n sede di procedimento per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria non è sufficientemente motivato il parere favorevole reso dall'amministrazione comunale che si limiti ad affermare con formule sostanzialmente apodittiche e stereotipe, la compatibilità del manufatto

In sede di procedimento per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria, per le opere abusivamente edificate, non può ritenersi sufficientemente motivato il parere favorevole reso dall'amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47 del 1985, il quale, a fronte della difformità del fabbricato oggetto di sanatoria, si limiti ad affermare con formule sostanzialmente apodittiche e stereotipe, la compatibilità del manufatto. Detto parere, infatti, necessita di adeguata motivazione, al fine di consentire la ricostruzione dell'iter logico che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori paesistici sottesi all'imposizione del vincolo.

Consiglio di Stato, Sezione 6, Sentenza 3 marzo 2014, n. 961



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5974 del 2007, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (...)

contro

Lo.Fi. e Ra.Do., rappresentati e difesi dall'avvocato Vi.As., con domicilio eletto presso Ca.Ca. in Roma, via (...)

nei confronti di

Comune di Colonna

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione II-quater, n. 3783/2006

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l'avvocato dello Stato St.Me. e l'avvocato Fr.Ri. per delega dell'avvocato As.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L'appellante Ministero per i beni e le attività culturali riferisce che, con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. 2630/2004 i signori Lo. e Ra., premesso di essere proprietari di un lotto di terreno posto nel Comune di Colonna su cui insiste un edificio realizzato in modo abusivo, avevano impugnato il decreto del 2 gennaio 2004 con il quale il competente Soprintendente aveva annullato il parere favorevole reso dallo stesso Comune di Colonna ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell'articolo 32 della l. 28 febbraio 1985, n. 47.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha annullato il provvedimento statale di annullamento.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dal Ministero dei beni e delle attività culturali, il quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Si sono costituiti in giudizio i signori Lo. e Ra. i quali hanno a propria volta concluso nel senso della reiezione dell'appello.

Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato accolto il ricorso proposto dai proprietari di un immobile realizzato abusivamente nel Comune di Colonna (RM) e, per l'effetto, è stato annullato il decreto del competente Soprintendente il quale aveva a propria annullato il parere favorevole rilasciato dallo stesso comune nell'ambito della procedura per il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell'articolo 32 della l. 28 febbraio 1985, n. 47.

2. L'appello è fondato.

2.1. Al riguardo va premesso che l'area su cui sorge l'immobile oggetto della procedura di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria all'origine dei fatti di causa ricade in un'area tipizzata dal vigente strumento comunale di pianificazione come 'F-Rurale', laddove il lotto in parola è classificato come zona CO3 - 'Zone agricole con rilevante valore paesistico-ambientale'.

Va, altresì, premesso che l'area su cui sorge l'immobile per cui è causa è interessata da un vincolo paesaggistico, apposto con decreto ministeriale in data 5 aprile 1960, con la seguente motivazione: "per le particolari caratteristiche del Comune di Colonna, posto sulla sommità di un colle che con le alture e campi verdi che lo contornano (esso forma) un quadro naturale di non comune bellezza panoramica".

Ora, il provvedimento di annullamento della Soprintendenza impugnato in primo grado è stato adottato sulla base del difetto di motivazione istruttoria che vizierebbe il parere favorevole rilasciato dal Comune ai sensi dell'articolo 32, l. 47 del 1985 in relazione alla disciplina recata dalla pianificazione urbanistica vigente per l'area, nella quale vige un regìme di sostanziale inedificabilità (essendo ivi ammessa l'edificazione di appena un metro quadrato per ettaro, ovvero piccole costruzioni al servizio dell'agricoltura con altezza massima di mt. 2,40).

Ad avviso del Collegio, deve ritenersi che le ragioni poste a fondamento del provvedimento della Soprintendenza, pur se sinteticamente espresse, fossero fondate e che, conseguentemente, il ricorso in appello debba essere accolto.

Dall'esame degli atti di causa, infatti, emerge che il Comune di Colonna, nel rendere il proprio parere obbligatorio in ordine alla compatibilità con il vincolo esistente sull'area ai sensi del comma 1 dell'articolo 32 della l. 47 del 1985, avesse affermato in modo del tutto generico la compatibilità dell'edificazione abusiva con il vincolo in questione.

Di fatto, anzi, il parere comunale consiste in una sorta di rinvio integrale al parere espresso dalla Commissione edilizia integrata in data 28 ottobre 2003.

Dall'esame del parere in questione (in atti), emerge che la Commissione si fosse limitata a rilevare che " esaminato il progetto, la documentazione che illustra lo stato dei luoghi e le presenze architettoniche ambientali a cui si è adeguato il fabbricato, è risultato che le opere previste nel progetto di cui sopra, sono compatibili con il contesto paesaggistico protetto" (seguivano alcune prescrizioni di dettaglio relative alla sostituzione delle finiture dell'immobile e alla necessità di adottare opera di mitigazione visiva, mettendo a dimora adeguate alberature idonee a schermare in parte alla visuale esterna le pareti dell'edificio).

Ad avviso del Collegio, non può negarsi che, in tal modo statuendo, il Comune di Colonna fosse venuto meno all'obbligo di motivare puntualmente in ordine alle ragioni per cui riteneva di poter concludere nel senso della compatibilità dell'immobile in questione con il vincolo successivamente apposto.

