La sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edifico da parte di un condomino non conferisce agli altri condomini il diritto alla riduzione in pristino se la domanda è sorretta dalla mera deduzione della violazione delle norme urbanistiche

La sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edifico, da parte del condomino che ne sia proprietario, non conferisce agli altri condomini il diritto alla riduzione in pristino nel caso in cui la relativa domanda sia sorretta dalla mera deduzione della violazione delle norme urbanistiche in ordine al divieto di aumentare la volumetria degli immobili, atteso che le disposizioni locali che pongono tale divieto, rispondendo ad interessi pubblici e non essendo dirette a regolamentare i rapporti tra privati, non hanno carattere integrativo delle disposizioni del cod. civ. in materia di proprietà edilizia.
(Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza del 17 ottobre 2006, n. 22224)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Rafaele CORONA - Presidente

Dott. Vittorio Glauco EBNER - Consigliere

Dott. Luigi PICCIALLI - Consigliere

Dott. Francesca TROMBETTA - Consigliere

RelatoreDott. Mario BERTUZZI - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Pa.Gu., Al.Ma.As., elettivamente domiciliati in Ro. Lu.De.Vi., presso lo studio dell'avv. Pa.An, difesi dall'avvocato Tu.Mo., giusta delega in atti;

ricorrenti

contro

Fo.Gi.;

Intimato

e sul 2° ricorso n° 03618/03 proposto da:

Fo.Gi., elettivamente domiciliato in Ro. viale Ma., presso lo studio dell'avvocato Pa.St.Ri., che lo difende unitamente all'avvocato Ma.Da.Fi., giusta delega in atti;

controricorrente e ricorrente incidentale

contro

Pa.Gu., Al.Ma.As.;

intimati

avverso la sentenza n. 399/01 della Corte d'Appello di Trento, depositata il 17/11/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/06 dal Consigliere Dott. Francesca Trombetta;

udito l'Avvocato De. con delega del difensore Mo., depositata in udienza, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale;

udito l'Avvocato St.Ri.Pa., difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele CENICCOLA che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 6.12.'91 Gu.Pa. e Ma.As.Al. in Pa., proprietari delle p.m. 4 e 5 p. ed. 56 site in Comune di Pe.Va., convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Trento Gi.Mo., proprietario della p. m. 7 della stessa p. ed., deducendo che il medesimo aveva demolito e ricostruito in modo abusivo il tetto dell'edificio, in contrasto con le norme degli strumenti urbanistici; in particolare, aveva sopraelevato sia i muri perimetrali che il manto di copertura sicché il tetto era risultato più alto di circa cm. 30 sul lato via Ma., di circa cm. 45 sul lato del cortile interno, di circa 60 cm. al colmo; aveva demolito il cornicione sulla facciata principale, costituente elemento storico - architettonico tutelato; aveva accorciato di circa cm. 60, l'ala del tetto sporgente sul cortiletto interno determinando una minor protezione dei sottostanti poggiolo e giro scala di proprietà Pa.Chiedevano, pertanto, la condanna del convenuto al ripristino, trattandosi di innovazioni pregiudizievoli al decoro architettonico del palazzo, al loro diritto di comproprietari del tetto e del piano soffitta, nonché effettuate in violazione di norme di edilizia; in subordine chiedevano il ripristino secondo il progetto e concludevano altresì per il risarcimento danni indicati in Lire 20.000.000 o in diversa somma ritenuta di giustizia.

Costituitosi, il convenuto chiedeva il rigetto delle domande sostenendo: di non aver sopraelevato il tetto e comunque di aver diritto a farlo in forza dell'art. 1127 c.c.; quanto al cornicione che esso era crollato autonomamente e che l'accorciamento dell'ala del tetto non aveva creato pregiudizio.

Espletata C.T.U. ed escussi testi, il Tribunale con sentenza 341/2000 respingeva le domande attrici.

Su impugnazione dei coniugi Pa., la Corte di appello di Trento, con sentenza 17.11.2001, in parziale riforma, condannava il Fo. alla riduzione in pristino del cornicione, confermando nel resto la sentenza del Tribunale, compensando per 1/3 spese di entrambi i giudizi di merito e ponendo i restanti 2/3 carico degli appellanti.

