In caso di azione di manutenzione volta a reprimere l'inosservanza da parte del vicino delle distanze legali, la sussistenza della dedotta molestia deve essere valutata in rapporto alla situazione possessoria preesistente e, quindi, allo stato di fatto esistente prima dell'intervento indicato come lesivo del possesso

secondo i principi affermati dalla giurisprudenza, in materia urbanistica, anche alla luce dei criteri di cui alla Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31, comma 1, lettera d), la semplice constatazione dell'aumento di superficie e di volumetria e' sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della "ristrutturazione" o della "ricostruzione", bensi' a quello della "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento di tale intervento (v. per tutte Cass. Sez. Un. 19-10-2011 n. 21578). E' altresi' certo che le violazioni delle distanze legali tra costruzioni - al pari di qualsiasi atto del vicino idoneo a determinare situazioni di fatto corrispondenti all'esercizio di una servitu' - sono denunciabili ex articolo 1170 c.c., con l'azione di manutenzione nel possesso, costituendo attentati alla liberta' del fondo di fatto gravato, e, pertanto, turbative nell'esercizio del relativo possesso (tra le tante v. Cass. 29-11-2004 n. 224214; Cass. 24-11-2003 n. 17868; Cass. 25-3-1998 n. 3147). Deve, tuttavia, rilevarsi che, poiche' l'azione di manutenzione e' diretta a tutelare il potere di fatto esercitato su una cosa, e non la titolarita' del corrispondente diritto reale - che invece rileva nel giudizio petitorio -, al fine dell'accoglimento di tale azione e' necessario accertare se le turbative denunciate attentino all'integrita' del possesso, determinando un'apprezzabile modificazione o limitazione del modo del suo precedente esercizio. Ne consegue che, in caso di azione di manutenzione volta a reprimere l'inosservanza da parte del vicino delle distanze legali, la sussistenza della dedotta molestia deve essere valutata in rapporto alla situazione possessoria preesistente e, quindi, allo stato di fatto esistente prima dell'intervento indicato come lesivo del possesso.

Corte di Cassazione, sezione 2 civile, Sentenza 15 aprile 2014, n. 8731



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. MATERA Lina - rel. Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14244/2008 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) S.r.l., c.f. (OMISSIS), in persona del Presidente del CDA Dott. ing. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Dr.ssa (OMISSIS), Notaio in Roma, Rep.n. (OMISSIS) del 29/10/2013;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 389/2007 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex articolo 1170 c.c., datato 6-4-1998 l'avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), premesso di essere rispettivamente titolari della nuda proprieta' e del diritto di abitazione dell'edificio situato in (OMISSIS) e del giardino prospiciente; confinanti con un'area del Comune adibita a servizio di distribuzione di carburanti, lamentavano che nel corso del 1997 la (OMISSIS) s.p.a. aveva intrapreso lavori di demolizione e ripristino degli impianti, installando una nuova pensilina, sostituendo alcuni serbatoi di stoccaggio del carburante, installandone uno nuovo ed edificando una nuova costruzione a meno di un metro dal confine; e che, per effetto di tali opere, le immissioni provocate da gas e fumo e dalle costanti esalazioni provenienti dalle vetture e dalla evaporazione degli idrocarburi alteravano le normali condizioni di stabilita' dell'area, costringendo la (OMISSIS) e i suoi familiari a tenere sigillate le finestre e impedendole di fruire dell'area adibita a giardino. I ricorrenti, pertanto, chiedevano la condanna della (OMISSIS) alla cessazione delle molestie arrecate al loro possesso, mediante demolizione della costruzione eretta in violazione delle distanze e adozione di ogni misura opportuna per eliminare o attenuare le immissioni, nonche' al risarcimento dei danni.

Nel costituirsi, la societa' (OMISSIS) contestava ogni addebito.

Con sentenza in data 2-8-2002 il Tribunale di Belluno, Sezione Distaccata di Pieve di Cadore, rigettava la domanda.

