L'esistenza di un condominio "di fatto", tra assegnatari di case di abitazione, realizzate dall'I.A.C.P. non determina nei singoli partecipanti l'obbligo del versamento dei contributi condominiali

L'esistenza di un condominio "di fatto", tra assegnatari di case di abitazione, realizzate dall'I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari), non determina nei singoli partecipanti l'obbligo del versamento dei contributi condominiali ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. in quanto, la gestione autonoma delle parti comuni dell'edificio è legittimamente esercitata, ai sensi dell'art. 24 del d.P.R. n. 1035 del 1972, solo se preventivamente autorizzata dall'Ente a seguito di apposita richiesta formulata dal sessanta per cento degli assegnatari.
(Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 5 febbraio 2008, n. 2760)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELLA Antonio - Presidente

Dott. TRIOLA Roberto Michele - rel. Consigliere

Dott. MALZONE Ennio - Consigliere

Dott. ODDO Massimo - Consigliere

Dott. MALPICA Emilio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MA. Vi., elettivamente domiciliato in Roma Via Teulada 38/a, presso lo studio dell'avv. LOCATELLI Giovanni Maria, difeso dall'avv. VESTITO Francesco, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

COND. (OMESSO), in persona dell'Amministratore pro tempore D'. An., unitamente ai Sig.ri: Si. Pa., De. Pa. Gi., Fa. Co., Co. Ma., Te. Ro., elettivamente domiciliati in Roma P.le Clodio 17, presso lo studio dell'avv. LOBIANCO Giovanni Maria, difeso dagli avvocati LENTINI FRANCESCO, VILLANI VITO SALVATORE, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 81/02 del Tribunale di GROTTAGLIE, depositata il 02/10/02;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 31/10/07 dal Consigliere Dott. Roberto Michele TRIOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 18 novembre 1997 il condominio di via (OMESSO), conveniva Ma. Vi. davanti al Giudice di pace di S. Giorgio Jonico, chiedendo la condanna dello stesso al pagamento della somma di lire 4.603.269, per contributi condominiali.

Il convenuto si costituiva, contestando, tra l'altro, l'esistenza stessa del condominio, trattandosi di uno stabile ancora di proprieta' dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Taranto Con sentenza in data 29 giugno 2000 il Giudice di pace di S. Giorgio Jonico accoglieva la domanda.

Ma.Vi. proponeva appello, che veniva rigettato dal Tribunale di Taranto con sentenza in data 2 ottobre 2003.

I giudici di secondo grado ritenevano, in primo luogo, infondata l'eccezione di difetto di specifica procura ad litem del condominio per il giudizio di appello, in quanto l'espressione "nel presente procedimento", contenuta nella procura rilasciata per il giudizio di primo grado, consentiva di ritenere superata la presunzione di conferimento della rappresentanza processuale solo per tale grado di giudizio.

Ugualmente infondata era l'eccezione secondo la quale, a seguito delle dimissioni dell'amministratore, la procura dallo stesso rilasciata doveva considerarsi senza effetti.

Non sussisteva la nullita' dell'atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza della causa petendi, in quanto dallo stesso si ricavava che la somma richiesta in pagamento al convenuto rappresentava la quota delle spese condominiali sullo stesso gravanti per gli anni 1994-1995 e 1995-1996.

Risultava, poi, dalla documentazione esibita che i pagamenti relativi alle spese condominiali, ivi comprese quelle per l'acqua e la luce erano stati sempre corrisposti dagli assegnatari degli alloggi non all'IACP, che mai aveva anticipato tali spese, ma ai creditori tramite l'amministratore dello stabile dagli stessi assegnatari nominato. Tale modus operandi, che poteva inquadrarsi in una gestione autonoma sia pure di fatto non era stato mai contestato dall'appellante, nonostante i precedenti numerosi avvisi di mora e di convocazione delle assemblee. Concludeva il Tribunale di Taranto affermando: Ne' ad avviso del giudicante puo' in questa sede sollevarsi la questione della illegittimita' delle spese condominiali richieste dall'odierno appellato in quanto determinata sulla base di una ripartizione tra gli inquilini non rispondente alle norme legislative: trattasi invero di una questione che in quanto implicane anche un giudizio sulla validita' della delibera assembleare con cui sono stati stabiliti i criteri di ripartizione delle spese, introduce una ragione di indagine da parte del giudice di appello diversa da quella sviluppata in primo grado e come tale costituisce eccezione nuova inammissibile in questo grado.

