Non vi può essere lesione del decoro architettonico del caseggiato da parte del condomino che, pur trasformando un locale di proprietà esclusiva, ricorre solo ad opere interne senza variazione del volume del locale

Ove il giudice del merito abbia, in linea di fatto, accertato che la trasformazione dei locali di proprietà del singolo condomino è stata effettuata solo mediante opere interne, «sicché non essendovi stata alcuna variazione né ampliamento di volume dei locali originari non si è verificata nessuna compromissione per l'accesso al lastrico solare di proprietà condominiale», una tale motivazione vale a escludere la lesione del decoro architettonico del fabbricato che è logicamente incompatibile con l'insussistenza di modifiche esterne allo stabile. Né - ancora - rileva, ai fini del decoro architettonico, l'apposizione di tendaggi e stracci sul terrazzo dell'edificio e rimovibili.

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 30 gennaio 2012, n. 1326



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto - Presidente

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2678/2010 proposto da:

PI. GI. (OMESSO), elettivamente domiciliato in (OMESSO), presso lo studio dell'avvocato DO. AN. , che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

P. B. (OMESSO), elettivamente domiciliata in (OMESSO), presso lo studio dell'avvocato CA. FR. , che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 44 3 9/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA del 4.6.09, depositata l'11/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D'ASCOLA;

udito per il ricorrente l'Avvocato An. Do. che si riporta agli scritti ed in subordine chiede la trattazione del ricorso in pubblica udienza;

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che si riporta alla relazione scritta.

FATTO E DIRITTO

P.B. intendeva trasformare una soffitta sita all'ultimo piano in locali abitabili.

Altri condomini, tra i quali Pi.Gi. vi si opponevano, non consentendo l'allaccio delle utenze di luce e gas all'immobile P. .

Costei, dopo aver agito in via di urgenza, conveniva in giudizio il sig. Pi. e tale sig.ra Za. , i quali in via riconvenzionale chiedevano la condanna dell'attrice alla rimozione dei manufatti illecitamente costruiti.

Venivano chiamate in causa le signore Gi. e Ra. , acquirenti del locale P. .

Il tribunale di Roma nel novembre 2002 ordinava alla Za. di consentire a Gi. e Ra. di accedere alla corte di sua proprieta' per l'allaccio delle utenze e condannava entrambi i convenuti al risarcimento dei danni.

Picco proponeva appello e la P. appello incidentale in ordine alla compensazione delle spese di lite.

La Corte d'appello di Roma l'11 novembre 2009 rigettava il gravame.

Picco ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 22 gennaio 2010 alla P. , la quale ha resistito con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso, imperniato su tre motivi, e' stato ritenuto infondato dalla relazione preliminare.

Il Collegio ritiene invece che il primo motivo lamenta violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di danno da lesione del decoro architettonico, conseguente alla trasformazione del manufatto sito sulla terrazza condominiale in appartamento in uso residenziale, meriti accoglimento, nei limiti che si vanno a precisare.

E' vero che dalla sentenza impugnata non emerge un'esplicita decisione della Corte di appello in ordine alla domanda relativa alla violazione del decoro architettonico del fabbricato, questione oggetto di specifica conclusione contenuta in comparsa di risposta e riproposta in appello.

L'omissione di pronuncia e' quindi sussistente.

Tuttavia il ricorso sul punto puo' essere con statuizione di merito da questa Corte sulla base degli accertamenti di fatto contenuti in sentenza.

Quest'ultima ha affermato (pag. 3) che la trasformazione dei locali P. e' stata effettuata solo mediante opere interne, "sicche' non essendovi stata alcuna variazione ne' ampliamento di volume dei locali originari non si e' verificata nessuna compromissione per l'accesso al lastrico solare di proprieta' condominiale".

Questa motivazione vale a escludere la lesione del decoro architettonico del fabbricato, che e' logicamente incompatibile con l'insussistenza di modifiche esterne dello stabile.

Ne' rileva, ai fini del decoro architettonico, l'apposizione di tendaggi e stracci sul terrazzo dell'edificio e rimuovibile. Ai fini della tutela prevista dall'articolo 1120 c.c., comma 2 in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell'edificio condominiale, devono essere alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identita'.