Al riguardo, si ritiene che nel caso di specie debba trovare puntuale applicazione il consolidato orientamento secondo cui in sede di procedimento per rilascio di concessione in sanatoria per opere abusive, non è sufficientemente motivato il parere favorevole di cui all'articolo 32 della l. n. 47 del 1985 il quale, a fronte dell'evidenziata difformità del fabbricato oggetto della richiesta di sanatoria rispetto alla normativa di area ed alla destinazione vocazionale del sito, si limiti ad affermare con formule sostanzialmente apodittiche e stereotipe tale compatibilità (in tal senso - ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 15 dicembre 2009, n. 7937)

E' stato, altresì, affermato che le autorizzazioni paesaggistiche, ivi compresi i pareri rilasciati in ordine alla concessione in sanatoria ai sensi dell'articolo 32 della l. 47 del 1985, quantunque abbiano natura di atti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, debbono essere congruamente motivate in modo che possa essere ricostruito l'iter logico che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori paesistici sottesi all'imposizione del vincolo (in tal senso: Cons. Stato, VI, 18 novembre 2005, n. 6219).

Ebbene, appare evidente che il richiamato parere comunale non fosse in alcun modo idoneo a soddisfare il richiamato onere motivazionale, limitandosi puramente e semplicemente ad affermare la richiamata compatibilità, ma senza in alcun modo esporre le ragioni effettive e concrete di tale opinamento.

Pertanto, il provvedimento della soprintendenza impugnato in primo grado aveva del tutto legittimamente concluso nel senso che il parere espresso dal Comune di Colonna fosse illegittimo (inter alia) per difetto di motivazione in ordine alle effettive ragioni che avevano indotto ad esprimere il richiamato parere favorevole.

3. Né possono trovare accoglimento le ulteriori eccezioni e deduzioni sollevate dagli appellati signori Lo. e Ra..

3.1. In primo luogo, non può essere condivisa l'eccezione di "nullità e/o irregolarità del ricorso (in appello)", a causa della mancata, rituale evocazione in giudizio del Comune di Colonna, costituitosi in primo grado con il patrocinio degli avvocati Fa. e Mo..

Al riguardo, pur dandosi atto di tale mancata evocazione, deve concludersi nel senso che ciò non abbia determinato i lamentati effetti invalidanti sul ricorso in appello e sulla regolare costituzione del contraddittorio.

Al riguardo deve essere richiamato il consolidato orientamento secondo cui per la rituale proposizione dell'appello, è senz'altro obbligatoria la notificazione alle parti necessarie del giudizio di primo grado (in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen. 24 marzo 2004, n. 7), ma non anche la notifica a soggetti i quali, pur se costituiti nel corso del giudizio di primo grado, non rivestissero la qualifica di parti necessarie del giudizio.

Ora, il Comune di Colonna (il quale aveva adottato il parere annullato con il decreto soprintendizio impugnato in primo grado) presentava un interesse di segno analogo a quello del ricorrente in via principale in primo grado, ragione per cui al Comune in questione doveva essere riconosciuta piuttosto la qualificazione soggettiva di soggetto co-interessato il quale, in base a consolidati orientamenti, non è annoverabile fra le parti necessarie del giudizio.

Anzi, è qui appena il caso di richiamare il consolidato orientamento che limita la stessa possibilità per il cointeressato di proporre intervento litisconsortile nel giudizio amministrativo, atteso che il soggetto in parola sarebbe legittimato a proporre azione in via principale, ragione per cui - in tali ipotesi - l'intervento è solitamente ammesso a condizione che non siano decorsi i termini per l'impugnativa in via principale e che sia possibile la conversione dell'atto di intervento in ricorso proposto in via autonoma (in tal senso: Cons. Stato, VI, 27 maggio 1988, n. 725).

L'eccezione in esame, quindi, non può essere condivisa.

4. Allo stesso modo, non può trovare accoglimento l'ulteriore eccezione sollevata dai signori Lo. e Ra. i quali hanno ha sottolineato che il provvedimento di annullamento impugnato in primo grado non avesse tenuto conto della compromissione dei valori paesaggistici della zona che si era comunque verificata all'indomani dell'apposizione del vincolo (e ciò, sia per la notevole urbanizzazione che ormai caratterizza l'area, sia per la realizzazione del raccordo autostradale Fiano - Lunghezza - San Cesareo il quale ha ulteriormente alterato l'integrità dei luoghi valorizzata in sede di apposizione del vincolo.

4.1. Il motivo in questione non può essere condiviso alla luce del consolidato principio secondo cui in tema di condono per un'opera realizzata in zona soggetta a vincolo paesaggistico, la situazione di compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni anziché impedire, maggiormente richiede per la legittimità dell'azione amministrativa che nuove opere non deturpino ulteriormente l'ambito protetto (Cons. Stato, II, 13 dicembre 2006, n. 10387).

5. Per le ragioni dinanzi esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado, recante il n. 2630/2004.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Sesta - definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado, recante il n. 2630/2004.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice - Presidente FF

Vito Carella - Consigliere

Claudio Contessa - Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg - Consigliere

Roberta Vigotti - Consigliere

Depositata in Segreteria il 3 marzo 2014.

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