Non serve una maggioranza qualificata per autorizzare il condomino a mantenere un climatizzatore sul muro comune dell'edificio

L’uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell’utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare. Per tale ragione non serve una maggioranza qualificata per autorizzare il condomino a mantenere un climatizzatore sul muro comune dell'edificio. (Fonte: Studio Cataldi)

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 4 maggio 2015, n. 8857



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno - rel. Presidente

Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere

Dott. MANNA Felice - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15754/2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) ED ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS) in persona dell'amministratore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 936/2013 della CORTE D'APPELLO di MILANO del 15.1.2013, depositata l'1/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINA;

udito per il controricorrente l'Avvocato (OMISSIS) (per delega avv. (OMISSIS)) che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Dato atto del deposito della relazione ex articolo 380 c.p.c., del seguente tenore:

1 "- L'avv. (OMISSIS), proprietario di varie unita' immobiliari in uno stabile sito in (OMISSIS), impugno' la delibera condominiale del 18 gennaio 2008, nel punto in cui aveva autorizzato altri condomini - tali (OMISSIS) - (OMISSIS) - a mantenere in loco una macchina moto-condensante collocata sulla parete condominiale ma ad uso esclusivo della unita' immobiliare di costoro, posta al piano seminterrato: secondo la prospettazione dell'attore, la situazione autorizzata dal Condominio avrebbe consentito agli (OMISSIS)/ (OMISSIS) di appropriarsi di una parte della cosa comune (la porzione di muro ove era appoggiato il condizionatore), di tal che tale utilizzo avrebbe dovuto essere autorizzato con delibera presa all'unanimita' degli aventi diritto al voto o, quanto meno, con la maggioranza richiesta dall'articolo 1136 c.c., n. 5, e non, come avvenuto, con l'unanimita' del voto dei presenti in assemblea; il (OMISSIS) fece altresi' valere la violazione dell'articolo10 del regolamento condominiale - che vietava in modo assoluto di occupare, anche in via temporanea, spazi condominiali - attesa la presenza di una vaschetta di raccolta per le acque di condensazione del condizionatore; di un vaso di fiori a celarne la vista e di un tubo di plastica a convogliare le acque di dispersione dall'apparecchiatura alla vaschetta.

2 Il Condominio si costitui' sostenendo la piena legittimita' della richiesta degli (OMISSIS)/ (OMISSIS) mirante allo sfruttamento della cosa comune in modo da non ledere il pari uso degli altri condomini; ribadi' che la situazione autorizzata non sarebbe stata in contrasto con la norma regolamentare - non essendo di intralcio al passaggio ne' recando danno ad alcuno e che neppure avrebbe inciso in modo negativo sul decoro dello stabile.

3 Il Tribunale, espletata l'istruttoria, con sentenza n. 9681/2011 rigetto' l'impugnativa ritenendo che l'apposizione del condizionatore rientrasse in un'ipotesi di uso piu' intenso della cosa comune, disciplinato dall'articolo 1102 c.c.; tale decisione fu impugnata dal (OMISSIS); la Corte di Appello di Milano, con decisione n. 936/2013, rigetto' il gravame rilevando: a - che la porzione (che defini' "minuscola", sulla scorta delle foto prodotte in causa) di muro perimetrale occupata dal condizionatore non sarebbe stata alterata, nella sua funzione di tamponamento, dall'apposizione del macchinario, anche in considerazione della sua amovibilita', se le circostanze l'avessero imposta; b - che del pari neppure il tubo di scolo, terminante in una vaschetta nascosta da una fioriera, avrebbe costituito, a mente dell'articolo 10 del regolamento, un ingombro al passaggio ne' avrebbe causato lesione al decoro architettonico della parte comune, anche in considerazione che i citati manufatti non erano posti, come invece esposto dal (OMISSIS), nell'androne condominiale, bensi' nell'andito di disimpegno' al piano seminterrato, accanto all'acceso alle cantine e di fronte alla centrale termica.

4 Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il (OMISSIS), sulla base di tre motivi di annullamento; il Condominio ha resistito con controricorso.

Osserva in diritto:

1 - Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla lesione del decoro architettonico della muratura esterna dell'edificio condominiale, determinata dall'apposizione dei piccoli manufatti a servizio del condizionatore.

