L'ammontare della sanzione per la violaizone del regolamento di condominio non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dall'art. 70 disp. att. c.c. e pari ad euro 0,05

In tema di condominio negli edifici, qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto previsto eccezionalmente dall'art. 70 disp. Att. cod. civ., la previsione di una "sanzione pecuniaria", avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l'ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso art. 70 e pari ad euro 0,05.
(Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 21 aprile 2008, n. 10329)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELLA Antonio - Presidente

Dott. MENSITIERI Alfredo - rel. Consigliere

Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere

Dott. MALPICA Emilio - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

RU. LU., RU. AN. MA., RU. DE. FI. VI., elettivamente domiciliati in ROMA VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell'avvocato GRECO Vincenzo, che li difende, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

condominio (OMESSO), in persona dell'Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA EMANUELE FILIBERTO 257, presso lo studio dell'avvocato TURCO Maria Laura, che lo difende, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 34/03 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 08/01/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/12/07 dal Consigliere Dott. Alfredo MENSITIERI;

udito l'Avvocato GRECO Vincenzo, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato TURCO M. Laura, difensore del resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per l'accoglimento 3 motivo, rigetto degli altri motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 18 settembre 2000 il Tribunale di Roma, pronunciando sulla domanda proposta dal condominio in (OMESSO), nei confronti di Ru. Vi., Lu. ed An. Ma., condannava questi ultimi a ripristinare la "originaria destinazione di abitazione" degli appartamenti interni (OMESSO) facenti parte della scala (OMESSO) dello stabile; condannava altresi' i convenuti "al pagamento, ognuno di essi secondo le proprie quote di proprieta' e di godimento, della somma di lire 100.000 giornaliere per ognuno dei tre appartamenti" a far data dal 6 giugno 1991, in favore del condominio, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze e alla rifusione delle spese di lite.

Osservava il Tribunale:

- che i suindicati tre appartamenti erano stati adibiti dal 1991, in violazione dell'articolo 12 del regolamento condominiale contrattuale, a poliambulatori medici, con notevoli disagi per i condomini dello stabile, infastiditi dal considerevole numero di persone che continuamente vi accedevano;

- che l'amministratore del condominio, in base a quanto disposto dall'articolo 23 di detto regolamento aveva, sentiti i consiglieri, irrogato ai convenuti la sanzione di lire 100.000 al giorno, con la decorrenza sopra indicata, in relazione ad ognuno dei tre appartamenti;

- che l'applicazione di detta sanzione non poteva ritenersi in contrasto con la norma dell'articolo 70 disp. att. c.c. (prevedente il pagamento, a tale titolo, di una somma "fino a lire 100") attesa la derogabilita' della norma medesima.

Proposto gravame dai Ru., con sentenza dell'8 gennaio 2003 la Corte d'appello di Roma rigettava l'impugnazione e condannava gli appellanti, in solido, alle maggiori spese del grado.

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione Ru. Lu., An. Ma. e Vi. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il condominio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 101 e 156 c.p.c., e della Legge n. 276 del 1997 articolo 13 nonche' omessa e/o incompleta e/o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Costituendo il tentativo di conciliazione, nell'economia dei c.d. processi stralcio, un momento prodromico dal quale dipende il potere-dovere del Giudice onorario di emettere la sentenza, erroneamente la Corte del merito aveva ritenuto che il mancato esperimento dello stesso non sarebbe sanzionato da nullita' stante altresi' la sua irrilevanza nel caso di specie, essendo presente in udienza il solo difensore di Ru.Lu. che non aveva la procura per conciliare.

