Urbanistica ed edilizia - Strumenti pianificatori - Discrezionalità amministrativa - Situazioni consolidate - Onere motivazionale

Pur essendo pacifico che l'amministrazione, in occasione dell'adozione degli strumenti pianificatori, gode di un ampio potere discrezionale che la esonera in termini generali da un preciso e puntuale onere motivazionale e che tale onere risulta altresì attenuato anche in sede di risposta alle osservazioni presentate dai soggetti interessati dalla variante in corso di adozione/approvazione, è altrettanto pacifico che l'amministrazione non può comunque ignorare le situazioni da tempo esistenti e quindi, seppure in misura attenuata, deve rispondere alle istanze da questi avanzate. (Tribunale Amministrativo Regionale VENETO - Venezia Sezione 1, Sentenza del 22 settembre 2008, n. 3027)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto,

prima Sezione,

con l'intervento dei signori magistrati:

Bruno AmorosoPresidente

Italo FrancoConsigliere

Alessandra FarinaConsigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 3525/1998 proposto da Co. S.r.l. e Gi. Fa. di Lo. Lu. Fa. & C. S.n.c. in persona dei legali rappresentanti pro tempore e da Pa. Fa., rappresentati e difesi dall'avv. Li. Da. La., con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell'art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054,

contro

la Regione Ve. in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, non costituita in giudizio;

ed il Comune di Ro. d'Ez. in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

parziale della delibera della G.R. n. 3042/1998 di approvazione della variante al P.R.G. del Comune di Ro. d'Ez. per le zone produttive e di adeguamento al piano di area del Ma. De. Gr.

Visto il ricorso, notificato il 14.11.1998 e depositato presso la segreteria il 10.12.1998 con i relativi allegati;

visti gli atti tutti della causa;

udito alla pubblica udienza del 3 luglio 2008 (relatore il Consigliere Alessandra Farina) l'avvocato Ad. Mu., su delega dell'avv. Li. La. Da., per la parte ricorrente;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Le odierne società ricorrenti ed il sig. Pa. Fa. sono rispettivamente utilizzatrici e comproprietario di una vasta area di circa 32.000 mq. in Comune di Ro. d'Ez., su una parte della quale, per circa 8.000 mq., a partire dell'anno 1940 è stata svolta dapprima attività di estrazione e quindi, dal 1970 ad oggi, di frantumazione e deposito di massi e materiali lapidei.

In base alla strumentazione urbanistica comunale la zona è sempre stata classificata E1.

Con la variante adottata dal Consiglio Comunale con delibere n. 4 e 5/1997, successivamente approvate dalla Regione Veneto con D.G.R. n. 3042/1998, oggetto del gravame qui proposto, tale destinazione è stata mantenuta, nonostante le richieste avanzate dai ricorrenti in sede procedimentale, mediante articolate osservazioni, con le quali veniva richiesto il sostanziale "riconoscimento urbanistico" della consolidata attività produttiva, da anni insediata nella zona.

In risposta alle osservazioni, il Comune, nel respingerle, deduceva la necessità di salvaguardare le caratteristiche ambientali del luogo e di apportare interventi di ricomposizione ambientale, da cui la non condivisione delle richieste avanzate dai ricorrenti.

La Regione a sua volta, in sede di approvazione della variante, confermava le decisioni assunte dal Comune.

La scelta pianificatoria di cui alla variante così approvata, viene quindi contestata con il gravame in oggetto, con il quale se ne chiede l'annullamento, in parte qua, per i seguenti motivi:

- Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità manifeste; difetto di motivazione; insufficiente istruttoria ed inadeguata rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto.

- Violazione di legge : art. 3 della legge n. 241/90.

La scelta operata con la variante impugnata è contraddittoria e affetta da evidente perplessità, soprattutto se rapportata con le precedenti scelte dell'amministrazione.

Invero, con analoga variante adottata con delibera C.C. n. 116/94, revocata dal Comune con l'adozione della variante de qua, l'amministrazione aveva correttamente riconosciuto l'esistenza (sebbene in sede impropria) dell'insediamento produttivo facente capo ai ricorrenti, espressamente ammettendo la lavorazione a cielo aperto dei materiali lapidei nell'ambito della ex cava.

Non si comprende, quindi, perché tale insediamento risultasse certificabile per effetto della variante adottata nel 1994 e non più dalla variante successivamente deliberata, benché basata sulla medesima documentazione circa lo stato dei luoghi.

Il difetto di motivazione è quindi evidente, soprattutto con riguardo alle argomentazioni addotte in occasione della risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti.

- Violazione di legge: artt. 30-45 legge regionale n. 61/85.

- Eccesso di potere per istruttoria gravemente insufficiente e manifesta illogicità.

La presenza in loco dell'attività svolta dalle società ricorrenti risale al lontano 1940.

In base all'art. 24, comma 3 della legge urbanistica regionale veneta, "nelle zone di tipo D vanno ricomprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o a essi assimilati".

La norma non lascia dubbi in ordine al fatto che l'amministrazione avrebbe dovuto quantomeno valutare la possibilità di inserimento dell'area in ZTO D/1, così recependo una situazione di fatto da tempo consolidatasi e non contrastata dalla stessa amministrazione.

In ogni caso, anche a voler considerare l'ampio potere discrezionale sotteso alle scelte di pianificazione urbanistica, l'amministrazione, tenuto conto della situazione di fatto, nonché della precisa richiesta avanzata in via subordinata dai ricorrenti in sede di osservazioni, il Comune avrebbe dovuto dare luogo al riconoscimento urbanistico dell'attività produttiva, seppure in zona impropria, ai sensi dell'art. 30, comma 1, n. 5 e comma 3 della L.r. n. 61/85.

Tale richiesta è stata palesemente ignorata dall'amministrazione, che al riguardo, rigettando l'osservazione, non ha svolto alcuna argomentazione.

La Regione Ve. ed il Comune di Ro. d'Ez., debitamente notificati, non si sono costituiti in giudizio.

All'udienza del 3 luglio 2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in oggetto e per i motivi con esso dedotti, gli odierni istanti chiedono l'annullamento in parte qua della delibera regionale, D.G.R. n. 3042/1998, di approvazione della variante al PRG per le zone produttive e di adeguamento al piano area del Ma. De. Gr. del Comune di Ro. d'Ez., variante adottata dal Consiglio Comunale con deliberazioni n.4-5/1997.

Parte ricorrente si duole del mancato inserimento dell'area sulla quale da tempo (sin dal 1940) viene esercitata attività di estrazione- frantumazione e deposito massi e materiali lapidei, in zona industriale, inserimento auspicato proprio per effetto della variante adottata, interessante le zone produttive.

Le doglianze investono sostanzialmente il difetto di motivazione, con particolare riguardo alle controdeduzioni svolte dall'amministrazione in risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti, nonché la violazione delle norme regionali in materia di riconoscimento delle aree a destinazione produttiva, laddove impropriamente collocate nel territorio.

Il ricorso è meritevole di accoglimento.

Pur essendo pacifico che l'amministrazione, in occasione dell'adozione degli strumenti pianificatori, gode di un ampio potere discrezionale che la esonera in termini generali da un preciso e puntuale onere motivazionale e che tale onere risulta altresì attenuato anche in sede di risposta alle osservazioni presentate dai soggetti interessati dalla variante in corso di adozione/approvazione, è altrettanto pacifico che l'amministrazione non può comunque disattendere le istanze dei cittadini ed ignorare le situazioni da tempo esistenti e quindi, seppure in misura attenuata, deve rispondere alle istanze da questi avanzate.

Nel caso di specie, l'amministrazione comunale, in sede di risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti, non ha assolto adeguatamente all'onere motivazionale.

Infatti, a fronte della principale richiesta di attribuzione anche all'area de qua della destinazione D/1, così riconoscendo una situazione ormai da tempo consolidatasi e sostanzialmente avallata dalla stessa amministrazione, non solo non ha motivato in ordine alle ragioni che non consentivano tale modifica della destinazione urbanistica (non apparendo sufficienti i generici richiami alla situazione ambientale ed alla necessità di ricomposizione ambientale dell'area), ma soprattutto non ha fornito alcuna risposta in ordine alla richiesta avanzata dai medesimi ricorrenti in via subordinata di riconoscere sotto il profilo urbanistico quantomeno l'esistenza dell'insediamento produttivo, seppur in zona impropria.

Tale omissione è in contrasto con i principi generali in materia di motivazione degli atti amministrativi, considerato anche il fatto che tale situazione (presenza da tempo considerevole dell'insediamento produttivo) era ben nota all'amministrazione.

Tale omissione contrasta altresì con il dettato normativo regionale, così come derivante dal combinato disposto di cui all'art. 24, comma 3 ed agli artt. 30-45 della L.r. n. 61/85, in quanto, laddove non si fosse ritenuto di prendere formalmente atto della presenza dell'insediamento produttivo modificando la destinazione urbanistica dell'area da E1 a D1, era possibile comunque riconoscere sotto il profilo urbanistico la presenza dell'insediamento, seppure collocato in zona impropria, con eventuale possibilità di trasferimento dello stesso in altra area del territorio comunale.

Ciò non è stato considerato dall'amministrazione, pur a fronte della conclamata situazione di fatto e delle precise richieste avanzate dagli interessati, da cui la ritenuta fondatezza delle censure sollevate in ricorso.

Per le ragioni testè evidenziate il ricorso risulta pertanto meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento impugnato.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo accoglie e per l'effetto annulla, in parte qua, il provvedimento impugnato.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 3 luglio 2008.

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