Nell'avviso di convocazione dell'assemblea è sufficiente che gli argomenti all'ordine del giorno siano trattati nei termini essenziali

Per una partecipazione informata dei condomini a una assemblea condominiale al fine della conseguente validità della delibera adottata è sufficiente che nell'avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nell'ordine del giorno nei termini essenziali per essere comprensibili, senza necessità di prefigurare lo sviluppo della discussione e il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea, secondo un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sia in ordine alla completezza dell'ordine del giorno medesimo, sia in ordine alla pertinenza della deliberazione dell'assemblea al tema in discussione in esso indicato. (Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile,
Sentenza del 10 ottobre 2007, n. 21298)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 15 febbraio 1996 Ta.Ca. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Verbania, il Condominio (OMESSO) in persona del suo amministratore esponendo di essere proprietaria di un appartamento compreso nell'edificio condominiale e impugnando la Delib. adottata dall'assemblea del predetto Condominio in data 22 gennaio 1996 in quanto nulla ovvero annullabile.

Deduceva l'attrice che in data 21 marzo 1995 l'assemblea condominiale aveva approvato un progetto di ristrutturazione dell'edificio condominiale. Detta delibera era stata impugnata dinanzi allo stesso Tribunale. La successiva assemblea tenutasi il 22 gennaio 1996 aveva approvato alcune modifiche al progetto e dato mandato all'amministratore di richiedere al professionista incaricato della progettazione delle opere di redigere i conseguenti elaborati tecnici.

La Ta. eccepiva la nullita' della delibera in questione in quanto: non aveva potuto esaminare preventivamente i nuovi elaborati di progetto; erano state approvate innovazioni vietate ex articolo 1120 c.c., comma 2; era stata violata la proprieta' individuale dell'attrice senza il suo consenso; era mancata l'indicazione nel verbale dell'assemblea dei millesimi dei condomini presenti e delle deleghe dei condomini rappresentati da altri, nonche' l'indicazione dei "quorum" raggiunti nella votazione.

Costituitosi, il Condominio convenuto eccepiva che la Ta. non aveva interesse ad impugnare la delibera in questione in quanto questa si limitava a modificare, proprio nel senso richiesto dalla attrice medesima, un progetto di ristrutturazione gia' approvato dall'assemblea con altra precedente delibera.

Chiedeva pertanto il rigetto della domanda attorea.

Prodotti documenti ed espletata una ctu volta ad accertare in particolare se le opere deliberate dall'assemblea ledessero il diritto di proprieta' della Ta. , con provvedimento del 19 agosto 2000 la causa era riunita ad altre due pendenti tra le stesse parti e aventi ad oggetto l'impugnazione di altre due delibere assembleari concernenti sempre l'esecuzione della ristrutturazione dell'edificio condominiale.

In particolare, con l'atto notificato l'11 agosto 1997 la Ta. , dato atto che erano state revocate le delibere in data 21 marzo 1995 e 22 gennaio 1996, oggetto di precedenti impugnazioni, aveva impugnato la Delib. assembleare adottata il 24 luglio 1997 con la quale erano state approvate opere di ristrutturazione che, ancora una volta, limitavano e ledevano la proprieta' individuale dell'attrice.

A motivo dell'impugnazione venivano addotti sostanzialmente gli stessi motivi gia' posti a fondamento dell'impugnazione della delibera del 22 gennaio 1996.

L'attrice concludeva dunque, chiedendo l'accertamento della nullita' ovvero l'annullamento della Delib. 24 luglio 1997.

Con l'atto notificato il 23 dicembre 1997 la Ta. aveva impugnato, adducendo sempre gli stessi motivi, la Delib. assunta dall'assemblea condominiale il 28 novembre 1997 con la quale era stata deliberata l'assegnazione dell'appalto per l'esecuzione dei lavori.