La doglianza non puo' essere accolta giacche' l'omissione del tentativo di conciliazione, non costituendo formalita' essenziale, non determina la nullita' del procedimento, non essendo tale nullita' sancita dalla legge (nella specie la Legge 22 luglio 1997, n. 276, articolo 13, comma 2) e non potendo quindi essere affermata dall'interprete, ne' puo' formare oggetto di motivo di ricorso per cassazione (vedi, in tema di speciale procedimento per la liquidazione degli onorari di avvocato nei confronti del cliente, Cass. n. 2196/67; in tema di separazione personale dei coniugi, Cass. n. 2302/71; in tema di controversie agrarie, Cass. n. 511/77, n. 4689/77, n. 5071/77, n. 1026/78; in tema di controversie individuali di lavoro, Cass. n. 5213/78, n. 6449/86, n. 8310/2002, n. 16141/2004; in tema di divorzio, nella ipotesi della mancata comparizione di uno dei coniudi all'udienza presidenziale all'uopo fissata, Cass. S.U. n. 5865/87, Cass. Sez. 1, n. 11059/2001; in tema di procedimento disciplinato dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 30, nella ipotesi di opposizione del convenuto all'ordinanza di rilascio, Cass. n. 9646/96; in tema, infine, di giudizio innanzi al giudice di pace, Cass. n. 20074/2004).

Con il secondo motivo si deduce, sempre in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 276 e 359 c.p.c., e degli articoli 981, 982 e 1292 c.c., nonche' omessa, incompleta e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Lamentano i ricorrenti l'omessa decisione della Corte territoriale sul motivo d'appello con il quale Lu. ed Ru.An. avevano contestato la loro legittimazione passiva in quanto, quali nudi proprietari degli immobili (dell'interno (OMESSO) il primo e degli interni (OMESSO) la seconda) essendo privi del godimento degli immobili medesimi, non potevano ritenersi inadempienti agli obblighi regolamentari, puntualizzando che eventualmente autore dell'illecito, se di illecito si fosse trattato, avrebbe potuto essere l'usufruttuario, qualora avesse concesso in locazione il bene per una destinazione vietata.

La censura non ha pregio giacche' la Corte Territoriale, nel disattendere la omologa eccezione formulata in sede di gravame di merito, ha evidenziato che i proprietari in discorso erano tenuti, cosi' come l'usufruttuario, a rispettare e a far rispettare il regolamento di condominio.

Con il terzo motivo si denunzia, ancora in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 70 e 72 disp. att. c.c. e dell'articolo 1349 c.c., nonche' omessa, incompleta e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Rilevano i ricorrenti che alla eventuale inadeguatezza dell'entita' della sanzione stabilita dal citato articolo 70, per le violazioni del regolamento condominiale) non poteva porre rimedio l'amministratore del condominio elevandola del 1000/1000 e moltiplicandola per tre e per tutti i giorni nei quali si sarebbe protratta la pretesa violazione.

Ma ove pure l'articolo 23 del regolamento, derogando al richiamato articolo, avesse rimesso alla determinazione dell'amministratore l'entita' della sanzione, dovendosi escludere che tale determinazione fosse rimessa al suo mero arbitrio, il predetto avrebbe dovuto stabilirla con equo apprezzamento tal che, essendo stata fissata in modo iniquo ed erroneo, la determinazione in discorso sarebbe spettata al giudice ai sensi dell'articolo 1349 c.c..

La doglianza e' fondata.

Conformemente a Cass. n. 948/95 dal cui "decisum" il Collegio non ha ragione di discostarsi, se l'articolo 70 disp. att. c.c., prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio puo' essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma "fino a lire cento", cio' significa che non possono essere previste sanzioni di importo maggiore.

Pertanto l'applicazione nel caso di specie (consentita dal disposto di cui all'articolo 23 del regolamento condominiale di che trattasi) di una sanzione di gran lunga superiore alla misura massima inderogabilmente stabilita dal richiamato disposto legislativo, e' nulla in quanto "contra legem".

L'impugnata sentenza va conseguentemente sul punto cassata, rimanendo assorbito il quarto motivo concernente modalita' applicative di una sanzione ritenuta illegittima, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo' esser decisa nel merito, dichiarandosi l'inderogabilita' della sanzione prevista dall'articolo 70 disp. att. c.c.. La natura della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto, rigetta i primi due, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo nel merito, dichiara l'inderogabilita' della sanzione prevista dall'articolo 70 disp. att. c.c.. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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