L'amministratore di condominio nel disciplinare l'uso delle cose comuni non può limitare il diritto d'uso dei condomini

Il potere dell'amministratore di disciplinare l'uso delle cose comuni, di cui all'articolo 1130 c.c., comma 1, n. 2, e' finalizzato ad assicurare il pari uso di tutti i condomini e non puo' estendersi fino a negare ad uno di essi cio' che e' consentito a tutti gli altri. (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 11 giugno 2009, n. 13626)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente

Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere

Dott. ODDO Massimo - Consigliere

Dott. TROMBETTA Francesca - rel. Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20739/2004 proposto da:

COND (OMESSO), in persona dell'Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso lo studio dell'avvocato LONGO Ruggero, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALTOMANO MICHELE;

- ricorrente -

contro

BO. AD. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell'avvocato MASTROBUONO Sebastiano, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ESPOSITO ANGELO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 103/2004 della SEZ. DIST. CORTE D'APPELLO di TARANTO, depositata il 30/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/03/2009 dal Consigliere Dott. FRANCESCA TROMBETTA;

udito l'Avvocato Enrico D'AHNIBALE con delega depositata in udienza dell'Avvocato LONGO Ruggero, difensore del condominio che ha chiesto accoglimento del ricorso;

uditi gli Avvocati MASTROBUONO e ESPOSITO, difensori della resistente che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione 21/12/83 Bo.Ad. convenne davanti al Tribunale di Taranto il Condominio di (OMESSO) sito sull'omonima citta' e deducendo di essere condomina del suddetto condominio in quanto proprietaria di un locale terraneo sito al n. (OMESSO), esteso all'interno oltre la proiezione verticale dell'edificio, nonche' dell'area di copertura del locale, per la parte che all'interno fuori esce dal perimetro del fabbricato, alla quale si accede dalla chiostrina condominiale e scala in ferro attraverso l'androne del portone civico n. (OMESSO): di avere, quindi, diritto di accesso alla propria proprieta' esclusiva attraverso le aree comuni diritto che le veniva contestato dal condominio, il cui amministratore rifiutava di consegnarle le chiavi del portone n. (OMESSO) e della chiostrina, assumendo che esse dovessero rimanere nelle mani del portiere e sotto la sua sorveglianza; chiese che il condominio fosse condannato a consegnarle le chiavi di cui sopra, con vittoria di spese legali.

Il condominio costituitosi si opponeva alla domanda deducendo di non aver mai negato all'attrice l'accesso alla sua proprieta' esclusiva ribadendo, tuttavia, che le chiavi dovevano rimanere nelle mani del portiere sotto la cui sorveglianza rientravano le cose comuni.

Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda.

Espletata l'istruttoria, con interrogatorio formale della Bo. e C.T.U., il GOA del Tribunale di Taranto, con sentenza 10/4/200 respingeva la domanda attrice.

Su impugnazione della stessa, la corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza 30/4/2004, in totale riforma condannava il condominio a consegnare alla Bo. le chiavi del portane e della chiostrina, nonche' al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Afferma la corte d'appello: che l'atto di acquisto della Bo. non impone alcuna servitu' a carico del condominio quanto all'accesso della Bo. al lastrico solare di sua proprieta' esclusiva: ne' e' stato mai dedotto che una tale servitu' sia stata imposta successivamente; che la Bo. , in quanto condomina, ha diritto sia alle chiavi del portone che a quelle della chiostrina il cui accesso non puo' essere regolamentato dal solo amministratore, visto che la proprieta' esclusiva della Bo. e' raggiungibile solo attraverso i locali (chiostrina - scala - androne) gia' previsti nel suo titolo d'acquisto e che limitazioni all'accesso potrebbero venire dal regolamento condominiale (che nella specie, non le contiene) il quale, non puo' in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino quali risultino dagli atti di acquisto e dalle convenzioni; che, pertanto, del tutto ingiustificato e' il comportamento dell'amministratore.

Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione il condominio; resiste con controricorso la Bo. .