Riunite le tre cause, con sentenza del 4 giugno 2001 il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere riguardo all'impugnazione della delibera del 22 gennaio 1996; rigettava le impugnazioni della Delib. 24 luglio 1997 e Delib. 28 novembre 1997; condannava la Ta. a rimborsare al condominio convenuto le spese di giudizio delle tre cause riunite.

Proposto gravame dalla soccombente, con sentenza del 27 febbraio 2003 la Corte d'Appello di Torino in parziale riforma della decisione di prime cure dichiarava compensata tra le parti la quota del 20% delle spese di primo grado e nella stessa misura quelle di secondo grado, con accollo del residuo alla parte appellante.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Ta. Ca. sulla base di sette motivi.

Resiste con controricorso il Condominio (OMESSO).

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso (causa n. 511/97 - Delib. 24 luglio 1997) si denunzia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, omessa o insufficiente motivazione sull'asserita regolarita' e completezza dell'ordine del giorno - omesso esame di documenti decisivi per l'interpretazione dello stesso violazione delle norme relative all'interpretazione di clausole negoziali (articoli 1362 e 1363 c.c.), violazione dell'articolo 1105 c.c. e articolo 1136 c.c., penultimo comma - erronea mancata dichiarazione di nullita' della delibera per avere l'assemblea deliberato l'approvazione del progetto presentato dal geom. Li. senza che l'argomento fosse stato posto all'ordine del giorno.

Contesta parte ricorrente come violatrice delle regole interpretative dettate dai menzionati articoli 1362 e 1363 c.c. l'affermazione della Corte del merito della sostanziale identita' della dizione "presentazione degli elaborati" e di quella "approvazione progetto".

Poiche' la prima locuzione null'altro poteva significare se non "presentazione" degli elaborati medesimi, finalizzata al loro esame ed illustrazione era evidente, ad avviso della Ta. " che il soggetto convocato all'assemblea condominiale non poteva prevedere che in quella sede si sarebbe provveduto anche all'approvazione degli elaborati (ancora non presentati e non ancora esaminati). Tanto piu' che, in precedenti occasionasi era stati ben piu' precisi nella delibera degli interventi edilizi incidenti sulle proprieta' individuali. Palese era pertanto la violazione dell'articolo 1105 c.c., non essendo stati tutti i condomini preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione, e l'omessa indicazione nell'ordine del giorno da trattare come "approvazione progetto" aveva comportato altresi' la violazione dell'articolo 1136 c.c., equivalendo sostanzialmente tale omissione a mancata convocazione.

In sostanza la mancata completa informazione sull'oggetto della discussione aveva impedito ad essa Ta. un meditato esame del progetto presentato dal geometra Li. ed aveva pertanto reso la delibera radicalmente nulla o in ogni caso annullabile per violazione dei richiamati articoli del codice civile.

La doglianza, sostanzialmente ripetitiva di quella disattesa dalla Corte del merito in sede di appello, non puo' essere accolta.

Ha affermato la Corte territoriale che, come esattamente argomentato dal primo giudice, la "presentazione degli elaborati" (intendendosi per tali i progetti relativi alle opere di risanamento e di ristrutturazione da eseguirsi nel fabbricato condominiale) non poteva che comprendere anche il riferimento alla decisione circa l'approvazione o meno degli stessi, posto che l'assemblea e' luogo di discussione istituzionalmente, destinata all'adozione di decisioni sulle materie di interesse, comune, indicate nell'ordine del giorno, sicche' poteva ritenersi implicito che all'esame delle materie ivi indicate dovesse seguire una decisione, da perfezionarsi con la relativa votazione. E cio' con particolare evidenza nella fattispecie oggetto di causa in considerazione del fatto che da lungo tempo e in occasione delle varie assemblee succedutesi nel corso di due anni si era sempre discussa e trattata l'approvazione o meno dei progetti relativi alla ristrutturazione condominiale, approvazione che era stata in un primo tempo deliberata, poi revocata, poi rimandata con la presentazione di progetti di volta in volta modificati in alcune parti, proprio per soddisfare le obiezioni e le richieste dell'attuale ricorrente, unica non consenziente nelle precedenti occasioni, e considerato altresi' che le opere dovevano essere eseguite con urgenza.