Afferma la corte d'appello, in ordine alla sopraelèvazione del tetto, che correttamente il giudice di 1° grado non ha esaminato la domanda, sotto il profilo della violazione dell'art. 872 c.c., in quanto una domanda in tal senso non è stata formulata, avendo gli appellanti evidenziato soltanto che i lavori erano stati effettuati in difformità della concessione edilizia, invocando la violazione delle norme regolamentari edilizie solo in grado di appello; per cui trattavasi di domanda nuova inammissibile in appello; domanda comunque infondata non avendo le sopraelevazioni causato alcun danno agli appellanti, come accertato dal C.T.U.; e se può convenirsi che in tema di violazioni edilizie il danno in linea di principio esista, è purtuttavia necessario che esso sia provato, sia sull'an che sul quantum.

Va, invece, accolta per la corte d'appello, la domanda di ripristino del cornicione non essendo consentito ad alcun comproprietario di modificare a proprio piacimento un elemento della facciata di cui tutti i condomini sono comproprietari.

Quanto all'accorciamento della falda del tetto, esso non ha creato di fatto alcun aggravamento, secondo la corte d'appello, poiché già in precedenza l'acqua piovana cadeva sulle scale comuni e sul poggiolo del Pa.; e nessuna prova è stata fornita del danno conseguente alla domanda di risarcimento.

Avverso tale sentenza propongono ricorso principale per cassazione i coniugi Pa.

Resiste con controricorso e ricorso incidentale Gi.Fo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deducono i ricorrenti principali a motivi di impugnazione:

1. la violazione o falsa applicazione dell'art. 1127 c.civ., anche in relazione all'art. 112 c.p. c - per avere la corte d'appello erroneamente: A) omesso di pronunciarsi sulla domanda di riduzione in pristino relativamente alla sopraelevazione con aumento di volume realizzata dal Fo. in violazione delle norme urbanistiche; B) escluso il risarcimento del danno per la sopraelevazione, implicitamente confermando la sentenza del Tribunale che aveva escluso la sussistenza del pregiudizio all'aspetto architettonico della facciata, Nonostante : 1) il pregiudizio all'aspetto architettonico fosse in re ipsa e conseguisse alla violazione delle norme urbanistiche che vietavano la sopraelevazione,. 2) il giudice fosse tenuto ad applicare la normativa urbanistica, tenuto conto che il diritto di sopraelevare concesso al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, ex art. 1127 c.c. non si estende al di sopra di unità immobiliari di proprietà di altri soggetti come, nella specie, il giroscale comune, il balcone ed il locale wc della p. m. 5, appartenenti al Pa., in ordine ai quali la riduzione in pristino è dovuta quale risarcimento in forma specifica per la lesione;

2. la violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 112, 345 c. p. c. e degli artt. 872, 1127, 1126, 2043, 2056 c. civile: - per avere la corte d'appello erroneamente ritenuto Nuova la domanda di risarcimento danni ex art. 872 c.c. : per violazione delle norme edilizie, ed insussistente e non provato il danno, Nonostante : A) la violazione delle norme edilizie fosse stata dedotta fin dall'atto introduttivo, e nel corso di causa fossero state precisate le norme del P. G. T. I. S. (Piano Generale di tutela degli Insediamenti storici) violate; e, quindi, in relazione ai fatti fin dall'inizio dedotti, poteva ben trovare applicazione l'art. 872 c.c.; B) l'accertata violazione delle norme urbanistiche integri sempre un fatto dannoso ed il danno debba essere ritenuto sussistente e valutato da parte del giudice che, nella specie, avrebbe dovuto rimettere la quantificazione al C.T.U. in relazione al deprezzamento del fabbricato derivato: dalla costruzione di una unità abitativa in più (raddoppio della superficie abitativa della mansarda); dalla modifica del prospetto dal punto di vista estetico - architettonico; oppure avrebbe dovuto parametrare il danno in relazione alla superficie utilizzata per creare nuova volumetria; o, comunque, avrebbe dovuto liquidare il danno in via equitativa;

