Ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio per aree destinate a opere di viabilità all'interno di un piano di edilizia economica e popolare, va ritenuto il carattere edificabile delle stesse

Ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio per aree destinate a opere di viabilità all'interno di un piano di edilizia economica e popolare, va ritenuto il carattere edificabile delle stesse, trattandosi di interventi asserviti a porzione circoscritta del territorio comunale dichiarata edificabile, e dovendosi considerare il regime urbanistico al momento della conclusione del procedimento espropriativo, rispetto al quale non ha rilievo che le aree avessero, anche secondo la pianificazione anteriore, destinazione stradale. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 6 agosto 2008, n. 21245)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Presidente

Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Consigliere

Dott. DEL CORE Sergio - Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI TRINITAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 24, presso l'avvocato PANETTA MARIA N., che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

DI. BI. DO., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 28, presso l'avvocato GUIDO ORLANDO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 16/03 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 09/01/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2008 dal Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato PANETTA che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per il resistente, l'Avvocato ORLANDO che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per l'accoglimento del terzo motivo, rigetto degli altri due motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato in data 25.2.2000, Di. Bi. Do., premesso: di essere proprietario di un terreno sito in agro di (OMESSO), contraddistinto in catasto al foglio (OMESSO), particella 473, della superficie di mq. 5.663, dei quali mq. 1.650 interessati da esproprio, in quanto su detta area era stata localizzata dal P. Reg. e dal P.D.F. la realizzazione di una strada, per la quale il Consiglio Comunale aveva dichiarato la pubblica utilita' ed urgente esecuzione, per cui era stata disposta con Decreto 22 settembre 1999, n. 223, l'occupazione temporanea in via d'urgenza del suolo; che con Del. 27 aprile 1999, n. 25, il Consiglio Comunale aveva preso atto dell'indennita' provvisoria di esproprio determinata dall'U.T.C. in lire 13.000 al mq.; che con decreto sindacale in data 18.2.2000 veniva decretata l'espropriazione definitiva del suolo;

che l'indennita' offerta non era stata correttamente determinata alla stregua dell'effettivo valore venale di mercato dell'immobile, in ragione della indubbia attitudine edificatoria ed ai sensi del disposto della Legge n. 359 del 1992, articolo 5 bis;

tanto premesso, conveniva in giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Bari il Comune di Trinitapoli per ivi sentir dichiarare ingiusta ed illegittima la stima delle indennita' con riferimento ai prezzi correnti di mercato e, quindi, determinare e liquidare anche in via di conguaglio le giuste indennita' di espropriazione ed occupazione ad esso spettanti in considerazione della natura del suolo e dei relitti non utilizzabili. Costituitosi in giudizio, il Comune convenuto deduceva che l'area in questione era soggetta a vincolo di inedificabilita' in forza di uno strumento urbanistico (P.E.E.P.) non preordinato all'esproprio, per cui la sua valutazione doveva essere effettuata, come avvenuto, ai sensi del comma 4 del succitato articolo 5 bis, in base al valore agricolo del suolo. Chiedeva, pertanto, che le indennita' fossero determinate in base a tale criterio. Con sentenza 1.10.2002, depositata il 9.1.2003, la corte adita determinava in lire 101.084.500 (euro 52.205,80) l'indennita' di espropriazione ed in lire 1.031.620 (euro 532,80) l'indennita' di occupazione legittima relativamente al periodo 22.2.1999-18.2.2000.

Avverso detta sentenza il Comune di Trinitapoli ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi illustrati con memoria. Di. Bi. Do. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in merito alla Legge n. 359 del 1992, articolo 5 bis, comma 4, in ordine alla determinazione dei criteri per la individuazione della misura della indennita' di esproprio.

Deduce la ricorrente che l'affermazione della natura edificatoria dell'area, per cui e' causa, fatta dalla corte di merito, sarebbe errata perche' in contrasto con l'esistenza del vincolo di indisponibilita' previsto dallo strumento urbanistico (P.E.E.P.) non preordinato all'esproprio; pertanto la valutazione dell'area espropriata avrebbe dovuto essere effettuata in base ai parametri di cui alla Legge n. 359 del 1992, articolo 5, comma 4 bis, considerandolo terreno agricolo e non edificatorio.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in merito alla Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 16 applicabile nell'ipotesi di edificabilita' dell'area sottoposta ad esproprio.

Deduce il ricorrente che la corte di merito, ritenuta l'area edificabile, avrebbe dovuto determinarne il valore, cosa che invece non aveva fatto, applicando il disposto dell'articolo 16 del Decreto Legislativo, che impone di commisurare il valore dell'area oggetto di espropriazione a quello dichiarato dall'espropriando con la dichiarazione ICI.

Nel caso di specie avrebbe dovuto determinare il valore tenendo conto del fatto che le parti, attuali resistenti, avevano sempre dichiarato, ai fini dell'imposizione ISI e poi ICI a partire dal 1993, che l'area espropriata aveva carattere agricolo.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia omessa ed insufficiente motivazione sul punto riguardante l'indennita' di occupazione temporanea alla luce della mancata richiesta in merito nell'atto introduttivo di parte appellante.

Deduce il ricorrente che la corte di merito non avrebbe dovuto liquidare anche la indennita' per occupazione legittima, non avendone effettuato il Di. Bi., con l'atto introduttivo del giudizio, specifica richiesta.

