La proprietà da parte di un condomino della rampa di scale che porta al suo appartamento non comporta automaticamente anche la proprietà dell’area sottostante

Nella ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non puo' ritenersi idonea a costituire, con esse, una entita' unica ed inseparabile (cosi' da rendere non predicabile la ipotesi che il dante causa del detto condomino, nell'alienare la proprieta' delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante), postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto suolo (o, in ogni caso, l'impossibilita' di utilizzare il suolo stesso come entita' autonoma rispetto al manufatto), cio' che non e' lecito affermare con riguardo ad una superficie (libera) sormontata da una rampa di scale". (cosi' Cass. Sez. 2 n.8717/1997).

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 18 dicembre 2013, n. 28350



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno - rel. Consigliere

Dott. MANNA Felice - Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. r.g. 29049/07 proposto da:

- (OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS));

- (OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS)) parti entrambe rappresentate e difese dall'avv. (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso; domiciliate ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

- ricorrenti -

contro

- (OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS));

- (OMISSIS) (c.f.: (OMISSIS)) parti entrambe rappresentate e difese dall'avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell'avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura stilata a margine del controricorso;

- controricorrenti -

contro la sentenza n. 1398/2006 della Corte di Appello di Venezia; depositata il 20 settembre 2006; non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 21 novembre 2013 dal Consigliere Dott. Bianchini Bruno;

Udito l'avv. (OMISSIS), per le parti ricorrenti, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), con atto notificato il 5 marzo 1993, citarono innanzi al Tribunale di Padova (OMISSIS) e (OMISSIS) esponendo che gli stessi, acquirenti dalla medesima dante causa di essi attori, tale (OMISSIS), con atto del (OMISSIS), di un appartamento al piano terra di uno stabile sito in (OMISSIS) con accesso da via (OMISSIS), nel 1991, avrebbero arbitrariamente chiuso una porta che permetteva l'accesso ad un vano sottoscala prospiciente l'appartamento acquistato, facendone uso esclusivo, in ragione del fatto che tale locale aveva anche un'altra apertura adducente l'interno dell'immobile dei convenuti; contestarono la legittimita' di tale condotta affermando che con il rogito in pari data era stato loro venduto, oltre l'appartamento sito al piano secondo, anche il vano scala e la scala che dal piano terra portava sino alla loro abitazione, con cio' rendendo evidente la volonta' della venditrice di alienar loro anche il sottoscala. Conclusero dunque perche' i convenuti fossero condannati al ripristino dello stato dei luoghi nella consistenza anteatta, anche con riferimento all'abbassamento del livello del pavimento della cantina.

2 - I (OMISSIS) - (OMISSIS) contestarono l'interpretazione della volonta' dell'alienante nei termini sopraesposti, sostenendo che lo sgabuzzino avrebbe sempre fatto parte dell'appartamento dagli stessi acquistato ed in precedenza condotto in locazione, cosi' sarebbe stata evidente la volonta' dell'alienante di cedere l'immobile nello stato in cui attualmente si trovava. Svolsero altresi' domande riconvenzionali che non formano piu' oggetto di esame nel presente giudizio.

3 - Il Tribunale adito, con sentenza n. 36/2003, respinse le contrapposte domande ponendo a base della decisione: le prove per testi, che avrebbero dimostrato che il sottoscala sarebbe stato gia' incorporato nell'appartamento delle parti convenute prima della compravendita; l'osservazione che nel rogito di trasferimento alle parti attrici non sarebbe stato menzionato il vano sottoscala; le risultanze di due consulenze tecniche di ufficio, circa l'interpretazione di una planimetria allegata al rogito di compravendita, in cui l'area delle scale era colorata in giallo.

4 - La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1398/2006, accolse il gravame solo per quanto riguardava la richiesta di ripristino dell'altezza del pavimento della cantina ma lo respinse nel resto osservando: che le deposizioni testimoniali avrebbero confermato che gia' al momento dell'acquisto da parte delle parti appellate non esisteva piu' l'apertura del vano scala all'esterno - conservandosi invece quella adducente l'appartamento dei medesimi - ; che l'espressione "vano scala" non avrebbe rivestito un significato univoco - quale quello ritenuto dalle parti appellanti - in quanto al vano sottostante la scala non sarebbero stati applicabili i principi che, nella proprieta' fondiaria, estendono il diritto dominicale al sottosuolo (articolo 840 cod. civ.), stante l'inserimento del locale in un fabbricato in condominio; che sarebbero state congrue le conclusioni alle quali erano pervenuti i consulenti tecnici di ufficio in merito alla rispondenza del prezzo di vendita pattuito rispetto alla superficie dell'immobile.

5 - Per la cassazione di tale sentenza i coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS) hanno proposto ricorso, articolandolo in cinque motivi; le parti (OMISSIS) - (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Con il primo motivo viene denunziata la violazione e/o la falsa applicazione dell'articolo 246 c.p.c. in relazione alla ritenuta assenza di una causa di incapacita' a testimoniale da parte della comune dante causa, (OMISSIS), contestando le parti ricorrenti l'assunto, espresso nella gravata decisione, secondo cui essi non avrebbero dimostrato la presenza di un interesse concreto della teste che la legittimasse alla partecipazione al giudizio, essendo al contrario evidente che la stessa, oltre a poter essere convenuta in evizione dalla parte che non avesse visto accogliere le proprie pretese dominicali sul medesimo bene, avrebbe comunque potuto effettuare un intervento adesivo; come mezzo al fine viene formulato - ai sensi dell'allora vigente articolo 366 bis c.p.c. - il seguente quesito di diritto: "Stabilisca la Corte di cassazione se il venditore di un bene immobile debba ritenersi incapace ex articolo 246 c.p.c. a rendere testimonianza nel giudizio in corso tra i propri aventi causa, che in quel giudizio si disputano una porzione dell'immobile compravenduto".