Ha aggiunto quel giudice, in merito al rilievo della Ta. che gli elaborati progettuali non le erano stati consegnati prima dell'assemblea, sicche' la medesima non aveva avuto modo di esaminarli, che la predetta non aveva provato ne' aveva offerto di provare di aver chiesto di visionare tali progetti prima dell'assemblea ne' tanto meno che il loro esame le fosse stato negato, precisando che in ogni caso tale esame le era stato ampiamente consentito durante la discussione e prima della votazione.

Ebbene par proprio al Collegio che le considerazioni svolte dalla Corte torinese alla stregua di una corretta applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale e delle disposizioni di legge che la ricorrente assume violate, si sottraggano alle critiche mosse dalla Ta. in quanto, tra l'altro, pienamente conformi alla consolidata giurisprudenza di legittimita' secondo la quale per una partecipazione informata dei condomini ad un'assemblea condominiale, al fine della conseguente validita' della delibera adottata (articolo 1136 c.c. e articolo 1105 c.c., comma 3), e' sufficiente che, nell'avviso di convocazione della medesima, gli argomenti da trattare siano indicati nell'ordine del giorno nei termini essenziali per essere comprensibili, senza necessita' di prefigurare lo sviluppo della discussione ed il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea, secondo un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione se, come nelle specie, congruamente motivato, sia in ordine alla completezza dell'ordine del giorno medesimo, sia in ordine alla pertinenza della deliberazione dell'assemblea al tema in discussione in esso indicato (vedi Cass. n. 1511/97, n. 3634/2000, n. 13763/2004, n. 14560/2004, n. 63/2006).

Con il secondo motivo si deduce, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 violazione delle regole interpretative dei contratti (articoli 1362, 1363 e 1366 c.c.) e dell'articolo 2702 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nell'affermazione contenuta in sentenza del consenso prestato dalla Ta. ed in quella dell'unanimita' dei consensi, nell'erronea mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte, nell'erronea affermazione della caducazione del motivo d'impugnazione legato alla violazione dei diritti individuali, nonche' erroneo omesso esame della domanda relativa all'impugnazione della delibera condominiale per violazione dei diritti individuali (innovazioni vietate ex articolo 1120 c.c., comma 2).

Osserva parte ricorrente che dalla motivazione della qui gravata sentenza non e' dato capire se la Corte del merito abbia ritenuto di ravvisare l'affermato consenso unanime alla delibera nella semplice indicazione (da parte del redattore del verbale) di tale unanimita' o se, invece, il consenso unanime (e cioe' la fattispecie contrattuale) sia stata ravvisata nella firma, firma che era comunque mancata per la Ta. che l'aveva fatta precedere dall'annotazione "per presa visione".

Rileva la Ta. gli errori di diritto ed i vizi logici in cui sarebbe incorsa la Corte torinese nella valutazione della volonta' negoziale espressa con la delibera in questione.

La corretta lettura dell'annotazione "per presa visione" (in sintonia con le disposizioni dell'articolo 2702 c.c. e dell'articolo 1362 c.c.) doveva indurre a ritenere che la stessa, lungi dal voler esprimere consenso puro e semplice, esprimeva chiaramente una "riserva" (di meglio esaminare) e comunque l'assoluta non volonta' di fare proprio il contenuto dell'atto, non sottoscritto (puramente e semplicemente) ma soltanto firmato, per l'appunto "per presa visione". Pertanto la diversa interpretazione dei giudici d'appello non solo era contraria ai criteri dell'interpretazione letterale dettati dalle richiamate norme, ma era persino contraria ai criteri piu' elementari di logica e buon senso.

Analogamente l'affermazione della Corte territoriale della (ritenuta) unanimita' dei consensi era stata fatta sulla sola lettura di un'espressione ("l'assemblea......esprime il proprio assenso....") priva di qualsiasi riferimento all'unanimita' e cioe', sulla base di un'interpretazione letterale chiaramente incompatibile con la "lettera" dell'espressione usata.

