Va ritenuta urgente la spesa che non può essere differita, senza danno o pericolo per la cosa comune

Va ritenuta urgente la spesa che non può essere differita, senza danno o pericolo per la cosa comune, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere, principio che è ritenuto applicabile anche nei minimi in quanto diretto a impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti nella gestione del fabbricato comune riservata agli organi del condominio. (Tribunale Bologna Sezione 3 Civile
Sentenza del 21 aprile 2005, n. 1049)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI BOLOGNA - TERZA SEZIONE CIVILE

nella persona del giudice unico Dott. Lucia FERRIGNO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di Appello iscritta al N. 12728/2003 R.G. promossa da:

Fa. Pi.

elettivamente domiciliato in Via Ba., 364 c/o Studio Sp. - Bo., presso e nello studio dell'avv. Ni. De Sa. che lo rappresenta e difende;

APPELLANTE

contro

Si. Ci.

elettivamente domiciliata in Via Le. n. 1 - Bo., presso e nello studio dell'avv. Le. Bo.che la rappresenta e difende;

APPELLATA

in punto a:

"APPELLO SENTENZA N. 2390/02 GIUDICE DI PACE BOLOGNA".

CONCLUSIONI

II procuratore dell'appellante chiede e conclude:

"Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Bologna, contrariis reiectis:

1) dichiarare l'impugnata sentenza nulla per erronea, illogica e contraddittoria motivazione, annullando la condanna alle spese a carico dell'attore attori, odierno appellante, in detta sentenza contenuta;

2) condannare la parte convenuta al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio".

Il procuratore dell'appellata chiede e conclude:

"Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, rigettare in toto l'appello proposto da Fa. Pi. in quanto inammissibile e, comunque infondato sia in fatto che in diritto e conseguentemente confermare la sentenza n. 2390/02, resa inter partes dal Giudice di Pace di Bologna.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite".

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l'1.6.2000 Si. Ci. conveniva in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Bologna, Fa. Pi. e, premesso che lei e Fa. Pi. erano proprietari di due porzioni immobiliari facenti parte dell'edificio sito in Cà De Fa., via Ba. n. 41, e che, sussistendo ragioni di urgenza, ella aveva provveduto a riparare il tetto comune sostenendo la spesa di Lire 35.623.000, chiedeva la condanna di Fa. Pi. al rimborso della "quota a suo carico" pari a Lire 4.317.500, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese.

Fa. Pi., nel costituirsi in giudizio, assumeva di nulla dovere a Si. Ci. dato che l'art. 1134 c. c. riconosceva il diritto del condominio al rimborso delle spese fatte per la cosa comune, solo se urgenti o se autorizzate dall'assemblea dei condomini, presupposti che non ricorrevano nel caso di specie.

A sostegno del proprio assunto esponeva che il condominio di via Ba. n. 41 era costituito da cinque unità immobiliari rispettivamente di proprietà dell'attrice, di esso convenuto, di En. De. Es., di Ca. Pi. e di Ma. St., e che Si. Ci., senza informare l'assemblea dei condomini, il 16.5.1998 aveva chiesto al Comune di Mi. l'autorizzazione per eseguire lavori di ristrutturazione del tetto comune mediante la posa di onduline e la sostituzione di lattonerie usurate, lavori che erano stati iniziati ed ampliati, all'insaputa degli altri condomini, solo nel corso dell'anno successivo il che escludeva, di per sé, che si trattasse di interventi urgenti.

Eccepiva, inoltre, che le spese in questione, oltre ad essere prive del benché minimo riscontro documentale, erano relative anche a lavori riguardanti le parti in proprietà esclusiva dell'attrice.

Contestava, infine, le modalità di calcolo della quota asseritamente a suo carico e concludeva per il rigetto della domanda con vittoria di spese.

Nel corso del giudizio venivano assunte le prove per testi sui capitoli dedotti dalle parti e veniva espletata anche una C.T.U. per accertare se i lavori eseguiti da Si. Ci. fossero o meno urgenti e per accertare il loro costo.