2 - Con il secondo motivo, connesso al precedente, si deduce l'esistenza di una "motivazione erronea" per aver sostenuto, la Corte territoriale, che l'eccepita incapacita' della teste sunnominata non sarebbe stata accompagnata dall'evidenziazione dell'interesse alla partecipazione al giudizio da parte del medesimo, essendo al contrario riscontrabile in atti che, prima della escussione della medesima, si sarebbe indicata quale fonte di eventuale interesse a partecipare al giudizio, la garanzia per evizione a cui la venditrice sarebbe stata tenuta nei confronti della parte che fosse risultata soccombente.

3 - Entrambi i motivi presentano profili di inammissibilita' e sono comunque infondati nel merito: il secondo, perche' il vizio che viene dedotto non attiene alla "erroneita'" della motivazione (non contemplata in alcuna delle cause di ricorribilita' per cassazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) bensi' alla erronea percezione di una difesa della parte e, come tale, traducentesi in un vizio da far valere, semmai, con il rimedio della revocazione ex articolo 395 c.p.c., n. 4; il primo, per violazione del canone di specificita' del ricorso in cassazione traducentesi, nel caso, nella deroga al principio di autosufficienza, dal momento che non viene riportato il capitolo di prova sottoposto al teste ne' le sue risposte, al fine di scrutinare la rilevanza del dedotto error in procedendo, tanto piu' che dalla lettura della sentenza emerge che per decidere sullo stato dei luoghi al momento della compravendita, la Corte territoriale richiamo' anche la deposizione dell'architetto (OMISSIS), autore di rilievi sui luoghi di causa nel periodo intercorrente tra la sottoscrizione dei contratti preliminari e i rogiti di trasferimento della proprieta' (cfr. fol 7 della sentenza), testimonianza non valutata criticamente nel ricorso.

3.a - Piu' in generale poi, deve esser richiamato il consolidato indirizzo interpretativo di legittimita', a mente del quale l'interesse che da luogo ad incapacita' a testimoniare a norma dell'articolo 246 cod. proc. civ. e' quello giuridico, personale, concreto, comportante la legittimazione a proporre l'azione ovvero ad intervenire in un giudizio, di tal che l'incapacita' a testimoniare non puo' a tale stregua farsi discendere dalla mera eventualita' che, in caso di rigetto della proposta domanda di accertamento della mancanza di titolarita' del rapporto controverso, il soggetto possa essere chiamato in causa a fini di rivalsa dalla stessa parte che l'ha indicato (cosi': Cass. Sez. 3 n. 5232/2004 cui adde : Cass. Sez. 3 n. 6894/2005 e, piu' in generale sulla caratteristica dell'interesse portante alla incapacita': Cass. Sez 3 n. 1101/2006; Cass. Sez. 3 n. 12947/2007).

4 - Con il terzo motivo viene denunziata la violazione e/o falsa applicazione delle norme sull'interpretazione dei contratti - richiamate con riferimento agli articoli 1362 c.c. e segg. - in merito all'identificazione dell'oggetto del trasferimento di proprieta': le parti ricorrenti esaminano, in senso critico rispetto al risultato raggiunto, la valenza probatoria delle circostanze di fatto vagliate dalla Corte territoriale al fine di pervenire al rigetto della loro impugnazione, in particolare negando una qualche influenza sul - per loro chiaro - contesto letterale dell'atto alle emergenze istruttorie relative allo stato dei luoghi anteriore alla stesura del rogito.

4.a - Il mezzo e' inammissibile perche' diretto a far esprimere alla Corte una valutazione degli elementi di prova diversa da quella operata, sulla base di compiuta e ragionevole motivazione, dal giudice del merito, al quale solo appartiene il relativo potere interpretativo: denunzia tale vizio di impostazione la stessa formulazione del quesito di diritto con il quale si invita la Corte a confermare il primato del testo negoziale nella ermeneutica della volonta' delle parti, dando per accertato il significato univoco del medesimo che, invece, costituiva proprio la res dubia.

4.a - Il mezzo, come anche il quinto motivo (diretto a riaffermare la inevitabilita' della interpretazione dell'espressione "vano scala" come comprensivo dello spazio sottostante e quindi il difettoso iter logico del giudice dell'impugnazione a pervenire a contrarie valutazioni) e' altresi' infondato perche' "Nella ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non puo' ritenersi idonea a costituire, con esse, una entita' unica ed inseparabile (cosi' da rendere non predicabile la ipotesi che il dante causa del detto condomino, nell'alienare la proprieta' delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante), postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto suolo (o, in ogni caso, l'impossibilita' di utilizzare il suolo stesso come entita' autonoma rispetto al manufatto), cio' che non e' lecito affermare con riguardo ad una superficie (libera) sormontata da una rampa di scale". (cosi' Cass. Sez. 2 n.8717/1997).

5 - Ad identiche conclusioni di non conformita' con lo schema legale dei vizi di motivazione soggetti allo scrutinio di legittimita', si perviene valutando il quarto motivo. diretto a riaffermare il valore significativo della colorazione in giallo del vano scala nella planimetria allegata al rogito di compravendita (a contrastare la valutazione di irrilevanza, data l'incertezza del segno grafico, formulata in sentenza, sulla scorta delle conclusioni dell'ausiliare).

6 - Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 1.700,00, di cui euro 200 per esborsi.

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