Le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono integrano il reato di cui all'art. 483 cod. pen. presupposto che l'ordinamento attribuisce a tali dichiarazione valenza probatoria privilegiata

Le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono integrano il reato di cui all'art. 483 cod. pen. (Sez. V n. 2978, 22/1/2010; Sez. V n. 5122, 9/2/2006; Sez. III n. 9527, 3/3/2003; Sez. V n. 3762, 23/3/2000; Sez. V n. 10377, 1/9/1999) sul presupposto che l'ordinamento attribuisce a tali dichiarazione valenza probatoria privilegiata - con esclusione di produzioni documentali ulteriori - e, quindi, di dichiarazione destinata a dimostrare la verità dei fatti cui è riferita e ad essere trasfusa in atto pubblico (Sez. V n. 2978\2005). La configurabilità del reato deve, peraltro, riconoscersi anche nel caso in cui quanto dichiarato possa essere altrimenti verificato dal successivo destinatario dell'atto, poiché ciò che rileva è l'idoneità dell'atto falso ad ingannare comunque la fede pubblica e la violazione, da parte del privato dichiarante, del dovere di attestare al pubblico ufficiale la verità su circostanze giuridicamente rilevanti (Cass. Sez. III n. 340901, 27/9/2011; Sez. V n. 11681, 16/12/1997). (Amb.Dir.)

Corte di Cassazione, Sezione 3 penale, Sentenza 8 aprile 2013, n. 15971



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente

Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4108/2009 CORTE APPELLO di PALERMO, del 11/07/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili per (OMISSIS). Inammissibili gli altri ricorsi.

Udito, per la parte civile, l'avv. (OMISSIS) F..

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza dell'11.7.2011, ha riformato la decisione in data 10.11.2008 del Tribunale di quella citta', appellata, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) imputati, rispettivamente, la (OMISSIS) dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 30 e 44, articoli 110 e 483 c.p.; la (OMISSIS) del reato di cui agli articoli 110 e 483 c.p.; (OMISSIS) e (OMISSIS) e l' (OMISSIS) dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 30, articolo 44, lettera c), articolo 44, lettera b), 64, 65, 71 e 72, articoli 81, 110 e 349 c.p..

La Corte territoriale ha escluso la sussistenza della lottizzazione abusiva, assolvendo gli imputati ed ha dichiarato non doversi procedere riguardo alle residue ipotesi contravvenzionali contestate per intervenuta prescrizione. Conseguentemente rideterminava la pena inflitta alla (OMISSIS) per le due ipotesi di falso e quella inflitta a (OMISSIS) e (OMISSIS) ed all' (OMISSIS) per la violazione di sigilli, confermando la condanna della (OMISSIS) per il falso. I giudici del gravame hanno anche confermato le statuizioni civili e condannato i predetti alla rifusione delle spese sostenute dalle associazioni ambientaliste costituite parti civili.

Avverso tale pronuncia i predetti imputati hanno proposto separati ricorsi.

2. (OMISSIS) deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che la richiesta di revoca delle statuizioni civili formulata nell'atto di appello non sarebbe stata adeguatamente esaminata dalla Corte territoriale ed affermando che la revoca sarebbe stata giustificata dalla pronuncia assolutoria riguardante la contestata lottizzazione abusiva, mentre i residui reati di falso per i quali e' stata confermata l'affermazione di penale responsabilita' non sarebbero immediatamente o mediatamente produttivi di danno ambientale.

Aggiunge che la condanna al risarcimento disposta dal Tribunale era riferita "al solo danno "morale" nascente dal reato subito dalle tre associazioni costituitesi parte civile" le quali, tuttavia, non annoverano nei rispettivi statuti la tutela per i reati contro la fede pubblica.

Rileva, inoltre, che il riferimento ai reati edilizi prescritti effettuato nella sentenza impugnata risulta parimenti inconferente, in quanto trattasi di reati prescritti antecedentemente alla sentenza di condanna.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione osservando, con riferimento al reato di cui all'articolo 483 c.p., di averne evidenziato la grossolanita' nell'atto di appello, chiarendo che sarebbe stata ben nota all'amministrazione comunale la situazione dei luoghi, disponendo delle aerofotogrammetrie e degli esiti di una verifica effettuata alcuni giorni prima della presentazione della falsa attestazione, riguardante il rispetto del limite temporale per la condonabilita' dell'intervento edilizio.

