le sue caratteristiche risulta oggettivamente destinato all'uso di una pluralità di utenti

Il sottotetto di un edificio, se la proprietà non è indicata nel titolo, si considera comune solo se per le sue caratteristiche risulta oggettivamente destinato all'uso di una pluralità di utenti. Infatti, l'appartenenza del sottotetto di un edificio va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo esso compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all'uso comune, la presunzione ex art. 117 c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale.

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Sentenza 23 luglio 2012, n. 12840



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto - Presidente

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

Dott. CARRATO Aldo - rel. Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu' di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'Avv. (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) e c. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtu' di procura speciale a margine del controricorso, dall'Avv. (OMISSIS) e domiciliata "ex lege" in Roma presso la Cancelleria della Corte di cassazione;

- controricorrente -

e

(OMISSIS);

- intimata -

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 201 del 2010, depositata il 27 gennaio 2010 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 giugno 2012 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

letta la memoria difensiva depositata nell'interesse del ricorrente;

udito l'Avv. (OMISSIS) per la controricorrente;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso aderendo alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. in atti.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 20 marzo 2012, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c.: "Con citazione notificata nel 2003, il sig. (OMISSIS) conveniva dinanzi al Tribunale di Monza la signora (OMISSIS) e la s.a.s. (OMISSIS), aggiudicataria a seguito di procedura esecutiva promossa dalla creditrice s.p.a. (OMISSIS) a carico dell'attore e dell'altra convenuta dell'unita' immobiliare sita al 1 piano dell'edificio di (OMISSIS), e composta di tre locali e servizi con sovrastante sottotetto non abitabile e terrazzo, chiedendo l'accertamento della natura condominiale del sottotetto e della terrazza, sovrastanti l'appartamento oggetto dell'aggiudicazione, e della conseguente invalidita' ed inefficacia del titolo traslativo della proprieta' di tali porzioni condominiali. Nella costituzione della sola convenuta s.a.s. (OMISSIS) (che, oltre ad opporsi all'accoglimento della formulata azione, proponeva, altresi', domanda riconvenzionale per l'ottenimento del risarcimento dei danni causati all'immobile successivamente all'aggiudicazione), il Tribunale adito, con sentenza n. 2962 del 2005, rigettava la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale, condannando l'attore al risarcimento dei danni nella misura di euro 2.000,00, oltre accessori ed al pagamento delle spese giudiziali. Interposto appello da parte del (OMISSIS) e nella resistenza della sola appellata s.a.s. (OMISSIS), la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 201 del 2010, rigettava il gravame e, nel confermare la sentenza impugnata, condannava l'appellante alla rifusione delle spese del grado.

Nei confronti della richiamata sentenza di appello (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 25 marzo 2010 e depositato il 1 aprile 2010) il (OMISSIS), basato su due distinti motivi.

Si e' costituita in questa fase con controricorso la sola intimata s.a.s. (OMISSIS). Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 491, 555, 569 e 586 c.p.c, nonche' degli articoli 2919, 2727, 1117 e 817 c.c., congiuntamente al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi, con riferimento alla ritenuta inclusione - nella sentenza impugnata - del locale sottotetto tra le porzioni immobiliari prima pignorate e poi trasferite all'aggiudicataria e alla negata natura di bene di proprieta' comune del locale sottotetto, erroneamente considerato pertinenza dell'alloggio sottostante.

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 65 e 67 c.p.c., nonche' degli articoli 2727, 2729 e 2043 c.c., oltre che l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi, avuto riguardo all'accoglimento della domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni.

