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In caso di violazione delle distanze legali, il danno è in re ipsa
Pubblicata il 26/10/2016
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 12 febbraio 2016, n. 2848
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Presidente
Dott. MANNA Felice - Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio - rel. Consigliere
Dott. SCALISI Antonino - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6667/2011 proposto da:
(OMISSIS) COSTRUZIONI SRL (OMISSIS), IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE AMM.RE UNICO, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
- ricorrente -
Nonche' da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 3066/2010 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 12/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito l'Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell'Avv. (OMISSIS) difensore della ricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito l'Avv. (OMISSIS) difensore dei controricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale e il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del primo, secondo, terzo e quarto motivo, l'assorbimento del quinto motivo del ricorso principale, l'accoglimento del ricorso incidentale, l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
CONSIDERATO in FATTO
I coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), quali proprietari di un immobile sito in (OMISSIS) ed in atti gia' specificamente individuato, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Varese l'Immobiliare Costruzioni s.a.s. di (OMISSIS) proprietario di altro immobile multipiano ubicato sulla particella a confine con quella di loro proprieta'.
Parti attrici assumevano che la societa' convenuta, nel realizzare il detto immobile multipiano, aveva violato le norme sulla distanza fra edifici previste dai locali strumenti urbanistici.
Parte convenuta contestava l'avversa domanda, di cui chiedeva il rigetto, ed - in via riconvenzionale - proponeva domanda con cui assumeva che gli attori avevano realizzato a confine una costruzione ad uso box in violazione delle norme sulle distanza.
Con sentenza n. 336/2007 l'adito Tribunale di prima istanza accertato che - rispetto all'immobile degli attori - la distanza dell'immobile realizzato dalla societa' convenuta era di mt. 8,705 e, quindi, inferiore a quella prescritta di mt. 10,00, condannava la medesima societa' alla riduzione in pristino mediante arretramento, rigettava la domanda riconvenzionale e poneva le spese di lite a carico della stessa parte convenuta.
Avverso la succitata decisione interponeva appello la Societa' Immobiliare.
Resistevano al gravame gli originari attori, proponendo, altresi', appello incidentale.
L'adita Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 3066/2010, rigettava l'appello principale e quello incidentale e condannava la societa' appellante principale al pagamento delle spese di lite in favore delle controparti appellate.
Per la cassazione della succitata decisione ricorre la Societa' Immobiliare con atto affidata a quattro ordini di motivi.
Resistono con controricorso il (OMISSIS) e la (OMISSIS), che propongono, inoltre, appello incidentale.
Ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c., la (OMISSIS) Costruzioni s.r.l..
RITENUTO in DIRITTO
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di "violazione dell'articolo 873 c.c., e dell'articolo 27 delle N.T.A. del R.E. del Comune di (OMISSIS) e insufficienza di motivazione" ex articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5.
Con il motivo si prospetta che "l'articolo 27 del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS).....dopo avere previsto l'obbligo della distanza di 10 metri tra costruzioni prevede al terzo comma quali siano le distanze minime dei fabbricati dai confini stabilendo che negli interventi di nuova costruzione questa distanza minima "deve essere di mt. 5"", prevedendo altresi' la deroga dal "rispetto delle prescrizioni contenute nel presente articolo...per gli interventi di nuova costruzione sul lotto confinante con altro gia' edificato senza il rispetto delle prescrizioni".
Nella sostanza, ad avviso di parte ricorrente, l'impugnata sentenza sarebbe viziata, contemporaneamente per violazione di legge e difetto motivazionale, in dipendenza della mancata applicazione della suddetta norma avente valore asseritamente derogatoria.
La decisione gravata non risulta viziata con riguardo ad entrambi i profili promiscuamente addotti dalla parte ricorrente col motivo qui in esame.
Nella fattispecie la Corte distrettuale, facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie, ha risolto correttamente la questione di cui oggi si duole la parte ricorrente con congrue argomentazioni, qui condivise, immuni da vizi logici rilevabili in questa sede.
In particolare il motivo in esame non coglie la ratio che ha condotto la Corte territoriale alla decisione gravata innanzi a questa Corte.
Il preteso "valore derogatorio" di cui alla norme regolamentare innanzi citata non poteva, infatti, consentire e rendere legittimo - nella concreta fattispecie in giudizio - il denunciato intervento edilizio della parte ricorrente.
Infatti, secondo noto principio - qui ribadito - che questa Corte ha gia' avuto moto di affermare "in tema di distanze fra costruzioni, il Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, articolo 9, comma 2, essendo stato emanato su delega della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 quinquies, (c.d. legge urbanistica), aggiunto dalla Legge 6 agosto 1967, n. 765, articolo 17, ha efficacia di legge dello Stato sicche' le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densita', altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti edilizi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica" (Cass. civ., Sez. U., sent. 7 luglio 2011, n. 14953).