Quanto all'ulteriore ipotesi di falso in una perizia stragiudiziale a firma Arch. (OMISSIS) (non appellante), depositata nel suo interesse presso la cancelleria del Tribunale di Palermo, osserva che le generiche espressioni utilizzate dal perito, il quale aveva parlato di struttura edilizia tompagnata e tramezzata, senza specificare se totalmente, non sarebbero idonee a configurare il reato e che la sua partecipazione, indicata come "ispirazione" dalla Corte territoriale, avrebbe meritato maggiore attenzione da parte dei giudici del gravame, i quali avrebbero dovuto verificare se e come vi fosse stata una fase ideativa e preparatoria del reato.

4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, del beneficio della non menzione e della sostituzione della pena detentiva ai sensi della Legge n. 689 del 1981, articolo 53, nonche' alla determinazione della pena, asserendo che la Corte territoriale avrebbe fatto ricorso a mere frasi di stile, limitandosi a richiamare un precedente penale risalente nel tempo.

5. Con un quarto motivo di ricorso rileva che sarebbe in ogni caso maturato il termine massimo di prescrizione per i reati rispetto ai quali la condanna e' stata confermata in appello.

6. (OMISSIS) formula due motivi di ricorso di contenuto identico alla prima parte del secondo motivo ed al quarto motivo del ricorso a firma della (OMISSIS).

7. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) deducono congiuntamente, con un unico motivo di ricorso, che la motivazione posta a sostegno dell'impugnata decisione risulterebbe, per quanto li riguarda, meramente apparente e non terrebbe conto delle specifiche doglianze mosse con l'atto di appello, oltre ad essere fondata su una errata ricostruzione dei fatti.

Aggiungono, inoltre, che la esclusione del reato di lottizzazione abusiva avrebbe dovuto indurre il giudici del gravame ad un ridimensionamento della liquidazione dei danni in favore delle parti civili, stante la minore incidenza delle residue ipotesi di abuso edilizio.

Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

8. Occorre osservare, con riferimento al primo motivo di ricorso formulato da (OMISSIS), che lo stesso e' fondato nei termini appresso indicati.

9. Cio' premesso, deve ricordarsi che, in linea generale, la giurisprudenza di questa Corte riconosce la legittimazione alla costituzione di parte civile delle associazioni ambientaliste per il risarcimento dei danni nei processi per reati ambientali.

Si e' rilevato, anche recentemente (Sez. 3, n. 19439, 23 maggio 2012, cui si rinvia per la ricostruzione dell'evoluzione normativa in materia e gli ampi richiami ai precedenti), come il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 313, comma 7, stabilisca che "resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprieta', di agire in giudizio nei confronti dei responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi" e che la disciplina del danno ambientale introdotta dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006 si affianca alla disciplina generale del danno contemplata dal codice civile, con la conseguenza che le suddette associazioni sono tuttora legittimate ad agire "iure proprio" nei processi penali concernenti violazioni ambientali anche dopo l'abrogazione delle previsioni di legge che le autorizzavano a proporre le azioni risarcitorie per danno ambientale in caso di inerzia degli enti territoriali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 9, comma 3 ora abrogato dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 318).

L'azione risarcitoria, aggiunge la citata decisione, non riguarda il danno all'ambiente come interesse pubblico, bensi', come avviene per ogni persona singola od associata, i danni direttamente subiti (a tale proposito si richiamano Sez. 3, n. 34761, 26 settembre 2011; Sez. 3, n. 21016, 26 maggio 2011, non massimata; Sez. 3, n. 14828, 16 aprile 2010; Sez. 3, n. 36514, 03 novembre 2006) ed il danno risarcibile, si e' precisato, discostandosi consapevolmente dalle non convergenti posizioni espresse da altre pronunce (Sez. 3, n.l4828/2010, cit. e Sez. 3, n. 41015, 22 novembre 2010), puo' configurarsi anche come pregiudizio "arrecato all'attivita' concretamente svolta dall'associazione ambientalista per la valorizzazione e la tutela del territorio sul quale incidono i beni oggetto del fatto lesivo. In tali ipotesi potrebbe identificarsi un nocumento suscettibile anche di valutazione economica in considerazione degli eventuali esborsi finanziari sostenuti dall'ente per l'espletamento dell'attivita' di tutela". In ogni caso, si e' ulteriormente affermato, la possibilita' di risarcimento in favore dell'associazione ambientalista "non deve ritenersi limitata all'ambito patrimoniale di cui all'articolo 2043 c.c., poiche' l'articolo 185 c.p., comma 2, - che costituisce l'ipotesi piu' importante "determinata dalla legge" per la risarcibilita' del danno non patrimoniale ex articolo 2059 c.c. - dispone che ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale" obbliga il colpevole al risarcimento nei confronti non solo del soggetto passivo del reato stesso, ma di chiunque possa ritenersi "danneggiato" per avere riportato un pregiudizio eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo".

