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In tema di condominio, la eliminazione del tetto dell'edificio trasformato dal proprietario dell'ultimo piano in terrazza ad uso esclusivo è illegittima
Pubblicata il 22/06/2008
(Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 16 novembre 2006, n. 24414)
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario SPADONE - Presidente
Dott. Ennio MALZONE - Consigliere
Dott. Umberto GOLDONI - Consigliere
Dott. Francesca TROMBETTA - Rel. Consigliere
Dott. Francesco Paolo FIORE - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ze.Au., elettivamente domiciliato in Ro. Via Za. (...), presso lo studio dell'avvocato Fa.La., che lo difende unitamente agli avvocati Gi.Va., Cl.Be., giusta delega in atti;
ricorrente
contro
Gn.Ro., elettivamente domiciliato in Ro. V.LE De.Vi. (...), presso lo studio dell'avvocato Ci.Si., che lo difende unitamente agli avvocati Ro.Ga., Fr.Or., giusta delega in atti;
controricorrente
avverso la sentenza n. 992/01 della Corte d'Appello di Bologna, depositata il 20/11/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/05 dal Consigliere Dott. Francesca TROMBETTA;
udito l'Avvocato Si.Ci., difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Schiavon che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 703 c.p.c. Ro.Gn. convenne davanti alla Pretura di Bologna Au.Ze. deducendo: che il convenuto proprietario di un appartamento sito all'ultimo piano dell'edificio in corte di Ga. (...) Bo., confinante con altro appartamento di proprietà dell'attore, aveva realizzato opere di trasformazione e manutenzione del proprio immobile, che integravano turbativa nel possesso del confinante appartamento dell'attore.
In particolare lamentava che lo Ze. aveva realizzato nel sottotetto, attraverso la eliminazione di parte del tetto sovrastante, una terrazza, che, avendo come parapetto la falda di tetto preesistente, avrebbe consentito l'affaccio sulla terrazza del ricorrente; aveva collocato sul tetto dell'edificio una pompa di calore per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, due comignoli di altezza e dimensioni non regolamentari; aveva motorizzato l'apertura e la chiusura degli infissi esterni.
Chiedeva, pertanto, la manutenzione nel possesso del proprio appartamento, con condanna a ripristinare il tetto nella parte manomessa e ad eliminare le altre opere.
Lo.Ze., costituitosi, contestava la domanda asserendo che il manufatto da lui realizzato era privo delle caratteristiche proprie della terrazza e/o veduta, trattandosi di una asola nel tetto, di anguste dimensioni larga cm. 90 e lunga cm. 160, mancante di parapetti in quanto ricavata nel tetto, completamente circondata dallo stesso, con altezza delle pareti dal piano di calpestio variante da un minimo di m. 1,56 ad un massimo di m. 2, con esclusioni di ogni possibilità di inspectio e prospectio, realizzata per rendere abitabile con aria e luce la parte soppalcata del proprio appartamento. Escludeva, inoltre, la sussistenza di immissioni di rumore, calore, vibrazioni, dalla pompa di calore, che eccedessero la normale tollerabilità.
Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda.
Espletata C.T.U., che accertava essere il piccolo terrazzo adiacente a quello già preesistente realizzato a suo tempo da parte attrice; soppresso l'ufficio del Pretore, il Tribunale di Bologna, con sentenza 26.10.1999 rigettava la domanda.
Su impugnazione dello Gn., la corte di appello di Bologna, con sentenza 20.11.2001, in parziale riforma, condannava lo Ze. a ripristinare a proprie spese il tetto dell'edificio.