Avverso la predetta decisione proponevano appello il (OMISSIS) e la (OMISSIS).

Con sentenza in data 5-4-2007 la Corte di Appello di Venezia rigettava il gravame. La Corte territoriale, aderendo alle valutazioni espresse dal primo giudice, rilevava, quanto alla dedotta violazione delle norme sulle distanze, che la nuova costruzione realizzata dal convenuto, pur avendo una superficie d'ingombro maggiore rispetto a quella preesistente, era stata posizionata ad una distanza sia pur di poco superiore a quella in cui si trovava la precedente costruzione; e che, pertanto, doveva escludersi la configurabilita' di un'apprezzabile compromissione della pregressa situazione possessoria. Quanto alle dedotte molestie possessorie per immissioni, il giudice del gravame escludeva, sulla base delle risultanze dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, che in condizioni di ordinario esercizio sia le operazioni di rifornimento degli autoveicoli, sia le operazioni di riempimento della cisterna, determinassero immissioni di vapori di benzina avvertibili all'olfatto nelle immediate vicinanze.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso il (OMISSIS) e la (OMISSIS), sulla base di tre motivi.

La (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

In prossimita' dell'udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l'omessa, insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione, in ordine all'affermazione secondo cui la nuova costruzione realizzata dal convenuto in violazione delle distanze legali, pur avendo una superficie di ingombro ed una volumetria maggiori rispetto a quella preesistente, non concreta una molestia possessoria in danno degli esponenti, essendo rimasta sostanzialmente invariata la distanza dal confine rispetto alla precedente costruzione. Nel premettere che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, il nuovo manufatto risulta posizionato ad una distanza minore, e non maggiore, rispetto al precedente fabbricato, sostengono che, trattandosi di nuova costruzione, la violazione delle distanze deve essere valutata con riferimento al nuovo fabbricato; e che il fatto che la distanza dal confine della nuova costruzione sia sostanzialmente analoga a quella del fabbricato preesistente non vale ad escludere che tale nuova costruzione comporti una molestia al possesso del fondo dominante. Fanno presente, in particolare, che il maggiore ingombro del nuovo fabbricato dipende anche dalla circostanza che il lato a minore distanza da quella legale rispetto al confine e' attualmente piu' lungo, risultando cosi' pregiudicati dall'intervento edilizio di controparte punti di confine che non erano mai stati interessati dalla "compressione" per violazione della distanza.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli articoli 873 e 1170 c.c., e Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31. Deducono che la violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo, contro la quale e' data azione di manutenzione, anche a prescindere dalla concreta compressione dell'esercizio del possesso sul fondo confinante. Sostengono che non rileva, in contrario, il fatto che nella specie preesistesse un manufatto posto nella medesima posizione, dal momento che l'intervento edilizio realizzato dalla convenuta non si e' concretato in una semplice "ristrutturazione" o "ricostruzione", bensi' in una "nuova costruzione", che ha raddoppiato le superfici e volumetrie della precedente sagoma d'ingombro.

I due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, devono essere disattesi.

E' ben vero che, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza, in materia urbanistica, anche alla luce dei criteri di cui alla Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31, comma 1, lettera d), la semplice constatazione dell'aumento di superficie e di volumetria e' sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della "ristrutturazione" o della "ricostruzione", bensi' a quello della "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento di tale intervento (v. per tutte Cass. Sez. Un. 19-10-2011 n. 21578).

E' altresi' certo che le violazioni delle distanze legali tra costruzioni - al pari di qualsiasi atto del vicino idoneo a determinare situazioni di fatto corrispondenti all'esercizio di una servitu' - sono denunciabili ex articolo 1170 c.c., con l'azione di manutenzione nel possesso, costituendo attentati alla liberta' del fondo di fatto gravato, e, pertanto, turbative nell'esercizio del relativo possesso (tra le tante v. Cass. 29-11-2004 n. 224214; Cass. 24-11-2003 n. 17868; Cass. 25-3-1998 n. 3147).