1.a - Il motivo e' inammissibile, atteso che l'esame del fatto di cui si lamenta l'omissione e' stato in realta' compiuto ed all'esito del medesimo la Corte distrettuale, con valutazione logicamente motivata, ha concluso per l'assenza di lesioni al decoro architettonico (v. seconda e terza alinea a fol 8 della gravata decisione), mettendo in rilievo l'esiguita' della porzione di bene condominiale occupata dal condizionatore e "alla stessa stregua" (quindi estendendo il rapporto tra dimensioni dei piccoli manufatti e idoneita' dei medesimi a costituire lesione del decoro condominiale) dal tubo, nonche' dalla vaschetta dell'acqua e dalla fioriera che lo nascondeva, al fine di trarre argomenti per escludere la lesivita' estetica di cui si tratta, anche considerando che trattavasi di anditi di passaggio a locali seminterrati.

2 - Con il secondo motivo viene denunziata la "violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 del regolamento condominiale" avendo la Corte distrettuale ritenuto di limitare la portata cogente del divieto assoluto di occupazione, anche temporanea, di spazi condominiali, con riferimento alla sussistenza di un pericolo od un intralcio per il passaggio.

2.a - Anche questo motivo deve dirsi inammissibile perche' l'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (che costituisce il non espresso ma immanente referente normativo del vizio lamentato) pone a parametro della censura di legittimita' norme di legge o contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ma non certo clausole negoziali, espressione di autonomia privata, rispetto alle quali, semmai, si sarebbe potuto porre il problema della violazione delle norme di ermeneutica - articolo1362 c.c. e segg. -, in questa sede non sollevato.

3 - Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta, ad un tempo, la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1102 c.c., laddove la Corte del merito ritenne di trarre argomenti per affermare la compatibilita' del limite del pari uso della cosa comune, rispetto al dato di fatto rappresentato dalla occupazione - per quanto limitata, ma pur sempre esclusiva - della stessa, facendo riferimento alla volonta' assembleare che, invece, non era idonea a modificare la portata normativa del precetto.

3.a - Il motivo e' infondato perche' parte da un assunto errato, vale a dire che l'uso piu' intenso della cosa comune non possa estrinsecarsi in un limitato uso esclusivo della medesima: cio' in quanto l'utilizzo di cui si parla va rapportato alla funzione della res communis cosi' che se esso non incide sulla sostanziale fruibilita' di essa da parte degli altri condomini, deve dirsi pienamente legittimo: ragionando altrimenti si perverrebbe a legittimare azioni sostanzialmente emulative - perche' prive di apprezzabile interesse - da parte del singolo condomino nei confronti della comunita' condominiale.

3.a.1 - Appare allora condividibile l'approdo interpretativo della Corte del merito laddove pose a parametro della compatibilita' della quale si discute, la decisione unanime (dei presenti all'assemblea) di consentire la prosecuzione dell'utilizzo della cosa comune: tale interpretazione infatti metteva in rilievo la mancanza di lesivita' della condotta censurata, traendo tale convincimento sia dall'obiettiva minima incidenza materiale dell'uso esclusivo sia dall'assenza di un manifestato interesse contrario, ponendosi cosi' in linea di continuita' con l'indirizzo interpretativo di legittimita' che rinviene nella valutazione di fatto (incensurabile in quanto tale in Cassazione) della coesistenza dei due usi (quello piu' intenso del condomino e quello generico della comunita' condominiale) un sicuro parametro di valutazione della legittimita' dell'uso del singolo sul bene condominiale (cfr. Cass. sez. 2 n. 4617/2007 "L'uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell'utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare").

3.a.2 A riprova dell'assunto sta poi la constatazione che il (OMISSIS) non ha mai affermato di aver subito, lui personalmente, ne' che altri condomini avessero avuto a soffrire di una limitazione dell'utilizzo del muro del seminterrato o dello spazio occupato dalla fioriera e dalla vaschetta di raccolta delle acque, nelle loro attivita' quotidiane o eccezionali di utilizzazione di tali spazi.

4 - Il ricorso e' pertanto idoneo ad essere trattato in camera di consiglio a' sensi dell'articolo 375 c.p.c., n. 1, articoli 376 e 380 bis c.p.c., per essere dichiarato manifestamente infondato".

Osserva.

Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro le quali parte ricorrente non ha svolto argomentazioni critiche idonee, avendo ribadito le proprie tesi nella memoria depositata a' sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., comma 2: in particolare, per quanto concerne la dedotta erronea interpretazione dell'oggetto del secondo motivo - come sostanzialmente diretto a sindacare la portata dell'articolo 1102 c.c., integrato dalla normativa pattizia -, va osservato che le argomentazioni svolte per il rigetto del terzo motivo, comunque valgono per analoga soluzione anche per il secondo (vedi p. 3.a della relazione).

Il ricorso va dunque rigettato; consegue la condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita' secondo la quantificazione indicata in dispositivo; sussistono altresi' i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 1.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori dovuti per legge, in favore della parte controricorrente; a' sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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