E' in virtu' di tale noto principio che era insussistente l'invocato carattere derogatorio, correttamente escluso secondo la ratio dalla sentenza impugnata.
Il motivo deve, dunque, essere respinto.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di "omessa applicazione della Legge Regionale n. 12 del 2005, come modificata dalla Legge Regionale n. 4 del 2008, - Violazione dell'articolo 873 c.c., e dell'articolo 27 delle N.T.A. del Comune di (OMISSIS) - Insufficienza della motivazione - Violazione di legge (articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5).
Sotto altro profilo, al fine di sostenere l'erroneita' della gravata decisione e la legittimita' del suo intervento edilizio, parte ricorrente invoca la suddetta legge nella parte in cui statuirebbe che "non si applicano le disposizioni del Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444", sui c.d. limiti inderogabili. 11 motivo, in parte non ammissibile, e' comunque infondato.
Parte ricorrente, in violazione del noto principio di autosufficienza, non adduce come e in quale fase processuale ha gia' sollevato la questione oggi posta, in particolare con riferimento al valore derogatorio dell'articolo 1 bis aggiunto dalla Legge Regionale Lombardia 14 marzo 2008, n. 4, alla Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12. Alla stregua del detto aggiunto articolo (invocato da parte ricorrente come ius superveniens meno restrittivo facente venir meno l'illegittimita' dell'edificazione secondo Cass. n. 22086/2007) si dispone che "non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (limiti inderogabili)".
Detta norma viene addotta da parte ricorrente per il ritenuto assoluto valore derogatorio rivestito dalla stessa, introdotta - come evidenziato in ricorso - dalla citata Legge Regionale n. 4 del 2008, articolo 103, modificativa della "fondamentale legge della Regione Lombardia in materia edilizia ed urbanistica" e significativamente intestata "disapplicazione delle norme statali".
Senonche' la medesima invocata novellata norma regionale fa espressamente comunque "salvo limitatamente agli interventi di nuova costruzione il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri" (distanza nelle concreta fattispecie accertata come non rispettata).
In ogni caso, ove differentemente ed estensivamente interpretato il prospettato valore esimente della normativa sopraggiunta, si sarebbe al cospetto - per il dovuto rispetto al noto principio della gerarchia delle fonti legislative - ad una norma di grado inferiore incapacitata a derogare ai limiti generali stabiliti dalla norma di grado superiore e, pertanto, ininfluente nel senso erratamente invocato col motivo qui esaminato. Quest'ultimo deve, quindi, essere respinto.
3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la "violazione degli articoli 101 e 345 c.p.c. - Violazione dell'articolo 873 c.c., e dell'articolo 26 N.T.A. del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS) - Insufficienza di motivazione ex articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5".
Col motivo si contesta l'erroneita' della decisione gravata quanto al ritenuto inserimento automatico del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, "giacche la normativa approvata dal Comune di (OMISSIS) sarebbe stata contraria al decreto ministeriale".
La censura, promiscuamente svolta, e' infondata con riguardo sia all'invocato vizio di violazione di legge che alla pure prospettata carenza motivazionale.
La Corte territoriale ha correttamente ritenuto ed evidenziatola natura di "disposizione tassativa ed inderogabile" della distanza minima di dieci metri di cui al citata medesimo Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968.
Tanto statuito detta Corte conformandosi espressamente a noto principio gia' affermato da questa Corte (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. n. 23495/2006), alla stregua del quale "il proprietario dell'area confinante....deve mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri".
Ne' fondato puo' ritenersi il motivo qui in esame con riferimento all'ulteriore profilo, anch'esso svolto, riguardante la valutazione, ai fini del calcolo della superficie coperta e, quindi, della conseguente corretta individuazione della distanza, della "superficie coperta come definita dall'articolo 26, comma 1" del locale Regolamento Edilizio ovvero alla considerazione o meno "come effettivamente aggettanti" degli aggetti inferiori a mt. 1.20".
Orbene la detta previsione, anch'essa derogatoria, di cui alla invocata norma derogatoria regolamentare (alla cui stregua andrebbero calcolati ai suddetti fini solo gli aggetti superiori a mt. 1.20 e per la parte eccedente detta misura) non puo' applicarsi nella fattispecie. Tanto in ragione, come gia' esposto in precedenza, sia del carattere tassativo ed assoluto delle generali disposizioni normative della legge urbanistica nazionale, sia in dipendenza di altra corretta valutazione svolta con la decisione gravata.
Nella fattispecie non si era, infatti, al cospetto di mere "sporgenze esterne al fabbricato aventi funzioni meramente ornamentali" e, come tali, non computabili ai fini delle distanze legali, ma (come accertato anche dalla richiamata e svolta CTU in corso di giudizio) di sporgenze costituenti "veri e propri corpi di fabbrica".
