Come si fornisce la prova del mobbing

La prova di aver subito un complesso dei comportamenti tali da dar vita nell'insieme ad un'azione effettivamente mobbizzante.

Il lavoratore che lamenti di aver subito comportamenti mobbizzanti e che intenda chiedere in giudizio il risarcimento del danno è gravato dall’onere di dare la prova delle condotte realizzate in suo danno, del danno patrimoniale o esistenziale subito, dell’eventuale incidenza di tale danno sulla sua integrità psico-fisica.

E’ da dire che nell’individuazione del mobbing non assume rilievo l’elemento psicologico (l’intenzionalità) del mobber con riferimento alle singole condotte, occorre piuttosto provare di aver subito un complesso dei comportamenti tali da dar vita nell’insieme ad un’azione effettivamente mobbizzante.

In tema di prova, assume certamente rilievo la configurazione della responsabilità del datore di lavoro come responsabilità di tipo contrattuale.

Proprio tale ricostruzione, infatti, consente di porre a carico del mobbizzato solo l’onere di provare gli episodi mobbizzanti, cioè la reiterazione degli stessi, il loro carattere pretestuoso e la circostanza che gli stessi appaiano complessivamente finalizzati a danneggiarlo; infine, il soggetto danneggiato deve fornire la prova del collegamento ( nesso causale) tra tali condotte e il danno subito, danno che naturalmente deve poterne costituire una conseguenza immediata e diretta. Fornita questa prova, l’esistenza del pregiudizio all’integrità psico-fisica, viene ricavata presuntivamente, giacchè si ritiene che a tale tipo di condotte consegua automaticamente un danno.

In sostanza, il lavoratore vittima del mobbing che provi che le conseguenze pregiudizievoli sono in rapporto di causalità con le attività persecutorie poste in essere da datore di lavoro o da chi per lui, ha diritto alla riparazione di tutti gli aspetti di danno non patrimoniale sofferti, per la cui liquidazione si farà ricorso ai criteri dell’equità, avendo ad oggetto lesione di valori inerenti la persona.

Diversamente, quando si alleghi un danno patrimoniale da lucro cessante cosiddetto da “perdita di chanche”, cioè per la perdita di occasioni di crescita lavorativa all’interno o all’esterno dell’azienda, occorre la prova del danno che si assume subito.Occorre cioè dimostrare quali occasioni si siano effettivamente perse per effetto della lesione subita.

In ordine al quantum, cioè alla misura del risarcimento, ne viene di regola effettuata una valutazione cd.equitativa.

Il datore di lavoro, per converso, deve vincere la presunzione di colpa esistente in suo danno, provando che le condotte indicate dal lavoratore non possono essere qualificate come mobbizzanti, che per ciascuna di esse esiste una valida spiegazione e che le stesse non sono finalisticamente collegate tra loro.

Nel caso in cui le condotte mobbizzanti siano poste in essere dai dipendenti del datore di lavoro nei confronti dei colleghi, il datore di lavoro risponde “se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Data la difficoltà di fornire una simile prova, in questi casi quella del datore di lavoro appare una forma di responsabilità oggettiva.
Tra le ultime cause/consulenze trattate dai nostri professionisti in materia di “mobbing”:

  • Mobbing- prova del danno - prova liberatoria del datore di lavoro-insussistenza. Un’azienda è stata condannata al risarcimento del dannoda mobbing nei confronti di un lavoratore dipendente. Mentre illavoratore ha provato, per testimoni e documentalmente che il datore dilavoro ha posto in essere nei suoi confronti comportamenti ostili,vessatori e di persecuzione.Per converso il datore di lavoro non haprovato che le sue condotte non erano vessatorie ma erano dettateciascuna da una motivazione specifica.

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