Puntualizza ancora la ricorrente che l'esame complessivo del verbale assembleare (da effettuarsi alla stregua del disposto di cui all'articolo 1363 c.c.) non poteva prescindere dalla valutazione "comparata" delle firme degli altri condomini ("sottoscrizioni" a tutti gli effetti di cui all'articolo 2702 c.c.) e della firma della Ta. , chiaramente differenziantesi dalle altre e palesemente sintomatica del fatto che nessun consenso era stato dalla stessa manifestato alla delibera in discorso, che non poteva pertanto avere il contenuto contrattuale affermato dai giudici del merito.

Ad avviso della Ta. la impugnata sentenza era altresi' errata laddove aveva ritenuto inammissibili, per violazione dell'articolo 2722 c.c., le dedotte prove testimoniali, in quanto volte a contrastare il contenuto del documento asseritamente dalla stessa sottoscritto.

Invero, anche a prescindere dall'inesistente contenuto negoziale del documento, tali prove erano relative a circostanze chiarificatrici del contenuto del medesimo, suscettibile di diverse interpretazioni e con riferimento alle quali non operava il divieto di cui al citato articolo 2722 c.c..

Deduce, infine, che una volta appurata la mancanza della firma di essa Ta. sul verbale assembleare del 24 luglio 1997, ed escluso quindi il carattere contrattuale dello stesso, la delibera doveva essere ritenuta tale, e pertanto dovevano essere esaminate le ragioni di radicale nullita' della medesima per avere approvato l'esecuzione di innovazioni vietate ex articolo 1120 c.c., comma 2, in quanto incidenti direttamente sulla proprieta' esclusiva di essa ricorrente sostanzialmente "espropriandola" della scala comune e dell'accesso al sottotetto, ed in ogni caso pregiudicandone gravemente l'utilizzabilita' e diminuendone sicuramente il valore commerciale.

Le censure sono prive di fondamento.

Va premesso, in merito alle doglianze in discorso, che, ad avviso della Corte territoriale) ogni questione circa la regolarita' della convocazione e costituzione dell'assemblea che aveva dato luogo alla Delib. 24 luglio 1997 (primo motivo di ricorso), era da considerarsi comunque priva di rilevanza, con riguardo alla approvazione in essa del progetto di ristrutturazione, per le ragioni indicate dal primo giudice secondo cui detta decisione era stata approvata e sottoscritta da tutti i condomini, ivi compresa la Ta. , si' da assumere la natura e la funzione di una vera e propria convenzione contrattuale munita di forma scritta, che fosse richiesta ad "probationem" o "ad substantiam".

L'attuale ricorrente aveva censurato sul punto la decisione di prime cure che, a suo dire, aveva erroneamente ritenuto che la delibera in questione fosse stata adottata all'unanimita' dei condomini partecipanti al Condominio, unanimita' nel caso di specie insussistente per la mancanza del consenso scritto sia della medesima Ta. , sia dei condomini non presenti personalmente e rappresentati da altri in mancanza di apposita delega.

Nel condividere la valutazione del Tribunale secondo cui le sottoscrizioni apposte dalla odierna ricorrente con la specificazione "per presa visione" lungi dal manifestare una volonta' contraria alla decisione di approvare il progetto predisposto dal geometra Li. , esprimevano invece il consenso a quanto deliberato dall'assemblea e dettagliatamente. verbalizzato, avendo la specificazione "per presa visione" una funzione rafforzativa, volta a sottolineare che la firma era stata apposta dopo aver preso effettiva visione del contenuto dell'atto, il giudice d'appello ha ritenuto che tale interpretazione trovava conforto in numerosi elementi di ordine letterale e logico, rettamente evidenziati dal primo giudice.