3. la violazione o falsa applicazione degli artt. 1102, 1120, 1127 c. civ. - per avere la corte d'appello, nell'affermare che l'accorciamento della falda del tetto non ha creato alcun aggravamento della preesistente situazione di stillicidio, erroneamente: A) Non accolto la domanda di ripristino dell'originaria falda del tetto Nonostante fosse stata apportata, ad una cosa comune, una modifica non consentita ex art. 1102 c.c., con alterazione del decoro architettonico; B) negato la tutela risarcitoria nonostante sia economicamente valutabile anche un danno limitato;

4. la violazione o falsa applicazione degli artt. 61, 115, 196 c. p. c. -per non avere la corte d'appello disposto la rinnovazione o un supplemento di C.T.U. per la valutazione del danno e per stabilire le modalità del ripristino;

5. l'insufficienza e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 n° 5 c.p. c) - per avere la corte d'appello erroneamente: A) omésso di motivare l'implicito rigetto della domanda di riduzione in pristino relativa alla sopraelevazione, in quanto pregiudizievole al decoro architettonico; B) ritenuto contraddittoriamente che la violazione delle norme edilizie fosse stata dedotta solo per denunciare la difformità dei lavori rispetto alla concessione edilizia e non, invece, per supportare la domanda di ripristino o quella, subordinata, di risarcimento per equivalente;

C) riconosciuto, contraddittoriamente, il diritto alla rimessione in pristino del cornicione e non, invece, all'originaria estensione della falda del tetto; D) escluso l'esistenza di un danno apprezzabile per la riduzione della falda del tetto, nonostante un pregiudizio economico sia insito nel danno, estetico;

6. la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p. c -per non avere la corte d'appello, in applicazione del criterio dei giusti motivi, compensato per intero fra le parti le spese processuali.

Deduce il ricorrente incidentale a motivo di impugnazione: 1) la violazione o errata applicazione degli artt. 1102, 1120 c. civ.; nonché l'insufficiente. e contraddittoria motivazione: - per avere la corte d'appello, nel condannare al ripristino del cornicione, erroneamente ritenuto avvenuta la demolizione dello stesso ad opera del Fo., Nonostante il cornicione sia crollato per lo stato di fatiscenza in cui si trovava, come affermato dai testi escussi, disattesi dalla corte senza alcuna motivazione.

Vanno preliminarmente riuniti, ex art. 335 c.p. c, i ricorsi principale ed incidentale, trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza. Passando all'esame del ricorso principale, il primo motivo di ricorso è infondato.

I ricorrenti, deducendo l'omessa pronuncia sulla domanda di riduzione in pristino ed il rigetto della domanda di risarcimento danni, fanno riferimento, da un lato, alla violazione delle norme urbanistiche per l'aumento di volume realizzato con la sopraelevazione; e dall'altro, alla violazione dell'art. 1227 c. civ,, non essendo consentita l'estensione del diritto del proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare su unità immobiliari di proprietà esclusiva di altri condomini, nella specie i coniugi Pa.Orbene, in relazione alla violazione delle norme urbanistiche (a prescindere dalla ritenuta novità della domanda, affermata dalla corte d'appello e di cui si dirà con riferimento al secondo motivo del ricorso in esame), non sussiste il diritto del privato alla riduzione in pristino in relazione all'aumento di volume realizzato con la sopraelevazione, stante il carattere non integrativo della norma che impone il divieto di aumentare il volume della costruzione, divieto diretto alla realizzazione di interessi urbanistici generali e non a regolamentare i rapporti di vicinato tra privati.

Ne consegue che, l'implicito rigetto della domanda sul punto, Non è censurabile.

Quanto alla riduzione in pristino, con riferimento alla violazione dell'art. 1227 c.c. la circostanza che la sopraelevazione del tetto si sia estesa anche sulla proprietà esclusiva dei Pa., non risulta essere stata dedotta nei giudizi di merito, e non emerge dalla sentenza impugnata, per cui la censura sul punto è inammissibile.

Il motivo di ricorso va, pertanto, respinto.

Passando all'esame del secondo motivo del ricorso principale, va precisato che, sebbene la corte d'appello, dopo aver affermato la novità della domanda di danni ex art. 872 c.c., per violazione delle norme urbanistiche, abbia esaminato anche nel merito la suddetta domanda, affermando che i danni, comunque, non erano stati provati né nell'an né nel quantum; tale affermazione è stata fatta ad abundantiam nella sentenza, la cui ratio, fondata sulla novità della domanda ex art. 872 c.c., rimane a fondamento della decisione.

