La causa di scioglimento del condominio deve svolgersi con la partecipazione di tutti i condomini

La rappresentanza attribuita all'amministratore del condominio dall'art. 1131 secondo comma, cod. civ., rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, non si estende all'azione di scioglimento del condominio prevista dagli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ; questa, avendo ad oggetto la modificazione di un diritto reale, si svolge in un giudizio al quale debbono partecipare tutti i soggetti che per le rispettive quote ne sono titolari, ossia i condomini del precedente condominio complesso. (Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza del 23 gennaio 2008, n. 1460)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 30.6.97 Gi. Gu., (E ALTRI OMISSIS)

Si costituiva il Condominio in persona dell'amministratore il quale chiedeva il rigetto della domanda, stante l'impossibilita' del richiesto scioglimento a causa dell'indivisibilita' dell'area giardino e, in parte, dell'area box, nonche' per la comunanza di alcuni servizi fondamentali (acqua, luce, attacco antincendio) che rendeva antieconomica la divisione e, infine, per la mancanza del consenso unanime di tutti i condomini avuto riguardo alla previsione dei beni comuni contenuta nel regolamento condominiale avente natura contrattuale.

All'esito dell'istruttoria, il Tribunale, con sentenza 30.3.2000, accoglieva la domanda degli attori disponendo lo scioglimento del condominio e la costituzione di due condomini separati corrispondenti ai due distinti corpi di fabbrica con permanenza in comune di quelle parti e di quei servizi individuati quali indivisibili dal CTU.

Contro la sentenza proponevano appello il Condominio, in persona dell'amministratore, unitamente a un gruppo di 19 condomini della palazzina contraddistinta dal civico n (OMESSO), e cioe' Gi. Ma., (E ALTRI OMISSIS)

L'atto di appello veniva notificato anche a Sc. Ra. Ga., che non era stata parte del giudizio di primo grado.

Gli appellati, con esclusione della Sc. Ra. che restava contumace, si costituivano tutti chiedendo il rigetto dell'appello. Con sentenza 7.6.2002 la Corte d'appello di Milano, rilevato che la domanda di scioglimento del condominio era stata proposta nei confronti dell'amministratore il quale, vertendosi in tema di divisione di beni in comproprieta' di tutti i condomini, era privo sia della legitimatio ad causam (non essendo titolare del diritto in controversia) sia della legitimatio ad processum (non avendo il potere di rappresentanza dei condomini quali singoli comproprietari) e ritenuto il difetto di contraddittorio determinatosi in primo grado non sanato dalla partecipazione al giudizio di appello dei condomini pretermessi, dichiarava inammissibile la domanda condannando gli appellati soccombenti alle spese del grado, compensate quelle di primo grado.

Contro la sentenza proponevano ricorso per cassazione, sorretto da due motivi di censura, tutti i soccombenti con esclusione di Ma. Si. e St. Gi..

Resistevano al gravame, con unico controricorso, il Condominio, in persona dell'amministratore, nonche' diciassette dei diciannove condomini intervenuti in appello.

Non si costituivano gli intimati Ta. e Bu. C. ne il Ma. e la St., nei confronti dei quali i ricorrenti avevano provveduto, su ordine di questa Corte, all'integrazione del contraddittorio.

Da ambo le parti sono state depositate memorie difensive.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Preliminarmente, con riferimento ai rilievi mossi dai resistenti in ordine all'inammissibilita' del gravame in quanto proposto oltre il 60 giorno dalla notificazione della sentenza impugnata (v. pagg. 21 e 22 del controricorso), va osservato che il termine di impugnazione applicabile nel caso di specie era quello annuale, decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza (7.6.02), e non il termine breve, decorrente dalla notificazione della stessa, essendo stata la detta notificazione eseguita a piu' parti presso l'unico procuratore in unica copia, anziche' in copie separate quante erano le parti rappresentate come per legge, secondo la regola desumibile dagli articoli 170 e 285 c.p.c., ed essendo, percio', inidonea a far decorrere il termine breve (Cass. 12777/04; Cass. 8639/02; Cass. 9391/99), non rilevando la sopravvenuta (a seguito del ricorso per cassazione) sanatoria della nullita' per raggiungimento dello scopo, in quanto nel ricorso la nullita' risulta dedotta espressamente (v. pagg. 2 e 32).

Pertanto, il ricorso, essendo stato notificato nel rispetto del termine annuale, deve ritenersi tempestivo e si puo' passare all'esame dei motivi di censura.

2 - Con il primo motivo di ricorso si denunciano violazione di legge (articolo 1117 c.c. e articolo 62 att. c.c.) nonche' insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo per avere la Corte d'appello ritenuto che l'amministratore del Condominio non era passivamente legittimato rispetto all'azione di scioglimento del condominio proposta dai ricorrenti, perche', avendo l'azione natura reale, era necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini.

Secondo i ricorrenti, la Corte di merito non ha tenuto conto che, a norma dell'articolo 1135 c.c. e articolo 61 att. c.c., lo scioglimento del condominio puo' essere disposto dall'assemblea dei condomini a maggioranza con la conseguenza che, trattandosi di materia devoluta all'assemblea, l'amministratore ha la legittimazione a contraddire in sede giudiziale.