Dopo aver specificato analiticamente siffatti elementi con motivazione adeguata, esente da vizi logici e da errori giuridici e pertanto incensurabile nell'attuale sede (pagine 15-17 della gravata decisione), ha affermato quel giudice che le prove dedotte dalla Ta. ai capi da 4 a 7, per dimostrare una diversa interpretazione dell'atto e della sua sottoscrizione, erano inammissibili quanto ai capi 5, 6 e 8, perche' volti a contrastare il contenuto del documento da essa sottoscritto dal quale, contrariamente a quanto la parte deduceva nei capitoli in questione, risultava che il voto favorevole di tutti i condomini e quindi anche dell'attuale ricorrente, era gia' stato espresso (incondizionatamente, attesa la mancanza di menzione di riserve o condizioni) prima che fossero apposte le sottoscrizioni dell'atto;sia la prima, apposta a margine della pagina 4, sia la seconda, apposta in calce al documento. Mentre i capitoli 9 e 10 erano irrilevanti, poiche' le modalita' materiali con cui era stato redatto il verbale non avevano alcun rilievo, posto che con la sua sottoscrizione (apposta per ben due volte)la Ta. comunque ne aveva approvato e fatto proprio il contenuto del quale aveva preso sicura conoscenza come ella stessa si era curata di precisare con l'espressione "per presa visione" aggiunta alla firma.

Confermata la sussistenza del consenso di tutti i condomini e in particolare dell'attuale ricorrente, espresso nella necessaria forma scritta, all'accordo in ordine agli interventi sulle parti comuni condominiali e sulle proprieta' individuali ed in particolare sulla proprieta' della Ta. stessa e la natura contrattuale di tale accordo, veniva meno, ad avviso della Corte torinese, il fondamento di tutti i dedotti profili di nullita' e annullabilita' della "delibera" in questione. Tal che, trattandosi di delibera assunta all'unanimita', avente valore di un vero e proprio accordo contrattuale fra tutti i partecipanti al Condominio, non rilevavano le modalita' di convocazione e di costituzione dell'assembleare l'eventuale mancata indicazione dell'oggetto dell'ordine del giorno comunicatole il difetto dell'indicazione, nel verbale, delle quote millesimali dei votanti, non essendovi ne' assenti (in senso giuridico) ne' dissenzienti. E neppure rilevava che la "delibera" incidesse su diritti individuali dei partecipanti o comportasse la modifica e la disposizione di parti comuni, sussistendo l'accettazione espressa nella forma scritta richiesta per tali atti, dei soggetti titolari di detti diritti.

Ebbene tali considerazioni, sorrette dalla dettagliata esposizione delle ragioni del convincimento del giudice d'appello in ordine alle prospettate questioni, resistono alle critiche mosse dalla ricorrente con particolare riguardo alla affermata in sentenza natura contrattuale dell'accordo consacrato nel verbale di assemblea condominiale del 24 luglio 1997 sottoscritto da tutti i condomini e alla ritenuta inammissibilita' e irrilevanza della dedotte prove testimoniali.

Nella specie, invero, il documento sottoscritto da tutti i partecipanti al Condominio ha acquistato effetto probante e la funzione propria della scrittura privata, facente fede della manifestazione di volonta' contrattuale di tutti gli intervenuti, valendo la sottoscrizione a conferire alla convenzione la forma scritta richiesta "ad substantiam" ovvero "ad probationem". (Vedi Cass. n. 2297/96).

Con il terzo motivo si denunzia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 violazione dell'articolo 1136 c.c., omessa pronuncia e/o omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sui motivi (decisivi per la controversia) di impugnazione della delibera condominiale legati alla irregolare costituzione dell'assemblea.

Contesta la Ta. l'affermazione della Corte torinese secondo cui la ritenuta unanimita' della delibera rendeva irrilevanti le questioni relative alla regolare costituzione dell'assemblea.