Deve, tuttavia, rilevarsi che, poiche' l'azione di manutenzione e' diretta a tutelare il potere di fatto esercitato su una cosa, e non la titolarita' del corrispondente diritto reale - che invece rileva nel giudizio petitorio -, al fine dell'accoglimento di tale azione e' necessario accertare se le turbative denunciate attentino all'integrita' del possesso, determinando un'apprezzabile modificazione o limitazione del modo del suo precedente esercizio.

Ne consegue che, in caso di azione di manutenzione volta a reprimere l'inosservanza da parte del vicino delle distanze legali, la sussistenza della dedotta molestia deve essere valutata in rapporto alla situazione possessoria preesistente e, quindi, allo stato di fatto esistente prima dell'intervento indicato come lesivo del possesso.

Nella specie il giudice del gravame, con motivazione immune da vizi logici e con apprezzamento in fatto non censurabile in questa sede, ha accertato che il nuovo fabbricato eretto dal convenuto, pur presentando una maggiore superficie di ingombro ed una maggiore volumetria rispetto a quello preesistente, e' stato posizionato ad una distanza dal confine superiore, sia pur di poco, rispetto a quella in cui si trovava la precedente costruzione. Correttamente, pertanto, alla luce degli enunciati principi, la sentenza impugnata ha escluso che per effetto della nuova opera si sia verificata, sotto il profilo della distanza, una apprezzabile compromissione della pregressa situazione possessoria, che risulta, anzi, leggermente migliorata.

Non sussistono, di conseguenza, le violazioni di legge e i vizi di motivazione denunciati con i motivi in esame.

Deve, piuttosto, rilevarsi che le deduzioni svolte dai ricorrenti per sostenere che la nuova costruzione del convenuto e' posta a distanza dal confine inferiore a quella in cui sorgeva il vecchio fabbricato, si sostanziano in mere censure di merito, che mirano ad ottenere una diversa valutazione delle emergenze processuali rispetto a quella compiuta dal giudice di appello, non consentita in sede di legittimita'.

L'ulteriore affermazione dei ricorrenti, secondo cui il nuovo fabbricato si estende sul confine per una lunghezza maggiore rispetto a quello preesistente, introduce una questione che dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso non risulta essere stata dedotta con i motivi di appello e che, pertanto, implicando la necessita' di nuove indagini di fatto, non puo' essere fatta valere in questa sede.

2) Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostengono che la Corte di Appello ha respinto la tutela possessoria invocata in relazione alle immissioni di odori, gas ed esalazioni oltre i limiti della ordinaria tollerabilita', in base ad un'acritica adesione alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, che ha immotivatamente ritenuto prevalenti rispetto alle testimonianze acquisite.

Il motivo non e' meritevole di accoglimento.

La Corte di Appello ha motivatamente disatteso il motivo di gravame concernente le molestie possessorie per immissioni, escludendo, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, che, in condizioni di ordinario esercizio, sia le operazioni di rifornimento degli autoveicoli, sia le operazioni di riempimento della cisterna, determinino immissioni di vapori di benzina avvertibili all'olfatto nelle immediate vicinanze. A fronte dell'accertamento delle oggettive caratteristiche dell'impianto compiuto dall'ausiliario, la sentenza impugnata ha ritenuto le dichiarazioni rese dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), facenti riferimento ad un odore "molto forte", ma non costante ne' continuo, percepibile specie in periodo estivo, inidonee a fondare l'affermazione della sussistenza di immissioni nel fondo degli appellanti, provenienti dall'impianto di distribuzione carburanti, eccedenti la normale tollerabilita'.

Il giudizio espresso al riguardo dal giudice del gravame, essendo sorretto da argomentazioni immuni da vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass. 14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006, n. 9368; Cass. 20-4-2006, n. 9234; Cass. 16-2-2006, n. 3436; Cass. 20-10-2005 n. 20322).

3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dalla societa' resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
 

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