Cio' posto, si osserva che la legittimazione delle associazioni di tutela ambientale non e' stata riconosciuta con riferimento esclusivo agli interessi ambientali propriamente detti, ma anche per quelli intesi "in senso lato" e comprendenti la conservazione e valorizzazione dell'ambiente in generale, del paesaggio urbano, rurale, naturale nonche' dei monumenti e dei centri storici (in tal senso Sez. 3, n. 3872, 3 febbraio 2011).

Alla luce di tale ultimo principio, formulato con riferimento ad una vicenda concernente un'ipotesi di lottizzazione abusiva, e' evidente che tra le violazioni ambientali produttive di danno risarcibile nel senso precedentemente specificato, rientrano anche quelle relative agli abusi edilizi, sempreche' siano idonee ad arrecare concreto pregiudizio all'ambiente che deve essere, ovviamente, dimostrato.

Nondimeno, la giurisprudenza di questa Corte ha anche chiarito che la legittimazione alla costituzione di parte civile deve essere riconosciuta alle associazioni ambientaliste anche in ordine a reati commessi in occasione o con la finalita' di violare norme preordinate alla tutela dell'ambiente e del territorio, come nel caso di delitti di falso ed abuso d'ufficio commessi proprio allo scopo di rendere possibile un abuso edilizio (Sez. 5, n. 7015, 23 febbraio 2011).

10. Date tali premesse, deve rilevarsi, con riferimento alla specifica posizione della (OMISSIS), che nei suoi confronti, come correttamente osservato in ricorso, non e' stata pronunciata alcuna condanna per i reati urbanistici contestati, in quanto la sussistenza della lottizzazione abusiva e' stata esclusa dal giudice di appello, mentre gli altri illeciti edilizi risultavano prescritti prima della pronuncia di primo grado, tanto che il giudice di prime cure ha dichiarato l'improcedibilita' dell'azione penale.

A fronte delle residue ipotesi di reato le quali, come si e' appena detto, concernendo false dichiarazioni finalizzate ad ottenere il condono di un manufatto abusivo, assicurandone cosi' la permanenza sul territorio evitando i conseguenti interventi delle autorita' competenti, ivi compresa la demolizione, non sarebbero di regola preclusive dell'azione risarcitoria da parte delle associazioni ambientaliste) la Corte territoriale non si e' minimamente espressa, limitandosi ad affermare che le somme liquidate devono ritenersi congrue avuto riguardo all'entita' delle condotte contestate e del danno derivato "...all'ambiente ed al territorio dalla commissione dei reati edilizi pur prescritti".

Nel far cio', i giudici del gravame sono certamente incorsi nel vizio motivazionale denunciato, avendo fatto riferimento alle sole violazioni urbanistiche rispetto alle quali, come pure si e' detto, non era intervenuta condanna.

11. Il secondo motivo del ricorso della (OMISSIS) ed il primo motivo del ricorso della (OMISSIS), che possono essere unitariamente trattati in ragione della sostanziale identita', non superano invece la soglia dell'ammissibilita'.

Le ricorrenti deducono, invero, che in ragione dell'esistenza di una aerofotogrammetria e delle risultanze di un precedente sopralluogo la falsa attestazione sarebbe stata immediatamente riconoscibile da parte dell'autorita' cui era diretta.