Invero, esclusa tale unanimita', l'impugnata delibera avrebbe dovuto esser dichiarata nulla o comunque annullabile per inosservanza delle norme relative alla costituzione medesima ed alla validita' delle deliberazioni, risultando dal verbale che, pur indicati i condomini presenti, non erano stati precisati i millesimi di proprieta' dagli stessi rappresentati, ne' il numero dei partecipanti al condominio.

Il motivo e' infondato censurandosi con esso la mancata declaratoria di nullita' o annullabilita' dell' impugnata delibera conseguente alla esclusione della unanimita' dei consensi dei partecipanti al Condominio, unanimita' che al contrario la Corte del merito ha ritenuto nel caso di specie sussistere.

Con il quarto motivo si deduce, sempre in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione dell'articolo 1136 c.c.; omessa pronuncia, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente all'irrilevanza della mancanza di deleghe in capo ai partecipanti all'assemblea.

Contesta la Ta. , per le ragioni innanzi esposte, l'affermazione della Corte territoriale secondo cui essa sarebbe priva di legittimazione ed interesse a far valere il difetto di potere di altri condomini rappresentanti di terzi, reputando inapplicabili al caso in esame le norme relative all'assemblea condominiale, sull'erroneo presupposto del carattere "contrattuale" della impugnata delibera.

La doglianza non puo' essere accolta giacche', anche in questo caso, essa trae spunto dalla negazione del carattere "contrattuale" della impugnata delibera che, al contrario (il giudice d'appello ha reputato configurarsi nella esaminata fattispecie.

Con il quinto motivo (relativo alla causa n. 957/97 - Delib. 28 novembre 1997) si denunzia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione dell'articolo 105 c.c., articolo 66 disp. att. c.p.c. e articolo 1136 c.c., penultimo comma; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta sufficiente determinatezza dell'ordine del giorno.

Rileva parte ricorrente che, a fronte della delibera di una spesa di lire 1.262.662.390, la Corte del merito non poteva di certo fondatamente sostenere che la mancata indicazione degli importi dei singoli preventivi nell'ordine del giorno non si traduceva nella incompletezza ed indeterminatezza del medesimo.

Il motivo e' infondato.

Esso ripropone sostanzialmente ragioni di invalidita' gia' dedotte in prime cure e disattese dal giudice d'appello.

Quanto all'asserita indeterminatezza dell'ordine del giorno comunicato ai condomini per l'assemblea del 28.11.1997 ha osservato la Corte territoriale: Che l'ordine del giorno era sufficientemente chiaro e specifico in quanto menzionava al punto 3 "esame dei preventivi relativi alle opere di straordinaria manutenzione da eseguirsi sulle parti comuni" del Condominio ed elencava dettagliatamente le Imprese cui detti preventivi facevano capo, precisando altresi' che gli stessi erano visionabili presso lo studio dell'amministratore condominiale, previo appuntamento telefonico e indicando al punto 4 la "scelta impresa costruttrice per esecuzione lavori, stanziamento delle somme e loro ripartizione".

Che l'obiezione della Ta. secondo cui al fine di soddisfare adeguatamente il diritto d'informazione dei condomini circa l'oggetto dell'assemblea, sarebbe stato necessario indicare nell'ordine del giorno anche i singoli importi dei preventivi in questione, era assolutamente infondata, posto che per assolvere agli oneri di specificita' e chiarezza dell'ordine del giorno e soddisfare il diritto d'informazione dei condomini era sufficiente l'indicazione della materia su cui doveva vertere la discussione e la votazione, mentre era onere del condomino, in assenza di un preciso obbligo posto a carico dell'amministratore dalla legge o dal regolamento, ove intendesse avere a disposizione i dati specifici e la documentazione relativa alla materia su cui decidere, attivarsi per visionarla presso l'amministratore stesso ed eventualmente farsene rilasciare copie a proprie spese.

Che l'attuale ricorrente non aveva fornito ne' offerto alcuna prova della concreta impossibilita' di visionare la predetta documentazione ne' di un eventuale rifiuto dell'amministratore di consentire la visione dei documenti o di estrarne copia e ancor prima di aver formulato richieste in tal senso.