Cio' chiarito puo' altresi' ritenersi provata la pretesa creditoria avanzata nei confronti del Ma..

E' difatti stata prodotta copiosa documentazione riguardante le spese relative ai servizi condominiali ed il riparto delle stesse, risulta pure allegata la relazione dell'amministratore concernente la determinazione dell'ammontare delle quote dovute dal Ma.; nulla invece e' stato provato dall'appellante, sebbene questi avesse invece eccepito di aver sempre puntualmente corrisposto gli oneri a suo carico.

Contro tale decisione Ma.Vi. ha proposto ricorso per Cassazione, con sei motivi.

Resiste con controricorso il condominio di via (OMESSO).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ribadisce la tesi, secondo la quale la procura ad litem rilasciata dall'amministratore in calce all'atto di citazione, facendo riferimento al "presente procedimento", esprimeva chiaramente l'intenzione del conferimento del mandato solo per il giudizio di primo grado.

La doglianza e' infondata, alla luce del costante orientamento di questa S.C. secondo il quale la procura alle liti conferita in primo grado con la locuzione "per il presente giudizio", o altra equivalente, abilita il difensore alla proposizione dell'appello (cfr., in tal senso, da ultimo: Cass.sent. 9 giugno 2005 n. 12170; sent. 7 gennaio 2003 n. 40).

Con il secondo motivo il ricorrente invoca la sentenza n. 3159 del 1993 di questa S.C., secondo la quale la morte dell'amministratore di condominio nel corso del giudizio determina la interruzione del processo, con la conseguenza che anche sotto tale profilo il difensore nominato per il giudizio di primo grado non avrebbe potuto rappresentare il condominio in grado di appello, essendo necessario il rilascio di una seconda procura.

La doglianza e' infondata, in quanto secondo il piu' recente orientamento di questa S.C., qualora il condominio si sia costituito in giudizio in virtu' di mandato conferito anche per il giudizio di appello, il mutamento in corso di causa della persona dell'amministratore che aveva rilasciato la procura alle liti non incide sul rapporto processuale, che e' in ogni caso riferito, sia dal lato passivo sia da quello attivo, al condominio, quale ente di gestione che opera in rappresentanza e nell'interesse dei condomini (sent. 20 aprile 2006 n. 9282).

Da un punto di vista logico va, poi, esaminato il quarto motivo, con il quale il ricorrente ribadisce la tesi della nullita' dell'atto introduttivo per indeterminatezza della causa petendi.

Il motivo e' infondato, in quanto con accertamento di merito insindacabile in questa sede, i giudici di merito hanno ritenuto che dall'atto di citazione si desumeva che la somma richiesta in pagamento al convenuto rappresentava la quota delle spese condominiali sullo stesso gravanti per gli anni 1994-1995 e 1995-1996.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce che in base al Decreto del Presidente della Repubblica 1972 n. 1035, articolo 24, gli assegnatari di case realizzate dagli IACP possono essere autorizzati alla gestione autonoma del condominio solo a seguito dia apposita autorizzazione dell'ente, che deve essere preceduta da apposita richiesta in tal senso avanzata da almeno il 60% degli assegnatati. Nella specie non si era realizzata nessuna di tali condizioni, e doveva considerarsi irrilevante la esistenza di una gestione condominiale di fatto, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito.

La doglianza e' fondata.

Nella specie non e' stata neppure dedotta l'esistenza dell'autorizzazione di cui sopra, la quale, in considerazione del carattere formale degli atti con i quali si esprime la P.A., non potrebbe essere dedotta da un comportamento concludente dell'I.A.C.P..

Una gestione para-condominiale di fatto, pertanto, sarebbe stata extra legem e quindi non vincolante per l'attuale ricorrente.

Vengono ad essere assorbiti il quinto motivo, con il quale il ricorrente insiste nel sostenere che i crediti fatti valere nei suoi confronti non erano provati, ed il sesto motivo, con il quale il ricorrente deduce che mancava la prova che le spese per la illuminazione e quelle per le scale fossero state ripartite secondo i criteri previsti rispettivamente dall'articolo 1123 c.c., comma 1, e articolo 1124 c.c..

In definitiva, vanno rigettati il primo, secondo e quarto motivo; va accolto il terzo motivo, con assorbimento del quinto e sesto motivo.

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione del Tribunale di Taranto, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, secondo, quarto motivo del ricorso; accoglie il terzo motivo, con assorbimento del quinto e sesto motivo; in relazione al motivo accolto cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Taranto, anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.

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