Come e' noto, la giurisprudenza di questa Corte e' infatti orientata nel senso di ritenere che le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono integrino il reato di cui all'articolo 483 c.p. (Sez. 5, n. 2978, 22 gennaio 2010; Sez. 5, n. 5122, 9 febbraio 2006; Sez. 3, n. 9527, 3 marzo 2003; Sez. 5, n. 3762, 23 marzo 2000; Sez. 5, n. 10377, 1 settembre 1999) sul presupposto che l'ordinamento attribuisce a tali dichiarazione valenza probatoria privilegiata - con esclusione di produzioni documentali ulteriori - e, quindi, di dichiarazione destinata a dimostrare la verita' dei fatti cui e' riferita e ad essere trasfusa in atto pubblico (Sez. 5, n.2978/2005 cit.).

La configurabilita' del reato deve peraltro riconoscersi anche nel caso in cui quanto dichiarato possa essere altrimenti verificato dal successivo destinatario dell'atto, poiche' cio' che rileva e' l'idoneita' dell'atto falso ad ingannare comunque la fede pubblica e la violazione, da parte del privato dichiarante, del dovere di attestare al pubblico ufficiale la verita' su circostanze giuridicamente rilevanti (cfr. Sez. 3, n. 340901, 27 settembre 2011; Sez. 5, n. 11681, 16 dicembre 1997)

12. A conclusioni analoghe deve pervenirsi con riferimento ad altra deduzione della (OMISSIS), concernente l'ulteriore ipotesi di falso relativa alla perizia stragiudiziale, trattandosi di censura articolata in fatto, avendo ad oggetto il contenuto dell'elaborato peritale ed avendo la Corte del merito adeguatamente indicando la sua posizione di unico soggetto che avrebbe potuto trarre vantaggio dalla perizia.

13. Manifestamente infondato risulta anche il terzo motivo del ricorso proposto dalla (OMISSIS), avendo i giudici del gravame sufficientemente indicato le ragioni del loro convincimento, non rilevando positivi elementi di valutazione ai fini della concessione delle attenuanti generiche ed, anzi, individuando nella presenza di un precedente penale un dato ostativo anche alla concessione degli ulteriori benefici.

Invero, riguardo all'onere motivazionale, deve ritenersi che il giudice non sia tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 2, n. 3609, 1 febbraio 2011; Sez. 6, n. 34364, 23 settembre 2010) ed alla quantificazione della pena (v. Sez. 2, n. 12749, 26 marzo 2008) o alla sua sostituzione ai sensi della Legge n. 689 del 1981, articolo 53 (Sez. 5, n. 10941, 16 marzo 2011).

14. Anche con riferimento al diniego del beneficio della non menzione la Corte territoriale ha rispettato l'obbligo di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'articolo 133 c.p. (cfr. Sez. 4, n. 34380, 20 settembre 2011).

15. Va tuttavia rilevato che, come dedotto nel quarto motivo del ricorso proposto dalla (OMISSIS), per i residui reati a lei contestati risultano ormai maturati i termini massimi di prescrizione, cosicche' la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello ai sensi dell'articolo 622 c.p.p..

16. A conclusioni diverse deve pervenirsi riguardo al secondo motivo del ricorso a firma della (OMISSIS) di identico contenuto, poiche' l'inammissibilita' del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita' di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita' a norma dell'articolo 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez. 4, n. 18641, 22 aprile 2004).

17. Deve infine rilevarsi la inammissibilita' del ricorso proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per essere lo stesso articolato unicamente in fatto attraverso la prospettazione di una ricostruzione alternativa dei fatti che non e' consentita in questa sede di legittimita' poiche' compito di questa Corte non e' quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del giudice di merito.

Del tutto generica risulta, inoltre, la doglianza concernente la conferma della liquidazione dei danni alle parti civili operata dal primo giudice.

Alla declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) -consegue l'onere delle spese del procedimento, nonche' quello del versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e condanna ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite che liquida in complessivi euro 1.000,00 per ciascuna di esse, oltre ad accessori di legge.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per (OMISSIS) per essere i reati estinti per prescrizione.

Annulla con rinvio al giudice civile (Corte di appello di Palermo) per i capi che riguardano l'azione civile.

Spese al definitivo.  
   

INDICE
DELLA GUIDA IN Urbanistica

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 936 UTENTI