Precisato che, secondo quanto accertato dal C.T.U., lo Ze. ha eliminato parte del tetto ricavando una terrazza in falda, adiacente a quella dello Gn., priva della chiusura in velox; che la bandinella della terrazza va, rispetto al piano di calpestio da un minimo di m. 1,56 ad un massimo di m. 2; che la costruzione della terrazza rende possibile l'intrusione nella proprietà Gn. mediante lo sfondamento del muro di confine spesso cm. 15 ed alto cm. 60; afferma la corte d'appello che in base ai suddetti elementi si deve ritenere sussistente la turbativa del possesso lamentata, comportando la trasformazione in terrazza di parte del tetto di copertura di un edificio condominiale un'appropriazione della cosa comune che integra votazione della facoltà di uso e godimento degli altri condomini sulla parte comune. Non vi è dubbio, per la corte d'appello, sull'oggettiva idoneità dell'opera a consentire la veduta e l'affaccio sulla proprietà confinante; come sulla possibilità di intrusione nell'appartamento dello Gn. a causa del ridotto spessore del muro di confine; il che contribuisce ad aggravare la molestia.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione lo Ze.
Resiste con controricorso lo Gn.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione:
1. la violazione e falsa applicazione dell'art. 1102, 1170 c. civ.; l'omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. - per avere la corte d'appello, nell'affermare che la trasformazione in terrazza di parte del tetto di copertura di un edificio condominiale, comportando appropriazione di una cosa comune, integra la violazione della facoltà di uso e godimento spettante agli altri condomini sulla cosa comune, Er. omettendo di considerare: la Relazione tecnica redatta dall'ing. Al. allegata al progetto in sanatoria presentato al Comune, nella quale si affermava che la realizzazione di un terrazzo a falda mediante asolatura era necessaria per garantire aria e luce al soppalco sottostante di proprietà del ricorrente; nonché (omettendo) di tener conto della lunghezza e larghezza dell'asola m. 0,90 x m. 1,60 accertati dal C.T.U., RITENUTO sussistente la violazione dell'art. 1102, senza motivare in alcun modo in ordine alla sussistenza, nel caso concreto, della violazione dei limiti posti dall'art. 1102 c.c. in ordine all'alterazione della destinazione della cosa comune e all'impedimento agli altri condomini di farne parimenti uso,. limiti per nulla violati nella specie, realizzandosi con l'asola su un più intenso uso di una limitata porzione del tetto comune senza alterarne la destinazione di copertura e senza impedire un pari uso agli altri condomini; aprendo un'asola di misure minime necessarie ad assicurare aria e luce al locale soppalcato indispensabile per l'abitabilità dello stesso (per realizzare la quale si esclude dalla giurisprudenza di legittimità l'operatività dello stesso art. 1102 c.c. e delle norme sulle distanze legali); munendo, peraltro, nel corso del giudizio d'appello la suddetta asola di chiusura in velox e sovrastante tapparella come richiesto dal C.T.U., circostanza della quale la corte non ha tenuto conto;
2. la violazione e falsa applicazione dell'art. 905 e 1170 c.c.; nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 NN. 3 e 5 c.p.c. per avere la corte d'appello, prendendo in considerazione le sole misure in altezza del manufatto (da m. 1,56 a m. 2), affermato apoditticamente l'idoneità dell'opera a consentire l'affaccio e la veduta sulla confinante proprietà dello Gn., senza considerare: A) che, per le dimensioni integrali dell'asola, l'altezza della stessa varia da m. 1,56 a m. 2 nello spazio di soli m. 1,60; B) che le fotografie n° 4 e 5 allegate dimostrano che la veduta possibile si esaurisce nella banda di protezione metallica interna all'asola, la quale esclude qualunque affaccio; C) che, ai sensi dell'art. 905 c.c., l'affaccio deve essere comodo, senza pericolo ed esprimere una destinazione normale dell'opera; mentre nella specie non esistono tali requisiti e la funzione essenziale e permanente del manufatto, privo di parapetti e dalle pareti di altezza eccessiva, non è quella di consentire la veduta o l'affaccio; ma quella di garantire presa di luce ed aria al soppalco;
