In caso di lavori di ristrutturazione condominiali che abbiano cagionato danni, grava sul danneggiato l'onere di provare la culpa in eligendo del condominio e l'erronea scelta dell'appaltatore

La erronea scelta dell'appaltatore, perché assolutamente inidoneo, integra la violazione di una regola di cautela imposta dalla norma dell'art. 2043 c.c. e, come tale, deve essere provata da colui che la invoca e il capo decisionale che ne ritenga la sussistenza deve essere sostenuto da adeguata motivazione, basata su argomentazioni riferibili al momento della scelta. Il giudice deve infatti accertare se in tale momento l'impresa appaltatrice presentasse o meno caratteristiche tali da evidenziarne l'assoluta inidoneità a compiere l'opera oggetto di appalto. Siffatta motivazione è del tutto assente nella impugnata sentenza, avendo il giudice ritenuto la colpa in eligendo soltanto in esito ad un giudizio ex post basato esclusivamente sul fatto che si fosse verificato l'evento dannoso. (Corte di Cassazione, Sezione terza civile, sentenza 25 n. 25173)



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Svolgimento del processo

Il condominio del palazzo P. sito in Foggia, … omissis …, otteneva, in data 13.5.1999, dal Giudice di Pace di quella città, l'emissione di un decreto ingiuntivo per la somma di lire 4.245.274, a carico del condomino M. Antonio, a titolo di pagamento della quota relativa a lavori di ristrutturazione dello stabile condominiale.
L'ingiunto proponeva opposizione deducendo che la delibera assembleare avente ad oggetto i lavori in questione era nulla e che il giardino di sua proprietà esclusiva era stato danneggiato a causa della esecuzione dei lavori predetti.
Affermava che l'entità del danno da lui riportato superava sensibilmente l'entità della somma chiesta dal condominio.
Chiedeva quindi l'accertamento del suo credito, che opponeva in compensazione al credito eventuale del condominio. Il condominio si costituiva chiedendo il rigetto della opposizione e della domanda proposta dal M. in riconvenzione.
Chiedeva altresì chiamarsi in causa la srl. E. appaltatrice dei lavori di ristrutturazione.
Il Giudice di Pace, con sentenza 31.5.2001, rigettava l'opposizione, avendo osservato che il condominio era privo di legittimazione passiva sostanziale, in quanto i lavori erano stati eseguiti in regime di appalto e che la domanda del M. non era stata estesa alla srl. E. . Il M. proponeva appello, cui resisteva il condominio.
Non si costituiva la soc. appaltatrice.
Il Tribunale di Foggia, con sentenza 13.5.2003, in accoglimento dell'appello, dichiarava il condominio responsabile del danno lamentato dal M. per entità pari alla somma di cui al decreto ingiuntivo e applicava la richiesta compensazione.
Avverso tale sentenza il condominio propone ricorso per cassazione affidato a quattro mezzi di gravame.
Il condomino M. resiste con controricorso. La srl E. non svolge difese. Motivi della decisione
Il Giudice a quo ha ritenuto la responsabilità del condominio per culpa in eligendo, sull'assunto della scarsa professionalità della ditta appaltatrice. Ha altresì osservato che, avendo il M. affermato che il condominio assunse la direzione dei lavori, poteva ricorrere l'ipotesi della culpa in vigilando. Ha quindi determinato il danno in lire 4.400.000, di cui lire 2.400.000 per ripulitura del giardino, come attestato da una fattura, e lire 2.000.000, in via equitativa, per altri danni al giardino.
Con il primo mezzo di gravame, il ricorrente condominio lamenta la violazione dell'art. 2049 del codice civile.
Osserva che il giudice a quo non ha considerato che, per il principio della autonomia dell'appaltatore, il committente non è responsabile dei danni cagionati a terzi a causa della esecuzione dell'opera appaltata, se non nella ipotesi di affidamento dei lavori ad impresa assolutamente inidonea o nel caso in cui, per patti contrattuali, l'appaltatore abbia agito quale nudus minister del committente.
La censura è inammissibile per difetto di interesse. Con essa infatti il ricorrente condivide lo stesso principio di interpretazione normativa affermato sinteticamente dal giudice a quo, che ha ritenuto la responsabilità per culpa in eligendo del condominio.
Con la seconda censura il ricorrente condominio lamenta la violazione dell'art. 2051 del codice civile e, pur osservando che nella sentenza impugnata non è stato fatto riferimento alcuno alla responsabilità prevista dalla predetta norma, afferma che il danno lamentato dal M. non è derivato da difetti del fabbricato condominiale, ma da erronea installazione del ponteggio da parte dell'appaltatore.
Anche tale censura è inammissibile per difetto di interesse, in quanto proposta in relazione ad una ipotetica motivazione decisionale di cui non sussiste traccia nella sentenza, come del resto ha ammesso lo stesso ricorrente.
Con il terzo mezzo di gravame il condominio denuncia difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia, che indica nella ritenuta culpa in eligendo. Osserva che il giudice a quo nulla ha esposto a sostegno di tale affermata responsabilità, che ha ritenuto sussistente sulla sola base dell'evento dannoso dedotto in lite.
Rileva ancora che il Tribunale, pur avendo adombrato la sussistenza di una ipotesi di culpa in vigilando, ha ugualmente omesso ogni indagine e motivazione su tale aspetto della controversia. La censura merita accoglimento per quanto attinente alla ritenuta culpa in eligendo.
La erronea scelta dell'appaltatore, perché assolutamente inidoneo, integra la violazione di una regola di cautela imposta dalla norma dell'art. 2043 c.c. e, come tale, deve essere provata da colui che la invoca e il capo decisionale che ne ritenga la sussistenza deve essere sostenuto da adeguata motivazione, basata su argomentazioni riferibili al momento della scelta.
Il giudice deve infatti accertare se in tale momento l'impresa appaltatrice presentasse o meno caratteristiche tali da evidenziarne l'assoluta inidoneità a compiere l'opera oggetto di appalto. Siffatta motivazione è del tutto assente nella impugnata sentenza, avendo il giudice ritenuto la colpa in eligendo soltanto in esito ad un giudizio ex post basato esclusivamente sul fatto che si fosse verificato l'evento dannoso.
Non è invece sostenuto da interesse il secondo punto della censura, attinente alla culpa in vigilando. Infatti devesi rilevare che la decisione assunta con l'impugnata sentenza non è fondata sulla culpa in vigilando, che è citata soltanto come mera ipotesi non valorizzata.
Infine il condominio, con l'ultima censura, lamenta il difetto assoluto di motivazione in ordine alla determinazione della entità del danno.
Osserva che la fattura indicata nella sentenza a riprova della pulitura del giardino non ha valore probatorio perché proveniente dal terzo e non asseverata in giudizio, né utilizzata dal giudice sotto il profilo del suo eventuale valore indiziario; che il ricorso alla liquidazione equitativa del danno è stato effettuato pur nella possibilità di una precisa determinazione dell'ammontare del danno.
La censura non merita accoglimento, siccome incidente sulla valutazione di merito compiuta dal Tribunale in ordine alla entità dei danni arrecati al giardino del M. e non contestati dal condominio. Di merito è anche la valutazione circa la necessità del ricorso al criterio di valutazione equitativa.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Foggia, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione. PQM
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa in relazione e rinvia al Tribunale di Foggia anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

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