In punto la decisione gravata ha congruamente esplicato il proprio convincimento con argomentazioni immuni da vizi logici ed ha correttamente applicato il gia' noto principio di cui a Cass. n. 12964/2006, in ordine al quale parte ricorrente non offre neppure valide argomentazioni per mutare il detto richiamato esposto orientamento giurisprudenziale.
Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di "violazione dell'articolo 873 c.c., e dell'articolo 27 delle N.T.A. del R.E. del Comune di Besozzo - insufficienza della motivazione (ex articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5)".
Con il motivo si lamenta, in pratica, il preteso errore della impugnata decisione della Corte territoriale commesso nel respingere domanda riconvenzionale della (OMISSIS).
Quest'ultima riguardava la pretesa illegittimita' dell'opera (realizzata dalla odierna parte contro ricorrente e di cui si chiedeva riconvenzionalmente l'abbattimento), opera consistente in un box auto.
Orbene la domanda riconvenzionale proposta e, parimenti il motivo oggi in esame, presuppongono u' al fine della loro fondatezza - la conclamata illegittimita' della detta opera realizzata da controricorrenti.
Detta illegittimita', alla stregua delle corrette valutazioni della decisione gravata, non e' sussistente.
La normativa applicabile (articolo 27, comma 3, lettera c, del Regolamento Edilizio del Comune di (OMISSIS)) autorizzava la costruzione sul confine senza convenzione tra privati di box.
Tanto solo "ove si trattava di autorimesse....aventi altezza media interna non superiore mt. 2,50".
Nella concreta fattispecie la sentenza impugnata ha giustamente acclarato che "l'opera dei sigg.ri (OMISSIS) (risultava) edificata, peraltro in epoca antecedente.... nel rispetto dello strumento urbanistico come emerso in corso di causa".
Piu' in particolare e specificamente non puo' non evidenziarsi in questa sede che la detta autorimessa non risultava comunque di altezza media superiore a quella consentita di mt. 2.50 e che ogni pretesa maggiore altezza (mt. 2,775 ritenuti dalla (OMISSIS) Costruzioni) risulta erroneamente valutata. Cio' sia perche' tale detta maggiore altezza media sarebbe stata indicata in un verbale di sopralluogo nel mentre in detto verbale viceversa (e come accertato nella decisione gravata) "non viene espressamente indicata", sia in quanto la detta maggiore altezza media non sussisterebbe applicando il corretto metodo di calcolo (omesso computo delle falde inclinate con individuazione, nella realta' di una altezza media pari interna a mt. 2,23).
Il motivo va, percio', respinto.
5.- Il ricorso principale deve essere rigettato.
6.- Con l'unico motivo del ricorso incidentale si deduce la "violazione e falsa applicazione dell'articolo 113 c.p.c., comma 1, articolo 872 c.c. e ss., e articolo 2967 c.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (nonche') insufficiente motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativamente al capo della sentenza con cui e' stata rigettata la domanda di risarcimento danni e' proposta in sede di giudizio di primo grado".
Il motivo e' fondato.
La Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello incidentale relativo alla proposta domanda risarcitoria avanzata dai (OMISSIS) - (OMISSIS).
Questi ultimi sostenevano la fondatezza della detta domanda sul presupposto che il danno da essi sofferto per la consumata violazione delle norme codicistiche sulle distanze legali costituiva danno in re ispa.
La sentenza impugnata, rifacendosi a Cass. n. 20608/2009 ha, invece, ritenuto che per effetto della detta violazione la risarcibilita' del danno presupponeva per la sua liquidazione comunque la deduzione e dimostrazione dell'esistenza e della misura del pregiudizio effettivamente realizzatosi.
In punto, va rammentato il principio - in questa sede condiviso e ribadito - che questa stessa Corte ha, piu' di recente, affermato secondo cui "in tema di violazione della distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito, sia quella risarcitoria ed il danno che egli subisce (danno conseguenza e non danno evento), essendo l'effetto, certo ed indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitu' nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento, che si traduce in una limitazione temporanea del valore della medesima, deve ritenersi "in re ipsa", senza necessita' di una specifica attivita' probatoria" (Cass. civ., Sez. seconda, Sent. 16 dicembre 2010,n. 25475).
Conseguentemente e nei limiti di cui al ribadito principio della citata decisione il motivo in esame e' fondato.
7.- Il ricorso incide deve, quindi, accogliersi per quanto di ragione con conseguente cassazione, in punto, dell'impugnata sentenza e rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, affinche' la stessa decida la controversia uniformandosi al principio innanzi enunciato.
8.- E' assorbito l'ulteriore motivo di ricorso "in via incidentale e subordinata" relativo al capo della sentenza impugnata concernente la ritenuta infondatezza dell'"eccezione di inammissibilita' svolta dai (OMISSIS) - (OMISSIS) quanto alla domanda riconvenzionale proposta dalla (OMISSIS) Costruzioni S.r.l.".
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso il ricorso principale, accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
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