Comunque tale indennita' non spetterebbe, essendo la immissione nel possesso avvenuta soltanto dopo la emanazione del decreto di esproprio.

Il primo motivo di ricorso e' infondato.

Il giudice a quo, tramite consulenza tecnica d'ufficio, ha accertato che l'area, su cui era stata localizzata la strada di cui in narrativa, occupata a seguito di decreto di occupazione d'urgenza in data 22.9.1999 e successivamente espropriata con decreto sindacale del 18.2.2000, ricadeva al momento del decreto di espropriazione, secondo la previsione del Piano Regolatore Generale - indicato in sentenza come lo strumento urbanistico vigente in detto momento - in zona "B3" (aree di completamento a prevalente carattere residenziale).

In considerazione di detta destinazione urbanistica al momento del decreto di esproprio la corte di merito ha correttamente ritenuto - con decisione conforme al costante orientamento giurisprudenziale di questa corte in tema di aree destinate ad opere di viabilita' all'interno ed a servizio di singole zone (cfr. cass. n. 15519 del 2001; cass. n. 13199 del 2006) - che l'area in questione fosse legalmente ed, alla stregua delle sue caratteristiche, anche effettivamente edificabile.

Il ricorrente con il motivo di ricorso in esame ha contestato che, l'area, per cui e' causa, fosse legalmente edificabile, affermando che la tesi della Corte d'Appello contrasterebbe "con il vincolo di indisponibilita' statuito dal Comune di Trinitapoli nello strumento urbanistico (P.E.E.P.) peraltro non preordinato all'esproprio, per cui la valutazione del bene doveva essere commisurata in base ai parametri stabiliti dalla Legge n. 359 del 1992, articolo 5 bis, comma 4, considerando il detto bene quale area agricola, il cui valore era equivalente a quello offerto in sede di esproprio.".

Il collegio osserva che tale censura non e' pertinente, atteso che dalla sentenza impugnata, che si basa sugli accertamenti effettuati dal C.T.U., non risulta che l'area in questione avesse detta destinazione urbanistica.

Comunque, ammesso e non concesso che possedesse detta destinazione, non per questo potrebbe ritenersi non edificabile, avendo questa Suprema Corte costantemente affermato - principio che il collegio condivide - che ai fini della determinazione dell'indennita' di esproprio per aree destinate ad opere di viabilita' all'interno di un piano di edilizia economica e popolare, va ritenuto il carattere edificabile delle stesse, trattandosi di interventi asserviti a porzione circoscritta del territorio comunale, dichiarata edificabile, e dovendosi considerare il regime urbanistico al momento della conclusione del procedimento espropriativo, rispetto al quale non ha rilievo che le aree avessero, anche secondo la pianificazione anteriore, destinazione stradale (cfr. per tutte cass. n. 19501 del 2005). Il secondo motivo di ricorso e' inammissibile.

Il Comune di Trinitapoli lamenta che il giudice a quo nulla ha argomentato in ordine alla richiesta di determinazione della indennita' di esproprio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 16 in misura non superiore al valore dell'area dichiarato ai fini dell'I.C.I..

Il collegio ritiene che il ricorrente non ha alcun interesse a proporre in questa sede detta questione, trattandosi di eccezione sollevata solo in sede di precisazione delle conclusioni e, quindi da ritenersi, perche' tardiva, inammissibile.

Dispone, infatti, l'articolo 189 c.p.c. che le conclusioni da sottoporre al collegio vanno precisate "nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'articolo 183",. Il Comune, pertanto, avrebbe dovuto sollevare detta eccezione, allegando il fatto su cui si fonda (valore denunciato con la dichiarazione presentata ai fini dell'I.C.I.) in comparsa di risposta e, comunque, qualora ne ricorressero le condizioni, non oltre l'udienza di trattazione di cui all'articolo 183 c.p.c., rappresentando questa per le parti il limite temporale per integrare, rettificare e precisare le proprie domande ed eccezioni, in base alla conoscenza delle deduzioni avversarie.

Il terzo motivo di ricorso e' fondato.

L'attuale resistente, con l'atto introduttivo del giudizio, ha chiesto la determinazione della indennita' di espropriazione, ma non quella di occupazione, richiesta soltanto in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, domanda questa da ritenersi autonoma rispetto a quella di determinazione dell'indennita' di espropriazione, avendo la domanda di determinazione dell'indennita' di espropriazione e quella di determinazione dell'indennita' di occupazione diversi sia il petitum che la causa petendi (cfr. in tal senso cass. n. 1635 del 1996).

Pertanto la domanda di determinazione della indennita' di occupazione deve ritenersi tardiva, non potendo, per i motivi gia' sopra esposti, in sede di precisazione delle conclusioni essere formulate domande nuove, che comportino un ampliamento della materia del contendere.

Concludendo, per le considerazioni che precedono deve essere rigettato il primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo motivo ed accolto il terzo. Conseguentemente la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e, siccome non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo' essere decisa nel merito, dichiarando inammissibile la domanda di determinazione dell'indennita' di occupazione legittima. L'esito della lite costituisce giusto motivo per compensare integralmente tra le parti sia le spese del giudizio di merito che di quello di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda della indennita' di occupazione legittima. Compensa integralmente le spese sia del giudizio di merito che di quello di legittimita'.

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