Rileva il relatore che entrambi i motivi svolti dal ricorrente possano ritenersi manifestamente infondati, con la conseguente definibilita' del ricorso nelle forme di cui all'articolo 380 bis c.p.c., in relazione anche all'articolo 360 bis c.p.c., n. 1. Con riguardo alla prima doglianza va rilevato che la Corte territoriale, con motivazione adeguata e fondata su presupposti di fatto idoneamente acquisiti e valutati, ha verificato che il giudice di primo grado aveva univocamente accertato che l'immobile oggetto dell'aggiudicazione in favore della s.a.s. (OMISSIS) si estendeva anche all'annesso sovrastante sottotetto non abitabile e al pertinente terrazzo (come, del resto, rimasto appurato anche in sede di c.t.u. e dagli esiti della prova orale, in conseguenza della quale era stato riscontrato il collegamento interno tra l'appartamento ed il sottotetto tramite scala interna, senza che ad esso potessi accedersi attraverso altro ingresso) e tale era stato definito nel relativo decreto del giudice dell'esecuzione, senza che, peraltro, lo stesso sig. (OMISSIS) avesse, in sostanza, contestato tali risultanze. Conseguentemente, senza che sia incorsa nella denunciate violazioni di legge e compiendo un apprezzamento di fatto adeguatamente giustificato sul piano del percorso logico seguito (e, percio', insindacabile nella presente sede di legittimita'), la Corte meneghina ha appurato che, in assenza di appositi riscontri oggettivamente rilevabili dai titoli costitutivi di provenienza e risultando obiettivamente e concretamente esclusa ogni destinazione del sottotetto all'uso comune (in virtu' delle effettive caratteristiche strutturali e funzionali), poteva giungersi alla conclusione di ritenere smentita la tesi dell'appellante che rivendicava la sussistenza di detta utilizzazione e, quindi, l'esclusione dell'appartenenza del vano sottotetto alla proprieta' individuale oggetto dell'aggiudicazione. In tal senso, percio', il giudice di appello si e' uniformato all'orientamento assolutamente predominante di questa Corte (cfr, tra le tante, Cass. n. 6027 del 2000; Cass. n. 8968 del 2002 e, da ultimo, Cass. n. 17249 del 2011, ord.), secondo cui l'appartenenza del sottotetto di un edificio va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo esso compreso nei novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all'uso comune, la presunzione di comunione ex articolo 1117 c.c., e' applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all'uso comune oppure all'esercizio di un servizio di interesse condominiale (condizione, questa, che la Corte territoriale ha escluso, essendo, invece, pervenuta, sulla scorta dei riscontri oggettivamente rilevati e valorizzati, alla conclusione dell'appartenenza all'immobile oggetto di aggiudicazione). Con riferimento alla seconda doglianza la Corte territoriale, con motivazione logica e sufficiente, ha dato conto dell'intervenuto accertamento (tramite le univoche risultanze della prova orale), fin dal giudizio di primo grado, che l'impianto elettrico riguardante l'immobile oggetto di pignoramento era perfettamente funzionante prima dell'aggiudicazione, mentre, successivamente all'emanazione del decreto di aggiudicazione e all'atto del rilascio eseguito con l'intervento dell'ufficiale giudiziario, era risultato danneggiato (con fili staccati ed asportati), imputando, in via presuntiva, la responsabilita' per detta condotta al detentore dell'immobile anteriormente all'aggiudicazione stessa, non emergendo, peraltro, che, in sede di appello, fosse stata offerta prova contraria di tale circostanza ovvero che l'imputabilita' di tale danno potesse essere ascritta a soggetti terzi (ivi compreso il custode, peraltro escusso in sede prova testimoniale, senza che, a suo carico, potesse ritenersi emergente una ipotesi propria di incapacita' testimoniare). Del resto, e' risaputo che in tema di prova presuntiva, e' incensurabile in sede di legittimita' l'apprezzamento del giudice dei merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravita' e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata appaia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (come nella specie). In virtu' delle esposte argomentazioni, avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto dedotte con il ricorso in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte senza che siano stati offerti elementi per mutare il pregresso orientamento (cfr. Cass., S.U., ord., n.19051/2010) ed essendo rimasta esclusa la configurazione dei dedotti vizi motivazionali, si deve ritenere, in definitiva, che sembrano emergere le condizioni, in relazione al disposto dell'articolo 380 bis c.p.c., comma 1, per poter pervenire al possibile rigetto totale del proposto ricorso per sua manifesta infondatezza".

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, senza che, con la memoria depositata nell'interesse del ricorrente, si possa ritenere che siano stati aggiunti ulteriori argomenti illustrativi determinanti rispetto a quelli gia' sostanzialmente dedotti in ricorso con riferimento alla sentenza impugnata che, invece, come detto, e' risultata logica ed adeguata in ordine agli affrontati aspetti di merito, oltre a conformarsi ai principi giurisprudenziali evidenziati nella suddetta relazione ex articolo 380 bis c.p.c.;

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, nei confronti della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo. Non occorre, invece, adottare, alcuna statuizione in punto spese in ordine al rapporto processuale tra il ricorrente e l'altra intimata (OMISSIS), che non ha svolto attivita' difensiva in questa fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

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