In relazione a questo principio pacifico, non merita di essere presa in considerazione neppure la generica affermazione della lesivita' dell'installazione di "servizi e impianti". Questa espressione, rimasta priva di precisazione sia in ricorso sia in memoria, e' di per se' indicativa non di modifiche murarie strutturali o di alterazioni delle linee architettoniche di un edificio, ma di adeguamenti e aggiunte funzionali, che non rilevano sulla estetica del fabbricato, data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identita'.

Ne consegue che, sulla base degli accertamenti di fatto gia' esperiti in sentenza d'appello e della stesse deduzioni del ricorrente, nonche' di quanto osservato dalla relazione preliminare in ordine al secondo motivo, la domanda puo' essere ritenuta infondata.

Il secondo motivo lamenta omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per la decisione; l'omissione riguarderebbe il rinvio che la Corte d'appello avrebbe fatto "agli atti di causa" per descrivere le modalita' e l'entita' della trasformazione del locale P. .

La censura e' inammissibile per piu' profili.

In primo luogo di essa non viene illustrata la rilevanza: non viene cioe' spiegato quale e' l'aspetto che avrebbe dovuto emergere da una piu' dettagliata descrizione delle opere e che non sarebbe emerso e in qual modo cio' sia stato determinante per il rigetto di una domanda del Pi. .

In secondo luogo essa sembra evolvere nella doglianza circa la mancata ammissione di prove richieste dal ricorrente, prove indicate nel primo motivo.

Se si considerano i due capi di prova per interrogatorio formale riportati a pag. 7 del ricorso, si evince che essi si riferiscono a deposito di materiale sul terrazzo comune, all'affissione di "tendaggi e stracci" al fine di arrecare disturbo, "con danno al decoro architettonico dello stabile".

Orbene, come rilevato in precedenza, nonche' in controricorso, tali comportamenti non meritano di essere considerati ai fini della lesione del decoro architettonico, cioe' delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identita', giacche' non concernono opere edili incidenti sulla sagoma o la facciata del fabbricato, ma la posa transeunte di oggetti rimovibili, che non possono quindi pregiudicare il decoro architettonico, inteso nel preciso senso che a tale istituto conferisce il codice civile.

Il terzo motivo lamenta violazione degli articoli 1223, 1226 e 2056 c.c. e omessa motivazione.

Si riferisce alla liquidazione del danno da mancata disponibilita' degli allacciamenti a causa degli impedimenti illegittimamente apposti dall'odierno ricorrente.

Questi lamenta che il ricorso alla liquidazione equitativa di euro seimila sia immotivato e non giustificato.

La censura e' infondata, perche' dalla sentenza emerge congrua e logica motivazione della statuizione, basata sulla disdetta di un contratto di locazione pervenuta alla resistente, proprio a causa del mancato allaccio delle utenze e nella valutazione, necessariamente approssimativa, anche se ancorabile al primo elemento indicato, della compromissione di "usufruibilita' e godibilita' dell'immobile".

In considerazione della modestia degli importi di cui si tratta, relativi al mancato godimento di un appartamento al piano attico in Roma, la motivazione offerta e' da ritenere sufficiente.

In memoria si ribadisce che il criterio di liquidazione del danno non sarebbe stato esplicitato; il rilievo non e' condivisibile, atteso che la compensazione del mancato godimento di un bene immobile di rilievo sito nella capitale si riferisce esplicitamente ed inequivocabilmente all'utilizzazione locatizia di esso; lo si evince dal riferimento in sentenza alla fonte del danno, costituita dalla disdetta della locazione pattuita.

In relazione a cio', la valutazione offerta dai giudici dei due gradi di merito, neppure contestata, e' congrua e logica.

Discende da quanto esposto il rigetto del secondo e terzo motivo del ricorso.

L'accoglimento del primo motivo in ordine all'omissione di pronuncia, in relazione alla decisione di merito adottata, lascia ferma ogni statuizione dei giudici di appello; tuttavia giustifica la compensazione delle spese di lite.

Irrilevante e' la mancata intimazione delle acquirenti dell'immobile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il secondo e terzo motivo di ricorso. Accoglie il primo e, decidendo nel merito, rigetta il motivo di appello relativo alla domanda riconvenzionale. Spese compensate.
 

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