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Integra il delitto di diffamazione l'affissione, in un luogo accessibile al pubblico, del comunicato che indichi le morosità dei condomini
Pubblicata il 22/02/2008
(Corte di Cassazione, Sezione 5 Penale, Sentenza del 26 settembre 2007, n. 35543)
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sul ricorso proposto da:
1) DO. LE. N. IL (OMESSO);
2) PI. VI. N. IL (OMESSO);
3) VE. MA. N. IL (OMESSO);
avverso SENTENZA del 30/01/2006 CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. FUMO MAURIZIO;
udito il PG in persona del Sost. Proc. Gen. Dr. A. Mura che ha chiesto annullamento con rinvio limitatamente alla mancata considerazione del motivo di appello inerente le attenuanti generiche e alla non menzione; rigetto nel resto.
OSSERVA
Do. Le., Gi. Fr., Tr. Gi., Pi. Vi., Il. Pa., G. G., Ve. Ma., sono stati condannati dal Tribunale di Messina con sentenza del 27.2.2002 alla pena di euro 50,00 di multa ciascuno, oltre risarcimento danni, riconoscendoli colpevoli del delitto di diffamazione in danno di Zi. Sa., Ce. Co. e Zi. Ma., per avere, all'esito di un'assemblea condominiale, redatto e affisso una comunicazione scritta con la quale si rendeva noto che, a causa della perdurante morosita' dei predetti nel pagamento di quote condominiali, gli stessi sarebbero stati esclusi da alcuni servizi (uso dell'ascensore, citofono ecc.).
La Corte di appello di quella stessa citta', con sentenza 30.1.2006, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto Il. e G. per non aver commesso il fatto, ha dichiarato NDP nei confronti del Tr. per essere il reato estinto per morte del predetto e ha confermato nel resto.
Propongono ricorso per Cassazione Do., Pi. e Ve., deducendo erronea applicazione dell'articolo 595 c.p., atteso che la stessa Corte di appello ha chiarito che le espressioni denigratorie ("veramente deprecabile ecc.") non erano imputabili ai ricorrenti, ma solo all'amministratore del condominio; dunque gli stessi avrebbero dovuto essere assolti perche' il fatto non sussiste, per non averlo commesso o perche' non costituisce reato. Senza tali frasi, la condotta sarebbe infatti stata penalmente irrilevante in quanto sarebbe consistita in una attivita' volta a comunicare ai condomini assenti il deliberato assembleare. La punibilita' invero resta esclusa in considerazione del fatto che i condomini, portando a conoscenza degli interessati, le decisioni assunte, soddisfacevano un oggettivo interesse alla comunicazione.
Deducono inoltre: 1) carenze motivazionali, in quanto, riconosciuta la difformita' tra il deliberato assembleare e il comunicato affisso, la Corte di merito avrebbe dovuto trame le logiche conseguenze, mandando assolti i ricorrenti, 2) erronea applicazione degli articoli 74 e 185 c.p., essendo la mancanza di responsabilita' civile conseguenza dell'evidente irrilevanza penale della condotta dei ricorrenti; comunque gli stessi non avrebbero mai potuti essere ritenuti responsabili civilmente nei confronti di Zi. Sa. e di Ce., non contemplati nella deliberazione assembleare, 3) inosservanza dell'articolo 62 bis c.p. e mancanza di motivazione in ordine alla negazione delle dette circostanze e del beneficio della non menzione.
Tanto premesso va chiarito che la sentenza impugnata ha precisato che, anche senza l'inserimento della espressione "veramente deprecabile', riferita alla morosita' del gruppo familiare dello Zi., la semplice affissione del contenuto del deliberato assembleare nella bacheca dell'immobile integra l'elemento oggettivo del delitto contestato, atteso che proprio nel verbale della assemblea erano contenute - a quanto si apprende - espressioni di forte censura nei confronti dei morosi.
L'assunto e' corretto, atteso che la verita' del fatto denigratorio non ne legittima sempre la diffusione inter alios. Invero il requisito della rilevanza sociale (che insieme con quello della continenza e della verita' della notizia, e' ritenuto, come e' noto, dalla giurisprudenza indispensabile perche' la condotta denigratoria sia scriminata ai sensi dell'articolo 51 c.p.) va parametrato all'ambito di oggettivo, potenziale interesse della notizia stessa. Cosi', mentre - ad esempio - una informazione di carattere politico e', almeno in astratto, rilevante erga omnes (e, per tal motivo, puo' essere diffusa, anche se sfavorevole a taluno, attraverso i media), una notizia relativa alle vicende condominiali non puo' andare oltre il ristretto perimetro rappresentato dalla cerchia dei condomini ed, eventualmente, dei terzi che con il condominio sono in rapporti.
Si vuol significare: l'efficacia scriminante del diritto di cronaca e di critica non riguarda solo la attivita' di scrittori, giornalisti, anchorman televisivi ecc, ma anche quella del comune cittadino cui, indubbiamente, la Costituzione lo riconosce; tuttavia la rilevanza della notizia non sempre e' assoluta, ma a volte riferibile a un ristretto ambito nel quale la sua diffusione e' funzionale al corretto svolgimento delle relazioni interpersonali e dei rapporti sociali. Cosi', come correttamente rileva la Corte di appello, se la censura relativa alla condotta dei condomini morosi e ai conseguenti provvedimenti assunti e da assumere fosse rimasta confinata nell'ambito condominiale (es. mediante l'invio del verbale agli aventi diritto assenti e/o l'affissione del comunicato in ambiente accessibile solo ai condomini), la diffusione della relativa informazione sarebbe stata certamente scriminata. Tuttavia, poiche' la predetta notizia e' stata portata - mediante affissione nella bacheca collocata "in luogo aperto a un numero indeterminato di persone" (cfr. sentenza pag. 2) - potenzialmente a conoscenza anche di soggetti nei cui confronti nessun valore funzionale poteva avere, va da se' che l'elemento oggettivo del delitto ex articolo 595 c.p. deve ritenersi compiutamente integrato, non ricorrendo alcuna ragione socialmente valida per ritenere scriminato il comportamento diffamatorio.
Il consenso (implicitamente o esplicitamente) prestato all'affissione in bacheca del documento non puo' poi non comportare che anche della lesione della reputazione dei congiunti del condomino i ricorrenti debbano essere ritenuti responsabili (ovviamente anche sul piano risarcitorio).
Quanto al trattamento sanzionatolo, e' di tutta evidenza che la Corte di appello, rilevandone la riconoscibile esiguita', lo ha ritenuto del tutto adeguato, negando, sia pure per implicito, la concessione del chiesto beneficio (che pure ha considerato, come emerge dalla menzione fattane nel riepilogo dei motivi di appello) nonche' il riconoscimento delle attenuanti generiche, la cui funzione, come e' noto, e' quella di adeguare la pena al reale disvalore sociale della condotta.
Per tutte le ragioni sopra esposte, i ricorsi, in quanto manifestamente infondati, vanno dichiarati inammissibili.
I ricorrenti, conseguentemente, vanno condannati, solidalmente, alle spese del grado e, singolarmente, al versamento di somma a favore della cassa ammende. Si stima equo determinare detta somma in euro 500,00.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del procedimento e ciascuno al versamento della somma di euro cinquecento alla cassa delle ammende.