3. la violazione e falsa applicazione dell'art. 1170 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 NN. 3 e 5 c.p.c. - per avere la corte d'appello, nell'affermare che il ridotto spessore del muro di confine tra la terrazza ricavata nel tetto dello Ze. e la proprietà Gn., rende possibile l'intrusione nella proprietà di quest'ultimo, erroneamente, pur avendo lamentato una turbativa nell'uso e godimento del tetto. quale parte comune dell'edificio, fatto discendere dall'eliminazione del tetto una turbativa al possesso dell'appartamento in termini di pericolo di ipotetiche intrusioni nonostante: A) il pericolo di intrusioni sia determinato da uno spessore del muro di confine (15 cm.) preesistente e non intaccato dalle opere eseguite dallo Ze.; B) l'aver reso esterno il muro di divisione originariamente interno sia stata opera dello Gn. che agli inizi degli anni '90 rimosse quasi integralmente la falda del tetto per realizzare una delle due vaste terrazze a livello del suo appartamento per cui non può lamentare una diminuzione di protezione offerta da quello stesso muro; ponendo in essere una situazione di fatto che consente una intrusione ancor più agevole nella proprietà del ricorrente, C) l'azione di manutenzione sia concessa ex art. 1170 c.c. a chi sia stato molestato nel possesso e non a chi tema, nel futuro, di essere molestato; D) non possa ravvisarsi l'animus turbandi nella condotta del ricorrente in considerazione dello stato di fatto preesistente dell'immobile; E) non possa essere ritenuta turbativa tutelabile la possibilità di intrusione priva di un apprezzabile contenuto di disturbo del possesso.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, non merita censure l'affermazione della corte d'appello che, richiamando l'art. 1102 c.c. per inquadrare in una norma di legge il comportamento dello Ze., dopo aver descritto le opere dallo stesso realizzate, ha implicitamente ravvisato nella trasformazione di parte del tetto di copertura in terrazza ad uso esclusivo dello Ze., la sussistenza di entrambi i presupposti comportanti la violazione dell'art. 1102 c.c. per i quali sì deducono i vizi di motivazione.
L'eliminazione di parte del tetto, infatti, non supportata da altra forma di chiusura, nella specie mancante di chiusura in velox, come precisato nella sentenza impugnata, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede (e non censurabile, in relazione all'asserita posa in opera della chiusura della terrazza mediante velox e tapparella, che sarebbe avvenuta nelle more del giudizio d'appello, trattandosi di circostanza di fatto dedotta tardivamente nella memoria di replica e ritenuta non provata dalla controparte), comporta l'alterazione della destinazione del tetto a copertura dell'intero edificio e priva conseguentemente gli altri condomini del diritto di poterlo utilizzare interamente per quella finalità, menomandone, con la costruzione della terrazza ad uso esclusivo, la destinazione dello stesso ad uso comune.
Né le giustificazioni dell'opera prospettate, cioè il assicurare aria e luce al locale soppalcato, delle quali la corte d'appello non avrebbe tenuto conto, possono consentire la violazione dell'art. 1102 c.c., dal momento che, non è accertata in giudizio la destinazione originaria del suddetto locale ad abitazione (anzi se ne deduce la destinazione volontaria a tale uso, come conseguenza dei lavori effettuati dallo Ze. nel sottotetto); e che per realizzare la suddetta finalità non è necessario costruire una terrazza ad uso esclusivo, come in realtà si è fatto.
Il motivo di ricorso va, pertanto, respinto.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, in quanto la possibilità dell'esercizio della veduta sulla proprietà Gn. è stata affermata dalla corte d'appello sulla base degli accertamenti espletati dal C.T.U. (la cui insufficienza non ha formato oggetto di specifici rilievi in appello), in particolare sull'altezza minima della banditella dal piano di calpestio, ritenuta idonea a consentire da quel punto della terrazza realizzata dallo Ze., la veduta e l'affaccio sulla adiacente terrazza dello Gn.
Trattasi, invero, di accertamento di fatto logicamente motivato anche sulla base delle comuni conoscenze, insindacabile, perciò, in questa sede.
Il terzo motivo di ricorso va disatteso in quanto l'accertamento della possibilità di una intrusione nella proprietà Gn. attraverso il muro di ridotto spessore, a confine tra le due proprietà, è stato considerato nella sentenza, un ulteriore, ma non decisivo, motivo di fondatezza della pretesa dello Gn.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio.