Casa:
Non sono suscettibili di sanatoria (cosiddetto condono edilizio), le nuove costruzioni realizzate, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici
Pubblicata il 17/06/2008
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Magistrati:
Dott. PETTI Ciro - Presidente
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. SARNO Giulio - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. AL. Fr. Pa., nato ad (OMESSO);
2. SA. Ma. Pi., nata ad (OMESSO);
avverso la sentenza 11.5.2007 della Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. DI POPOLO Angelo, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza dell'11.5.2007, confermava la sentenza 6.10.2006 del Tribunale di Palermo - Sezione distaccata di Monreale, che aveva affermato la responsabilita' penale di AL. Fr. Pa. e SA. Ma. Pi. in ordine ai reati di cui:
- alla Legge n. 47 del 1985, articolo 20 lettera c), (per avere realizzato, in assenza della prescritta concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, la costruzione di un fabbricato a due elevazioni fuori terra - acc. in (OMESSO));
- alla Legge n. 1086 del 1971, articoli 13 e 14;
- al Decreto Legislativo n. 490 del 1999, articolo 163, e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex articolo 81 cpv. c.p., aveva condannato ciascuno alla pena complessiva di mesi tre di arresto ed euro 21.000,00, di ammenda, con ordini di demolizione del manufatto abusivo e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi e la concessione ad entrambi del beneficio della non menzione e di quello della sospensione condizionale subordinato all'esecuzione effettiva degli ordini anzidetti.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, i quali - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - hanno eccepito:
- la illegittimita' della mancata sospensione del procedimento in seguito alla presentazione di domanda di condono edilizio del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, ex articolo 32, convertito con modificazioni dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326;
- la incongrua esclusione della condonabilita' dell'opera, pure avendo essi integralmente corrisposto la somma dovuta a titolo di oblazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poiche' manifestamente infondato.
1. Nella vicenda che ci occupa si verte, infatti, in ipotesi di opera abusiva non suscettibile di sanatoria, ai sensi del Decreto Legge n. 269 deò 2003, articolo 32, poiche' si tratta di nuova costruzione realizzata, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dal comma 26, lettera a), vedi, tra le molteplici e piu' recenti decisioni in tal senso, Cass. Sez. 3 12.1.2007, n. 6431, Sicignano ed altra (con ampia confutazione delle divergenti posizioni dottrinarie, integralmente condivisa da questo Collegio); 5.4.2005, n. 12577, Ricci; 1.10.2004, n. 38694, Carni ed altro; 24.9.2004, n. 37865, Musio.
Legittimamente, pertanto, la Corte territoriale - pure a fronte della accertata presentazione di domanda di condono - non ha applicato la sospensione di cui alla Legge n. 47 del 1985.
Deve evidenziarsi, in proposito, che dalla sentenza delle Sezioni Unite 24.11.1999, n. 22, ric. Sadini - correlata al condono edilizio previsto dalla Legge n. 724 del 1994, articolo 39 che e' norma formulata in modo speculare a quella posta dal Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32 comma 25, - puo' razionalmente dedursi il principio generale secondo il quale il giudice, gia' prima di sospendere il processo della Legge n. 47 del 1985, ex articolo 44, deve effettuare un controllo in ordine alla sussistenza delle condizioni legittimanti l'accesso alla procedura sanante (data di esecuzione delle opere; stato di ultimazione delle stesse secondo la nozione fornita della Legge n. 47 del 1985, articolo 31; rispetto dei limiti volumetrici; eventuali esclusioni oggettive della tipologia d'intervento dalla sanatoria; tempestivita' della presentazione, da parte di soggetti legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel capo di imputazione).
L'ambito di tale potere di controllo e' strettamente connesso all'esercizio della giurisdizione penale, perche' e' il giudice che deve eseguire, in conclusione, l'indispensabile verifica degli elementi di fatto e di diritto della causa estintiva. Trattasi, inoltre, di compiti propri dell'autorita' giurisdizionale - conformi al dettato dell'articolo 101 Cost., comma 2, articolo 102 Cost., articolo 104 Cost., comma 1, e 112 Cost., - che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all'autorita' amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.
Diversamente opinandosi si allungherebbero "inevitabilmente ed inutilmente i tempi del processo".
Nel caso in cui il giudice sospenda il processo (della Legge n. 47 del 1985, ex articoli 44 o 38) in assenza dei presupposti di legge, la sospensione e' inesistente ed il corso della sospensione non e' interrotto.
2. La inammissibilita' del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non puo' tenersi conto della prescrizione dei reati scaduta in epoca successiva (6.12.2007) alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass. Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, rie De Luca).
3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria della inammissibilita' medesima segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del procedimento nonche', per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Visti gli articoli 607,615 e 616 c.p.p..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al versamento della somma di euro mille/00 in favore della cassa delle ammende.