Ne consegue l'irrilevanza della censura di cui al profilo sub B) del motivo in esame.

In ordine al profilo sub A) dello stesso motivo, la censura va disattesa, perché la corte d'appello ha spiegato, con motivazione esente da errori logici e giuridici, minuziosamente attraverso l'esame dell'atto introduttivo del giudizio (dando quindi una interpretazione dello stesso, a lei rimessa per legge e non censurata sotto il profilo della violazione dei criteri ermeneutici) che i ricorrenti hanno dedotto la violazione delle norme urbanistiche solo per la difformità della sopraelevazione rispetto alla concessione edilizia, questione però la cui rilevanza si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico fra l'amministrazione ed il richiedente. Il motivo di ricorso va, perciò, interamente respinto.

Anche il terzo motivo di ricorso va disatteso.

Premesso, infatti, che essendo stati i lavori di rifacimento del tetto eseguiti a spese del resistente, la disciplina relativa alle modifiche della falda del tetto va ricercata nell'art. 1102 c. civ., e non nell'art. 1120 c.c.; nella specie, il conseguito limitato accorciamento della falda del tetto, correttamente è stato ritenuto dalla corte d'appello, compatibile con il disposto della suddetta norma, sia perché la modifica non altera né il decoro architettonico, come sul punto ha chiarito il C.T.U., né la destinazione del tetto; sia perché, come la sentenza ha, inequivocabilmente accertato, nessun aggravamento della situazione precedente si è verificato, e, comunque, nessuna prova di esso è stata fornita dai ricorrenti.

Ne consegue, anche, l'infondatezza del quarto motivo di ricorso, essendo ultronea, in mancanza di prova dell'esistenza del danno, disporre C.T.U. per quantificarne l'ammontare; a prescindere altresì dal rilievo che la C.T.U. non è un mezzo di prova e la decisione sulla sua ammissione è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito.

Non sussiste il vizio di motivazione dedotto con il quinto motivo di ricorso, per le ragioni già esposte, relativamente ai profili sub A, B, D; mentre con riferimento al profilo sub C), va rilevato che l'eliminazione di una cosa comune, il cornicione quale parte integrante della facciata, è fattispecie non assimilabile alla modifica della falda del tetto, trattandosi nel primo caso, di estinguere il diritto dei condomini su un bene comune (la facciata architettonicamente definita con l'inclusione del cornicione), per la cui attuazione occorre il consenso dei condomini; e, nel secondo caso di uso consentito della cosa comune, per cui corretta è la decisione della corte d'appello che, difronte alla eliminazione del cornicione, nel corso dei lavori, ne ha imposto la ricostruzione.

Infondato è anche il sesto motivo di ricorso, essendo la compensazione delle spese giudiziali, totale o parziale che sia, rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità perché motivato correttamente sulla base dell'esito finale della lite che ha visto la prevalente vittoria del resistente.

Va ugualmente respinto il ricorso incidentale.

Il Fo., infatti, vuole avvalorare la tesi che il cornicione è crollato autonomamente, perché fatiscente e perché così avrebbero riferito due testi. Sul punto però, la corte d'appello non solo ha ritenuto implicitamente insufficienti le testimonianze dei due testi, per cui la censura che tali testimonianze vuol rivalutare, si risolve in una revisione di fatto, inammissibile in questa sede; ma (la corte) ha deciso per la ricostruzione del cornicione sulla base di un ragionamentò che partendo da dati di fatto certi, quali: l'esistenza del manufatto (quale elemento integrante della facciata) prima dell'inizio dei lavori, il crollo dello stesso durante i lavori di rifacimento del tetto, la mancata ricostruzione del cornicione a fine lavori, ha correttamente deciso che non sussistendo prova dell'autonomia del crollo, l'essere esso avvenuto durante i lavori di rifacimento del tetto, imponesse al Fo., ritenuto implicitamente responsabile, di ripristinarlo; non essendo consentito, senza il consenso dei condomini, di eliminare un elemento architettonico della facciata.

Il ricorso incidentale va, pertanto, respinto.

La soccombenza reciproca giustifica l'integrale compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi;

dichiara interamente compensate fra le parti, le spese del presente giudizio.

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