Che le lettere scambiate fra la Ta. e l'amministratore cui la stessa aveva fatto riferimento nell'atto d'impugnazione erano tutte successive all'assemblea oggetto di causa e dunque nulla provavano riguardo a richieste o rifiuti precedenti all'assemblea stessa.

Ebbene, anche sul punto non puo' che ribadirsi quanto osservato in occasione della disamina del primo motivo di ricorso in ordine alla piena conformita' delle considerazioni svolte dalla Corte torinese alla giurisprudenza di legittimita' formatasi in tema di validita' dell'ordine del giorno in termini di completezza e determinatezza dello stesso e di incensurabilita' della valutazione fattane dal giudice del merito nella ipotesi, verificatasi nella specie, di congruita' della relativa motivazione.

Con il sesto motivo si deduce, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, omessa pronuncia e/o omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per il mancato esame del vizio fondato sull'illegittimita' della stessa delibera condominiale, sotto il profilo della lesione dei diritti individuali della Ta. .

Osserva la ricorrente, riportandosi alle ragioni esposte nel secondo motivo di ricorso, che, contrariamente all'assunto della Corte territoriale, l'impugnata delibera era chiaramente nulla per aver approvato una spesa relativa agli interventi comportanti innovazioni vietate e per aver esorbitato dai poteri dell'assemblea invadendo la proprieta' esclusiva del singolo condomino.

La censura e' infondata giacche' la Corte territoriale, nel disattendere la omologa doglianza formulata in sede di gravame di merito, con apprezzamento di fatto immune da vizi logici e da errori giuridici e pertanto insindacabile in questa sede, si e' opportunamente richiamata a quanto gia' osservato dal primo giudice secondo cui la delibera in questione si limitava a scegliere l'impresa incaricata per l'esecuzione dei lavori, in attuazione della Delib. 24 luglio 1997 e nulla quindi disponeva in ordine ai diritti di proprieta' individuali dei condomini che invece avevano costituito per alcuni aspetti oggetto della delibera del luglio precedente. Puntualizzando in ogni caso che le disposizioni di tale ultima delibera circa i diritti individuali erano state validamente pattuite nella forma negoziale necessaria da tutti i condomini, ed in particolare dalla Ta. .

Con il settimo motivo si deduce, infine, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione dell'articolo 1137 c.c., nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente all'affermata insussistenza di vizi attinenti alla regolare costituzione dell'assemblea.

Contesta la ricorrente l'affermazione della Corte torinese secondo cui la pur sussistente mancata indicazione delle quote millesimali dei condomini presenti, comportando solo l'annullabilita' della delibera, non poteva esser fatta valere dalla Ta. , condomina non assente o dissenziente ma soltanto astenuta.

Anche tale ultima doglianza non si sottrae alla sorte delle precedenti.

Ed invero, pur dovendosi dare atto della erroneita' della affermazione della Corte torinese secondo cui il condomino astenuto non sarebbe legittimato ad impugnare la deliberazione annullabile (vedi in senso contrario Cass. n. 6671/88, n. 12/99), vale in ogni caso a contrastare la censura in discorso l'affermazione del giudice d'appello secondo cui, se era vero che le quote millesimali dei condomini presenti e votanti non erano indicate specificamente nel verbale assembleare, tuttavia tale omissione nel caso in esame non determinava l'impossibilita' di verificare il "quorum" e le maggioranze necessarie per la validita' dell'assemblea e della delibera, posto che a detta assemblea era pacifico che fossero presenti (personalmente o per delega) tutti i condomini e che la delibera venne adottata con il voto favorevole di tutti i predetti, con la sola eccezione della Ta. (che non aveva votato) ma la cui quota millesimale era nota e comunque conoscibile da tutti i condomini.

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto, con la condanna della ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Condominio (OMESSO), delle spese del presente giudizio che liquida in euro 100,00 oltre ad euro 2.000,00 per onorari, con gli accessori di legge.

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