All'esito, il Giudice di Pace, con sentenza n. 2390 del 15-16/7/02, ritenuto provato che "per prassi costante condivisa da tutti" gli interventi sulla copertura del tetto andavano "attribuiti solamente alle unità interessate" (che nel caso di specie erano di proprietà delle due parti in causa), dato atto "di un atteggiamento passivo ed equivoco del convenuto che finisce oggettivamente di dimenticare l'utilità che anche il suo appartamento acquisisce in dipendenza" della ristrutturazione del coperto "spingendolo a negare per tale aumento una dovuta controprestazione", ritenuto altresì che Fa. Pi., "con la sua non opposizione alla C.T.U. ed ai quesiti posti al Consulente" aveva dato "per provato implicitamente l'an debeatur", condivise le conclusioni del C.T.U., geom. Al. Be., condannava Fa. Pi. al pagamento, a favore dell'attrice, della somma di Euro 1.423,74 quale quota a suo carico del costo complessivo dei lavori di ristrutturazione del coperto comune ammontante ad Euro 11.381,74.

Condannava, infine, il convenuto al pagamento delle spese di lite con esclusione di quelle di C.T.U. che poneva a carico di Si. Ci.

Con atto notificato il 15.9.2003 Fa. Pi. proponeva appello avverso la sentenza lamentando che il primo Giudice aveva ritenuto l'urgenza delle opere in questione sulla base di erronei presupposti di fatto, e senza correttamente valutare le conclusioni del C.T.U.

Lamentava, inoltre, che il G.d.P. aveva accolto la domanda ritenendo ingiusta la pretesa di esso appellante di non sostenere il costo di opere realizzate anche a suo vantaggio ma, così argomentando, aveva, di fatto "formulato un vero e proprio giudizio di equità" in violazione dei principi sanciti dall'art. 1134 c. c.

Contestava, inoltre, di aver anche solo implicitamente riconosciuto l'an debeatur, ribadiva la mancanza di prova sulle spese asseritamene sostenute da Si. Ci. e concludeva per il rigetto della domanda contro di lui proposta, spese rifuse di entrambi i gradi.

Si. Ci., nel costituirsi in giudizio, contestava il fondamento del gravame e ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese.

Dopo breve trattazione la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni delle parti come in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi di gravame Fa. Pi. si duole del fatto che il G.d.P. abbia erroneamente ritenuto che Si. Ci. iniziò i lavori in questione il 30.5.98, decorsi cioè pochi giorni dalla denuncia dalla stessa presentata al Comune di Mi. (avvenuta il 16.5.98), mentre invece le opere di rifacimento del tetto furono realizzate, come è pacifico, oltre un anno dopo, ed assume che tale errore di fatto abbia influito sulla valutazione dell'urgenza dell'intervento.

Richiama, inoltre l'appellante, le difese già esposte in prime cure in merito alla mancanza di prova sulla indifferibilità delle spese di cui si discute anche all'esito della espletata C.T.U.

L'appello è fondato.

Ai sensi dell'art. 1134 c. c. "Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente".

Ciò premesso, è pacifico, in giurisprudenza, che va ritenuta urgente la spesa che non può essere differita, senza danno o pericolo per la cosa comune, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere" (v., tra le tante: Cass. 5356/77, 5256/80, n. 6400/84, n. 4364 /01) principio che è ritenuto applicabile anche nei c. d. "minimi" in quanto diretto "ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti nella gestione del fabbricato comune riservata agli organi del condominio" (v. Cass. n. 5914 /93, n. 7181 /97).

Venendo all'esame del caso di specie, dall'espletata istruttoria è emerso che Si. Ci. non informò né l'amministratore del condominio né gli altri condomini, ed in particolare Fa. Pi., dei lavori di rifacimento del tetto comune a quest'ultimo, e sul punto non c'è contestazione.

Sulla natura ed entità delle opere in questione, dai documenti prodotti da Fa. Pi. risulta che il 16.5.98 Si. Ci. presentò presso il Comune di Mi. una relazione per l'asseverazione di lavori di "ripasso manto di copertura, previa posa "onduline" sottocoppo, sostituzione lattoneria esistente con elementi in rame" (doc. 2 Fa. Pi.).

Orbene, è pacifico tra le parti, e risulta comunque agli atti, che Si. Ci. iniziò i lavori sul coperto in questione oltre un anno dopo e cioè nel mese di settembre del 1999 (e non il 30.5.98 come erroneamente ritenuto in sentenza) e che tali lavori furono ben più ampi di quelli originariamente previsti e comportarono il rifacimento dell'intera copertura con materiali e tecniche di posa "completamente differenti rispetto alla situazione originale" ed in essi furono compresi anche lavori di ristrutturazione dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva di Si. Ci. (v. C.T.U.).