Inoltre, aggiungono i ricorrenti, in base ai principi affermati dalla giurisprudenza in tema di condominio parziale, nel caso in cui la controversia riguardi cose o servizi destinati ab origine a servire soltanto alcuni dei proprietari dei piani, l'amministratore e' l'unico soggetto passivamente legittimato per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio in condominio.

La censura va disattesa.

La rappresentanza attribuita all'amministratore del condominio dall'articolo 131 c.c., comma 2, rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, non si estende all'azione di scioglimento del condominio prevista dagli articoli 61 e 62 disp. att. c.p.c..

Lo scioglimento del condominio determina, infatti, la perdita del diritto di proprieta' su talune cose, servizi ed impianti da parte di alcuni dei partecipanti al condominio originario, la cui quota si accresce a quella degli altri con conseguente modificazione proporzionale del diritto di godimento sulle cose comuni e del correlativo obbligo di partecipazione alle spese.

A differenza di quanto accade nella divisione, la quale determina, come effetto tipico, il trasferimento del diritto in senso proprio e la sostituzione della proprieta' solitaria alla comproprieta', lo scioglimento produce soltanto il frazionamento della contitolarita', in quanto alla perdita di alcuni non segue l'acquisto in capo agli altri partecipanti, essendo costoro gia' titolari del diritto sulle stesse parti comuni.

Non essendo i due istituti tra loro assimilabili, appare ingiustificata l'applicazione analogica delle norme che disciplinano la divisione ai casi di scioglimento del condominio effettuata dalla Corte di merito, dovendosi, invece, ricercare la disciplina di siffatto peculiare istituto nei principi generali in tema di diritti reali, secondo cui al giudizio avente ad oggetto la modificazione di un diritto reale - qual e' appunto il diritto di proprieta' delle cose comuni di cui ciascun condomino e' titolare pro quota - debbono partecipare tutti i soggetti che, per le rispettive quote, ne sono titolari e quindi tutti, e soltanto, i condomini del condominio procedente complesso.

Ne consegue che l'amministratore del condominio, in quanto non e' titolare del diritto, e' privo di legittimazione passiva, ne' puo' trarre il potere di rappresentanza dal mandato conferitogli dall'assemblea per resistere al giudizio concernente lo scioglimento del condomini, non potendo l'assemblea disporre a maggioranza del diritto in questione se non nel caso in cui ritenga di approvare la richiesta di scioglimento ai sensi dell'articolo 61 disp. att. c.p.c., comma 2.

Pertanto, previa correzione della motivazione ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. nella parte in cui, a sostegno della decisione, la Corte di merito ha fatto riferimento alla disciplina della divisione, anziche' ai principi generali in tema di diritti reali, la sentenza va confermatali primo motivo va respinto.

3 - Con il secondo motivo si denunciano violazione di legge (articoli 102 e 154 c.p.c.) nonche' omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per avere la Corte d'appello ritenuto che non era stato rispettato il contraddittorio, benche' al giudizio di appello avessero partecipato tutti i condomini, compresi quelli che erano stati assenti nel giudizio di primo grado, e si fosse sanato, in tal modo, il difetto di contraddittorio verificatosi in quel giudizio. Secondo i ricorrenti, essendosi realizzato il pieno contraddittorio, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare l'appello nel merito, non gia' dichiararlo inammissibile. In subordine, ove ritenuto insanabile il difetto di contraddittorio verificatosi in primo grado, avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice di primo grado.

Anche questa censura e' infondata.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nell'ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello, il principio secondo cui giudice di appello non e' tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'articolo 354 c.p.c., ma deve trattenerla e decidere sul gravame opera soltanto se l'interveniente abbia accettato la causa nello stato e grado in cui si trova, chiedendo che la causa sia cosi' decisa, e nessuna delle altre parti resti privata di facolta' processuali non gia' altrimenti pregiudicate (Cass. 16504/05; Cass. 4883/93). In particolare, e' stato affermato che il detto principio non puo' trovare applicazione nell'ipotesi in cui il litisconsorte, chiamato soltanto nel giudizio di secondo grado, sia rimasto contumace (Cass. 5222/80).

Nel caso di specie, risulta dagli atti che, come rilevato dalla sentenza impugnata, non solo i condomini intervenuti in appello avevano chiesto, in via primaria ed assorbente, l'annullamento della sentenza di primo grado proprio a causa della mancanza, in quel giudizio, del contraddittorio, ma uno dei liticonsorti necessari (la condomina Sc. Ra.) non convenuta in primo grado e citata in secondo grado, non si era costituita in appello, "cio' solo precludendo ogni ipotizzabile effetto sanante derivante dalla costituzione degli altri litisconsorti".

Correttamente, quindi, il giudice di appello ha ritenuto insanabile il difetto di contraddittorio e negato la rimessione della causa al Tribunale.

Anche il secondo motivo va respinto.

Consegue il rigetto del ricorso, con condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese, liquidate come segue.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna I ricorrenti, in solido, alle spese, liquidate in euro 2.100,00 (duemilacento) di cui euro 2.000,00 (duemila) per onorari.


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