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione:

1) la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1027, 1065 e 1362 cod. civ.; l'omissione e/o insufficienza e contraddittoria della motivazione su un punto decisivo della controversia, articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5:

- per avere la corte d'appello erroneamente affermato che, nell'atto di vendita del locale terraneo alla Bo. , atto Not. Marciano del (OMESSO), non e' menzionata alcuna forma di servitu' in favore della Bo. per l'accesso al terrazzo di copertura del locale, di proprieta' esclusiva della stessa, ed a carico del condominio; NONOSTANTE): A) proprio l'atto di acquisto del locale contenga la costituzione di una servitu' di passaggio per accedere a quel terrazzo, stabilendo che l'accesso deve avvenire dalla chiostrina condominiale e scala in ferro attraverso l'androne del portone civico (OMESSO); B) la configurabilita' della servitu' a carico di un fondo di proprieta' comune ed a vantaggio di un fondo, di proprieta' esclusiva di uno dei partecipanti alla comunione, sia possibile verificandosi, come nella specie, quando il condomino usi la cosa comune (chiostrina) in modo diverso da quello consentito dalla sua specifica destinazione (consentire l'accesso alla centrale termica, al serbatoio dell'acqua potabile ecc); C) nulla specificando l'atto costitutivo in ordine all'esercizio della servitu' ed al possesso delle chiavi, l'esercizio vada disciplinato ai sensi dell'articolo 1065 c.c., con la conseguenza che l'esigenza della Bo. , di accedere al fondo dominante essendo discontinua e saltuaria puo' essere soddisfatta senza bisogno che essa possieda per se' le chiavi dell'androne e della chiostrina;

2) la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1130 c.c., n. 2, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

- per avere la corte d'appello erroneamente affermato che era del tutto ingiustificato il comportamento dell'amministratore che non aveva fornito alla Bo. le chiavi dell'androne e della chiostrina, NONOSTANTE l'amministratore sia legittimato, senza necessita' di specifica delibera assembleare, a disciplinare l'uso delle cose comuni, implicando cio' che, in mancanza di diverse disposizioni dell'assemblea o del regolamento condominiale, egli e' pienamente legittimato a detenere le chiavi in oggetto; ne' la Bo. ha provato che, l'assemblea avesse deliberato di limitare quel potere.

Il ricorso e' infondato.

Quanto al primo motivo, la corte di appello ha categoricamente escluso che con l'atto di acquisto (Not. Marciano del (OMESSO)) della proprieta' del locale terraneo della Bo. sia stata costituita una servitu' di passaggio a carico di beni di proprieta' comune condominiale, in particolare dell'androne della chiostrina e della scala in ferro attraverso i quali si accede alla terrazza di proprieta' esclusiva della Bo. .

Il condominio contesta, deducendo la violazione dell'articolo 1362 cod. civ., l'interpretazione data dalla corte d'appello al suddetto atto di acquisto, senza pero' spiegare quali sarebbero i criteri ermeneutici violati dal momento che il contenuto letterale dell'atto de quo, come dice la corte territoriale, non menziona alcuna forma di servitu' in favore della Bo. per accedere al terrazzo di sua proprieta' mentre enuncia la servitu' di luci e veduta del condominio a carico della stessa terrazza di proprieta' esclusiva della resistente.

Ne consegue che correttamente, in quell'atto non e' stata ravvisata la volonta' di voler imporre una servitu' di passaggio a carico di parti comuni dell'edificio sulla base della semplice indicazione della via di accesso alla terrazza della Bo. , indicazione che mette in evidenza come l'accesso de quo sia praticabile attraverso l'uso di beni di proprieta' comune di cui la Bo. ha diritto di usufruire come condomina ai sensi dell'articolo 1102 cod. civ., poiche' il passaggio attraverso di essi non altera ne' la loro destinazione ne' menoma l'uso degli altri aventi diritto.

Il motivo di ricorso va, pertanto, respinto.

Del tutto infondato e' il secondo motivo di ricorso in quanto il potere dell'amministratore di disciplinare l'uso delle cose comuni, di cui all'articolo 1130 c.c., comma 1, n. 2, e' finalizzato ad assicurare il pari uso di tutti i condomini e non puo' certo estendersi fino a negare ad uno di essi cio' che e' consentito a tutti gli altri, qual e', nella specie il passaggio. Ove cio' avvenisse si verrebbe a menomare il diritto che alla Bo. deriva dal suo titolo di acquisto in contrasto con il disposto dell'articolo 1138 c.c., comma 3.

Il ricorso va, pertanto, respinto.

Segue alla soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della controparte nella misura che si liquida in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Bo. , spese liquidate in euro 2700,00, di cui euro 200,00 per spese vive.

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