A tale proposito quest'ultima assume, ribadendo le proprie difese, che tali interventi si resero necessari per il "salvataggio dell'intero edificio" essendo risultato in corso d'opera che il tetto era "profondamente lesionato in tutti i suoi elementi lignei" e che era quindi urgente provvedere alla sua sostituzione.

Ebbene, come dedotto dall'appellante, e contrariamente a quanto sostenuto da primo Giudice, tale assunto non ha trovato adeguato riscontro nella C.T.U. espletata.

Il C.T.U. geom. Al. Be. ha infatti accertato, con motivazione ampia ed esauriente, che la situazione di fatto era meno grave di quanto potrebbe apparire dalle fotografie allegate da Si. Ci., e che la ristrutturazione del coperto era sì necessaria, come riferito anche dal teste geom. Ro., stante la vetustà della struttura, ma che l'urgenza riguardava "la sola risoluzione delle infiltrazioni e delle sostituzioni delle parti realmente danneggiate e non per il rifacimento della struttura". Il C.T.U. ha poi indicato, quali opere volte ad eliminare tali inconvenienti: "la sostituzione del tavolate sottocoppo, la sostituzione di quegli elementi strutturali danneggiati o fatiscenti, la posa di nuove onduline sottocoppo (...), la sostituzione dei coppi danneggiati, il rifacimento delle lattoniere". Si tratta, dunque, sostanzialmente, di quegli stessi lavori oggetto della richiesta di asseverazione del 16.5.98 sopra richiamata.

Tali risultanze portano quindi a ritenere che le problematiche di cattiva tenuta del coperto all'umidità non si manifestarono per la prima volta nel settembre del 1999, essendo provato che oltre un anno prima Si. Ci. si era attivata per eliminare l'inconveniente.

Deve quindi escludersi che la spesa da lei sostenuta per realizzare i più ridotti interventi indicati dal C.T.U. fosse "indifferibile" avendo ella avuto un ampio spazio di tempo per interpellare l'amministratore e gli altri condomini, o quanto meno Fa. Pi., sul da farsi.

Né può ritenersi, come sostenuto dal primo Giudice, che Fa. Pi., "con la non opposizione alla C.T.U." abbia implicitamente ammesso l'an debeautur ove si consideri che il predetto ha mantenuto sempre ferme le proprie difese e che ha aderito alla richiesta di consulenza tecnica solo affinché venisse accertata la reale consistenza delle opere in questione.

Ma la decisione impugnata non può essere condivisa neppure nella parte in cui la domanda è stata ritenuta meritevole di accoglimento sulla base di un principio di giustizia sostanziale sul rilievo che, avendo Fa. Pi., tratto vantaggio dai lavori eseguiti da controparte, non potrebbe "egli negare (...) una dovuta controprestazione".

In proposito è infatti sufficiente osservare che diverso è il principio che l'art. 1134 c. c. sancisce per regolare la distribuzione dell'onere delle spese sostenute da un condomino per la cosa comune, principio che è volto non ad evitare indebiti arricchimenti da parte di uno dei partecipanti al condominio, bensì ad impedire dannose interferenze nell'amministrazione della cosa comune.

L'accoglimento dei primi motivi di gravame rende superfluo l'esame delle ulteriori doglianze di Fa. Pi.

Considerata la natura delle questioni trattate si ravvisano giusti motivi per dichiarare le spese di entrambi i gradi compensate tra le parti in misura di metà, ponendosi a carico di Si. Ci. solo la restante metà delle dette spese, con esclusione di quelle di C.T.U. che sono state già poste dal G.d.P. interamente a suo carico.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo sull'appello proposto da Fa. Pi. avverso la sentenza n. 2390/02 pronunciata tra le parti dal Giudice di Pace di Bologna:

1) - accoglie l'appello proposto da Fa. Pi. e respinge le domande proposte nei suoi confronti da Si. Ci.;

2) - dichiara le spese di entrambi i gradi compensate tra le parti in misura di metà e condanna Si. Ci. al rimborso, a favore dell'appellante, solo la restante metà delle dette spese che, per l'intero, liquida in Euro 1.993,54 per il giudizio di primo grado (di cui Euro 87,54 per spese, Euro 506 per diritti ed Euro 1.400 per onorari di avvocato) ed in Euro 2.354,44 per il presente giudizio di gravame (di cui Euro 163, 44 per spese, Euro 701 per diritti, Euro 1.490 per onorari di avvocato) oltre rimborso spese generali, IVA e CPA.

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